Prima di tutto spieghiamo il titolo.1)La seguente è l’undicesima lezione contenuta nel volume Quindici lezioni sulle opere di Lu Xun di Qian Liqun (Lu Xun Zuopin shiwu jiang 鲁迅作品十五讲, Beijing: Beijing daxue Chubanshe, 2003, 185-199) Salvo diversa indicazione, le citazioni del saggio Note scritte sotto la lampada sono prese da Edoarda Masi, curatrice de La falsa libertà (Torino: Einaudi, 1968). Le traduzioni delle citazioni da altre opere di Lu Xun e da altri autori sono mie, salvo diversa indicazione. [N.d.T.]
A Lu Xun piaceva scrivere “sotto la lampada”. La scrittrice Xiao Hong lo ha ricordato così:
L’edificio si faceva sempre più silenzioso, e anche fuori non c’era più alcun suono; allora, il signor Lu Xun si alzava, andava a sedersi alla scrivania e cominciava a scrivere alla luce della lampada da tavolo verde.
La signora Xu (Xu Guangping) dice che quando il gallo cantava, il signor Lu Xun era ancora lì, per strada ricominciava lo strombettio delle automobili, e il signor Lu Xun era ancora lì seduto.
A volte la signora Xu si svegliava e guardava il vetro della finestra bianco bianco, la luce della lampada che adesso sembrava meno luminosa, la figura di spalle del signor Lu Xun non più grande e nera come di notte. Era nero cenere, ancora lì seduta, la figura di spalle del signor Lu Xun. […]2)Xiao Hong 萧红, Huiyi Lu Xun xiansheng 回忆鲁迅先生 [Ricordando il signor Lu Xun], Huiyi Lu Xun “Sanpian” 回忆鲁迅,“散篇” [Ricordando Lu Xun, “Fogli sparsi”], Vol. 2, (Beijing: Beijing chubanshe, 1999), 717.
Lo scrittore giapponese Wataru Masuda fa la stessa osservazione:
Una volta, alle due di notte, sono passato sotto l’edificio dove abitava: solo nella sua stanza c’era ancora la luce accesa, una luce verdazzurra. La luce, filtrata attraverso il paralume verdazzurro della lampada da tavolo, nel buio pesto della notte, faceva risplendere solo una finestra; non era il chiaro di luna, ma io ebbi come l’impressione che in quel momento Lu Xun fosse sotto al chiaro di luna…
Nel chiarore splendente come quello della luna, ma anche tetro, era intento a osservare il futuro della nazione.3)Zeng Tianshe 增田涉, Lu Xun de yinxiang 鲁迅的印象 [L’impressione di Lu Xun], Huiyi Lu Xun “zhuanzhu” 回忆鲁迅“专著” [Ricordando Lu Xun, “Monografie”] Vol. 2 (Beijing: Beijing chubanshe, 1999), 1358, 1384.
In Ode alla notte (Yesong 夜颂, 1933), Lu Xun dice di essere uno che «ama la notte» e scrive: «Chi ama la notte deve avere orecchie per sentirla e occhi per vederla, e dall’oscurità, saper vedere tutta l’oscurità».4)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 5, Zhun fengyue tan 准风月谈 [Chiacchiere consentite sul vento e sulla luna], Yesong 夜颂 [Ode alla notte], 193. E dunque in quel momento, quella notte del 29 aprile 1925, seduto nel buio alla luce della lampada, cosa ha «visto» ancora nell’«oscurità»?
E poi ci sono le “note”.5)Il titolo originale del testo in esame è 灯下漫笔 Dengxia manbi, tradotto da Edoarda Masi come Note scritte sotto la lampada. Dopo essersi soffermato sulla prima parte del titolo (dengxia, ovvero sotto la lampada), l’autore passa alla spiegazione della seconda parte. Il termine manbi, tradotto con note, è formato dal carattere 漫 (man), che ha come primo significato lo straripare delle acque, il traboccare di un liquido e, per estensione, qualcosa di liberamente dilagante e di informale, e dal carattere 笔 (bi) che indica, oltre allo strumento per scrivere, la scrittura stessa. Si tratta dunque di una forma letteraria che non segue una struttura precisa, di note sparse, o di noterelle. [N.d.T.]
Note (sparse) si riferisce al divagare del contenuto, ma anche a uno stato d’animo “sconfinato e confuso” in cui «innumerevoli smisurati pensieri congiungono le ampiezze dell’universo»,6)È un verso della seguente poesia di Lu Xun del 1934:万家墨面没蒿莱,敢有歌吟动地哀。| 心事浩茫连广宇,于无声处听惊雷。 [N.d.T.] e anche a un modo di pensare “in espansione”; come disse di sé Lu Xun: «quando scrivo vado sempre mille miglia fuori tema», «faccio (sempre) volare la fantasia […] come un aquilone col filo spezzato che non si riesce a richiamare indietro»,7)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 8, Jiwai ji shiyi bubian集外集拾遗补编 [Supplemento a Aggiunte a Fuori raccolta], Qingzhu Huning kefu de nayibian 庆祝沪宁克复的那一边 [L’altro lato delle celebrazioni per la riconquista di Shanghai e di Nanchino], 161. intendendo proprio questa forza associativa del pensiero. Contemporaneamente, quello delle note è anche uno stile, “frammentario” e libero, in cui la scrittura asseconda il pensiero e l’interesse.
Si tratta del saggio informale, il genere letterario in voga nel periodo del Quattro Maggio e che pare abbia avuto una seconda fioritura alla fine degli anni Novanta del secolo scorso riformulato in “saggio accademico informale”; dunque questo scritto di Lu Xun può essere considerato il testo che ha aperto la strada al “saggio accademico”. Ma siamo già fuori tema.
Tornando “in tema”, bisogna dire ancora qualcosa: dal momento che l’autore inserisce «note» nel titolo, leggendo il testo bisogna fare attenzione proprio a questa “inondazione” di «pensieri (stati d’animo)», a questo modo di pensare, a questo stile, e cogliere, nell’estrema libertà e frammentarietà del testo, il nocciolo del suo “pensiero”, ovvero le scoperte originali rispetto alla storia, alla società in cui viviamo, fatte dall’autore con il suo unico sguardo “notturno”.
1
Cominciamo con la prima parte del saggio.
Per prima cosa l’autore racconta un semplice fatto di vita quotidiana che lui (come molti altri) ha sperimentato personalmente: cambiare le monete d’argento in banconote, confidando nelle banche nazionali, e poi, a causa dell’instabilità politica, voler cambiare le banconote in monete d’argento e non poterlo fare, e poi ancora precipitarsi senza un lamento a fare il cambio al mercato clandestino a una quotazione ridotta. Dunque è la vita quotidiana della gente comune, sono i fenomeni a cui la gente è abituata a diventare il punto di partenza della riflessione di Lu Xun, il punto da cui prende avvio e si sviluppa la sua esplorazione della mente; quel che vi è di più ordinario e universale è anche ciò che vi è di più profondo: è questa la peculiarità stilistica e concettuale dei saggi di attualità zawen 杂文 (o saggi informali suibi 随笔) di Lu Xun.
Dopo un’attenta analisi ci si accorge che durante la narrazione, l’autore mette puntualmente in risalto i cambiamenti di umore della «gente» (se stesso e la gente comune) nel corso dell’evento narrato; quindi si notano alcune parole chiave: «contento», quando all’inizio cambia le banconote, «non volere» dare le banconote (perché ne aveva poche) quando viene sospeso il cambio in contanti, e infine «straordinariamente contento» e «ancora più contento» dopo aver subito il danno con il cambio a una quotazione ridotta. E poi c’è un altro particolare che fa alquanto riflettere: «tenere in tasca gli yuan d’argento» compare nel primo, nel terzo e nel quarto capoverso, ma associato a sensazioni molto diverse tra loro: l’impressione iniziale è che sono soltanto «pesanti e ingombranti», dopo averli quasi persi e poi alla fine esserseli di nuovo assicurati (anche se a una quotazione ridotta), invece, è «tutto soddisfatto, […] tranquillo per il suo peso». L’attenzione alle più intime reazioni della gente agli avvenimenti esterni, ossia l’interesse per il mondo spirituale delle persone, costituisce una peculiarità stilistica e concettuale dei saggi di attualità (o saggi informali) di Lu Xun.
La domanda è: cosa vede l’autore, con i suoi occhi «per vedere la notte», dietro la reazione psicologica della gente comune a un fatto di vita quotidiana, cosa arriva a pensare?
Si entra così nel secondo livello del testo.
Per accedere a questo livello però bisogna fare un salto mentale (col pensiero), esattamente ciò che fa la frase «a un tratto mi balenò un pensiero» del quarto capoverso (quella che generalmente viene chiamata “frase di transizione”); possiamo anche considerarla la prima fase di un “salto multiplo”.
[…] con che estrema facilità diventiamo schiavi, e dopo esserlo diventati, ne siamo anche soddisfatti.
Qui c’è anche il primo giudizio espresso dall’autore nel testo. Prima aveva detto: «E in tempi normali, non avrei accettato in nessun modo che al cambio mi dessero un solo soldo in meno»; adesso, invece, siccome c’è la possibilità di perdere tutti i soldi di rame, sebbene a una quotazione di cambio molto ridotta, è parecchio soddisfatto di questa dichiarazione e proposta dei fatti. Ma qui c’è un innalzamento (salto) teorico: una volta presentato il concetto di «schiavitù» (al quale daremo in seguito una definizione), compare anche il collegamento fra «noi» (l’autore e la gente comune) e la «schiavitù» («con che estrema facilità diventiamo schiavi»); e lo stesso «soddisfatti», che abbiamo incontrato anche prima, ha adesso un significato diverso: se nei capoversi precedenti non è che la semplice descrizione di uno stato d’animo comune e generale, qui diventa il giudizio nei confronti di una mentalità da «schiavi». Ma questo giudizio deve essere argomentato, è per questo che nel capoverso seguente troviamo un’analisi psicologica e un’argomentazione che, sebbene ipotetiche, presentano un’evidente somiglianza con la mentalità utilitaristica relativa agli «yuan d’argento» di prima: quando all’improvviso le persone finiscono in una condizione in cui «gli uomini in tempi di disordine son peggio dei cani in tempi di pace» e all’improvviso «gli si attribuisce il valore di bestie», «pur non essendo trattati da uomini», «si sottomettono tutti contenti». Le associazioni di idee e le deduzioni di Lu Xun si basano proprio su queste somiglianze: lui riesce, col suo punto di vista originale, a svelare le somiglianze e le connessioni insite a uomini e fatti che gli altri considerano assolutamente scollegati, e a dare così ai lettori la gioia di una scoperta originale. Ed è proprio grazie a queste associazioni di idee che aiuta il lettore, partendo dalla propria esperienza di vita quotidiana, a capire determinati fenomeni storici e sociali e ad afferrare certe verità che trascendono l’esperienza. Il fenomeno che vuole far comprendere in questo testo, innescato dal comune cambio delle monete d’argento, è che nella storia cinese «è sempre accaduto solo questo giochetto»: «dopo esser diventati schiavi, ne siamo anche soddisfatti». Se prima era ancora solo un’associazione mentale e una deduzione, adesso è stato dimostrato ed è un fatto storico incontestabile.
Quindi fa un’ulteriore deduzione:
In realtà i cinesi non sono mai riusciti a conquistarsi il valore di “uomini”; al massimo di schiavi, ed è così tuttora.8)Trad. mia. [N.d.T.]
È il secondo salto mentale all’interno del “salto multiplo”, quello più decisivo. Si tratta anche della scoperta più importante e della sintesi più significativa che Lu Xun fa della condizione di vita dei cinesi; esso è dello stesso tipo della scoperta e conclusione, in Diario di un pazzo, che la storia cinese è una storia di «cannibalismo»: entrambe vanno comprese guardando al sistema di pensiero di Lu Xun nella sua totalità. Qui bisogna dire ancora qualcosa. Come abbiamo spiegato nell’ottava lezione, al cuore del pensiero di Lu Xun vi è il concetto di «elevare l’uomo» che, come mostrato chiaramente, si basa su «rispetto dell’individualità e valorizzazione dello spirito»; detto altrimenti: la libertà spirituale di ogni singola esistenza umana (degli uomini veri, intesi in senso concreto, con la loro personalità e individualità, non l’uomo in generale, in astratto) è l’unico criterio assoluto per stabilire se l’uomo possiede o no «il valore di “uomo”», è l’essenza dell’”uomo” in quanto “essere umano”. Finché ogni singola esistenza umana non avrà ottenuto la propria libertà spirituale e si troverà ancora immersa nella dimensione materiale, specialmente in una condizione di oppressione spirituale, gli uomini non saranno affatto fuori dalla «schiavitù». Da questo attento esame della storia e della situazione attuale della società cinese, trae la conclusione che «i cinesi non sono mai riusciti a conquistarsi il valore di “uomini”; al massimo di schiavi, ed è così tuttora». Questo è qualcosa di cui ogni cinese può rendersi conto e fare esperienza nella propria vita reale: non c’è nemmeno bisogno di dimostrarlo, ma solo di vedere se abbiamo o no il coraggio di affrontare a viso aperto questa verità.
Lu Xun si oppone a tutte le «dissimulazioni» e gli «inganni» e vuole anche metterci di fronte al fatto che il più delle volte ci troviamo in una condizione «al di sotto [di quella] degli schiavi». Fa quindi l’esempio del popolo cinese, storicamente vessato da un lato dai «rappresentanti del potere ufficiale» e dall’altro dai «ribelli», che li «uccidono e saccheggiano»: in tali circostanze, è facile che nasca la speranza che «ci sia un padrone solo e certo» e che vengano formulate delle «regole per gli schiavi» da rispettare. Ciò continua sulla scia del «dopo esser diventati schiavi, ne siamo anche soddisfatti» di prima, ma con un ulteriore sviluppo: speriamo, da schiavi, che venga istituito un “ordine schiavistico” stabile. A questo punto del testo, dopo aver scoperto questa mentalità da schiavi, lo stato d’animo di Lu Xun non può che essere greve, e il tono, di conseguenza, sempre più serio.
Guardando così alla storia della Cina, ciò che si scorge è il tragico destino del suo popolo: durante i Cinque e i Sedici Stati, la rivolta di Huang Chao (alla fine dei Tang), le Cinque Dinastie, l’ultimo periodo dei Song e degli Yuan e la rivolta di Zhang Xianzhong nell’ultimo periodo dei Ming, le «regole degli schiavi» furono «fatte a pezzi», e quindi, per quanto detto prima, il popolo non poté vivere in pace; al contrario, quando «dopo che la confusione è giunta al massimo» viene una persona a «mettere un certo ordine nel mondo», «si dice che “al mondo c’è grande pace”». Ciò porta naturalmente alla seguente conclusione «semplice e diretta»:
-
- epoca in cui si desidera e non si riesce ad essere schiavi;
- epoca di raggiunta temporanea schiavitù.
Questo è il ciclo che gli antichi confuciani chiamavano “avvicendarsi di buon governo e di disordine”
Questo è il terzo salto del ragionamento “per salti”, la terza importante scoperta del testo. Si tratta di un’altra sintesi della storia cinese dal valore enorme che sostanzialmente mette in rilievo come, in tutta la storia, i cinesi non sono mai “usciti dalla schiavitù”: proprio come dei cicli storici, si sono sempre alternati periodi di «raggiunta temporanea schiavitù» e periodi in cui «si desidera e non si riesce ad essere schiavi», ma la sostanza non è mai cambiata: sono stati «schiavi dall’inizio alla fine». Questo prelude al seguito del testo.
Un altro significato di questa conclusione è che Lu Xun dà un senso nuovo all’«“avvicendarsi di buon governo e di disordine”» di cui parlavano gli «“antichi confuciani”» (per la verità, Mencio): tanto l’«anarchia» quanto il «governo della società» sono forme di assoggettamento dei «sudditi» (la grande maggioranza della gente comune) al «padrone» (la minoranza dei governanti); tutti quelli che hanno «provocato il disordine» nel corso della storia cinese (come Zhang Xianzhong, menzionato prima), per loro stessa natura, o hanno «aperto la strada» ai nuovi «“sovrani”» (come ad esempio i governanti mancesi che hanno rimpiazzato i governanti Ming), oppure sono diventati essi stessi i nuovi governanti (come ad esempio Liu Bang e Zhu Yuanzhang). Sebbene non sia l’idea centrale di questo testo, la critica acuta di Lu Xun nei confronti di «quelli che avevano provocato il disordine» (tra cui anche alcuni leader di “rivolte contadine”) fa comunque riflettere.
I tre salti (mentali) di questo lungo paragrafo, che sono tre sintesi e giudizi della storia e delle condizioni di vita dei cinesi, sono la piena dimostrazione del talento critico, sia del pensiero che delle opere, di Lu Xun.
La domanda «in che epoca siamo ora» cambia la direzione del testo, che si rivolge alla realtà, ed è il terzo livello.
Lu Xun prima fa un passo indietro: «Non mi è chiaro»; poi va all’attacco, mostrando chiaramente che nella vita reale, benché «nessuno è soddisfatto» della situazione attuale, che si tratti di gente comune o di intellettuali (studiosi della Cina classica, letterati, filosofi), tutti intraprendono o la strada del «ritorno al passato» oppure quella di «rifugiarsi dalle disgrazie»: la sostanza è comunque «desiderare ardentemente» un’epoca di «raggiunta temporanea schiavitù». Il significato tra le righe è chiaro: «ora» è un’epoca in cui «si desidera e non si riesce ad essere schiavi», inoltre gli uomini non hanno la benché minima pretesa né il desiderio di “uscire dalla schiavitù” definitivamente. Di fronte a tale realtà, di fronte a tali connazionali, Lu Xun non riesce a nascondere la disperazione e la desolazione che ha dentro.
Al che reagisce scagliando ancora un urlo di lotta e, di rimando, pone a ogni lettore, ovvero agli intellettuali cinesi e alla gente comune, una domanda che risveglia dal torpore: se si è insoddisfatti del presente, è mai possibile che si possa solo bramare di tornare al passato, come gli antichi e quelli che auspicano il ritorno all’antico?
Questa domanda obbliga a una risposta nuova, sollecita una scelta diversa: se non si è soddisfatti del presente, non è indispensabile rivolgersi indietro, si può anche guardare avanti: «anche davanti a noi esiste una strada».
Il testo, affascinante fin qui con i suoi cambiamenti improvvisi, alla fine lancia un ruggito che squarcia l’aria:
Creare questa terza epoca che nella storia della Cina non è mai esistita è il compito della gioventù d’oggi!
Il valore di questo urlo di esortazione non è inferiore a quello di «salvate i bambini» di pochi anni prima. Davanti al popolo e agli intellettuali cinesi si presenta un pensiero del tutto nuovo, un mondo completamente nuovo: non più la scelta obbligata e passiva tra l’epoca in cui «si desidera e non si riesce ad essere schiavi» e l’«epoca di raggiunta temporanea schiavitù», ma una «terza epoca», radicalmente nuova e creata da noi, di “uscita definitiva dalla condizione di schiavitù”; non fare più affidamento su alcun salvatore del mondo, ma su di un’epoca interamente nuova: la «gioventù d’oggi» ha il destino in pugno.
Un appello, una prospettiva, anche un’esortazione: il testo entra così in un ambito nuovo.
2
Passiamo ora alla seconda parte di Note scritte sotto la lampada.
Se quelle di prima erano libere riflessioni alla luce della lampada, queste invece sono impressioni ricavate da alcune letture che riguardano la questione di come considerare i giudizi degli stranieri sulla Cina.
Si tratta di un capoverso peculiare sin dall’inizio nel mostrare un impeto che intimidisce gli oppositori: «a quanti, venuti in Cina, per la prima volta provassero antipatia, odio e ripugnanza, esprimerei sinceramente il più vivo ringraziamento, perché di certo non sarebbero fra quelli che desiderano mangiare la carne dei cinesi!» Il ringraziamento di Lu Xun a coloro che provano «ripugnanza per la Cina» risulta alquanto strano per i cinesi, che […] hanno sempre anelato le lodi degli “amici stranieri” (sintomo, questo, del loro complesso d’inferiorità nazionale); e anche l’espressione «mangiare la carne dei cinesi» è un po’ esagerata, troppo «intensa» per i cinesi, abituati a mantenersi nel mezzo, a essere moderati anche nel parlare.
Ma le parole di Lu Xun non sono infondate: il testo che è impegnato a leggere, Il fascino di Pechino, presenta quello che viene chiamato il «fascino della vita cinese»: i «conquistatori» stranieri che infine vengono «soggiogati» dalla «bellezza del modo di vita cinese». Come si dice in seguito, «alcuni nostri patrioti ottimisti» per questo «si rallegrano credendo che [gli stranieri] comincino ad essere assimilati dai cinesi»; Lu Xun invece ci vede una vera e propria crisi nazionale: si tratta semplicemente di offrire ai colonizzatori occidentali «i lussuosi banchetti che già offrimmo ai Wei Settentrionali, agli Yuan, ai Qing»; «gli antichi si servivano delle donne per assicurarsi una temporanea tranquillità ed eufemisticamente chiamavano questo: “pace raggiunta attraverso il matrimonio”; gli uomini di oggi si servono di figli e figlie e tesori per offrirli in dono servile, ed eufemisticamente chiamano ciò “assimilazione”.» In ogni tempo e rispetto a qualsiasi questione, anche quelle di importanza vitale per la nazione, i cinesi hanno ingannato e ingannano se stessi e gli altri. Il «ringraziamento» di Lu Xun deriva da questo senso di crisi nazionale: «se uno straniero qualunque, adesso che ha i requisiti per recarsi al banchetto, maledice, invece, al posto nostro l’attuale situazione della Cina, è veramente un uomo leale e degno di stima!».9)Trad. mia. [N.d.T.] Non è difficile per noi capire la preoccupazione che vi sta dietro: in questo mondo governato dalla legge del più forte, quante di queste persone «leali» ci possono essere?
Ma ciò che interessa maggiormente Lu Xun sono i problemi specifici della Cina, ragion per cui egli avvia una profonda discussione che ruota attorno ai «lussuosi banchetti» che ha presentato prima.
Innanzitutto, come si formano questi «lussuosi banchetti». Lu Xun dice che «noi stessi ci siamo ben sistemati», cioè che ce li siamo creati noi stessi; e questo porta all’esame della struttura sociale cinese. Egli cita il brano del Zuo Zhuan «“in cielo ci sono dieci soli, fra gli uomini ci sono dieci classi”» per sottolineare che la società cinese ha una struttura gerarchica in cui «abbiamo ricchi e poveri, grandi e piccoli, superiori e inferiori», in un «sistema di successive oppressioni». In questo tipo di organizzazione sociale, ognuno è collocato su un certo livello per cui, mentre si subisce l’oppressione del livello superiore, mentre si è «vessati dagli altri», «si possono vessare gli altri», si opprimono quelli del livello inferiore. Come dice Lu Xun, anche se si appartiene al livello più basso, «ci sono, ancor più in basso, le mogli, ancor più deboli, i figli», e poi anche i figli hanno la speranza di avere «mogli e figli più in basso e più deboli di loro, ai quali comandare» quando saranno cresciuti; è una concatenazione reciproca, «a ciascuno tocca il suo», e dal momento che «non ci si può muovere, e neppure lo si vuole», nel mondo regnerà sempre «grande pace» (come Lu Xun ha già detto in precedenza, si oscilla solo tra il «desiderare e non riuscire ad essere schiavi» e una «raggiunta temporanea schiavitù»; in questa struttura sociale gerarchica, ognuno è sia schiavo che schiavista). «Chi osa opporsi è punito per non accettare la sua condizione» e subirà la condanna e finanche l’accanimento della società intera: è una struttura gerarchica estremamente uniformata e chiusa, che non concede spazio alcuno ai dissidenti (chi è critico e ha opinioni diverse).
Lu Xun continua richiamando l’attenzione sul fatto che queste non sono affatto «antiche storie» «tanto lontane»; in altre parole, questa tradizione è stata conservata intatta fino a oggi e dunque «la civiltà dello spirito tipica della Cina in realtà non è stata affatto eliminata dalla parola “repubblica”». Per questo, «a quel che sembra» nella società cinese «c’è ancora grande pace»: come sempre, non si sente «gridare», non c’è nessuno che «vi si opponga», è tutto in ordine, tutto al suo posto; «tanto arbitrio nei confronti del proprio popolo, e tanta condiscendenza verso gli stranieri non continuano in tutto e per tutto la tradizione della gerarchia?» Malgrado il tono ironico, Lu Xun non riesce a nascondere la gravità che ha nel cuore. In uno scritto di due mesi prima, lasciava andare questo lamento: «Ho l’impressione che la cosiddetta Repubblica di Cina da parecchio è come se non ci fosse. Prima della rivoluzione ero uno schiavo; non molto tempo dopo la rivoluzione, sono stato ingannato dagli schiavi e sono diventato loro schiavo».10)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji华盖集 [Cattiva stella], Huran xiangdao (san) 忽然想到(三) [Pensieri estemporanei (3)], 16. Non si è ancora fuori dalla schiavitù della gerarchia.
Quindi abbiamo la seguente descrizione della realtà cinese: «ancora oggi possiamo assistere di persona a banchetti d’ogni sorta, con arrosti, pinne di pescecane, piatti nostri e piatti occidentali. Ma sotto i tetti di giunco c’è anche povero cibo, sui margini delle strade si mangiano zuppe di avanzi, in campagna si muore di fame; ci sono i ricchi il cui corpo è al di sopra di ogni prezzo che mangiano arrosti, e ci sono i bambini mezzo morti di fame al prezzo di otto soldi il jin». A differenza dei vari uomini di lettere cinesi e stranieri, che lodano ciecamente le squisitezze della “cultura alimentare” cinese, di Pechino (come mostrato dal volume che sta leggendo, Il fascino di Pechino, di uno scrittore giapponese), Lu Xun rivela acutamente ciò che vi sta dietro e che viene ignorato: la vita quotidiana della grande maggioranza della gente comune (il «povero cibo» quotidiano «sotto i tetti di giunco»), e pure le «zuppe di avanzi» e i «morti di fame» occultati, i corpi costretti a vendersi a poco dalla fame… fatti atroci!
Da ciò Lu Xun ricava una sintesi sull’essenza della “civiltà” cinese:
La cosiddetta civiltà cinese in realtà è solo un banchetto di carne umana servito ai ricchi. Quel che si chiama Cina in realtà è solo la cucina dove si prepara questo banchetto di carne umana.
Anche questa è una scoperta straordinariamente originale e potente e costituisce un picco concettuale ed emozionale verso cui possiamo dire che corre tutta l’argomentazione di Lu Xun in Note scritte sotto la lampada. Inoltre, anche gli effetti provocati da questa conclusione sono di un’intensità inaudita: forse ci fa sentire scossi, risvegliati, oppure stimolati, o irritati; o forse frustrati per l’impossibilità di comprendere. Per gli estimatori è profonda, incisiva; per i detrattori è eccessiva; una cosa è certa: di fronte a questa conclusione, non si può rimanere indifferenti.
Tuttavia la posizione di Lu Xun è netta: «quelli che lodano perché non sanno sono scusabili; diversamente, siano per sempre maledetti!». Lu Xun analizza poi ulteriormente i motivi degli elogi: ci sono due tipi di stranieri, «quelli che ritengono i cinesi una razza inferiore, cui si addice quanto è stato finora, e perciò apposta lodano le vecchie cose della Cina», e quelli che invece vengono in Cina a «vedere i codini», per soddisfare la propria curiosità; in realtà si tratta, in entrambi i casi, di mentalità coloniali che Lu Xun respinge con un «sono degni di odio». Ma ciò che affligge Lu Xun ancora di più è che questo «banchetto di carne umana», «non solo inebria gli stranieri, ma ha già inebriato tutti quanti i cinesi, fino a farli sorridere». Per Lu Xun il problema sta sempre nel sistema gerarchico di prima che, «trasmesso dall’antichità, ancora sussiste» e per il quale «gli uomini sono distaccati l’uno dall’altro e non possono sentire il dolore altrui; e poiché ciascuno ha la speranza di far schiavi gli altri e di mangiare gli altri, si dimentica che anch’egli ha la stessa prospettiva d’esser fatto schiavo e mangiato». Le conseguenze di ciò, naturalmente, sono molto gravi: «da quando è cominciata la civiltà fino ad oggi si imbandiscono senza numero grandi e piccoli banchetti di carne umana. Gli uomini in queste riunioni mangiano gli uomini e vengono mangiati; lo stolto chiasso dei malvagi soffoca le invocazioni tragiche dei deboli, per non parlare delle donne e dei bambini». Lu Xun sottolinea in particolar modo l’esistenza del banchetto di carne umana «oggi», nella sua forma attuale, e prova una forte indignazione specialmente per i «deboli», per il fatto che le «tragiche» invocazioni «delle donne e dei bambini» vengono «soffocate»: questo chiarisce nel modo più netto la sua idea di mettere “i deboli al primo posto”, nonché il suo intimo legame con il popolo, con gli strati più bassi della società.
Per questo, l’ultimo appello è particolarmente potente e riecheggia quello di prima a «creare questa terza epoca che nella storia della Cina non è mai esistita»:
Questi banchetti di carne umana si imbandiscono ancora oggi, e molti desiderano che si continui a imbandirli. Spazzar via questi mangiatori d’uomini, rovesciare questi banchetti, distruggere questa cucina, è il compito della gioventù d’oggi!
Esso annuncerà la lotta incessante di generazioni di giovani cinesi, una dopo l’altra, per portare a termine questo «compito».
3
La sintesi della civiltà cinese nell’espressione «banchetto di carne umana» non è dettata in Lu Xun da risentimento o esasperazione momentanei, ma dall’attento esame della storia cinese (nella prima parte di Note scritte sotto la lampada) e dall’analisi della struttura sociale cinese (nella seconda parte). Tra l’altro è un concetto che attraversa tutta la sua opera: impossibile dimenticare la scoperta sbalorditiva in quella che viene indicata come l’opera “fondatrice” della letteratura cinese moderna: Diario di un pazzo.
Ho sfogliato un libro di storia, nel quale non era indicata la data o l’epoca, ma in ogni pagina fitti fitti in ogni direzione erano scritti questi caratteri: “Benevolenza, Rettitudine, Via e Virtù”. Non riuscivo per nulla ad addormentarmi e ho aguzzato gli occhi per gran parte della notte finché ho visto tra le righe che dappertutto nel libro era scritto “mangiate gli uomini”!11)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Kuangren riji 狂人日记, Nahan呐喊, 425. Trad. it. di Nicoletta Pesaro, vedi “Diario di un pazzo” in Grida (Palermo: Sellerio, 2021), 24.
In una lettera a Xu Shoushang, quando parla di cosa lo ha spinto a scrivere Diario di un pazzo, Lu Xun lo dice ancor più chiaramente: «Leggendo per caso Specchio completo [di aiuto nel governo], ho realizzato che i cinesi sono ancora una nazione di cannibali, da ciò è nato questo testo. È una scoperta dalle implicazioni enormi, ma se ne sa ancora pochissimo.»12)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 11, Shuxin·180820·zhi Xu Shoushang 书信·180820·致许寿裳 [Epistolario, 180820, A Xu Shoushang], 252. “Mangiare gli uomini” ha una doppia connotazione. La prima si riferisce a qualcosa di reale: il fatto che «la gente si scambia i figli per mangiarli», di cui si dice in Diario di un pazzo, è documentato già nel Zuo Zhuan; ancor più noto è il fatto che nel 1907, dopo l’uccisione del rivoluzionario Xu Xilin, il suo cuore e il suo fegato furono mangiati; il “tagliarsi una gamba per curare i genitori”, di cui parla «mio fratello» in Diario di un pazzo, c’è già nella Storia dei Song. Negli ultimi anni il fenomeno del cannibalismo ha attirato l’attenzione del mondo accademico, con conseguente pubblicazione di monografie come Cannibalismo nella Cina antica o Storia del cannibalismo in Cina e all’estero. Secondo le ricerche degli studiosi, una delle peculiarità del cannibalismo cinese è che si è trattato di un fenomeno di grosse proporzioni; l’altra caratteristica è che è stato di frequente praticato nel buon nome di valori etici e morali: il “tagliarsi una gamba per curare i genitori” sventola la bandiera della confuciana “pietà filiale”, tant’è che nella Storia dei Song si dice che chi si taglia la gamba per i genitori è giudicato più “filiale”. Inoltre, questo feroce cannibalismo viene anche rappresentato come qualcosa di bello nelle descrizioni letterarie cinesi; come nel Romanzo dei Tre Regni, in cui si elogia apertamente Liu An che, per realizzare il suo “ideale” di “essere un suddito leale e un figlio devoto nello stesso tempo”, «uccide la moglie e ne offre la carne [a Liu Bei]». Per Lu Xun tutto ciò rispecchia “la natura sanguinaria” del carattere nazionale cinese, e la sua noncuranza della vita umana (di questo aspetto, di cui ci siamo occupati nella prima lezione, non si discuterà più).13)Chi è interessato può consultare anche la Settima lezione del mio modesto contributo Huashuo Zhoushi xiongdi 话说周氏兄弟 (Storie dei fratelli Zhou), in cui la questione del “cannibalismo” è discussa ancor più approfonditamente. La proposizione «mangiare gli uomini», il cui significato è molto simile a quanto detto nella prima parte del testo, ovvero che «i cinesi non sono mai riusciti a conquistarsi il valore di “uomini”», naturalmente ha anche un valore simbolico importantissimo: come già spiegato all’inizio, essa indica principalmente il soffocamento della libertà spirituale, la privazione del diritto fondamentale alla sopravvivenza e allo sviluppo, la sottomissione e l’uccisione fisica e spirituale dell’uomo. Anche questi problemi sono già stati discussi abbondantemente in precedenza e quindi non li approfondiremo ulteriormente.
Qui, la cosa più importante su cui incentrare la discussione è che al centro dell’interesse di Lu Xun rimane sempre il «banchetto di carne umana» nella sua forma attuale: la “riproduzione” incessante del «banchetto di carne umana» nella Cina moderna è ciò a cui Lu Xun rimane sempre maggiormente sensibile.
In un altro testo, intitolato Dopo aver sbattuto contro “il muro”, scritto meno di un mese dopo Note scritte sotto la lampada (il 21 maggio 1925), Lu Xun ha una visione improvvisa suscitata dall’episodio della riunione che la rettrice dell’Università Femminile Normale di Pechino, Yang Yinyu, aveva tenuto in un hotel assieme ai professori che la appoggiavano per tramare l’espulsione dei membri dell’associazione di autonomia studentesca, sfruttando la propria posizione di potere.
Allora mi parve di vedere la tovaglia bianco neve macchiata di salsa di soia, uomini e donne attorno al tavolo a mangiare il gelato, e tante nuore, proprio come la maggior parte delle nuore della storia cinese ai piedi della suocera votata all’integrità morale, che avevano già deciso il triste destino. Fumai due sigarette, e nel chiarore che cominciava a farsi davanti ai miei occhi apparve lo splendore delle luci dell’hotel, vidi educatori tramare ai danni degli studenti fra i bicchieri di vino, vidi assassini massacrare il popolo col sorriso, vidi cadaveri danzare nel letame, vidi arpe eoliche cosparse di sudiciume, avrei voluto fare un disegno, ma non riuscii a tracciare una linea. Perché voglio fare l’insegnante? Comincio a disprezzare perfino me stesso.14)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji华盖集 [Cattiva stella], “Pengbi”zhihou “碰壁”之后 [Dopo aver sbattuto contro “il muro”], 72-73.
Naturalmente questa visione non è frutto dell’immaginazione eccessivamente sensibile di Lu Xun ma la scoperta, per lui sconvolgente e dolorosa, della produzione di nuovi sistemi gerarchici nei rapporti tra rettori, professori e studenti, la scoperta che nel moderno sistema di istruzione si «trama ai danni degli studenti»: il banchetto di carne umana è già stato imbandito fino agli istituti di istruzione superiore. Inoltre, essendo lui stesso un insegnante, deve necessariamente interrogarsi sul proprio ruolo, sulle proprie responsabilità all’interno di questa nuova organizzazione cannibalistica dell’istruzione. Perciò ci ritorna in mente quella voce, sopraffatta dal dolore, che si rimprovera in Diario di un pazzo: «Non è detto che anch’io senza saperlo abbia mangiato qualche pezzo di carne della mia sorellina. E adesso tocca a me…».15)“Diario di un pazzo”, trad. it di Nicoletta Pesaro, 36.
Perciò l’esperienza dei massacri del 18 marzo e del 15 aprile, quando ha visto «moltissimo sangue e moltissime lacrime», ma non aveva che i suoi «saggi brevi e questo è tutto»,16)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], “Eryi ji” Tici 《而已集》题辞, 407. Traduzione di Anna Bujatti, “Epigrafe per ‘E questo è tutto’” in Letteratura e sudore (Isola del Liri: Editrice Pisani, 2007), 29. non poteva non causare un esame di coscienza ancor più approfondito. Di fronte al «gioco del sangue» e al fatto di non sopportare «di assistere alla conclusione di questo spettacolo», alla fine Lu Xun realizza:
Anch’io ho collaborato al succedersi dei banchetti.
Lu Xun spiega: «Nei banchetti cinesi ci sono i “gamberi al vino”: più i gamberi sono freschi e vivi, più sono soddisfatti quelli che li mangiano. Io ho aiutato a preparare questi gamberi al vino, ho chiarito le menti dei giovani ingenui e infelici e ho stimolato la loro coscienza, ho fatto sì che imbattendosi nella sventura provassero un dolore raddoppiato; e nello stesso tempo, che quanti li odiano traessero piacere da questo dolore più intelligente e ne avessero un divertimento imprevisto».17)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], Da You Heng xiansheng 答有恒先生, 454. Traduzione di Edoarda Masi, “Risposta al signor Yu-heng” in La falsa libertà (Torino: Einaudi, 1968), 144-145.
Lo shock che questa scoperta, altrettanto sconvolgente, suscita negli intellettuali non è inferiore a quello provocato dalla scoperta del «banchetto di carne umana»: essa mette gli intellettuali che si sono risvegliati per primi direttamente di fronte alla propria fondamentale contraddizione. Come dice Lu Xun, «estremo dolore nella vita è, una volta destati dal sogno, non avere una strada da percorrere»: la caratteristica principale degli intellettuali risvegliati è proprio che si sono destati dal sogno prima degli altri, ma non riescono a trovare la strada da percorrere e, quanto più desti sono, tanto meno riescono a trovarla. Nello stesso discorso, Lu Xun dice che sa solo di dover andare sempre avanti e «lottare» incessantemente; ma come procedere, verso dove, come lottare: questo, «non lo sa».18)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Fen 坟 [La tomba], Nala zouhou zenyang 娜拉走后怎样, 159, 161. Traduzione di Masi, “Che cosa accadde dopo che Nora se n’è andata” in La falsa libertà, 32. In un certo senso, si può dire che è proprio lo stato di perenne disorientamento degli intellettuali veramente risvegliati a determinare la loro perenne ricerca. Il problema è che questi intellettuali risvegliati pretendono anche di addossarsi la responsabilità sociale di illuminare le menti, trasferendo così, inevitabilmente, le proprie contraddizioni sui destinatari della loro azione illuminante, principalmente le giovani generazioni, così che, quando «la vita e la gioventù degli altri (dei giovani) che non si possono ricreare»19)Traduzione di Masi, “Risposta al signor Yu-heng” in La falsa libertà, 144. [N.d.T.] vanno incontro al massacro, questi intellettuali si autocondannano quasi come per una colpa originaria. La contraddizione dell’intellettuale tra la responsabilità sociale e la propria incertezza e impotenza è praticamente irrisolvibile, potremmo anche dire che è il karma degli intellettuali risvegliati.
Ma Lu Xun continua a dichiarare: «mentre lotto per la vita, spero di vedere ancora qualche cosa “fra scolorite macchie di sangue”, quando saranno scolorite, e di trascriverlo sulla carta».20)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], Da You Heng xiansheng 答有恒先生, 457-458. Traduzione di Masi, ivi, 148. Per questo fa ancora molte altre scoperte dolorose.
Quando certi intellettuali cinesi rifilano alla gente la “civiltà borghese” vendendola come un qualcosa di meraviglioso, assicurano che «a un proletario capace basta lavorare faticosamente e onestamente una vita intera per ottenere quasi certamente una ricchezza corrispondente»;21)Punto di vista formulato da Liang Shiqiu 梁实秋 nel testo Wenxue shi you jiejixing de ma? 文学是有阶级性的吗? (La letteratura ha una natura di classe?), Xinyue 新月, Vol. 2, Numero doppio 6/7, settembre 1929. detto in parole semplici, «i poveri vogliono sempre arrampicarsi, e sempre più in alto, fino a raggiungere lo status di ricchi», «persino gli schiavi si considerano immortali, e così nel mondo regna la pace». Tuttavia, in questo quadro di «pace», Lu Xun scorge uno scenario tenuto volutamente nascosto.
Ad arrampicarsi sono in tanti e di strada ce n’è una sola, affollatissima. Gli onesti, che si arrampicano lealmente, secondo le regole, non arrivano quasi mai in cima. Gli astuti spingono, si fanno strada a spintoni, buttano gli altri a terra, li calpestano sotto i piedi, e pestandoli sulle spalle e sul capo riescono ad arrivare in cima. Ma la maggior parte della gente si arrampica e basta, convinta che i propri avversari siano di fianco, e non sopra di loro: che siano quelli che si arrampicano insieme a loro. Per lo più sopportano tutto, si aiutano con le mani e coi piedi, un passo dopo l’altro salgono a fatica, per poi essere ricacciati giù, di nuovo risalgono su a fatica e poi vengono strattonati giù, senza tregua.22)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 5, Zhun fengyue tan 准风月谈 [Chiacchiere consentite sul vento e sulla luna], Pa he zhuang 爬和撞 [Arrampicarsi e urtarsi], 261.
Dietro la “libera concorrenza” capitalistica, accettata e idealizzata incondizionatamente da alcuni intellettuali, Lu Xun scorge sfruttamento crudele e sanguinosa rivalità. Si tratta di una nuova organizzazione gerarchica, che incoraggia le persone a massacrarsi a vicenda pur di «arrampicarsi» sul livello superiore. «Salgono a fatica, per poi essere ricacciati giù, di nuovo risalgono su a fatica e poi vengono strattonati giù, senza tregua» significa che durante la salita le persone sgomitano, si accalcano e si scontrano le une con le altre, si “mangiano” a vicenda; ma nel quadro globale, tutti vengono divorati dalla macchina del “capitale” concreta e reale e da chi la controlla. Dunque Lu Xun scopre di nuovo che i banchetti di carne umana continuano a essere imbanditi, in nome del “capitale”, nella società cinese degli anni Trenta; in altre parole: Lu Xun scopre il rinnovarsi dei rapporti di schiavitù nella moderna civiltà urbana, e questa è un’altra scoperta dal significato enorme e dalle profonde ripercussioni.
Quel che sconvolge di più è che Lu Xun scopre di nuovo il rinnovarsi dei rapporti di schiavitù quando si accorge che tra le truppe rivoluzionarie ci sono «speculatori rivoluzionari», «venditori ambulanti rivoluzionari», perfino «caporali rivoluzionari» e «amministratori di schiavi»; e quando, non solo assiste a come questi «si lavano le mani col sangue della gioventù comunista, della gioventù sospettabile comunista»,23)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 4, Nanqiang-Beidiao ji 南腔北调集 [Accento del sud e calata del nord], Da Yang Cunren xiansheng gongkaixin de gongkaixin 答杨邨人先生公开信的公开信 [Lettera aperta in risposta alla lettera aperta del signor Yang Cunren], 630. a come dimostrano «il loro pentimento» «tirando energicamente i piedi agli amici impiccati»,24)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 6, Qiejieting zawen 且介亭杂文 [Saggi dello studio in semiconcessione], Zhongguo wentan shang de guimei 中国文坛上的鬼魅, 153 (traduzione di Bujatti, “Spiriti maligni nel mondo letterario cinese”, 159). ma ha anche la personale cognizione che «per quanto mi riguarda, è sempre come essere legato a una catena di ferro, con un caporale dietro che mi prende a frustate, a prescindere dalla mia solerzia, sono sempre frustate»,25)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 13, Shuxin·350912·zhi Hu Feng 书信·350912·致胡风 [Epistolario, 350912, A Hu Feng], 211 (trad. mia). specialmente di fronte ai «tiranni che dichiarano le persone colpevoli in base alla loro potenza e inoltre lo fanno in maniera orribilmente pesante» e agli «amministratori di schiavi» con «lo schiocco di frusta come unico successo».26)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 6, Qiejieting zawen mobian 且介亭杂文末编 [Ultima edizione di saggi dello studio in semiconcessione], Da Xu Maoyong bing guanyu kangri tongyi zhanxian wenti 答徐懋庸并关于抗日统一战线问题 [Risposta a Xu Maoyong e sul fronte unito contro il Giappone], 537, 538 (trad. mia). Quel che è particolarmente grave e doloroso di questa ulteriore scoperta è che adesso i banchetti di carne umana si imbandiscono nel perseguimento di emancipazione e libertà all’interno del campo rivoluzionario.
Allora, a Lu Xun non resta che ritornare ancora e ancora alla sua proposizione originale: «bisogna rifare tutto da capo».27)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji 华盖集 [Cattiva stella], Huran xiangdao (san) 忽然想到(三) [Pensieri estemporanei (3)], 16 (trad. mia).
Traduzione di Monia Conte
Qian Liqun, Rovesciare questi banchetti PDF
Immagine: Lu Xun sotto la lampada, pittura a olio.
↑1 | La seguente è l’undicesima lezione contenuta nel volume Quindici lezioni sulle opere di Lu Xun di Qian Liqun (Lu Xun Zuopin shiwu jiang 鲁迅作品十五讲, Beijing: Beijing daxue Chubanshe, 2003, 185-199) Salvo diversa indicazione, le citazioni del saggio Note scritte sotto la lampada sono prese da Edoarda Masi, curatrice de La falsa libertà (Torino: Einaudi, 1968). Le traduzioni delle citazioni da altre opere di Lu Xun e da altri autori sono mie, salvo diversa indicazione. [N.d.T.] |
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↑2 | Xiao Hong 萧红, Huiyi Lu Xun xiansheng 回忆鲁迅先生 [Ricordando il signor Lu Xun], Huiyi Lu Xun “Sanpian” 回忆鲁迅,“散篇” [Ricordando Lu Xun, “Fogli sparsi”], Vol. 2, (Beijing: Beijing chubanshe, 1999), 717. |
↑3 | Zeng Tianshe 增田涉, Lu Xun de yinxiang 鲁迅的印象 [L’impressione di Lu Xun], Huiyi Lu Xun “zhuanzhu” 回忆鲁迅“专著” [Ricordando Lu Xun, “Monografie”] Vol. 2 (Beijing: Beijing chubanshe, 1999), 1358, 1384. |
↑4 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 5, Zhun fengyue tan 准风月谈 [Chiacchiere consentite sul vento e sulla luna], Yesong 夜颂 [Ode alla notte], 193. |
↑5 | Il titolo originale del testo in esame è 灯下漫笔 Dengxia manbi, tradotto da Edoarda Masi come Note scritte sotto la lampada. Dopo essersi soffermato sulla prima parte del titolo (dengxia, ovvero sotto la lampada), l’autore passa alla spiegazione della seconda parte. Il termine manbi, tradotto con note, è formato dal carattere 漫 (man), che ha come primo significato lo straripare delle acque, il traboccare di un liquido e, per estensione, qualcosa di liberamente dilagante e di informale, e dal carattere 笔 (bi) che indica, oltre allo strumento per scrivere, la scrittura stessa. Si tratta dunque di una forma letteraria che non segue una struttura precisa, di note sparse, o di noterelle. [N.d.T.] |
↑6 | È un verso della seguente poesia di Lu Xun del 1934:万家墨面没蒿莱,敢有歌吟动地哀。| 心事浩茫连广宇,于无声处听惊雷。 [N.d.T.] |
↑7 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 8, Jiwai ji shiyi bubian集外集拾遗补编 [Supplemento a Aggiunte a Fuori raccolta], Qingzhu Huning kefu de nayibian 庆祝沪宁克复的那一边 [L’altro lato delle celebrazioni per la riconquista di Shanghai e di Nanchino], 161. |
↑8 | Trad. mia. [N.d.T.] |
↑9 | Trad. mia. [N.d.T.] |
↑10 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji华盖集 [Cattiva stella], Huran xiangdao (san) 忽然想到(三) [Pensieri estemporanei (3)], 16. |
↑11 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Kuangren riji 狂人日记, Nahan呐喊, 425. Trad. it. di Nicoletta Pesaro, vedi “Diario di un pazzo” in Grida (Palermo: Sellerio, 2021), 24. |
↑12 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 11, Shuxin·180820·zhi Xu Shoushang 书信·180820·致许寿裳 [Epistolario, 180820, A Xu Shoushang], 252. |
↑13 | Chi è interessato può consultare anche la Settima lezione del mio modesto contributo Huashuo Zhoushi xiongdi 话说周氏兄弟 (Storie dei fratelli Zhou), in cui la questione del “cannibalismo” è discussa ancor più approfonditamente. |
↑14 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji华盖集 [Cattiva stella], “Pengbi”zhihou “碰壁”之后 [Dopo aver sbattuto contro “il muro”], 72-73. |
↑15 | “Diario di un pazzo”, trad. it di Nicoletta Pesaro, 36. |
↑16 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], “Eryi ji” Tici 《而已集》题辞, 407. Traduzione di Anna Bujatti, “Epigrafe per ‘E questo è tutto’” in Letteratura e sudore (Isola del Liri: Editrice Pisani, 2007), 29. |
↑17 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], Da You Heng xiansheng 答有恒先生, 454. Traduzione di Edoarda Masi, “Risposta al signor Yu-heng” in La falsa libertà (Torino: Einaudi, 1968), 144-145. |
↑18 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Fen 坟 [La tomba], Nala zouhou zenyang 娜拉走后怎样, 159, 161. Traduzione di Masi, “Che cosa accadde dopo che Nora se n’è andata” in La falsa libertà, 32. |
↑19 | Traduzione di Masi, “Risposta al signor Yu-heng” in La falsa libertà, 144. [N.d.T.] |
↑20 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Eryi ji 而已集 [E questo è tutto], Da You Heng xiansheng 答有恒先生, 457-458. Traduzione di Masi, ivi, 148. |
↑21 | Punto di vista formulato da Liang Shiqiu 梁实秋 nel testo Wenxue shi you jiejixing de ma? 文学是有阶级性的吗? (La letteratura ha una natura di classe?), Xinyue 新月, Vol. 2, Numero doppio 6/7, settembre 1929. |
↑22 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 5, Zhun fengyue tan 准风月谈 [Chiacchiere consentite sul vento e sulla luna], Pa he zhuang 爬和撞 [Arrampicarsi e urtarsi], 261. |
↑23 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 4, Nanqiang-Beidiao ji 南腔北调集 [Accento del sud e calata del nord], Da Yang Cunren xiansheng gongkaixin de gongkaixin 答杨邨人先生公开信的公开信 [Lettera aperta in risposta alla lettera aperta del signor Yang Cunren], 630. |
↑24 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 6, Qiejieting zawen 且介亭杂文 [Saggi dello studio in semiconcessione], Zhongguo wentan shang de guimei 中国文坛上的鬼魅, 153 (traduzione di Bujatti, “Spiriti maligni nel mondo letterario cinese”, 159). |
↑25 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 13, Shuxin·350912·zhi Hu Feng 书信·350912·致胡风 [Epistolario, 350912, A Hu Feng], 211 (trad. mia). |
↑26 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 6, Qiejieting zawen mobian 且介亭杂文末编 [Ultima edizione di saggi dello studio in semiconcessione], Da Xu Maoyong bing guanyu kangri tongyi zhanxian wenti 答徐懋庸并关于抗日统一战线问题 [Risposta a Xu Maoyong e sul fronte unito contro il Giappone], 537, 538 (trad. mia). |
↑27 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 3, Huagai ji 华盖集 [Cattiva stella], Huran xiangdao (san) 忽然想到(三) [Pensieri estemporanei (3)], 16 (trad. mia). |