[L’articolo originale qui tradotto è stato pubblicato in inglese su Made in China Journal lo scorso 8 dicembre, ed è compreso nel Volume 7/2 del 2022.
La serie Proteste, biopolitica e riproduzione sociale nella Cina post-Zero Covid nasce da una collaborazione fra Gli Asini e Sinosfere, con la cura di GioGo.]

È accaduto nel tratto intermedio di una strada nella Concessione francese, originariamente chiamata Via Magy (Maiqi lu, 麦琪路) in onore di Alfred Magy, un ufficiale francese della Prima guerra mondiale. Costellata da fitte file di platani francesi (法国梧桐树) che costeggiano la zona, corre per un quartiere di ville, consolati, palazzi di appartamenti del periodo modern di Shanghai tra cui gli Appartamenti Magy in art Deco del 1936, progettati dall’architetto Alexander Léonard.
Prima della Seconda guerra mondiale, l’abitare a Shanghai era caratterizzato da comunità di lilong (里弄, vicoli), più vecchi e recenti. Quelli più vecchi, chiamati shikumen (石库门), erano costituiti da case a schiera lungo i vicoli all’interno di una cinta muraria, con un misto di elementi di design occidentali e cinesi, questi ultimi comprendenti un cortile anteriore murato. Le aree abitative di nuovo stile erano invece a volte costruite con giardino, cioè senza il cortile anteriore. La vita quotidiana negli affollati e stretti lilong è diventata materia per la Shanghai-nostalgia degli anni ’90: la migliore evocazione di quel tipo di vita è forse il romanzo La canzone dell’eterno rimpianto (长恨歌) di Wang Anyi, pubblicato nel 1996 (Lu 2004).1)Si veda anche il documentario di Shu Haolun Nostalgia (乡愁) del 2011 sulla vita a Dazhongli e la comunità in cui è cresciuto, è un documentario girato giusto prima che la zona venisse rasa al suolo per lo sviluppo urbano. Nel vicinato attorno a Via Wulumuqi, particolarmente verso ovest, si possono trovare anche, oltre alle aree di lilong, ville indipendenti, sontuosi palazzi di appartamenti in stile decò e palazzi di appartamenti più piccoli e case costruite nello stile eclettico (miscele di elementi moreschi, cinesi, bungalow e decò) comuni al periodo prebellico.
Nel 1943, durante il governo collaborazionista di Wang Jingwei, il nome di Via Magy viene cambiato in Via Dihua (迪化路), tre anni dopo Dihua centrale. Dihua, “ illuminare e istruire”, era il nome alternativo per la città di Ürümqi, e veniva dalla campagna di sterminio dell’Impero Qing contro la ribellione degli Zungari in una delle guerre più sanguinose del ’700. Nel 1954, cinque anni dopo la fondazione della Repubblica Popolare, la strada è stata rinominata Via Wulumuqi (乌鲁木齐 Wulumuqi è la trascrizione alfabetica cinese di Ürümqi), composta da una sezione sud, una centrale e una nord, e ha conservato questo nome fino a oggi. Sono rimasti alcuni consolati, quello statunitense e quello iraniano si fronteggiano sui due lati opposti di Via Huaihai. Diversi alti palazzi di condomini e di uffici costruiti negli ultimi trent’anni sono sparsi fra gli edifici prebellici.
A Shanghai sopravvive un numero di abitazioni prebelliche superiore a ogni altra grande città cinese, e nonostante grandi aree siano state rase al suolo e rimesse a valore in un processo che continua tuttora, ne rimane un nucleo consistente concentrato nella zona nota come Concessione francese. In parte grazie agli sforzi di chi si spende per la salvaguardia delle architetture urbane, molti edifici prebellici godono di uno statuto di semi-protezione. L’area è dunque in forte contrasto rispetto ai modelli dominanti di sviluppo urbano commerciale e residenziale cinesi, che consistono in condomini di media altezza o alti raggruppati all’interno di mura di recinzione, una forma spaziale che si è dimostrata particolarmente favorevole all’amministrazione e al controllo. La Concessione francese, al centro di una fra le città più costose al mondo, per diversi motivi è rimasta una zona di sorprendenti discontinuità. Le politiche di allocazione delle abitazioni dagli anni ’50 fino a oggi hanno portato alla suddivisione di molti appartamenti, case e case a schiera in unità sempre più piccole, spesso con la cucina in comune.
Dopo il periodo delle riforme, molti di quelli che avevano i mezzi si sono trasferiti altrove in città. A partire dagli anni Novanta, alcune di queste unità abitative più piccole sono state ricombinate e riadattate ad abitazioni di livello superiore, affittate ai cittadini di Shanghai più ricchi e agli stranieri. Tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, la particolarità e il fascino dell’area hanno portato l’aggiunta di negozi, ristoranti, bar e altri locali di lusso. I nuovi edifici di appartamenti, come ci si aspetterebbe in una posizione così centrale, erano generalmente costosi ed esclusivi. In gran parte della Concessione francese, tuttavia, lo strato più alto vive vicino a un numero sostanziale di residenti a basso reddito, molti dei quali vivono in condizioni anguste quasi da slum: anziani residenti di lungo corso che parlano il dialetto di Shanghai e che hanno entrate fisse basse, e lavoratori dei servizi e di altro tipo provenienti dalle regioni del Anhui, Jiangsu e altrove. In gran parte dell’area, oltre ai locali rivolti a una clientela più facoltosa, si possono trovare piccoli negozi di ferramenta, le officine, i sarti e i ristoranti di spaghetti a basso costo tipici delle aree urbane di tutta la Cina.
La parte centrale di Via Wulumuqi e le strade che la intersecano – Via Wuyuan, Via Anfu e Via Changle – hanno dato vita negli ultimi due decenni a un quartiere di piccoli e raffinati ristoranti, boutique, enoteche e caffè, alcuni dei quali situati in abitazioni prebelliche ristrutturate e altri in eleganti edifici bassi di nuova costruzione. In contrasto con il lusso sfarzoso dei quartieri commerciali di Via Nanjing o Via Huaihai, la cui tipologia si ripete in tutte le grandi città del mondo, questo quartiere tende allo stile boho-chic. Per una serie di motivi, la zona è socialmente più omogenea rispetto ai quartieri del centro più vecchi a est e a sud. Le grandi ville indipendenti o i piccoli edifici di appartamenti di lusso hanno spesso mantenuto il loro carattere socialmente esclusivo. Molti degli edifici più lussuosi dell’anteguerra erano stati assegnati a funzionari governativi negli anni Cinquanta e non erano stati suddivisi in unità più piccole, come accadeva in altre zone della città, limitando così l’afflusso dei residenti a basso reddito.
La riqualificazione di Shanghai negli anni Novanta e nel primo decennio dei Duemila, tuttavia, è stata spesso un processo violento, che ha comportato trasferimenti forzati, intimidazioni ufficiali e non ufficiali e risarcimenti ingiusti (Shao 2013). L’angolo sud-est di Via Wulumuqi e Via Anfu è stato il luogo di uno degli incidenti più famosi. Maiqi Li (麦琪里, nota anche come vicolo Maggie), una grande comunità in stile lilong, era stata destinata dalle autorità distrettuali alla distruzione e alla riqualificazione nei primi anni 2000. Come spesso accade, alcuni residenti si sono rifiutati di trasferirsi senza maggiori garanzie di un adeguato risarcimento e di nuovi alloggi, come previsto dalla legge. Dopo settimane di vessazioni nei confronti dei residenti riluttanti a trasferirsi, nel gennaio 2005 tre dipendenti della Chengkai Housing Placement Corporation hanno dato fuoco a una delle case con l’intento di costringere gli occupanti a spostarsi. Due membri della famiglia sono morti nell’incendio e i dipendenti sono stati successivamente condannati. Da allora, l’enorme area è rimasta bloccata da indagini ufficiali e controversie legali ed è rimasta vuota per 17 anni, un’anomalia sorprendente nel mezzo di un quartiere così esclusivo (Dai e Tian 2005; Schmitz 2016: 21-40).
Un importante contributo iniziale al tratto distintivo del lusso del quartiere è stato il complesso di appartamenti chiamato The Summit (汇贤居, letteralmente “residenze per le persone degne”), situato lungo il lato est di Via Wulumuqi, tra Via Anfu e Via Changle, un progetto del palazzinaro di Hong Kong Lee Ka-shing e soci che è stato inaugurato nel 2004, nel bel mezzo dell’epoca più prospera per l’ élite di Shanghai, quella che segue l’entrata della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Quando fu costruito, era il complesso residenziale più alto e costoso della città. Il complesso ha anche un’interessante storia politica, che vede i residenti diventare attivisti per democratizzare il Comitato dei Proprietari (simile ai consigli di amministrazione delle cooperative negli Stati Uniti), per razionalizzare le tasse amministrative e per altri progetti. I residenti hanno una forte identità comunitaria, con la pubblicazione di newsletter e blog e l’organizzazione di attività di volontariato. Nell’aprile 2022, durante il lockdown della città, hanno avanzato richieste di misure di soccorso e controllo meno rigide e decentralizzate, e a maggio hanno presentato una petizione alle autorità per un allentamento più completo delle restrizioni del lockdown. Si dice che sia stato il primo complesso residenziale di Shanghai a essere liberato dal confinamento (A Good Neighbour Beats a Distant Relative 2022).
Negli ultimi anni, il tratto di Via Anfu (l’ex Route Dupleix, dal nome dell’ufficiale della marina francese) tra Via Wulumuqi e Via Wukang, a ovest, è stata una delle strade “wanghong” (网红, star della rete internet) più importanti di Shanghai, dove giovani shanghaiesi, vestiti di tutto punto, si fotografano mentre bevono caffè, mangiano dolcetti, posano con borse alla moda… Gli eventi di Shanghai del 26 e 27 novembre sono iniziati all’angolo nord-ovest dell’incrocio tra Via Anfu e Via Wulumuqi, dall’altra parte della strada rispetto agli appartamenti svettanti di The Summit e al lotto murato e raso al suolo dove un tempo sorgeva il vicolo Maggie.

Per le strade

Il 24 novembre è scoppiato un incendio in un palazzo di appartamenti in un quartiere uiguro di Ürümqi, capitale della regione del Xinjiang. Le cifre ufficiali parlano di dieci morti, mentre alcune fonti locali indicano 44 morti. Ürümqi è stata a lungo teatro di severi lockdown e di altre misure anti-Covid-19, che si sono aggiunti ad anni di repressione della popolazione uigura. È opinione diffusa in tutto il Paese, che l’incendio non sarebbe stato tragico se l’edificio non fosse stato chiuso e transennato, ritardando l’accesso al complesso, e se i mezzi di emergenza non avessero tardato a entrare in un quartiere a maggioranza uigura in una città a maggioranza cinese Han. Le veglie di protesta sono iniziate a Ürümqi il 25 novembre e la notizia è circolata ampiamente sui social media. L’incendio è stato l’ultimo di una serie di scandalose tragedie grandi e piccole avvenute sull’onda delle politiche di zero-covid: i suicidi, i morti che non hanno avuto accesso ai servizi medici di emergenza, i 27 morti nell’incidente di un autobus della regione di Guizhou mentre venivano trasportati in un sito di quarantena a settembre, gli operai della Foxconn di Zhengzhou che sono fuggiti in massa dalle terribili condizioni di isolamento a fine ottobre, i disoccupati, i falliti per bancarotta, gli studenti a cui è stato impedito di lasciare i loro campus e le numerose e varie privazioni della vita normale. Sabato 26 novembre, su Weibo e Weixin, i social media più utilizzati, si è diffusa la notizia che quel giorno si sarebbe tenuta una veglia in Via Wulumuqi per i morti dell’incendio di Ürümqi.
All’angolo nord-ovest tra Via Wulumuqi e Via Anfu c’è uno spazio aperto a triangolo di fronte ai negozi che ruotano intorno all’incrocio. La gente ha iniziato a radunarsi a metà giornata di sabato 26 e per tutto il pomeriggio e la prima serata il numero delle persone è stato esiguo. Alcuni hanno portato fiori e candele, che sono stati messi in due punti. Inizialmente l’atmosfera era tranquilla e un po’ sommessa, via via che aumentava la folla si componeva da coloro che erano venuti per la veglia e da passanti; si tratta di una zona sempre affollata nel fine settimana. La maggior parte di loro aveva tra i venti e i trent’anni; gli studenti erano probabilmente meno numerosi a causa delle complicate procedure necessarie per lasciare i campus universitari. Alcuni indossavano le mascherine e altri no – le mascherine sono state molto comuni nelle strade all’aperto di Shanghai – e nelle prime ore alcuni sostenevano che sarebbe stato meglio togliersele. Con il calare della sera, sono arrivate sempre più persone, raggiungendo il numero massimo intorno all’una di notte. Durante la serata, la polizia ha avviato un’operazione di contenimento fatta da un cordone di poliziotti intorno alla veglia e sbarramenti stradali più in là. Più tardi, alcuni tra la folla hanno iniziato a scandire slogan, che si sono intensificati man mano che la polizia aumentava di numero:
Libertà di parola!
Libertà di informazione!
Vogliamo la libertà, non i test PCR!
Alcuni hanno iniziato a intonare “ puoi sentire il popolo cantare” dal film Les Misérables, comune durante le proteste di Hong Kong del 2019 e colonna sonora di un video che ha circolato ampiamente durante il lockdown di Shanghai di Aprile e Maggio 2022. Le persone si passavano fogli di carta bianchi, che in molti tenevano in alto. All’aumentare della presenza della polizia e dei loro cordoni, alcuni hanno iniziato a gridare slogan più duri:
Basta con il Partito Comunista!
Basta dittatura! Si alle elezioni!
Basta con Xi Jinping!
Chi è questo stronzo?
Lunga vita al popolo!
Si fotta Xi Jinping!
Chi ha esperienza di manifestazioni negli Stati Uniti, si sarà accorto della presenza relativamente tranquilla della polizia cinese in questo caso: nessun elmetto, senza equipaggiamento antisommossa, senza manganelli. Fino all’inizio degli arresti, la polizia è stata generalmente calma, silenziosa e impassibile. Molti tra la folla hanno commentato in seguito la loro moderazione, anche se si sono risentiti per i cordoni sempre più stretti e per gli arresti. Gli arresti sono diventati più frequenti con il passare della notte. Un gruppo di quattro o cinque poliziotti si avvicinava e bloccava il manifestante preso di mira, spesso con una notevole violenza e con un trattamento rude, mentre gli altri poliziotti impedivano alla folla di andare in aiuto. L’arrestato veniva caricato su un furgone e portato via. Diverse persone hanno notato un cambiamento significativo nell’atteggiamento della cittadinanza nei confronti degli arresti. Era abbastanza comune, quando le persone venivano arrestate, che altri – partecipanti, spettatori, abitanti del quartiere – venissero in loro aiuto, a volte gridando: “Niente arresti! Lasciateli andare!”. Domenica sera l’ingresso di un appartamento all’incrocio tra Via Wulumuqi e Via Fuxing era stato bloccato con il nastro della polizia. Quando un giovane in fuga dall’arresto ha cercato di scappare all’interno, i residenti di fronte all’edificio sono accorsi in suo aiuto e si sono scontrati con la polizia. Simili manifestazioni di solidarietà con gli arrestati sono state viste anche in altre città.
Le persone sono arrivate nella notte, si sono unite alla folla all’incrocio e nei punti vicini. Chi è arrivato più tardi ha capito che non si trattava solo di una quieta veglia e può aver pensato che fosse iniziato qualcosa di simile a un movimento. Si sono radunati in vari punti, scandendo slogan e facendo occasionalmente delle finte verso le linee di polizia. Alcuni di quelli che hanno provato sono stati arrestati e quelli che si trovavano nelle vicinanze sono stati a volte presi. C’erano molti furgoni e autobus della polizia pronti, lungo le strade vicine. Fino a tarda notte, nelle prime ore del mattino di domenica, la folla si è fatta più irrequieta, gli slogan sono diventati più politici, gli arresti si sono moltiplicati e la polizia è diventata più aggressiva. Le tattiche di controllo della folla sono rimaste le stesse, una sorta di contenimento morbido: dividere e separare la folla, contenere, spostare le persone. Alle 5:30 circa, l’area è stata per lo più sgomberata.
Ci vorrà del tempo prima che emerga un quadro più chiaro del destino degli arrestati. Le notizie dicono che la maggior parte è stata rilasciata in tempi relativamente brevi, e questo è stato visto come un segnale positivo. Una giovane donna ha raccontato che, dopo essere stata arrestata intorno alle 3.30 di domenica, è stata portata in una stazione di polizia, interrogata in modo sommario e trattenuta fino a più tardi. Non è stata messa in cella. Le conversazioni ad alta voce dei poliziotti l’hanno tenuta sveglia tutta la notte, ma non ha riferito di alcun trattamento duro. Le è stato confiscato il telefono, come sempre, ma il lunedì è riuscita a recuperarlo. Non è raro che in queste situazioni i telefoni vengano confiscati per un mese.

L’area delle proteste attorno a Via Wulumuqi

La mappa qui sopra mostra la scena di domenica 27 novembre. Le strade segnate in blu rappresentano la zona vietata, dove non è consentito il passaggio di automobili o biciclette; i pedoni possono muoversi più liberamente, a seconda dell’ora del giorno, ma non possono riunirsi. I pallini di divieto in rosso rappresentano gli sbarramenti della polizia lungo tutta la larghezza della strada. Le strade al di fuori della zona vietata erano costeggiate da auto, furgoni e autobus della polizia. I punti in arancione e in rosso rappresentano gli ingressi alla stazione della metropolitana di Via Changshu. La sottile linea nera tra Via Wulumuqi e Via Yongfu è un piccolo vicolo che dava accesso alla zona vietata. Non è stato né bloccato né utilizzato; la polizia e la folla probabilmente non ne conoscevano l’esistenza.
Quelli che sono andati la domenica hanno trovato una scena diversa rispetto al giorno precedente. La presenza della polizia era molto più massiccia e gli sbarramenti impedivano il passaggio, come indicato nella mappa. Non è stato possibile entrare nel triangolo tra Via Anfu e Via Urumqi, Via Anfu è stata chiusa, come indicato sopra, anche se è stato possibile per alcuni della folla attraversare la strada. Il traffico pedonale su Via Wulumuqi è stato limitato e consentito solo sui marciapiedi. Un video molto diffuso degli eventi di domenica mostra un giovane che, con in mano un mazzo di fiori, cammina avanti e indietro per Via Wulumuqi all’incrocio con Via Anfu, schernendo la polizia. Dopo qualche passaggio, anche lui è stato arrestato nel solito modo spiccio, e molti di coloro che hanno cercato di andare in suo aiuto sono stati bloccati. Il suo arresto ha messo in luce la presenza di polizia in borghese, che pare fosse era presente in gran numero. Anche le unità di polizia speciale tattica e antisommossa, in uniforme, erano presenti sul posto.
In serata, la folla era aumentata, anche se più sfilacciata. Domenica sera, le notizie delle proteste a Ürümqi, Korla, Shanghai, Pechino, Chengdu, Wuhan, Lanzhou, Canton e altre città si sono diffuse tra la folla e in altre parti del Paese. Intorno alle nove di sera, si era formato un piccolo gruppo intorno al consolato degli Stati Uniti, segnalato sulla mappa, e più avanti su Via Wulumuqi si facevano appelli a unirsi a loro. Un gruppo sul marciapiede che cercava di raggiungere il consolato è stato bloccato. Un’altra folla, piuttosto numerosa, è stata confinata nell’area antistante l’ingresso della metropolitana all’incrocio tra Via Wuyuan e Via Changshu. Altri gruppi si sono radunati in due punti di Via Wuyuan. Ancora più a est, una folla si è ritrovata su Via Huating, a nord dell’incrocio con Via Yanqing. A sud dell’incrocio con Via Yanqing, fino all’ingresso della metropolitana su Huaihai Road, stazionava un gruppo di circa cento poliziotti, presumibilmente per bloccare l’accesso dalla stazione della metropolitana. Un altro gruppo di circa duecento persone, si è radunato nel punto più vicino alla zona vietata, su Via Changle, vicino all’incrocio con Via Wulumuqi, non lontano dagli sbarramenti della polizia. C’erano molte meno persone con in mano dei fogli bianchi rispetto a sabato e i cori erano sporadici. Gli arresti sono proseguiti fino a notte fonda e lunedì mattina presto l’area era completamente svuotata.
Domenica sera era stata ordinata la chiusura di bar, caffetterie e della maggior parte dei ristoranti e caffè nell’area della mappa a nord di Via Huaihai e a sud di Via Huashan, da Via Fumian a Via Wukang. La maggior parte dei negozi di frutta e verdura è rimasta aperta. L’area intorno all’incrocio tra Via Fumian, Via Changle, Via Yanqing e Via Donghu, all’estrema destra della mappa qui sopra, è da tempo uno dei luoghi più animati della vita notturna della città. Un piccolo gruppo di persone si è seduto su una panchina di fronte a uno dei bar chiusi, discutendo degli eventi delle ultime due notti. Una coppia elegantemente vestita, in giro per la città, si è avvicinata e ha chiesto come mai fosse tutto chiuso. Sebbene lo sbarramento della polizia tra Via Changle e Via Changshu fosse visibile a ovest, la diffusione disomogenea delle informazioni – tutto dipendeva da quale pagina Weixin o Weibo si leggeva – rendeva possibile lo stare molto vicini alla scena senza però sapere che qualcosa stava accadendo.
Lunedì il tempo è diventato freddo e piovoso. L’area era stata sgomberata, ma gli operai comunali hanno lavorato fino a notte fonda per puntellare Via Anfu e le altre strade vicine con le barriere blu che tutti conoscono dai giorni del lockdown. I blocchi segnati sulla mappa qui sopra sono rimasti, ma biciclette e pedoni sono stati lasciati passare. La presenza della polizia si è notevolmente ridotta; gli agenti si sono radunati alle fermate della metropolitana a stazionare a tutti gli incroci vicini all’area. Non c’era folla. Se qualcuno veniva visto scattare una foto, la polizia chiedeva di vederla. Se si opponeva resistenza – tali richieste non sono legali – la polizia non insisteva. Sui social media era apparso un post – di cui non si conosceva la provenienza e su cui in molti nutrivano dubbi – che annunciava un raduno lunedì sera in Piazza del Popolo, a pochi chilometri a est, la piazza che in passato era stata il luogo abituale delle proteste a Shanghai. Lunedì sera c’era effettivamente più polizia in piazza del Popolo che in Via Wulumuqi, ma anche lì il numero non era eccessivo. Gli agenti alle uscite della metropolitana vicino alla piazza hanno occasionalmente fermato i passanti e chiesto di ispezionare i loro telefoni cellulari, verificando la presenza di Twitter, Telegram o altre applicazioni vietate. Si era sparsa la voce che questi controlli erano in corso, e chi ne era a conoscenza poteva scaricare una schermata iniziale falsa, con app innocue o patriottiche.
Durante la settimana successiva alle proteste, ad alcuni partecipanti identificati attraverso un software di riconoscimento facciale o simili strumenti è stato chiesto di presentarsi alla polizia. I loro nomi e altre informazioni sono stati registrati, ma non è ancora chiaro se qualcuno sia stato arrestato. Anche se finora non ci sono stati assembramenti su larga scala in città dopo domenica, a partire da lunedì 28 novembre sono stati segnalati piccoli incidenti in tutta la città, per lo più proteste per la minaccia di confinamento di edifici o comunità di vicinato. Alcune di queste proteste hanno avuto successo. Il 5 dicembre si è concluso dopo poche ore il confinamento di un complesso di appartamenti in Via Huaihai; una velocità che in passato non si era vista. Sono stati segnalati anche sporadici atti di vandalismo contro le stazioni di test PCR, una tattica utilizzata anche in altre parti del Paese.

La protesta diffusa

Le manifestazioni di Ürümqi hanno dato il via agli eventi. Gli eventi di Shanghai di sabato hanno aperto uno spazio di azione che si è diffuso in tutto il Paese. Le principali manifestazioni in altre parti del Paese, per lo più domenica 27 novembre, hanno mostrato una notevole varietà nella composizione sociale, spaziale e nelle tattiche adoperate. La manifestazione e la veglia di Ürümqi, iniziata il 25 novembre, la prima del Paese, è stata la prima azione politica nella Repubblica Popolare in cui cinesi Han e popolazione uigura hanno marciato insieme. A Chengdu, una veglia di domenica sera è cresciuta rapidamente di dimensioni, si è trasformata in una marcia di tre chilometri per il centro della città coinvolgendo migliaia di persone. L’11 maggio, in occasione di una protesta per la morte in circostanze misteriose di uno studente del liceo di Chengdu, un grande gruppo di studenti, insieme ad alcuni genitori, si era riunito davanti alla scuola in una veglia di protesta, molti portavano crisantemi bianchi. I fiori sono riapparsi la notte del 27 novembre a Chengdu. In seguito ai numerosi arresti, i manifestanti si sono riuniti davanti alle stazioni di polizia per chiedere il rilascio degli arrestati.
La manifestazione di Wuhan del 27 è stata una delle più grandi del Paese. Si è concentrata su Via Hanzheng, ad Hankou, in un quartiere lontano dalle università e di carattere più operaio. Si è svolta in un quartiere dominato da centri di logistica e piccoli negozi che si rivolgono a commercianti provenienti da piccole città e villaggi del Hubei e di altre zone della Cina centrale. Privati dei loro mezzi di sostentamento a causa della chiusura forzata dei loro negozi, migliaia di negozianti, lavoratori e residenti hanno marciato lungo Via Hanzheng, abbattendo metodicamente le barriere blu che fiancheggiavano la strada.2)Diversi giorni dopo le proteste di Wuhan, il governo ha annunciato che i negozi potevano riaprire, ma che ci sarebbero state ulteriori chiusure nel caso fossero emersi casi positivi di Covid. A Canton anche hanno partecipato molti lavoratori privati dei loro mezzi di sostentamento, e le loro manifestazioni sono continuate per tutta la settimana.
I fatti di Via Wulumuqi a Shanghai hanno avuto un posto di rilievo nell’ecologia dei social media e il caricamento massiccio e rapido di foto e video si è rivelato troppo difficile da gestire per la censura su Weixin e Weibo. Quasi tutti gli avvenimenti si sono svolti in tempo reale sugli schermi dei cellulari di tutto il Paese e del mondo. Nelle proteste di domenica sera sul fiume Liangma a Pechino, un’altra delle manifestazioni più grandi, alle grida per la libertà, la fine dei test e dei confinamenti e altre richieste, si sono aggiunti voci e cartelli che spronavano la folla a “stare con Shanghai”. Anche le immagini dei media stranieri sono state ampiamente riprodotte. Il Twitter 李老师不是你老师 (il professor Li non è il tuo professore)-@whyyoutouzhele- ha il repertorio più completo di video, foto e brevi descrizioni degli eventi, e ha anche pubblicato istruzioni su come contattare e interagire con i giornalisti. La frase “saremo sul New York Times!” è stata pronunciata più di una volta dalla folla di Shanghai.
In un’intervista con la giornalista del NYT Yuan Li, una partecipante ha detto come prima delle proteste sentiva di aver vissuto in una “bolla liberal” (Yuan 2022). I due mesi di lockdown primaverile a Shanghai erano stati traumatici per quasi tutti gli abitanti della città, soprattutto per i lavoratori migranti che spesso erano gli ultimi a ricevere cibo e altre provviste, e la ripresa era stata lenta (L.G. 2022). Per la giovane borghesia cosmopolita, quella che si può trovare in un tipico sabato su Via Anfu, il lockdown era stato un campanello d’allarme particolarmente stridente, che li aveva costretti a confrontarsi con la natura dello Stato in cui vivevano e con la precarietà dello stato di eccezione percepito. Questa presa di coscienza ha provocato non poca schadenfreude o cinico senso di soddisfazione tra i non shanghaiesi, residenti o meno in città, che non sopportavano più il tipico senso di superiorità di Shanghai. Alcuni tra gli ambienti della sinistra comunista e marxista-leninista – un orientamento operaista contrario al Partito Comunista Cinese (PCC) e anticapitalista3)Su questo tema, si può leggere ad esempio Chuang 2019. – sostengono che la Cina sia stata a lungo caratterizzata da un “imperialismo interno”: la prosperità delle città costiere meridionali e di Pechino si è basata sullo sfruttamento dell’interno; la disuguaglianza interregionale è stata una conseguenza diretta del fix spaziale del capitale cinese. Tale relazione imperialista si è estesa, in questa analisi, al discorso intorno alle proteste. Ciò che i manifestanti di Via Wulumuqi volevano, in quest’ottica, era il ripristino della vita pre-pandemia nella loro bolla liberal: una vita cosmopolita fatta di consumi, viaggi all’estero e accesso relativamente libero a libri, media e informazioni da tutto il mondo.
Le sofferenze dei lavoratori così come le loro mobilitazioni sono state costanti durante tutta la pandemia. A Zhengzhou, da sempre luogo di attivismo operaio, di mobilitazione politica e analisi, le azioni dei lavoratori della Foxconn nell’ottobre 2022 hanno raggiunto un livello di attivismo che non si vedeva da molti anni; i video di centinaia di lavoratori che scappavano dal sistema di “ciclo chiuso”, che imponeva ai lavoratori di lavorare, mangiare e dormire (ciclo) sul posto di lavoro senza lasciare la fabbrica e i dormitori (chiuso), sono circolati ampiamente e probabilmente erano noti alla maggior parte dei manifestanti in tutto il Paese (Friedman 2022a; 2022b). Sebbene non siano state protagoniste delle recenti proteste, si possono ancora trovare notizie, sui canali mediatici non ufficiali, di lavoratori che rischiano la morte, la fame e l’isolamento a causa della pandemia e delle politiche a essa collegate. I lavoratori che sono tornati a casa dopo la chiusura delle fabbriche si sono trovati spesso nell’impossibilità di usare i mezzi di trasporto a causa delle misure contro la pandemia e sono rimasti bloccati lontano da casa con poco da vivere. Come ci si aspetterebbe, l’attivismo operaio negli ultimi due decenni ha incluso analisi critiche, reportage di inchiesta e lavoro politico portato avanti dai lavoratori stessi e dai loro sostenitori. L’attivismo si è ovviamente scontrato con la repressione da parte dello Stato, insieme alla repressione della ONG solidali con gli operai, intensificata sotto il regime di Xi Jinping. Nonostante ciò, un buon numero di social media e canali alternativi, dentro e fuori la Cina, hanno continuato a richiamare l’attenzione sulle difficoltà dei lavoratori durante la pandemia. Grazie al fatto che le manifestazioni di domenica sono state percepite come un’unica lotta, nonostante il loro carattere variegato, esse hanno contribuito molto alla consapevolezza e alla simpatia popolare nei confronti delle lotte dei lavoratori.

Il vuoto della critica

In varie analisi fatte tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, è stato sottolineato il carattere universale delle recenti proteste a livello nazionale che hanno infatti coinvolto ampi settori della popolazione, un numero significativo di studenti universitari, cosa che ha fatto pensare a un’ampia manifestazione di malcontento popolare da parte della società civile in una esplosione politica come non si vedeva dal 1989. La costruzione del suo significato è un processo in divenire. Ma le rivolte di novembre sono avvenute in un vuoto politico e ideologico particolare. La critica, nel suo senso più ampio, a parte l’importante lavoro che si sta svolgendo negli ambienti dell’attivismo operaio e di quello femminista, è probabilmente arrivata al livello più basso in Cina che in qualsiasi altro momento degli ultimi 130 anni. Le voci intellettuali critiche di sinistra, che sono fiorite dagli anni Novanta al primo decennio dei Duemila, non esistono quasi più. Un numero deprimente di ex-sinistri si è schierato con lo Stato e negli ultimi anni alcuni di loro hanno esaltato il Sogno cinese, il progetto della Via della seta e il rafforzamento dello Stato. Durante il lockdown del 2022, un intellettuale di Shanghai, un tempo identificato con la sinistra nazionalista populista, ha criticato le lamentele contro il lockdown, diceva che al posto di fare critiche gli piaceva molto bere il tè nel suo studio. In occasione di una conferenza tenutasi quest’autunno a Shanghai, due importanti studiosi di “studi critici dei media” hanno dichiarato, riprendendo alla lettera il discorso ufficiale propagandato dallo Stato, che il compito degli studi critici sui media nel periodo attuale è quello di “raccontare bene la storia della Cina”. Molti altri critici, un tempo associati alla sinistra, si sono ritirati in un angusto professionalismo o hanno rivolto la loro attenzione a questioni meno legate all’attualità. La crescente razionalizzazione nelle università, dove gli accademici sono tenuti a pubblicare in sedi approvate dallo Stato e a partecipare a progetti di ricerca sponsorizzati a livello nazionale, e dove l’insegnamento è strettamente controllato dagli amministratori e da zelanti studenti nazionalisti, è stato ovviamente un fattore importante che ha contribuito al restringimento della possibilità della critica intellettuale. È comunque ancora possibile scrivere e pubblicare in modo informale lavori di spessore analitico critico, ma è raro vederne.
Lo Stato è riuscito a ridurre fortemente la capacità di impegno artistico, letterario e teatrale nei confronti degli eventi contemporanei, ma nonostante ciò, sussistono alcune opere. Tra queste, la serie Teatro del Contagio della compagnia teatrale Grass Stage di Shanghai: Geli Island (蛤蜊岛, 2021; la parola “geli” -vongola- è un omofono di quarantena e confinamento), e “Casa” (家园, 2021) (Gullotta 2022); anche “Quarantena” (隔离, 2022) scritto da Li Jianming, un dramma familiare intimo e più vicino al mainstream incentrato sul periodo di isolamento. “Quarantena” è stato messo in scena nel 2022 a Pechino, Shanghai e al Festival di teatro internazionale di Daliangshan nel Sichuan occidentale. Per la versione di Daliangshan, le autorità hanno chiesto di sostituire alcuni termini, come per esempio lockdown, con degli equivalenti ufficiali, ideologicamente più rassicuranti.
Molti lettori sono arrivati alla scena conclusiva del romanzo più recente di Wang Anyi, Wu hu si hai (五湖四海, cinque laghi quattro mari) interpretandolo come una riflessione sul lockdown del 2022; il romanzo è una cronaca che illustra il percorso dalla povertà alla ricchezza di Xiu Guomei e Zhang Jianshe, una coppia nata negli anni Cinquanta che ha raggiunto la ricchezza durante il periodo delle riforme. La scena finale inizia con una riflessione: Xiu Guomei credeva che tutte le cose avessero una fine, ma non aveva immaginato una fine come questa. E infatti suo marito Zhang Jianshe muore in uno strano incidente sul lavoro, [lui] Vide una grande nuvola scura che si abbatteva su di lui, ma non riusciva a muoversi. “Cosa sta succedendo?”, si chiedeva, mentre tutto veniva avvolto dalle tenebre.
Il colophon che segue queste ultime righe del romanzo riporta la data finale della stesura del romanzo e scrive: 24 Aprile 2022, Shanghai, da un mese nel lockdown della città. (Wang 2022:155)
Siffatti timori e presagi si sono intensificati man mano che le politiche di Covid-zero sono proseguite fino all’autunno. Il ventesimo congresso del PCC a metà ottobre è stato una chiara conferma del consolidamento del potere assoluto di Xi Jinping. Quando l’11 novembre sono stati resi noti i “20 punti” che annunciavano una politica anti-Covid meno stringente, si è diffusa l’aspettativa che l’allentamento fosse iniziato. Ciò ha esacerbato lo sconforto quando le prime misure ufficiali di allentamento, come a Shijiazhuang nella provincia di Hebei, sono state quasi immediatamente cancellate. […]
In Via Wulumuqi, così come nelle proteste che si sono svolte in tutto il Paese, molti partecipanti sono nuovi alla vita politica, e molti hanno senza dubbio sperimentato l’euforia che deriva dallo stare insieme sfidando un’autorità repressiva, soprattutto dopo tanti anni di quietismo sociale e mesi di relativo isolamento. La sensazione esaltante di far parte di una svolta storica creerà risorse affettive, riflessione e volontà di azione che potrebbero assumere molte diverse forme negli anni a venire, a prescindere dall’atteggiamento repressivo o conciliante dello Stato. Questi fenomeni non dovrebbero essere ignorati, anche quando inizialmente si esprimono con appelli a riforme liberali e non invece radicali. La quasi totale assenza di un corpo significativo di riflessioni, analisi e teorizzazioni critiche, tuttavia, renderà più difficile la formazione di una nuova soggettività politica, anche per chi la desidera. Questo vuoto contrasta nettamente con le risorse analitiche che esistevano nel 1989, come anche durante l’ondata di attivismo operaio all’inizio di questo secolo (Franceschini e Sorace 2021). I dibattiti all’interno della società civile attraverso tutto lo spettro politico sono stati abbastanza comuni dai primi anni 2000 fino al 2016 circa, durante quelli che ho definito altrove come gli “anni dell’OMC” (Connery 2020), e la loro assenza, nell’era di Xi Jinping, è stata vistosa.
I social media sono stati indispensabili per dare al movimento un carattere nazionale e persino mondiale. Eppure, la natura del medium – saturazione di immagini, brevità nell’articolazione espositiva, centro sulle sensazioni e progettato per una bassa soglia di attenzione – ha i suoi limiti.

La fotografia di due operai che portano via il cartello stradale bianco e blu col nome della strada Via Wulumuqi centrale 乌鲁木齐中路, di data sconosciuta, è diventata rapidamente uno dei meme dominanti del movimento. Ma guardate lo Stato, impegnato in un goffo e inutile atto di cancellazione! La foto si è diffusa sui social media di tutto il mondo e i manifestanti in Cina e altrove sono stati fotografati mentre reggevano riproduzioni del cartello stradale, come a dire: Via Wulumuqi vive; siamo tutti su via Wulumuqi, ecc. Un video postato sui social media – e finora i commenti sulla sua falsità sono stati scarsi o nulli – mostra un nuovo cartello stradale, con un nuovo nome della strada: Via Wuzhong 乌中路, che contiene solo il primo e l’ultimo carattere del nome completo della strada, e prosegue ridicolizzando lo Stato per aver pensato che il cambiamento del nome della strada possa cancellare la storia. In realtà, il cartello di Via Wulumuqi è stato tolto durante i lavori di costruzione diffusi nel quartiere nelle ultime due settimane. Ma da domenica 27 novembre a oggi, tutti i numerosi cartelli di Via Wulumuqi sono intatti e al loro posto. Sappiamo tutti che i meme non hanno bisogno di basarsi sulla realtà. Questo ha creato una bella immagine e una bella storia: segni miracolosi. Ma ci vorrà tempo e lavoro per capire cosa è successo, e probabilmente ancora più tempo per scrutare nei semi del tempo, e dire quale grano crescerà e quale no.

5 Dicembre 2022, Shanghai

In un mondo che non ha paura delle conseguenze per la “colpa” di associazione, di seguito ci sarebbe un dettagliato paragrafo in cui esprimo la mia profonda gratitudine alle tante persone che hanno speso tempo e sforzi considerevoli per aiutarmi nella raccolta e nell’analisi delle informazioni, che hanno fornito materiale utile e che hanno rivisto e discusso le versioni precedenti. Voi sapete chi siete; vi sono profondamente grato. Sono anche molto grato a Yuan Li per le registrazioni delle sue interviste con i partecipanti agli eventi di Shanghai, come citato nel testo (vedi Yuan 2022). Mi si perdoni per eventuali errori e omissioni; si può fare solo del proprio meglio in medias res.

Traduzione di GioGo

Bibliografia

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Immagine: Operai spostano cartello stradale. Meme circolante in rete.

References
1 Si veda anche il documentario di Shu Haolun Nostalgia (乡愁) del 2011 sulla vita a Dazhongli e la comunità in cui è cresciuto, è un documentario girato giusto prima che la zona venisse rasa al suolo per lo sviluppo urbano.
2 Diversi giorni dopo le proteste di Wuhan, il governo ha annunciato che i negozi potevano riaprire, ma che ci sarebbero state ulteriori chiusure nel caso fossero emersi casi positivi di Covid.
3 Su questo tema, si può leggere ad esempio Chuang 2019.