Introduzione

“Che fai?” mi arrivò un messaggio da Xiaofeng. “Sto leggendo e bevendo un caffè qui vicino, perché?” risposi. “Tu sei cattolico, giusto?” ribatté lei. “Che strana domanda.” Io di rimando.  “Vuoi venire con me in chiesa questa domenica?” ero stupefatto.1)Questo articolo è stato finanziato con i fondi del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), nell’ambito del programma dell’Unione Europea Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione (accordo di sovvenzione n. [853133]).

Poteva essere un giorno di lavoro come un altro. Dovendo ripassare i miei appunti tra i vari incontri mi ero diretto ad un caffè del quartiere, nell’area proletaria della parte settentrionale di Shenzhen. Quella di Sisifo (Xixifu 西西弗) è una catena di caffetterie che si può trovare facilmente in questa città.  Il suo punto di forza consiste nel soddisfare al tempo stesso la voglia di caffeina e il desiderio di un buon libro, mettendo a disposizione dei clienti una libreria ben rifornita. Sotto diversi aspetti, Sisifo assomiglia ad un vero e proprio angolo di lettura, dove la gente prende i volumi dagli scaffali e li consulta in silenzio, sorseggiando una tazza di tè o di caffè su una delle tante poltrone. La sede della Sisifo che solevo frequentare si trovava in un centro commerciale recentemente inaugurato nel distretto di Longhua, attorniato da fabbriche e da un numero crescente di complessi residenziali.  Nei suoi interni tranquilli era comune osservare coppie che leggevano sedute l’una accanto all’altra, scolari che svolgevano i loro compiti circondati dai nonni, giovani intenti a sfogliare pagine o operai edili impegnati a bere tè dalle loro bottiglie con in mano un romanzo che avevano appena tirato giù da una delle mensole.

Dissi a Xiaofeng di incontrarci lì, come avevamo fatto già in diverse occasioni durante il mio lavoro sul campo. Fino a quel momento non sapevo nulla della sua fede. Ma fu proprio la conversazione che tenemmo quel giorno da Sisifo che mi portò a rivolgere l’attenzione ai problemi fondamentali relativi all’esodo della manodopera nella Repubblica Popolare Cinese.   Xiaofeng,  e molti altri  come lei,  si sono lasciati alle spalle villaggi nei quali i legami  sociali erano più stretti e vigeva un forte senso di lealtà personale, altrimenti noto come  yiqi 义气.2)Mobo Gao, Gao Village Revisited: The Life of Rural People in Contemporary China (Hong Kong: The Chinese University Press, 2018). La vita urbana, al contrario di quella rurale, è una vita di solitudine, soprattutto nell’area dei grandi colossi industriali del delta del Fiume delle Perle, dove i migranti si spostano di città in città alla ricerca di opportunità di lavoro.  Persino all’interno di una compagnia come la Foxconn, come dimostrato da Jenny Chan, Mark Selden e Ngai Pun,3)Jenny Chan, Mark Selden e Ngai Pun, Morire per un iPhone (Milano: Jaca Book, 2015). i lavoratori soffrivano spesso a causa dell’isolamento, condizione a volte sfruttata deliberatamente come strategia di gestione della forza lavoro.

Incuriosito dai modi di combattere la solitudine nella realtà urbana, in questo articolo mi propongo di portare avanti una riflessione sulle pratiche che questi individui hanno adottato per soddisfare il loro desiderio di inclusione ed accettazione. In particolare, pongo l’attenzione su due tendenze che ho scoperto essere ampiamente diffuse durante i miei undici mesi di lavoro sul campo a Shenzhen, tra il 2018 e il 2019. Il primo aspetto analizzato concerne il formarsi di nuove comunità di appartenenza nelle Chiese cristiane clandestine. Il secondo fa riferimento a ciò che definisco “esistenzialismo proletario”, dove la definizione di Micahel Denning del “proletariato” come diseredato, espropriato e radicalmente dipendente dal mercato viene espressa in una specie di ragionamento essenzialista che ricorda il pensiero di Albert Camus4)Albert Camus, Le mythe de Sisyphe: Essai sur l’absurde (Paris, FR: Gallimard, 1942). circa l’assurdità della vita, secondo il quale ogni nostro tentativo di ricerca di un significato trascendente risulta vano. Secondo questa prospettiva, per “proletariato” intendiamo una condizione di vita senza salario, che precede l’imperativo di ricercarne uno, spesso nell’economia informale con tutte le complessità illustrate dal caso che segue. Ribadendone il carattere proletario, tento di distinguere queste pratiche e modi di pensare dalle manifestazioni di insoddisfazione e isolamento tra i giovani professionisti, tipicamente caratterizzate da espressioni quali “involuzione” (neijuan 内卷) e “stare sdraiati” (tangping 躺平).5)Qianni Wang e Shifan Ge. 2020. “How One Obscure Word Captures Urban China’s Unhappiness: Anthropologist Xiang Biao Explains Why the Academic Concept of ‘Involution’ Became a Social Media Buzzword”, Sixth Tone, 4 novembre 2020.

La fede di Xiaofeng

Di fronte al mio appartamento nel distretto di Longhua a Shenzhen si trovava il “Fire Ants Fitness”, una palestra alla quale mi iscrissi non molto dopo il mio arrivo in città.  L’intento originario era quello di utilizzare lo sport come mezzo per tenere sotto controllo la mia salute fisica e mentale ma, come di solito accade durante le ricerche in ambito etnografico, la palestra stessa divenne teatro di fortunati incontri fortuiti. Fu lì che vidi Xiaofeng per la prima volta. A quel tempo aveva appena iniziato a lavorare alla reception, con il compito di accogliere gli ospiti abituali e accompagnare i nuovi clienti da uno dei personal trainer. La ragazza spiccava tra i colleghi per la sua personalità vivace e, senza mostrare alcuna traccia di timidezza, era in grado di iniziare a conversare con chiunque. Con il tempo passammo dai semplici saluti a più lunghe chiacchierate nell’atrio della palestra, che a loro volta si trasformarono in passeggiate per il quartiere o pranzi in uno dei tanti ristoranti sulla strada. Ad ogni incontro imparavo qualcosa in più sulla sua vita ed i suoi sogni, su quello che aveva passato e sulle sue scelte. Era piuttosto bassa, magra e sembrava molto giovane, nonostante a soli vent’anni avesse fatto esperienze sufficienti a coprire un’esistenza intera.

Il padre venne a mancare quando Xiaofeng aveva solo cinque anni, lasciando che la bambina crescesse da sola con sua madre nelle aree rurali del Guangxi. In assenza di qualcuno che provvedesse alla famiglia, Xiaofeng dovette aiutare sua mamma nei campi, coltivando verdure ed allevando maiali. La situazione peggiorò quando a quest’ultima fu diagnosticata una grave malattia che le impedì di continuare a lavorare. Le due decisero così di subaffittare la terra ed arrotondare preparando e vendendo il pranzo ai lavoratori locali.  Xiaofeng prese in mano il telefono ed iniziò a mostrarmi alcune foto di zongzi (fagottini di riso glutinoso avvolti in foglie di loto ed imbottiti con carne di maiale e germogli di bambù) che sua madre aveva preparato per l’ultima festa delle barche drago. La ragazza mi mostrò come fosse solita impacchettarli e spedirli in tre villaggi diversi, compito successivamente assunto dal cugino più giovane. Il guadagno non era costante e riusciva a malapena a garantire la loro sopravvivenza. Così, dopo diversi anni durante i quali si era divisa tra scuola e lavoro,  Xiaofeng decise di “andare fuori” (zou chuqu 走出去) e cercare lavori più redditizi nelle  grandi città industriali della provincia del Guangdong.

La giovane approdò in seguito ad una fabbrica di prodotti elettronici nel Dongguan, dove si unì nella linea di produzione ad un vecchio compagno di classe, anch’egli diciassettenne all’epoca. Xiaofeng ricorda con affetto quei giorni, le chiacchierate con i suoi amici durante le ore di lavoro, i piccoli raduni nei dormitori e il generale senso di cameratismo.  “Era come a scuola. Dovevamo lavorare molto, ma l’essere sempre circondata da amici lo rendeva divertente.” disse. Di certo questa prima esperienza ha insegnato a Xiaofeng un’importante lezione su come farsi strada nel vortice delle migrazioni lavorative.  Parte di tale ciclo consiste nell’incessante movimento tra i vari posti di lavoro e le città. Xiaofeng, infatti, come i suoi amici prima di lei, alla fine aveva nuovamente deciso di andar via, spostandosi di fabbrica in fabbrica e raggiungendo, in ultima istanza, una palestra a Shenzhen.

Tuttavia, la motivazione che ha spinto Xiaofeng a cercare lavoro nel distretto di Longhua distingue il suo caso da quello degli altri.  La sua scelta è stata dettata dalla fondazione di una sede della sua Chiesa cristiana proprio a Shenzhen.  Già nelle campagne del Guangxi Xiaofeng aveva sentito parlare di Dio e della Bibbia, ma era stato durante il suo periodo nel Dongguan che, persuasa da un’anziana signora conosciuta in fabbrica, aveva deciso di unirsi alla Chiesa.

Al momento del nostro incontro Xiaofeng era diventata una praticante regolare da meno di un anno.  Aveva ancora molte domande sul cristianesimo ma al contempo aveva ottenuto dalla religione alcune rassicurazioni.  Attraverso la fede, infatti, aveva scoperto ciò che Friederike Fleischer definisce “comunità ecclesiastica”,6)Friederike Fleischer. “For the Love of God: Finding Support in the Church-Community: A Case Study from China”. Religion, State and Society, 39, 4, 2011, 443–59. https://doi.org/10.1080/09637494.2011.621689. un luogo in cui una credenza comune è in grado di mobilitare molteplici forme di supporto, materiali e non.

Con un sorriso raggiante la giovane mi raccontò di come le persone si prendessero cura le une delle altre, di come studiassero e diventassero parte della vita altrui, di come ognuno lottasse in nome di un bene comune. Tutti i membri di questa Chiesa clandestina, che soleva riunirsi in un complesso di uffici, erano lavoratori migranti provenienti da diverse province, appartenenti a varie etnie ed occupazioni. La comunità si era trasformata in un canale per coltivare nuove amicizie e trovare persino un compagno di vita; era il mezzo attraverso il quale i fedeli si scambiavano informazioni sul quartiere, scuole, unità di lavoro, avevano accesso a risorse economiche e materiali e – forse aspetto più rilevante – godevano del supporto emotivo ed affettivo degli altri compagni migranti.

Per Xiaofeng, la Chiesa significava anche una possibilità di crescita personale. “Non ero brava a scuola, ma mi piaceva perché potevo parlare con i miei amici. Non ho mai pensato di andare all’università… Non sono brillante, e la mia famiglia non aveva soldi. In Chiesa ho imparato così tanto, i nostri fratelli e sorelle sono talmente intelligenti. Forse la Chiesa è proprio come una scuola. Sono indubbiamente diventata una persona migliore. In Chiesa non ti servono i soldi per coltivare il suzhi”. Nelle sue parole Xiaofeng sottolinea l’importanza del suzhi. Termine chiave all’epoca della riforma, il suzhi è generalmente connesso ad una qualità innata della persona,7)Andrew Kipnis, “Suzhi: A Keyword Approach”, The China Quarterly, 185, 2006, 295-313. https://doi.org/10.1017/S0305741006000026. che di solito si manifesta in forme di “politiche della corporeità”,8)Ann Anagnost, “The Corporeal Politics of Quality (Suzhi).” Public Culture, 16, 2, 2004, 189-208. https://doi.org/10.1215/08992363-16-2-189. ad esempio nel modo in cui una persona si veste, parla e si comporta.

Xiaofeng divideva un appartamento con altri tre colleghi in un’area degradata della città, sita a pochi passi dal luogo di lavoro. Il capo era allo stesso tempo proprietario di alcune abitazioni che venivano date in affitto agli impiegati, seguendo una logica simile a quella del “regime lavorativo del dormitorio”9)Chris Smith e Ngai Pun, “The Dormitory Labour Regime in China as a Site for Control and Resistance”, The International Journal of Human Resource Management, 17, 8, 2006, 1456-70. https://doi.org/10.1080/09585190600804762. delle fabbriche. Per la giovane questo era un modo conveniente per risparmiare sull’affitto e sui trasporti. Ciò nonostante, tolto il costo della stanza e mettendo da parte un po’ di soldi per le spese mensili, Xiaofeng riusciva a malapena a racimolare 500 yuan (circa 60 euro) da dare a sua madre e, persino questo, stava diventando sempre più difficile. In Chiesa Xiaofeng divenne più critica nei confronti del materialismo e del consumismo della società cinese. Diceva ripetutamente che “essere ricco non ti rende una brava persona”. Per lei ed i suoi amici della comunità, molti dei quali condividevano esperienze analoghe, credere e perseguire una vita serena era molto più importante dei soldi o dei possedimenti materiali. Secondo tale visione, è la moralità devota a costituire lo strumento adatto a coltivare il proprio suzhi.

Quella domenica, la prima di tante, mi sedetti con Xiaofeng per il pranzo collettivo dopo la cerimonia. Lei era ben conosciuta all’interno della comunità, mentre io ero uno straniero barbuto che conosceva la lingua cinese; non fu dunque difficile iniziare a conversare con gente di tutte le età. Una piccola folla si radunò per incontrare il nuovo arrivato, mentre altri raggiungevano i propri amici e, cosa più importante, discutevano del sermone.  Fratello Shao, il nostro prete, aveva parlato di cosa significasse essere brave persone e condurre una buona vita. Aveva in seguito riesaminato alcune letture bibliche e raccontato storie personali che evidenziavano come le caratteristiche morali dell’umiltà, della devozione per Dio e della responsabilità fossero in grado di assicurare il successo.

Domandai a Xiaofeng quali fossero le sue riflessioni sul sermone. La ragazza esordì col dire che non era ancora una brava persona, non essendosi dedicata regolarmente allo studio della Bibbia. Si sentiva in qualche modo obbligata a superare la sua più grande debolezza, quella di essere una cattiva studentessa, attraverso un ulteriore lavoro spirituale.   Per Xiaofeng , la comunità cristiana aveva messo a disposizione  un ambiente positivo in cui poter lavorare alla coltivazione di sé (xiuyang 修养), consentendole di migliorare le prospettive di vita attraverso Dio piuttosto che con un’istruzione formale.

Come forma di socialità, dunque, la comunità ecclesiastica non solo aveva integrato persone come Xiaofeng in una collettività dalla mentalità affine, ma aveva anche fornito loro delle conoscenze utili a far fronte alle difficoltà di un’esistenza itinerante.

Xiaofeng a sua volta insisteva col sostenere che il consumismo promosso all’interno della società cinese non fosse in grado di risolvere problemi morali più profondi. “Tutti vogliono apparire ricchi, ma la ricchezza in realtà non ha alcun valore.” diceva, mentre coloro che ci circondavano facevano cenni di assenso con il capo e borbottavano in totale approvazione.  La giovane enfatizzava piuttosto l’aspetto morale della coltivazione di sé, asserendo che il suzhi dovesse essere dimostrato attraverso una condotta virtuosa e un aspetto semplice. Seguitava col dichiarare che l’essersi unita alla comunità ecclesiastica l’aveva aiutata a trovare “lavori migliori”, consentendole di passare dalla catena di montaggio all’impiego da receptionist e portandola, in ultima istanza, a stringere amicizia con uno straniero. In aggiunta, avere il supporto della comunità le aveva donato maggiore speranza per il futuro, perlomeno nella misura in cui non aveva più paura di perdere il proprio lavoro o il proprio alloggio.

Il caso della Chiesa clandestina sprona a riflettere sulle modalità attraverso le quali si genera solidarietà nelle città, in particolar modo nel suo manifestarsi sottoforma di organizzazioni dal basso. La comunità ecclesiastica diventa dunque uno strumento per fronteggiare l’isolamento e la solitudine, dal momento che altre forme di socialità, come le reti etniche o locali, sono state superate. Nel caso della Chiesa cristiana del distretto industriale di Longhua, i lavoratori precari si riuniscono identificandosi in comuni aspirazioni morali e spirituali. Negli esempi illustrati, il suzhi è pertanto ridefinito come manifestazione della moralità cristiana.

L’esistenzialismo proletario di Simeng

Nella sua riflessione avvenuta dopo la morte del giovane Kaimah, con il quale aveva lavorato a stretto contatto in Sierra Leone, l’antropologo Michael Jackson si domanda “come sia possibile che gli esseri umani, messi di fronte ad eventi che non possono né totalmente comprendere né controllare, riescano nonostante tutto a lottare, trovando il modo di reagire, parlare e connettersi in maniera efficace gli uni con gli altri. L’instaurazione di questo legame consente agli individui di rendere la vita degna di essere vissuta, piuttosto che continuare a concepirla come qualcosa di alieno e assurdo”.10)Michael Jackson “Existential Aporias and the Precariousness of Being”. In Michael Jackson e Albert Piette (a cura di), What Is Existential Anthropology? (New York, Oxford: Berghahn, 2017), 155–77, 155. Jackson asserisce che l’umanità del singolo dipende dalla possibilità che egli ha di intervenire sul proprio mondo, persino quando è sopraffatto dalle circostanze.  Citando Albert Camus, Jackson conclude che l’essere umano, una volta acquisita consapevolezza dell’assurdità della propria condizione, ha la possibilità di agire in una vita che gli appartiene realmente (2017,175). Ispirato da questo saggio e dal “Mito di Sisifo” di Camus (1942), propongo la categoria dell’“esistenzialismo proletario”, al fine di raggruppare tutte quelle espressioni di insoddisfazione nei confronti delle prospettive future e di disperazione dinnanzi alle crescenti sfide tra i lavoratori migranti nelle città. Concepisco dunque l’esistenzialismo proletario come una tendenza discorsiva nata in risposta al crescente senso di alienazione, isolamento e solitudine sperimentato dai lavoratori migranti. Insisto sull’aspetto proletario poiché voglio sottolineare la spontaneità e la realtà materiale che caratterizza tale fenomeno, dal momento che questa forma di esistenzialismo potrebbe presentare delle differenze con reazioni tipiche di altri gruppi, ad esempio i lavoratori professionisti, come nel caso del neijuan内卷  o tangping 躺平.  Il termine neijuan è la traduzione autoctona del concetto Geertziano di “involuzione” (Wang e Ge 2020). Tale espressione allude quindi al senso di immobilismo in termini di sviluppo professionale e prospettive di vita. Pertanto, in contrasto con lo spirito delle precedenti generazioni di lavoratori, per le quali la richiesta di lavorare sodo e sopportare l’amarezza era giustificata dal rapido miglioramento delle condizioni materiali, i giovani professionisti di oggi preferiscono tangping “distendersi”.11)Wanqing Zhang e Mengqiu Liu, “Tired of Running in Place, Young Chinese ‘Lie down’”, Sixth Tone, 27 maggio 2021. In altre parole, perché compiere qualsiasi sforzo se la ricompensa potrebbe non arrivare mai?

Nella lingua cinese le espressioni diaosi 屌丝 o  “perdente”, sang wenhua丧文化 “cultura del lamento” (Tan e Cheng 2020) o l’ironica autodefinizione dei lavoratori dal colletto bianco come dagongren 打工人, veicolano le nuove esperienze della vita lavorativa. Che sia nelle fabbriche o alle scrivanie delle compagnie informatiche, sempre più impiegati si sentono isolati e privati del loro potere a causa della mancanza di qualsiasi possibilità di ascesa sociale.

Agli occhi dei lavoratori migranti, risucchiati in una spirale di impieghi precari, ipersfruttamento, salari non pagati, cattive condizioni di vita e lavorative, questi problemi possono sembrare insormontabili e condurre al suicidio. In molti casi, tuttavia, costoro vanno avanti, prendono decisioni e cercano il confronto reciproco continuando a perseguire i loro obiettivi. I lavoratori si servono di diversi canali per sfogare le loro frustrazioni, stabilire connessioni con gli altri e trovare dei motivi per non arrendersi. In tal senso, i social media mettono a disposizione numerose piattaforme dove queste manifestazioni sono prodotte, soddisfatte e diffuse dalle nuove generazioni. Nei suddetti spazi c’è difatti una costante interazione tra i contenuti online ed i commentatori, scambio che a sua volta conduce spesso a più ampi dibattiti pubblici.

La poesia ha costituito per molte generazioni di lavoratori cinesi una forma di espressione ricca e dinamica. Anche alcuni dei giornali dedicati alla discussione delle problematiche lavorative presentano una sezione settimanale volta alla pubblicazione di alcuni componimenti. Più frequentemente però i lavoratori scelgono di condividere la loro produzione su blog e forum in rete o attraverso incontri dal vivo con un pubblico selezionato. La più nota poesia proletaria contemporanea è probabilmente  “Ho mandato giù una luna fatta di ferro” (wo yanxia yi mei tie zuode yueliang 我咽下一枚铁做的月亮) composta  da Xu Lizhi.  Anch’egli lavoratore migrante, si tolse la vita gettandosi giù dal dormitorio del complesso della Foxconn a Shenzhen nell’ottobre del 2014.

Ho mandato giù una luna fatta di ferro
Che chiamano vite
Ho mandato giù gli scarti industriali, ordini dei disoccupati
Questi bambini più bassi delle macchine sono morti troppo giovani
Ho mandato giù e ho corso con affanno, ho mandato giù la mancanza di una casa
Ho mandato giù i cavalcavia, ho mandato giù una vita piena di calcare.

Non posso più mandare giù
Tutto ciò che ho mandato giù ora straborda dalla mia gola
Riversandosi sulla terra del mio paese e trasformandosi in
un poema di vergogna.

Un tema simile è presente nel testo di una canzone di un gruppo rock formato da operai migranti del settore edile di Shenzhen chiamata Zhong D yin 重 D 音,  gioco di parole che potrebbe essere tradotto come Voci dal basso (della società). I loro testi affrontano le difficoltà della vita dei lavoratori migranti in Cina. L’ultima strofa di una delle loro canzoni più popolari zhe niantou buhao hun 这年头不好混 (Non è semplice al giorno d’oggi) recita:

La vecchia madre ha sempre detto che non avevo fortuna
Papà gran lavoratore è già troppo vecchio
Alcune persone dicono che sono un inutile idiota
Alcune persone dicono che sono troppo stupido per leggere i libri
Cari amici, non chiedetemi quanto guadagno
Non c’è molto di meglio per me in questo periodo
Il PIL del paese è cresciuto di nuovo
Ma a chi importa se noi viviamo bene o no

L’elemento di discriminazione, solitudine e disperazione a livello individuale si intreccia con il diffuso senso di ottimismo riguardo alla futura crescita economica del paese, che non ha però avuto ricadute favorevoli sui ceti più bassi. Tale tensione è stata più eloquentemente rappresentata da Li Simeng.  Ci incontrammo durante una delle mie visite al suo luogo di lavoro, una fabbrica destinata alla produzione di infrastrutture 5G, dove lei lavorava nell’ambito del controllo di qualità. Inizialmente Simeng sembrava timida e distante, ma dopo aver iniziato a chiacchierare, ha rivelato il suo pungente sarcasmo e cinismo nei confronti della vita. Quel giorno mi aveva invitato ad incontrare alcuni dei suoi amici da Hellen, un famoso pub gremito di giovani intenti a bere birra a poco prezzo fumando narghilè e giocando a dadi.  “Che senso ha lamentarsi?” Simeng interruppe uno dei suoi amici da poco arrivato in città. Altri a quel tavolo condividevano il suo punto di vista. “Bisogna prendere ogni giorno così come viene.  Non potendo pianificare nulla, l’unica cosa rimasta da fare è guadagnare e spendere soldi. Forse un giorno, per un colpo di fortuna, le cose miglioreranno.” Un’amica ignorò le sue parole: “Come può la vita in una città così luminosa essere così cupa?” Disse volgendo lo sguardo altrove.

Simeng non è una poetessa famosa, ma ama disegnare e scrivere ispirandosi alla propria esperienza.  Solitamente non condivide il suo lavoro con gli altri; si tratta piuttosto di un dialogo con sé stessa.  “La vita a Shenzhen è estremamente solitaria, scrivo per non sentirmi sola.” Quello della solitudine era infatti il tema ricorrente nella maggior parte delle sue creazioni, come dimostrato da uno dei suoi poemi senza titolo:

C’era una grande stupida oggi
Che non aveva niente da fare
Decise di andare a passeggiare
La strada era piena di rose,
rosse e rosa
C’erano migliaia di rose.
A lei piacevano molto.
Si guardò intorno e …
Oh!
Non c’è nessuno
Prese due o tre rami
Mentre pensava
Alle migliaia di fiori
Che ci sarebbero state nel suo giardino l’anno seguente
Che meraviglia!

L’ottimismo mostrato negli ultimi versi è espressione del desiderio dell’autrice per una vita migliore. Simeng condivide con la propria generazione un insieme di aspettative, che consente loro di agire nonostante frequenti difficoltà e impedimenti. “Senza un sogno non abbiamo dove andare.” mi dice cercando qualcosa sul telefono. Poi mi mostra un post pubblicato da uno dei suoi contatti su Wechat. “Andando a vivere in un’altra città, qual è stata la tua esperienza di più grande solitudine?” La giovane afferma senza esitare: “Tantissime persone hanno un animo cattivo.” Con queste parole, Simeng intendeva dire che è difficile trovare qualcuno degno di fiducia per costruire un legame intimo. I suoi antidoti per combattere questo senso di immobilismo individuale e disperazione sono il pub e il cellulare. I giovani si rendono conto che il paese si arricchisce ma solo un piccolo gruppo trae beneficio da questa crescita. Il resto della gente rimane intrappolato in un ciclo di precarietà.  Invece di perdere il desiderio di andare avanti, questi migranti riescono a convivere con la loro angoscia attraverso la produzione o il consumo di diversi mezzi di espressione, che consentono loro di proseguire in una spirale apparentemente senza fine.

Il legame tra cristianesimo ed esistenzialismo

La maggior parte dei membri della Chiesa clandestina protestante che Xiaofeng era solita frequentare era in cerca di certezze. I fedeli disprezzavano la decadenza morale, il violento consumismo e l’opportunismo tipici delle relazioni sociali della Cina contemporanea.  Tali fattori erano considerati infatti tra i principali ostacoli al benessere dei lavoratori migranti nella città. In alternativa a ciò, costoro avevano trovato conforto ed ottimismo nel Dio cristiano.

Ogni sabato mattina Xiaofeng frequentava il catechismo dopo la funzione. Mentre la stanza del decimo piano veniva trasformata da chiesa a mensa, i più giovani scendevano di tre piani per studiare il testo sacro con un membro della comunità più esperto (occasionalmente il pastore stesso), insieme ad un triumvirato di anziane donne in grado di recitare i versi della Bibbia a memoria. Durante la settimana i locali in cui si riunivano erano sede ufficiale di una scuola di arte e fotografia. Le sue pareti erano decorate con delle riproduzioni in acquerello dei passi della Bibbia. Il catechismo si svolgeva in una scuola di chitarra. Le lezioni erano spesso accompagnate dal rumore dei bambini che, nelle stanze adiacenti, lottavano per suonare strumenti sin troppo grandi per loro. Mentre il titolare della scuola di musica non prendeva parte alle attività della Chiesa, alcuni dei suoi studenti vi aderirono, aprendo così le porte ad una collaborazione reciproca. Il proprietario consentiva ai fedeli di svolgere il catechismo nelle sue aule e, a sua volta, reclutava tra gli stessi nuovi allievi, avendo inoltre la possibilità di organizzare piccoli concerti durante festività importanti, come il Natale.

Xiaofeng prende molto seriamente i suoi studi biblici. Una volta chiese ad un collega di sostituirla a lavoro, mentre noi ci incontrammo per pranzare al centro commerciale. Passeggiando per Sisifo, la catena di libri e caffè, Xiaofeng mi confessò che non le piaceva leggere.” Mi annoio e distraggo facilmente, poi mi dimentico cosa sto leggendo. Se oggi mi fermo ad una pagina, il giorno dopo non ricordo più dove ero arrivata.” e la Bibbia invece?” domandai “Per la Bibbia è diverso, studiamo in un gruppo e abbiamo dei questionari da compilare in classe. Posso sempre ricontrollarli e ripassare.”  In una megalopoli come quella di Shenzhen, in cui il ritmo della vita e della produzione danneggia i principali aspetti di convivialità, come nel caso del cibo,12)Eugene Anderson e Marja Anderson, “Modern China: South”. In Kwang-chih Chang (a cura di), Food in Chinese Culture: Anthropological and Historical Perspectices (New Haven, London: Yale University Press, 1977), 317-82; Ellen Oxfeld, Bitter and Sweet: Food, Meaning, and Modernity in Rural China (Berkeley: University of California Press, 2017). comunità come quelle ecclesiastiche possono offrire un importante spazio per la socialità e la formazione di legami affettivi.

Dopo il catechismo, l’intero gruppo saliva ai piani superiori per unirsi al pranzo collettivo. Di solito mangiavo prima con Xiaofeng ed i suoi amici per poi spostarmi a chiacchierare con gli altri.  La notizia riguardante la repressione delle chiese protestanti nel Sichuan e nel Guangdong era sulla bocca di tutti.” Non abbiamo nulla da temere, sono delle sette sataniche.” disse Xiaofeng. Gli altri membri erano più cauti: “Si trattava di comunità troppo grandi, Wang Yi era popolare anche prima di fondare la Chiesa. La nostra è piuttosto piccola, nulla di cui preoccuparsi realmente.” In questo ambiente, le notizie relative alla persecuzione venivano fatte circolare con cautela attraverso i gruppi di WeChat, avendo cura di non catturare l’attenzione della censura. Pur non contando tanti adepti, i membri della Chiesa avevano paura di perdere la loro comunità e con essa il senso di pace che offriva, la famiglia adottiva che avevano costruito lontano da casa.

Per queste persone,  la fede (xin 信) costituiva un aspetto centrale della vita.  Affermavano che credere in Dio donasse loro la forza per superare le sfide, gestire la pressione ed evitare le tentazioni. Da una diversa prospettiva, la Chiesa offriva loro una comunità in grado di soddisfare quegli aspetti sociali ed emotivi ostacolati dai ritmi frenetici di Shenzhen.

Un simile fenomeno è reso possibile dalle espressioni retoriche fondamentali dell’esistenzialismo proletario, soprattutto quando questi contenuti vengono diffusi online.  Alcuni autori sono diventati figure popolari tra i lavoratori migranti per aver postato messaggi esistenzialisti: tutti sembrano conoscerne almeno uno. Per molti questi discorsi offrono conforto in momenti di solitudine e frustrazione. “Senza di noi non ci sarebbe alcuna Shenzhen.” Dice un vecchio operaio edile, veterano del mestiere, che ora si guadagna da vivere dando passaggi in moto nel distretto di Longhua. Quasi non portava contanti con sé, dal momento che la maggior parte delle transazioni avveniva attraverso WeChat. “In passato lavoravamo sodo ed avevamo una buona somma di denaro per vivere, ma al giorno d’oggi uno non può sopravvivere con 2000 yuan (255 €) al mese in questa città”.13)La RPC non ha uno standard nazionale per quanto riguarda il salario minimo; tuttavia, alcune città come Shenzhen hanno stabilito il proprio. Dal 2018, il salario minimo a Shenzhen è rimasto fermo a 2200 yuan (280 euro) al mese o 20,3 yuan  (2,50 euro) all’ora, il più alto in tutta la nazione. Da Zeng Zhibiao, “Zui wanzheng de Shenzhen linian zuidi gongzi biaozhun (1992-2018) 最完整的深圳历年最低工资标准 (1992-2018) [Lista completa dello standard di salario minimo annuale negli anni 1992-2018], Zeng Zhibiao lüshi Xinlang boke 曾志标律师 新浪博客 [Blog dell’avvocato Zeng Zhibiao]. Pensando a come le nuove generazioni di lavoratori migranti si sentissero smarrite e deboli, l’uomo pubblicava messaggi di incoraggiamento sul suo feed di WeChat. Ogni nuovo cliente doveva scannerizzare il codice QR, richiedere l’amicizia e pagarlo attraverso l’applicazione. In questo modo il vecchio operaio si assicurava di far crescere allo stesso tempo i suoi followers e i clienti abituali, che potevano prenotare direttamente con lui e, come ulteriore vantaggio, avere accesso ai suoi post. Consapevole del fatto che le vite dei lavoratori migranti stavano diventando sempre più dure, l’anziano provava a condividere i suoi pensieri sia online che offline.

“Mia figlia è impiegata in una società di logistica, lavora per dieci ore al giorno e ne perde altre tre nel tragitto da casa a lavoro. Anche se viviamo tutti insieme, lei non ha tempo da dedicare alla sua famiglia. Come autista posso fare un po’ di soldi in più, ma bastano a malapena. Noi lavoratori migranti dobbiamo buttar giù un sacco di bocconi amari. Questo è il motivo per cui condivido sempre un messaggio positivo su WeChat e ricordo a mia figlia che è una brava madre e sta facendo un buon lavoro.” Lavoratori migranti come Xiaofeng leggono regolarmente questi contenuti in cerca di motivazione.” Ogni giorno dobbiamo lottare da soli” mi disse guardando il telefono.” “Ascolta, ho parlato con questo ragazzo, guarda cosa ha pubblicato adesso: non importa quanto sia difficile o quanto tu sia stanco, devi cavartela da te, passo dopo passo, devi metterci dedizione e lavorare sodo … non fermarti!”  In quel momento la ragazza sorrise. Nonostante già prendesse parte alle attività della comunità cristiana, fonte di supporto spirituale ed emotivo, Xiaofeng, come gli altri, vedeva in questi post uno strumento utile per affrontare le difficoltà ed i doveri sociali, in un contesto in cui i complimenti e gli incoraggiamenti (offline) erano invece rari.

Considerazioni finali

Le storie illustrate in questo articolo sono ispirate alle contrastanti espressioni di moralità e socialità proprie della vita urbana e rurale. In tal senso interpreto sia il bisogno di esser parte di una comunità, sia la risonanza che ha avuto la retorica dell’esistenzialismo proletario, come anelito verso quel tipo di vicinanza interpersonale tipico della vita del villaggio, legame che Mobo Gao aveva identificato nel  concetto di yiqi 义气.14)Mobo Gao, Gao Village Revisited.

Lo stesso senso di incertezza e disperazione accomuna i membri della comunità ecclesiastica ad individui come Simeng. La differenza tra i due risiede nella modalità in cui tale sentimento è percepito ed incanalato nella pratica sociale. Simeng, per esempio, avrebbe potuto concordare pienamente con le parole di Xiaofeng “il mondo è molto caotico, e la vita stessa lo è. A volte è difficile trovare noi stessi, trovare il nostro scopo”. Ma mentre Simeng scende a patti con l’assurdità della vita, socializza con un piccolo gruppo di persone al pub e sfoga le sue frustrazioni e desideri attraverso la poesia, l’altra trova un ottimismo trascendente nelle credenze cristiane. Avvalorando l’opinione di Michael Jackson, questi meccanismi di difesa sono manifestazioni di un bisogno di integrazione dinanzi ad una presenza schiacciante. Tali strumenti  costituiscono un rimedio contro un futuro incerto e , cosa forse ancora più importante, sono la ragione per la quale Camus aveva immaginato Sisifo felice ai piedi della montagna, pronto ad affrontare una nuova serie di sfide.

Traduzione di Veronica Piersanti.

 

Immagine: Shenzhen ama le risorse umane, Shenzhen ti aspetta. Foto di Pablo Ampuero-Ruiz, con licenza Creative Commons.

Ampuero-Ruiz, Tra la Bibbia e il masso di Sisifo

Pablo Ampuero-Ruiz è un antropologo sociale affiliato con l’Amsterdam Institute for Social Science Research (AISSR), Universiteit van Amsterdam. Da ottobre 2021 fa parte del progetto finanziato dall’ERC ‘Worlds of Lithium’, guidato da Cristóbal Bonelli, all’interno del quale si occupa delle trasformazioni economiche e sociotecnologiche attorno all’industria delle batterie al litio, in Cina. Ampuero-Ruiz ha condotto gli studi dottorali al Max Planck Institute for Social Anthropology, ed ha ricevuto il titolo nel 2021 dalla Martin Luther University di Halle-Wittenberg, Germania. Oltre al suo attuale progetto, la sua ricerca ha esplorato vari aspetti della società cinese e dei rapporti sino-latinoamericani, ed ha insegnato e fatto ricerca in più istituti sudamericani, cinesi ed europei. È inoltre fotodocumentarista: parte del suo lavoro è stato pubblicato dal National Geographic. È host del podcast in lingua spagnola “Todo bajo el cielo”.

References
1 Questo articolo è stato finanziato con i fondi del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), nell’ambito del programma dell’Unione Europea Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione (accordo di sovvenzione n. [853133]).
2 Mobo Gao, Gao Village Revisited: The Life of Rural People in Contemporary China (Hong Kong: The Chinese University Press, 2018).
3 Jenny Chan, Mark Selden e Ngai Pun, Morire per un iPhone (Milano: Jaca Book, 2015).
4 Albert Camus, Le mythe de Sisyphe: Essai sur l’absurde (Paris, FR: Gallimard, 1942).
5 Qianni Wang e Shifan Ge. 2020. “How One Obscure Word Captures Urban China’s Unhappiness: Anthropologist Xiang Biao Explains Why the Academic Concept of ‘Involution’ Became a Social Media Buzzword”, Sixth Tone, 4 novembre 2020.
6 Friederike Fleischer. “For the Love of God: Finding Support in the Church-Community: A Case Study from China”. Religion, State and Society, 39, 4, 2011, 443–59. https://doi.org/10.1080/09637494.2011.621689.
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8 Ann Anagnost, “The Corporeal Politics of Quality (Suzhi).” Public Culture, 16, 2, 2004, 189-208. https://doi.org/10.1215/08992363-16-2-189.
9 Chris Smith e Ngai Pun, “The Dormitory Labour Regime in China as a Site for Control and Resistance”, The International Journal of Human Resource Management, 17, 8, 2006, 1456-70. https://doi.org/10.1080/09585190600804762.
10 Michael Jackson “Existential Aporias and the Precariousness of Being”. In Michael Jackson e Albert Piette (a cura di), What Is Existential Anthropology? (New York, Oxford: Berghahn, 2017), 155–77, 155.
11 Wanqing Zhang e Mengqiu Liu, “Tired of Running in Place, Young Chinese ‘Lie down’”, Sixth Tone, 27 maggio 2021.
12 Eugene Anderson e Marja Anderson, “Modern China: South”. In Kwang-chih Chang (a cura di), Food in Chinese Culture: Anthropological and Historical Perspectices (New Haven, London: Yale University Press, 1977), 317-82; Ellen Oxfeld, Bitter and Sweet: Food, Meaning, and Modernity in Rural China (Berkeley: University of California Press, 2017).
13 La RPC non ha uno standard nazionale per quanto riguarda il salario minimo; tuttavia, alcune città come Shenzhen hanno stabilito il proprio. Dal 2018, il salario minimo a Shenzhen è rimasto fermo a 2200 yuan (280 euro) al mese o 20,3 yuan  (2,50 euro) all’ora, il più alto in tutta la nazione. Da Zeng Zhibiao, “Zui wanzheng de Shenzhen linian zuidi gongzi biaozhun (1992-2018) 最完整的深圳历年最低工资标准 (1992-2018) [Lista completa dello standard di salario minimo annuale negli anni 1992-2018], Zeng Zhibiao lüshi Xinlang boke 曾志标律师 新浪博客 [Blog dell’avvocato Zeng Zhibiao].
14 Mobo Gao, Gao Village Revisited.