Sono passati in un batter d’occhio sei anni da quando arrivai a Pechino dalla campagna. Nel frattempo, sono accaduti diversi grandi eventi nazionali a cui ho potuto assistere di persona, ma essi non hanno lasciato alcuna traccia dentro di me. Se dovessi ricercare un qualche influsso esercitato su di me, non hanno fatto altro che peggiorare il mio cattivo carattere: a dire il vero mi hanno insegnato a disprezzare ogni giorno di più i miei simili.1)Tratto da Lu Xun, Grida, trad. di N. Pesaro (Palermo: Sellerio, 2021), 68-71. Si ringrazia l’editore per la gentile autorizzazione a pubblicare il racconto.
E tuttavia c’è un piccolo fatto che invece ha significato qualcosa per me, mi ha aiutato a eludere il mio brutto carattere ed è tuttora indelebilmente impresso nella mia memoria.
Era un inverno del sesto anno dalla fondazione della Repubblica, il vento soffiava violento e io, per potermi mantenere, ero costretto a uscire per strada molto presto al mattino. Lungo la strada non c’era anima viva, a stento riuscii a noleggiare un risciò. Dissi al tiratore di portarmi alla Porta S. Nel giro di un attimo il vento del nord calò lasciando davanti a me un largo viale immacolato e ripulito dalla polvere che poco prima lo ricopriva, sicché il tiratore correva ancor più rapido. Avevamo appena varcato la Porta S, quando d’improvviso la barra del tiratore andò a sbattere contro qualcuno che cadde molto lentamente.
Era una donna dai capelli brizzolati e gli abiti lisi. Era uscita all’improvviso di traverso davanti al risciò e sebbene il tiratore si fosse già scostato, il suo gilet di cotone imbottito era slacciato e, sospinto dalla brezza, s’era aperto impigliandosi sul manubrio del risciò. Per fortuna il tiratore aveva già rallentato il passo, altrimenti la donna, cadendo, si sarebbe potuta ferire in modo grave.
Lei giaceva a terra, il tiratore allora si fermò subito. Ero sicuro che non si fosse fatta nulla, e poi nessuno aveva assistito all’incidente, perciò ero seccato che lui si andasse a impicciare troppo mettendosi da solo nei guai e per di più ritardando il mio percorso.
Così gli dissi: «Non è successo nulla, vai avanti per la tua strada!».
L’uomo non mi diede neanche retta, o forse non mi aveva sentito, perché posò a terra il risciò e sostenne con una mano la vecchia aiutandola a rialzarsi pian piano, poi le domandò:
«Come sta?».
«Mi sono fatta male cadendo».
Ma se ti ho vista con i miei occhi cadere a terra pianissimo? Come puoi esserti fatta male? pensavo, è tutta una finta e basta, è davvero disgustoso. Ma anche lui, il tiratore, se li va a cercare da solo i guai, che si cavi lui d’impaccio ora!
Il tiratore, udita la risposta della vecchia, la prese sotto braccio senza alcuna esitazione e si mise a camminare passo passo. Io ne fui stupito e affrettandomi a guardare scoprii che c’era lì davanti una stazione di polizia: fuori era deserto a causa del vento che aveva soffiato fino a quel momento. Il tiratore si dirigeva appunto verso l’entrata sostenendo la vecchia.
A un tratto provai una strana sensazione, fu come se la sua figura di spalle, tutta impolverata, ingigantisse all’improvviso, e più avanzava più s’ingrandiva tanto che dovetti alzare il capo per guardarla. Quanto a me poi, era come se quella figura esercitasse su di me un’enorme pressione, fino a far uscire la mia «piccolezza» nascosta sotto il cappotto di pelliccia.
In quel momento ogni mia energia si era come bloccata, sedevo immobile, incapace anche di pensare, finché vidi un agente uscire dalla stazione di polizia: solo allora scesi dal risciò.
L’agente mi si avvicinò dicendo: «Prenda un altro risciò, questo non può più portarla». Senza riflettere, estrassi dalla tasca una manciata di monetine di rame e le porsi al poliziotto dicendo: «La prego di darle a quell’uomo».
Il vento era cessato del tutto, la strada era ancora immersa nella quiete. Camminando riflettevo, e avevo quasi paura a pensare a me stesso: lasciando per un attimo alle mie spalle ciò che era accaduto poco prima, cosa aveva voluto dire quella manciata di monete? Era una ricompensa per lui? Ma ero poi in grado di giudicarlo io? Non riuscii a darmi una risposta.
Ancor oggi questo fatto affiora continuamente alla mia memoria, spesso mi aiuta ad alleviare le mie sofferenze e mi spinge a riflettere su me stesso. Dei grandi e piccoli eventi politici e militari recenti, come tutte le cose imparate quando da bambino studiavo sui classici, non mi resta in mente che qualche mezza frase. Solo questo piccolo episodio è ancora davanti ai miei occhi, talora ancor più vivido e fresco, mi insegna a provare vergogna, mi spinge a rinnovarmi e accresce in me il coraggio e la speranza.
Luglio 1920
Immagine tratta dalla storia illustrata di Un fatto da nulla.
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↑1 | Tratto da Lu Xun, Grida, trad. di N. Pesaro (Palermo: Sellerio, 2021), 68-71. Si ringrazia l’editore per la gentile autorizzazione a pubblicare il racconto. |
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