Erbe selvatiche (Yecao 野草, 1927) è l’opera in cui l’immaginazione straordinaria di Lu Xun, che abbiamo già avuto modo di apprezzare in Antiche storie riscritte, riesce a svilupparsi in maniera più potente.1)La seguente è la sesta lezione contenuta nel volume Quindici lezioni sulle opere di Lu Xun di Qian Liqun (Lu Xun Zuopin shiwu jiang 鲁迅作品十五讲, Beijing: Beijing daxue Chubanshe, 2003, 104-115). Tutte le traduzioni delle citazioni dai componimenti di Erbe selvatiche sono mie [N.d.T.]. In questa lezione, penetreremo nell’universo peculiare di Erbe selvatiche, che appartiene soltanto a Lu Xun e che si può approcciare in diversi modi, dalla prospettiva dell’“immaginazione in stile Lu Xun”. Ciò di cui parleremo, nello specifico, è “l’immaginazione degli elementi fondamentali dell’universo”.
All’inizio di Lezioni dalla storia della scienza (Kexueshi jiaopian 科学史教篇, 1908), Lu Xun parla dell’immaginazione e della cognizione degli elementi fondamentali del cosmo da parte degli antichi greci: per Talete, l’acqua era il principio originario di tutte le cose, Anassimene riteneva invece che fosse l’aria, Eraclito il fuoco.2)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Fen 坟 [La tomba], Kexueshi jiaopian 科学史教篇 [Lezioni dalla storia della scienza] (Pechino: Renmin wenxue chubanshe, 1981), 26. La cognizione che gli uomini hanno degli elementi fondamentali del mondo in cui viviamo, pur essendo pressappoco la stessa per tutti, differisce leggermente fra regioni del mondo, gruppi etnici e tradizioni culturali differenti. Per i cinesi, questi elementi sono: il metallo (i minerali), il legno (la vegetazione), l’acqua, il fuoco e la terra.
Da ciò, è nata un’immaginazione letteraria riguardo a questi elementi, la quale cambia in base al contesto etnico-culturale, all’epoca e alla personalità di ogni scrittore.
In altre parole, si tratta di un tema letterario molto stimolante, oltre a essere un tema che riguarda il pensiero e il destino umano: ogni scrittore dotato di creatività si sforza di produrre “immagini letterarie nuove”, diverse dagli altri e dai predecessori, che appartengano solo a lui. Il che significa immaginare la vita dell’universo e comprendere l’“essenza dell’esistenza” in maniera nuova; ciò, inoltre, implica un’evoluzione dell’espressività della lingua esistente e, allo stesso tempo, il tentativo di inaugurare un nuovo avvenire linguistico. Perciò, la creazione di “immagini nuove” degli elementi fondamentali dell’universo porta alla felicità dell’esistenza, alla felicità della parola.3)Cfr. Gaston Bachelard, Mengxiang de shixue 梦想的诗学 (Pechino: Sanlian shudian, 1996), p. 4 [ed. or., La poétique de la rêverie (Parigi: P.U.F., 1960) (N.d.T.)].
Lu Xun, in virtù della sua vitalità spontanea e dinamica, era destinato ad accettare questa sfida, e a realizzare opere sensazionali.
1
Proviamo a pensare che tipo di immaginazione può suscitare il fuoco primordiale in un sognatore di parole.
Prima di andare a leggere Fuoco morto (Sihuo 死火, 1925) di Lu Xun, però, leggiamo altri due componimenti sul “fuoco”.
Il primo è un estratto del capitolo “Il riscaldamento della casa” dall’opera Walden ovvero Vita nei boschi, dello scrittore americano Henry David Thoreau,4)Cfr. Henry David Thoreau, Wa’erdenghu, 瓦尔登湖, trad. Xu Chi 徐迟 (Jilin: renmin chubanshe, 1997), 224-239 [ed. or., Walden; or, Life in the Woods (Boston: Ticknor and Fields, 1854) (N.d.T.)]. in cui l’autore scrive più volte e con commozione del «fuoco che arde nel camino».
Nei pomeriggi invernali, lasciavo, talvolta, un buon fuoco acceso quando uscivo per una passeggiata. Quando tornavo, tre o quattro ore più tardi, esso era ancora vivo e lucente. […] era come se mi fossi lasciato dietro un allegro guardiano. Eravamo io e il fuoco, che vivevamo laggiù. […]
Anche se il mio corpo cominciava a intorpidirsi se rimanevo esposto per lungo tempo alle più violente bufere, non appena rientravo nella piacevole atmosfera della mia casa recuperavo le facoltà e prolungavo così la vita. […]
[…] una specie di oscurità […] dove ombre oscillanti possano giocare tra i travi […] Queste forme sono più piacevoli alla fantasia e all’immaginazione che […].5)Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, (a cura di) Piero Sanavio (Milano: BUR, 1988). [N.d.T.]
E poi c’è la poesia del focolare.
“Mai, fiamma lucente, mi sia negata la tua
simpatia, tanto cara e vicina, che riflette la vita.
Che mai, se non le speranze, si lanciarono in alto, tanto vive?
Che mai, se non le mi fortune, caddero tanto in basso?
[…]
Noi siamo sicuri e forti, poiché ora, intanto
sediamo presso un focolare dove non si muove ombra scura,
dove nulla si rallegra o s’attrista; solo un fuoco
riscalda mani e piedi – né a più aspira;
presso il cui fermo e utile ammasso
possiamo sedere e dormire, senza tema che spiriti dal fosco passato
a noi vengano, e con noi, presso
l’ineguale luce del vecchio ceppo, parlino.”6)Ibid. [N.d.T.]
Nell’immaginazione e nell’esperienza occidentali, il “focolare” tiene al caldo (consentendo all’uomo di «riscaldarsi», «recuperare le facoltà», «prolungare la vita») e in più dà un senso di sicurezza e tranquillità mentali («siamo sicuri e forti», «senza tema»); quindi “fuoco” significa “piacevole atmosfera di casa”, fa pensare a «le fiamme scintillanti del vecchio ceppo» che “chiacchierano con noi”7)L’originale recita: “[…] Nor fear the ghosts […] with us by the unequal light of the old wood fire talked”. L’autore fa riferimento a una versione cinese del testo, che evidentemente in questo punto è errata. [N.d.T.] nonché a un «allegro guardiano». Ciò che si cerca e si scopre nel “fuoco” è proprio questo ambiente familiare nascosto nel più profondo del cuore, assieme all’immaginazione e all’anelito nei confronti della tranquillità della vita universale che vi stanno dietro: l’essenza dell’esistenza è saldamente radicata nel profondo di questa antica pace.
Passiamo ora a Osservando il fuoco8)In Liang Yuchun 梁遇春, Lei yu xiao 泪与笑 [Lacrime e riso] (Shanghai: Kailang shudian, 1934) 31-36., scritto negli anni Trenta da un giovane saggista cinese, Liang Yuchun, il quale sosteneva di adorare la locuzione «fiamma vitale» poiché «con quanta poeticità sintetizza la verità della vita!»
Le nostre vite dovrebbero essere come le fiamme: libere, senza freni, e correre all’impazzata seguendo solo la propria volontà, sempre vivaci, sempre interessanti. Il nostro spirito dovrebbe davvero essere come una fiamma che ondeggia vorticosamente senza fermarsi mai e, guidato solo dal suo calore interno, abbattere le barriere della consuetudine, dei pregiudizi e della morale, procedere sfrenatamente in avanti, agitarsi nell’aria come gli pare e alla fine far apparire, attraverso le scintille, una bella vampata variopinta.9)Trad. mia. [N.d.T.]
Questo è un altro tipo di immaginazione e di anelito nei confronti del fuoco e della vita universale: nella visione di questo giovane orientale, che vagheggia la libertà e l’emancipazione spirituale dopo tanta repressione, l’essenza dell’esistenza consiste nel moto libero, senza freni della vita.
Giungiamo infine a Fuoco morto di Lu Xun. Già l’immagine del “fuoco morto” ci sorprende piacevolmente: che si tratti della descrizione di Thoreau o dell’immaginazione di Liang Yuchun, infatti, il fuoco simboleggia la vita che “arde come fiamma divampante”; Lu Xun invece scrive del “fuoco morto”, il fuoco che fa fronte alla morte e infine cessa di bruciare. L’unicità di Lu Xun sta nel fatto che lui va a immaginare il fuoco dal punto di vista bidirezionale della vita e della morte, e non solo dalla prospettiva della vita.
Precedentemente, Lu Xun aveva scritto un altro componimento, intitolato Ghiaccio di fuoco, che funge da prototipo di Fuoco morto.
Incontrando l’indicibile freddo, il fuoco si congelò.
[…] a prenderlo ci vogliono mani ghiacciate bollenti come fuoco.
Il fuoco, il ghiaccio di fuoco, la gente non può farci niente, anche lui ne soffre?
Ahimè, ghiaccio di fuoco.
Ahimè, ahimè, uomo di ghiaccio di fuoco!10)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 8, Ziyan ziyu Er huodebing 自言自语·二 火的冰 [Soliloquio (2): Ghiaccio di fuoco], 92 (trad. mia).
Nella mitologia cinese vi è la lotta all’ultimo sangue tra le divinità antitetiche del fuoco e dell’acqua, perciò si dice essere [incompatibili] come l’acqua e il fuoco, come il ghiaccio e i carboni ardenti11)Letteralmente “acqua e fuoco sono incompatibili, ghiaccio e carbone non si cuociono nella stessa fornace”; in cinese: 水火不相容,冰炭不同炉. [N.d.T.]. Qui invece Lu Xun mette in risalto proprio la loro fusione e reciproca trasformazione: «ghiaccio di fuoco», «uomo di ghiaccio di fuoco» sono tutte associazioni di significati peculiari che rappresentano una sfida al pensiero e all’immaginazione tradizionali.
Ecco, quindi, che abbiamo un’“immagine nuova” che appartiene solo a Lu Xun: quella del “fuoco morto”; e abbiamo anche il singolare incontro tra il “fuoco morto” e il “sognatore” Lu Xun.
Sogno di correre veloce per la montagna di ghiaccio.
Una montagna enorme, che arriva in alto fino al cielo ghiacciato. Il cielo è coperto da nuvole di ghiaccio, a scaglia a scaglia come squame di pesce. Ai piedi della montagna c’è il bosco di ghiaccio, rami e foglie come di pini e cipressi. Tutto è gelido, bianco pallido.
Si tratta di un’intera panoramica: un grandioso mondo ghiacciato in cui la scena è interamente «coperta» dalla montagna ghiacciata, dal cielo ghiacciato, dalle nuvole ghiacciate, dalla foresta ghiacciata. Il ghiaccio è acqua allo stato solido: il ghiaccio, quindi, viene dall’acqua, è la morte dell’acqua; per questo tutto è «bianco pallido» e «gelido», perché questi sono il colore e la sensazione della morte. E però non vi è il mistero della morte, e nemmeno la paura: la sensazione che trasmette è di perfetta tranquillità.
Ma la quiete del ghiaccio è soltanto lo sfondo sul quale l’io «corre veloce» in primo piano: l’«io» è sì un’esistenza solitaria nel grande regno di ghiaccio, però è in movimento ed è piena di energia vitale. Così, tra il movimento vitale dell’io che «corre veloce» e la quiete mortale del «ghiaccio», si forma una sorta di attrito, una tensione.
Poi di colpo cado nella valle di ghiaccio.
Quella di precipitare all’improvviso è una sensazione che si ha davvero nei sogni, ragion per cui sono arrivato a ipotizzare che «probabilmente questo mondo dei sogni che supera l’immaginazione comune non è frutto dell’inventiva dell’autore, ma è il racconto e il riordino dei suoi sogni, che riflettono direttamente il suo subconscio»12)Cfr. Qian Liqun 钱理群, Xinling de tanxun 心灵的探寻 [Ricerca dell’anima] (Beijing: Daxue chubanshe, 1999), 28..
Sopra, sotto e tutt’attorno nient’altro che gelo, bianco pallido.
È una valle di morte.
Però dappertutto, sul ghiaccio bianco pallido, sono pure innumerevoli ombre rosse, intrecciate come una rete di coralli.
Il rosso della vita che improvvisamente compare sul bianco pallido della morte ci lascia piacevolmente sorpresi.
Guardo in basso, ai miei piedi c’è una fiamma.
Qui c’è la messa a fuoco: la panoramica diventa un primo piano.
È fuoco morto: dall’aspetto ardente, tuttavia non si muove affatto, interamente congelato come rami di corallo; ha anche del fumo nero gelato sulle punte, insecchite come appena uscite da una casa in fiamme.
Lu Xun descrive l’aspetto del “fuoco morto” che ha, sì, una tendenza «ardente», però è immobile («congelato», «gelato»); e descrive pure lo spirito del “fuoco morto”: sfuggire alla miseria e al dolore della vita nella «casa in fiamme»13)Il termine 火宅 huozhai (casa in fiamme), di derivazione buddista, viene in genere utilizzato in senso metaforico per indicare le sofferenze del mondo terreno. [N.d.T.]. Attenzione alla comparsa del nero nel rosso.
Così, riflesso dalle quattro pareti di ghiaccio che reciprocamente si riflettono, diventa un’infinità di ombre che tingono di rosso corallo la valle di ghiaccio.
Il cambiamento istantaneo del paesaggio tutto bianco pallido nella valle completamente rossa è anche un cambio repentino tra vita e morte.
“Ha Ha!”
All’improvviso il colore si trasforma nel suono della peculiare “risata rossa”. Le due sillabe isolate «Ha ha», che servono a esprimere la gioia incontenibile dovuta a questo incontro inaspettato, spiccano a livello sintattico e compositivo perché sono esse stesse irrefrenabili e inaspettate: questo è un passaggio ispirato.
Da piccolo amavo guardare la schiuma prodotta da navi veloci, la vampa sprizzante da grandi fornaci. Non solo amavo guardarle, avrei anche voluto vederle distintamente. Peccato che erano costantemente mutevoli, perennemente informi. Per quanto vi fissassi lo sguardo, non mi lasciavano mai un segno definito.
Entriamo nei ricordi d’infanzia, e le perplessità infantili hanno un valore essenziale. La «schiuma prodotta da navi veloci» è l’acqua “viva”; la «vampa sprizzante da grandi fornaci» è il fuoco “vivo”. E allora anche la vita viva non può che essere una vita «costantemente mutevole, perennemente informe», il che significa che la vita è una morte continua: è qui che vita e morte convergono. Inoltre, poiché non c’è modo di fissare una vita in continuo divenire, e ancor meno di descriverla e registrarla con parole, essa è destinata a non lasciare alcun «segno»; perciò, anche tra la mobilità di questa vita e la fissità del linguaggio esiste una tensione. E però proprio il fuoco morto, che sembra muoversi ma che in realtà è gelato, offre la possibilità di afferrare l’unione di vita e morte: «Adesso ti tengo, fiamma morta!» Deve essere una cosa davvero emozionante!
Raccolgo il fuoco morto e faccio per osservarlo meglio che il gelo già mi brucia le dita; io però resisto e me lo infilo in tasca. All’istante, la valle di ghiaccio si fa tutta bianco pallido.
La sensazione di “bruciore” prodotta dal ghiaccio e non dal fuoco è un’esperienza molto peculiare: il ghiaccio, dunque, contiene anche il fuoco. «All’istante […] si fa tutta bianco pallido.» Il colore cambia di nuovo: prima bianco pallido, poi rosso e adesso di nuovo bianco pallido. Questo balenare fulmineo dal colore della morte a quello della vita e viceversa ha la forza di uno scossone.
Dal mio corpo sprizza fuori un filo di fumo nero che sale come un serpente sottile. All’istante, tutta la valle di ghiaccio è di nuovo piena di fiamme rosse che scorrono e, come fuoco infernale, mi accerchiano. Guardo in basso e vedo il fuoco morto che brucia: bruciando ha attraversato i miei vestiti e scorre sulla terra ghiacciata.
Da un lato, c’è il fumo nero che sprizza dal mio corpo, dall’altro, il rosso che mi accerchia come «fuoco infernale»: questa fusione tra l’io e il fuoco è davvero meravigliosa! Inoltre, il fuoco «scorre» come l’acqua, dunque anche nel fuoco c’è l’acqua: Lu Xun scopre perciò che fuoco e ghiaccio (acqua), dietro ai quali si nascondono vita e morte, si contengono e si trasformano a vicenda.
E quindi abbiamo un’immaginazione ancora più peculiare: un dialogo filosofico sull’esistenza tra l’io e il fuoco morto. Quest’ultimo dice di trovarsi di fronte a una scelta difficile: rimanere nella valle di morte significherebbe «congelarsi tutto», saltarne via per ricominciare ad ardere, però, lo porterebbe a «consumarsi tutto». Indipendentemente da come sceglie di vivere la propria esistenza – senza adoperarsi (essere immobile “congelato”) o adoperandosi (“bruciare sempre”) – non potrà comunque evitare la morte ultima (l’estinzione, per congelamento o per combustione). In questo rifiuto totale del cosiddetto futuro radioso e meraviglioso c’è anche la consapevolezza che, nella contrapposizione di vita e morte, la morte è più forte: questo è il dilemma esistenziale fondamentale che bisogna affrontare e dal quale percepiamo la desolazione e la disperazione tipiche di Lu Xun. Tuttavia, anche in una condizione generale di passività, è sempre e comunque possibile fare la scelta dell’attivismo. Il non adoperarsi e l’adoperarsi non hanno affatto lo stesso valore: l’ardente splendore di una vita che brucia ha una naturale bellezza, triste e grandiosa, e la sua fine, che pure non può essere evitata, sarà un “morire dopo aver vissuto”; mentre la morte per congelamento è un “morire senza aver vissuto” perché, se non si lotta nemmeno, allora la vita è assolutamente priva di senso e di valore. Pertanto, il fuoco morto alla fine sceglie di resistere alla disperazione, di assumere cioè un atteggiamento di vita positivo e fattivo, malgrado non si faccia illusioni e non nutra speranze nei confronti della fine: «Allora, meglio che mi consumi tutto!». La scelta finale del fuoco morto, che nelle parole di Xu Guangping vuol dire «essere positivi all’interno del pessimismo, fare quando non c’è niente da fare, andare avanti»,14)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 11, Liangdishu·Diyi ji·Wu 两地书·第一集·五 [Due terre, Parte prima, 5], 23 (trad. mia). è anche la scelta di Lu Xun.
L’immaginazione e le scoperte sull’essenza dell’esistenza (il dilemma esistenziale e la decisione finale del fuoco morto) sono peculiari di Lu Xun e in più investono palesemente anche la sua esperienza di vita personale: possiamo definirle, perciò, “individualizzate”.
Giungiamo, quindi, al finale.
D’un tratto balza in alto, come una cometa rossa, e insieme usciamo dalla valle di ghiaccio. Un grosso veicolo carico di pietre arriva improvvisamente a gran velocità, e io finisco morto sfracellato sotto le sue ruote, ma non prima di averlo visto precipitare nella valle di ghiaccio.
“Ha ha! Non potrete incontrare mai più il fuoco morto!” dico ridendo soddisfatto, come se desiderassi proprio questo.
L’ultima immagine che Lu Xun conferisce al suo fuoco morto è quella della «cometa rossa», la cui vita, una lotta fugace e per di più disastrosa, è il simbolo esatto del destino del fuoco morto. Ma questo finale di morte va comunque oltre le aspettative, specialmente perché non risparmia nemmeno l’io. E tuttavia, l’io ride di gusto, e non soltanto perché prova la gioia della vendetta quando vede il «grosso veicolo carico di pietre» (metafora delle forze dell’oppressione violenta) cadere anch’esso nella valle di ghiaccio, ma soprattutto perché, alla fine, lui e il fuoco morto sono diventati una cosa sola.
Ciò che resta è l’eterna risata rossa.
“Ha ha!”
2
Neve (Xue 雪, 1925) è l’immaginazione della pioggia (ovvero dell’acqua) che si solidifica.
La pioggia al sud non si tramuta mai in fiocchi di neve ghiacciati, duri, splendenti.
Fin dall’apertura viene formulata la contrapposizione tra pioggia e neve. La prima, caratteristica delle regioni più miti, è “calda”, “molle”, la seconda invece è “ghiacciata”, “dura”: tra le due esiste una differenza enorme in termini qualitativi e di consistenza; per questo, nelle regioni meridionali la neve non c’è.
Però nel Jiangnan, la regione a sud dello Yangzi, la neve c’è ed è «di una mollezza incantevole». L’acqua è anche nella bellezza di questa neve, e pure i paragoni con «l’accenno della primavera» e «la pelle di una fanciulla» servono a suscitare la sensazione del bagnato, di “qualcosa che gronda acqua”. Quindi possiamo dire che la mollezza dell’acqua penetra nella neve dura. Perciò nella «distesa innevata» si infiltrano, come dipinti con pastelli imbevuti d’acqua, i colori «rosso sangue, bianco velato di verde, giallo scuro, verde gelido». E poi ci sono le api che volano indaffarate e che rappresentano il dinamismo della vita; tuttavia è «come se» vedesse e sentisse, è tutto vagamente annebbiato.
C’è poi l’arhat di neve e l’acqua si infiltra anche qui.
[…] splendido, di un bianco candido, si tiene insieme con la propria umidità ed è tutto un balenio di luci. […] E se ne sta seduto sul terreno innevato, con le labbra scarlatte e gli occhi scintillanti.
È delizioso, davvero incantevole!
Ma «alla fine lui rimane lì seduto da solo». Poi viene «dissolto», righiacciato, ridisciolto, fino a che anche la bella presenza non si «scolorisce» completamente. È sconsolante la scomparsa di questa esistenza che, come l’acqua, è bella ma delicata.
Ma ci sono anche i «fiocchi di neve del nord», i quali
[…] restano sempre come polvere, come sabbia: senza appiccicarsi per niente, sono sparsi sulle case, sul terreno, sull’erba asciutta.
«Polvere, sabbia, terreno, erba asciutta»: questa neve sa di terra e non ha neanche un po’ le caratteristiche dell’acqua.
C’è anche il fuoco: «il calore dei fuochi» nelle case e «[…] alla luce del sole risplende intensamente, come una grande nebbia che racchiude una fiamma […]».
E c’è il moto grandioso della vita:
[…] si alza in volo vigorosa in un vortice di vento improvviso sotto a un cielo sereno, […]; turbina e si solleva a riempire lo spazio, facendo risplendere lo spazio del suo turbinare e sollevarsi.
Questa bellezza in movimento, forte, imponente (che «turbina, si solleva, riempie, risplende») è completamente diversa dalla neve “di una mollezza incantevole” a sud dello Yangzi, che alla fine è scomparsa.
Eppure Lu Xun fa spaziare lo sguardo, sentendo chiaramente che:
Sulla distesa sconfinata, sotto il cielo gelido, a turbinare e sollevarsi sfavillante è lo spirito della pioggia…
Sì, è la neve solitaria, la pioggia morta, è lo spirito della pioggia.
Dunque neve e pioggia sono essenzialmente connesse, e questa è un’altra scoperta caratteristica di Lu Xun. Lo spirito di quella «pioggia morta», di quella esistenza scomparsa a sud dello Yangzi, è diventato la «neve solitaria» del nord, che «sulla distesa sconfinata, sotto il cielo gelido, turbina e si solleva sfavillante».
E noi abbiamo la chiara sensazione che a turbinare e sollevarsi è anche lo spirito di Lu Xun…
Si tratta davvero di un’“immagine nuova” che appartiene soltanto a lui; questo testo, che gronda acqua nonostante la parola “acqua” non vi compaia mai, racchiude la sua peculiare immaginazione e comprensione degli elementi fondamentali dell’universo: non solo neve e pioggia (acqua) sono connesse, ma una connessione vitale esiste anche tra neve e fuoco, tra neve e terra.
3
Passiamo adesso a Foglia secca (Laye 腊叶, 1926).
Lu Xun ha spiegato che questo componimento «è per chi mi ama e desidera preservarmi».15)Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 4, “Yecao” Yingwen yiben xu 《野草》英文译本序 [Prefazione all’edizione inglese di Erbe selvatiche], 356. Ora, se notiamo che Foglia secca è stato scritto il 26 dicembre 1925 e pubblicato il 4 gennaio 1926 e che, come apprendiamo dal suo diario, proprio dal 23 settembre del 1925 al 5 gennaio del 1926 Lu Xun ha combattuto con la morte per l’aggravarsi della sua malattia, allora risulta naturale che in quel frangente abbia ripensato al bene di «chi mi ama» (stando a Sun Fuyuan, si tratta di Xu Guangping)16)Sun Fuyuan 孙伏园, Lu Xun xiansheng ersanshi·Laye 鲁迅先生二三事·腊叶 [Due o tre cose sul signor Lu Xun. Foglia secca], Lu Xun huiyi lu “Zhuanzhu” 鲁迅回忆录“专著” [Memorie di Lu Xun. “Monografie”] Vol. 1 (Pechino: Beijing chubanshe, 1999), 86. e chi desidera «preservarmi», pervenendo anche a una riflessione sul valore della vita. Il fatto interessante è che un tema così importante e serio, in Lu Xun diventa incredibilmente poetico. Egli infatti trasferisce la propria vita su un albero, in quanto elemento fondamentale dell’universo, e immagina se stesso come una foglia malata; in questo modo, il corso della vita umana viene convertito nell’alternarsi delle stagioni e le sfumature della vita riformulate nei colori delle foglie e, contemporaneamente, «chi mi ama» viene interiorizzato nell’io.
E dunque abbiamo questo racconto toccante.
Leggo alla luce della lampada i Versi di Yanmen, e a un tratto trovo una foglia d’acero secca appiattita tra le pagine.
Dato che Lu Xun disse a Sun Fuyuan che «[dettagli come] i Versi di Yanmen ecc. sono tralasciabili»17)Vedi nota 15., non c’è qui bisogno di approfondirli. Facciamo, invece, attenzione alle parole «secca appiattita»: che sensazioni trasmettono?
Questo mi fa ricordare l’autunno inoltrato dell’anno scorso. Di notte calava una brina pesante, le foglie degli alberi erano in gran parte cadute, e un piccolo acero davanti casa s’era fatto rosso.
L’«autunno inoltrato» è una stagione della natura ma anche una stagione della vita umana, nella quale tutto si fa «rosso» ed è ancora splendido ma, nelle foglie già «cadute», si nasconde l’inquietudine. Fa riflettere la scelta lessicale di Lu Xun, che non utilizza il semplice termine “foglia” (树叶 shuye) ma un suo sinonimo (木叶 muye).18)Quest’ultimo termine compare spesso nelle composizioni poetiche classiche per indicare specialmente le foglie morte. È un termine, dunque, che allude alle foglie che cadono in autunno, che suggerisce un senso di desolazione e che dà un tono più cupo alla composizione. [N.d.T.] Ricordo che nel saggio Sulle foglie, il professor Lin Geng scrive che questo termine trasmette immediatamente una sensazione di vissuto, dà il senso delle vicissitudini della vita19)Cfr. Lin Geng 林庚, Shuo “Muye” 说“木叶” [Sulle foglie], in Tang shi zonglun 唐诗综论 [Rassegna completa della poesia Tang] (Pechino: Renmin wenxue chubanshe, 1987), 283-289..
Avevo fatto più volte il giro attorno all’albero, esaminando attentamente il colore delle foglie, come non avevo mai fatto quando era stato verde.
Solo quando il colore delle foglie sta per scomparire ci si fa caso, ci si trattiene a osservarlo con attenzione. Nell’“estate” della vita, quando quel colore è «verde», non attira la nostra attenzione perché lo consideriamo normale, come deve essere; una volta che lo si è notato, quando si va a «fare più volte il giro attorno», allora si ha uno stato d’animo diverso.
Non era nemmeno rosso per tutto l’albero, era per lo più cremisi chiaro, e alcune foglie portavano ancora dei cerchi verde cupo sul fondo scarlatto. Ce n’era una con dei buchi d’insetto orlati di nero, che in mezzo alle variegature rosse, gialle e verdi, sembrava fissarti con occhi brillanti.
Cosa proviamo nell’essere osservati da questi “occhi” neri e limpidi che spuntano all’improvviso nello splendido groviglio di colori delle screziature di rosso, giallo e verde, e che fissano dritto negli occhi ognuno di noi? Probabilmente d’istinto tutto ciò ci sembra bello ma, contemporaneamente, sentiamo che è anche un po’ strano (desta curiosità? stupore?) e ci sentiamo anche alquanto spaventati (ma è paura o inquietudine?)… L’accostamento dei colori brillanti della vita, il rosso il giallo e il verde, con il nero della morte lascia un ricordo indelebile nella memoria dei lettori perché arriva dritto al cuore di ognuno: ci incanta, ci rapisce, e poi ci lascia atterriti a riflettere.
Questa è una foglia malata, pensai tra me. Quindi la staccai e la misi fra le pagine dei Versi di Yanmen appena comprato. Forse speravo così di preservare per un po’ quel colore roso, variegato e splendido, che stava per cadere, che non si disperdesse col gruppo delle altre foglie.
Vita e morte si fondono di nuovo nel colore «roso, variegato e splendido, che stava per cadere», ma l’ombra della morte (il «disperdersi») non la si può dissipare: quel colore lo si può solo «preservare per un po’».
Ma stanotte giace davanti a me come cera giallastra, e quegli occhi non brillano più come l’anno scorso.
Il colore cambia di nuovo, adesso è «giallastro»: è il colore dell’approssimarsi della morte. Il riferimento alla cera fa pensare a «[…] solo quando il cero si è consumato, le sue lacrime si asciugano».20)Verso di una poesia senza titolo di Li Shangyin 李商隐, epoca Tang (trad. mia). Le lacrime della candela, ovvero le gocce di cera, così come le lacrime degli innamorati, cessano solo quando la candela si è consumata, ovvero al momento della morte. [N.d.T.]
Ancora qualche anno e il colore di un tempo sarà svanito dalla mia memoria, e forse nemmeno saprò più perché si trovi fra le pagine del libro. Con la splendida variegatura delle foglie malate che stanno per cadere, a quanto pare ci si può rapportare solo per un tempo brevissimo, per non parlare di quelle verdi rigogliose.
Che sensazione è, invece, quella di «rapportarsi» solo fugacemente alla «splendida variegatura delle foglie malate che stanno per cadere»? Il «colore di un tempo» alla fine «svanirà» dalla nostra memoria: è la lucida consapevolezza dell’estinzione inevitabile e totale che riempie il cuore di Lu Xun.
Guardo fuori dalla finestra, anche gli alberi più resistenti al freddo sono già tutti spogli; e che dire dell’acero.
Neanche gli alberi «più resistenti al freddo» possono evitare di rimanere «tutti spogli»: ogni vita, del mondo naturale e di quello umano, è predestinata all’estinzione finale.
In autunno inoltrato, a pensarci, ci saranno state foglie malate come quella dell’anno scorso, peccato che quest’anno non ho avuto tempo di ammirare gli alberi d’autunno.
A prima vista, questa parrebbe una confessione di «chi mi ama» (o dell’«io»), in realtà può essere considerato come un ammonimento di Lu Xun a smettere di preservarlo, di «ammirarlo», di attaccarsi a lui, perché non ce n’è il tempo e c’è ancora tanto da fare. In effetti queste sono le sue “ultime volontà”’ perché l’ammonimento che Lu Xun avrebbe fatto ai posteri più di dieci anni dopo, prima di lasciare questo mondo, sarebbe stato lo stesso: «Dimenticatemi».
C’è da dire che Foglia secca è un testo in cui l’individualità di Lu Xun si esprime al massimo; è una riflessione sulla vita che lui fa, a partire dalla sua esistenza individuale, nel momento in cui fronteggia la morte di questa vita, che potrebbe capitare in qualsiasi momento. A sorprenderci è l’armonia e la conformità che lui percepisce tra la propria esistenza e quella della natura (la «foglia»), come trasforma i colori della propria vita nelle sfumature di colore della vita dell’acero. E che colori meravigliosi che sono! C’è ovviamente il «verde» che simboleggia l’estate della vita (sia della natura che dell’uomo), i colori altrettanto splendidi della stagione dell’«autunno inoltrato» della vita, e c’è l’ombra del «nero» che compare proprio in mezzo alla «variegatura rossa, gialla e verde». Questo accostamento e fusione di vita e morte è effettivamente sconvolgente e fa pensare a quel passaggio dell’Introduzione di Erbe selvatiche in cui Lu Xun scrive:
La vita passata è morta. Questa morte mi rallegra, perché da essa so che è stata viva. La vita morta è marcia. Questo marciume mi rallegra, perché da esso so che non è ancora vuota.
Il valore della vita è confermato dalla morte e, viceversa, lo splendore della morte deriva dall’amore e dalla bellezza della vita. Anche questo fa parte di una scoperta originale di Lu Xun sull’essenza dell’esistenza e, per questo, non dimenticheremo mai quegli occhi neri fissi su di noi…
Traduzione di Monia Conte
Qian Liqun, L’immaginazione individualizzata PDF
Immagine: particolare da una copertina di Erbe selvatiche.
↑1 | La seguente è la sesta lezione contenuta nel volume Quindici lezioni sulle opere di Lu Xun di Qian Liqun (Lu Xun Zuopin shiwu jiang 鲁迅作品十五讲, Beijing: Beijing daxue Chubanshe, 2003, 104-115). Tutte le traduzioni delle citazioni dai componimenti di Erbe selvatiche sono mie [N.d.T.]. |
---|---|
↑2 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 1, Fen 坟 [La tomba], Kexueshi jiaopian 科学史教篇 [Lezioni dalla storia della scienza] (Pechino: Renmin wenxue chubanshe, 1981), 26. |
↑3 | Cfr. Gaston Bachelard, Mengxiang de shixue 梦想的诗学 (Pechino: Sanlian shudian, 1996), p. 4 [ed. or., La poétique de la rêverie (Parigi: P.U.F., 1960) (N.d.T.)]. |
↑4 | Cfr. Henry David Thoreau, Wa’erdenghu, 瓦尔登湖, trad. Xu Chi 徐迟 (Jilin: renmin chubanshe, 1997), 224-239 [ed. or., Walden; or, Life in the Woods (Boston: Ticknor and Fields, 1854) (N.d.T.)]. |
↑5 | Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, (a cura di) Piero Sanavio (Milano: BUR, 1988). [N.d.T.] |
↑6 | Ibid. [N.d.T.] |
↑7 | L’originale recita: “[…] Nor fear the ghosts […] with us by the unequal light of the old wood fire talked”. L’autore fa riferimento a una versione cinese del testo, che evidentemente in questo punto è errata. [N.d.T.] |
↑8 | In Liang Yuchun 梁遇春, Lei yu xiao 泪与笑 [Lacrime e riso] (Shanghai: Kailang shudian, 1934) 31-36. |
↑9 | Trad. mia. [N.d.T.] |
↑10 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 8, Ziyan ziyu Er huodebing 自言自语·二 火的冰 [Soliloquio (2): Ghiaccio di fuoco], 92 (trad. mia). |
↑11 | Letteralmente “acqua e fuoco sono incompatibili, ghiaccio e carbone non si cuociono nella stessa fornace”; in cinese: 水火不相容,冰炭不同炉. [N.d.T.] |
↑12 | Cfr. Qian Liqun 钱理群, Xinling de tanxun 心灵的探寻 [Ricerca dell’anima] (Beijing: Daxue chubanshe, 1999), 28. |
↑13 | Il termine 火宅 huozhai (casa in fiamme), di derivazione buddista, viene in genere utilizzato in senso metaforico per indicare le sofferenze del mondo terreno. [N.d.T.] |
↑14 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 11, Liangdishu·Diyi ji·Wu 两地书·第一集·五 [Due terre, Parte prima, 5], 23 (trad. mia). |
↑15 | Lu Xun 鲁迅, Lu Xun quanji 鲁迅全集 [Opere complete di Lu Xun], Vol. 4, “Yecao” Yingwen yiben xu 《野草》英文译本序 [Prefazione all’edizione inglese di Erbe selvatiche], 356. |
↑16 | Sun Fuyuan 孙伏园, Lu Xun xiansheng ersanshi·Laye 鲁迅先生二三事·腊叶 [Due o tre cose sul signor Lu Xun. Foglia secca], Lu Xun huiyi lu “Zhuanzhu” 鲁迅回忆录“专著” [Memorie di Lu Xun. “Monografie”] Vol. 1 (Pechino: Beijing chubanshe, 1999), 86. |
↑17 | Vedi nota 15. |
↑18 | Quest’ultimo termine compare spesso nelle composizioni poetiche classiche per indicare specialmente le foglie morte. È un termine, dunque, che allude alle foglie che cadono in autunno, che suggerisce un senso di desolazione e che dà un tono più cupo alla composizione. [N.d.T.] |
↑19 | Cfr. Lin Geng 林庚, Shuo “Muye” 说“木叶” [Sulle foglie], in Tang shi zonglun 唐诗综论 [Rassegna completa della poesia Tang] (Pechino: Renmin wenxue chubanshe, 1987), 283-289. |
↑20 | Verso di una poesia senza titolo di Li Shangyin 李商隐, epoca Tang (trad. mia). Le lacrime della candela, ovvero le gocce di cera, così come le lacrime degli innamorati, cessano solo quando la candela si è consumata, ovvero al momento della morte. [N.d.T.] |