Vorrei qui proporre alcune osservazioni sulla relazione tra la singolarità della lingua cinese e l’invenzione poetica e artistica di due autori, Yang Lian e Xu Bing.1)Questo testo è dedicato con grande affetto alla memoria di Edoarda Masi, studiosa, maestra e amica, che ha lasciato una traccia indelebile in tutti coloro che l’hanno conosciuta.
Universale e singolare
La traduzione italiana dal cinese è sempre il frutto inaggirabile della forzatura di una lingua non alfabetica e senza flessioni, oggi in velocissima trasformazione. È in corso un tentativo poderoso, riscontrabile sia in poesia sia in prosa, di forzare la lingua aprendola a nuove possibilità derivate dai dialetti e da altre lingue. Un analogo fenomeno c’era stato fin dalla fine del XIX secolo e in particolare a partire dalla configurazione intellettuale Nuova Cultura,2)Claudia Pozzana, La poesia pensante, Inchieste sulla poesia contemporanea (Macerata: Quodlibet, 2010),vedi specialmente il cap. 2, 51-72. dalla seconda metà degli anni Dieci.
Eppure, nonostante da quasi due secoli il cinese sia stato esposto all’influenza delle scritture alfabetiche con innumerevoli traduzioni,3)Come sottolinea Lydia Liu, a più riprese, nel suo Translingual Practice. Literature, National Culture and Translated Modernity. China 1900-1937 (Stanford: Stanford University Press, 1995). ogni carattere cinese o sinogramma si presenta immutato, uguale a se stesso da millenni, con un elemento primitivo innegabile, difficile da analizzare senza un approccio moderno. Come dice Yang Lian, la scrittura cinese “è sempre vista avvolta in un’aura di ‘antico’ e ‘misterioso’. Se tu fossi un poeta cinese, ti piacerebbe essere trattato come un antico reperto di scavo, oggi esposto in un museo? È veramente una situazione imbarazzante! Le nostre opere potranno mai essere parte della letteratura contemporanea? Ovvero, ciò che scriviamo è veramente poesia, o è ‘la poesia cinese’ dei libri di storia?”4)Yang Lian 杨炼, Yang Lian zuopin 1982-1997. Guihua, zhili de kongjian 杨炼作品1982/1997. 鬼话, 智力的空间(Opere scelte di Yang Lian. Parole di spettri, spazio intellettuale) (Shanghai: Shanghai Wenyi Chubanshe, 1998), “Zi yu chi” 字与诗(Caratteri e poesia), 287-297. Su Yang Lian, vedi anche C. Pozzana, “Come si ferma il mare? Introduzione a Yang Lian”, in Dove si ferma il mare”, (Milano: Libri Sceiwiller, 2004); Yang Lian, “Mianju yu eyu” 面具与鳄鱼(Maschere e coccodrilli), traduzione, introduzione e cura di Claudia Pozzana, in Poesia, 83, 1995, 53-60; Yang Lian, “Dahai tingzhi zhi chu” 大海停止之处 (Dove si ferma il mare), traduzione e cura di Claudia Pozzana (Milano: Libri Scheiwiller-Playon, 2004); Yang Lian, Dove si ferma il mare, (Venezia: Damocle edizioni,2016).
Che i caratteri cinesi siano immutati da millenni è cosa nota, quel che è strano è che nonostante ci siano innumerevoli neologismi, ci sono a tutt’oggi pochissimi caratteri prodotti ex novo. Nel suo poema Yi ,5)Yang Lian, Yi, trad. inglese di Mabel Lee (Koobenhavn & Los Angeles: Green Integer, 2002).Quanto al carattere in questione, si tratta di un neologismo, un’invenzione nata dalla fusione dei due caratteri sole日e uomo人. Yang Lian spiega che questo carattere inventato da lui rappresenta l’unione di sole e uomo, “è nato dal carattere cinese antico, lo apre e lo illumina il più possibile, allungandosi fino a toccare il confine tenebroso dentro l’uomo”. Tuttavia le nuove generazioni influenzate da una lingua comunicativa com’è quella usata su internet, hanno prodotto negli ultimi anni strane scritture di caratteri, mescolati a emoticons, numeri e acronimi, per semplificare o abbreviare i messaggi con i cellulari o nei blog spesso per maliziose battute e spiritose forme di autodifesa dagli eccessi di controllo. La difficoltà della scrittura in caratteri viene superata con l’uso dei vocabolari contenuti nei cellulari e nei computer, fino alla produzione di una sorta di idioletto costruito per comunicare fra gruppi di giovani in modo criptico.
C’è chi si lamenta di un crescente “analfabetismo” tra i giovani, della perduta capacità di scrittura dei caratteri, certamente molto complessi. Di questo fenomeno mi parlava il grande pittore Xu Bing,6)Vedi Xu Bing and Contemporary Art, a cura di Tsao Hsingyuan e Roger T. Roger (Albany: SUNY Press, 2011). che con gli emoticons ha costruito un’opera di poesia visiva, un breve romanzo da lui intitolato:
In questo titolo vediamo un uomo in movimento da un punto all’altro.7)Il volume di Xu Bing è un prototipo pubblicato in Cina, di cui viene fornito in traduzione solo l’ISBN, 978-986-87860-1-1. Xu Bing tratta gli emoticons come pittogrammi e ideogrammi. In effetti, questa sperimentazione artistico-poetica di Xu Bing colpisce per la sua forza “linguistica” universale facendo leva proprio sull’immagine.
D’altronde questo autore ha da almeno due decenni messo al centro della sua produzione artistica opere, anche grandiose, riflettendo sulle peculiarità dei caratteri cinesi e sul tema delle grammatiche artistiche. Tra le sue opere più famose, il Tian shu 天书, il Libro del cielo, con cui l’artista proponeva una immensa riflessione sulla natura stessa dei caratteri cinesi. Scolpì infatti circa 3000 caratteri apparentemente “nuovi”, con la stessa tecnica dell’incisione su blocchi di legno che si usava per la stampa in epoca Ming. Li stampò su varie decine di metri di carta di riso che espose (anche alla Biennale di Venezia), appendendo un foglio continuo sul soffitto. L’opera è molto nota, ma non di immediata lettura. Si tratta infatti di una grande provocazione e nel contempo di una profonda meditazione sulla immutabilità della scrittura cinese. In effetti quei suoi caratteri sono solo apparentemente cinesi, sono ugualmente illeggibili e incomprensibili ai cinesi come agli stranieri. Con il Tian shh Xu Bing mostra che la scrittura può essere una vuota icona identitaria della cinesità, come ha scritto efficacemente il poeta John Cayley,8)Vedi Claudia Pozzana e Alessandro Russo, Un’altra Cina. Poeti e narratori degli anni Novanta, In forma di Parole, 1999, 145-153. e così facendo mette in evidenza un fondamentale punto di vuoto della lingua cinese.
In altre opere Xu Bing ha lavorato con i potenziali visivi della scrittura cinese. Ha dipinto infatti una serie di paesaggi, nello stile di Shi Tao, pittore vissuto nel XVII secolo, utilizzando i caratteri come tratti di pennello. In tal modo per dipingere l’acqua di un fiume, e di un lago, usa il carattere shui 水 (acqua), per i monti il carattere shan 山 (montagna), per i boschi il carattere lin 林 (bosco). L’effetto che riesce a produrre, visto da lontano, è quello di un quadro classico, una scena di paesaggio in bianco e nero, mentre solo ad uno sguardo ravvicinato ci si rende conto che l’opera è dipinta con caratteri cinesi. In un altro lavoro ha usato i caratteri per sottolineare, alla maniera dell’arte concettuale, un significato, come quando per esempio ha marchiato il carattere zhu 猪 di “maiale” su un piccolo branco di maiali vivi, esposti come installazione artistica.
Xu Bing nella sua recente opera di poesia visiva, con le immagini degli emoticons comuni, probabilmente modificandone alcuni, ha costruito una storia, che si svolge nell’arco di una sola giornata, come l’Ulisse di Joyce. La storia la può leggere chiunque, a prescindere dalla lingua nativa, con un po’ di concentrazione, e per un adulto è una storia decisamente umoristica, si legge con uno sguardo universale perché senza complesse costruzioni grammaticali, in grado ciononostante di esprimere persino le ipotesi e le idee più astratte. È evidente che la sua grammatica artistica medita nuovamente sulla scrittura cinese. Analogamente a quel che aveva fatto con il Tian shu, Xu Bing si ispira alla natura visiva dei caratteri cinesi, sia pittografica che ideografica, e ne decostruisce la componente visiva esasperandola e sottraendola ad ogni cinesità. Con i suoi emotigrammi inventa una lingua basata sul cinese, ma per andarci oltre: dalla singolarità linguistica punta all’universalità, non solo con la stessa semplicità e immediatezza della segnaletica ben nota di aeroporti, ospedali, stazioni, strade etc., ma per dimostrare che con lo stesso principio è possibile narrare. D’altronde da pittore è ben consapevole che tutta la storia della pittura di ogni tempo è una narrazione, persino prima della scrittura, come mostrano le pitture rupestri di Chauvet. C’è stata grande narrazione pittorica anche dopo Giotto, che aveva cominciato a muovere le figure sottraendole alla staticità bizantina, narrando vicende della Bibbia e del Vangelo. Questa della narrazione per immagini è la sfida dell’artista.
Per Yang Lian, poeta che ama esasperare la regola del cinese, secondo cui il determinante precede il determinato, il comportamento dei verbi in cinese permette di affermare che essa è una lingua sincronica, caratterizzata da una compossibilità temporale, che egli chiama ‘co-tempo’ o meglio co-temporaneità (tongshi 同时), essenzialmente perché il verbo cinese resta immutabile. “Perciò”, dice il poeta, “se inizio a scrivere, tutto ciò che scrivo passa oltre la condizione di stabilità spazio-temporale. ‘Scrivere’ cancella il tempo. La realtà che si esprime spontaneamente nella grammatica va oltre l’espressione linguistica. Con la potenza magica del verbo cinese un’azione unica continua ad avvenire ovunque e per tutti…”9)Yang Lian, Yanglian zuopin 1982-1997, 276-286. Vedi in particolare “Shi, quxiao shijian” 诗,取消时间(La Poesia elimina il tempo), 280-81. Sicché si produce un effetto non solo di sincronia e co-temporalità, ma anche un effetto di a-temporalità, di indefinitezza temporale: l’accadere può avvenire in qualsiasi momento.
Parlando della sua poetica, Yang Lian dice: “Creando strato su strato lo spazio vuoto della mia lingua, punto ad abbracciare tutti i tempi. La mia poesia estende e rafforza la ‘co-temporalità del cinese per esprimere una condizione critica universale chiamata ‘umana’.”10)Yang Lian, Yi, vedi n. 4.
Anche nell’invenzione artistica e poetica di Xu Bing si ritrova il tema della co-temporalità. L’artista ha costruito un racconto poetico solo con figure leggibili da chiunque, creando così un’opera di poesia visiva. Sembra un gioco, ma ha una rigorosa architettura; non dipinge, ma narra, eppure non ci sono parole; usa gli emoticons in chiave pittografica, ma non è cinese; i verbi non compaiono, eppure vengono espresse azioni e movimenti. Questi emoticons, nell’uso che ne fa Xu Bing li si potrebbe chiamare “emotigrammi”.
Ho chiesto all’artista con quale struttura grammaticale era riuscito a costruire le frasi, i capitoli e gli episodi del suo racconto. Mi ha sorriso e non mi ha risposto. Capisco, a distanza di tempo, che ciò su cui fa leva con i suoi “emotigrammi” è proprio l’esser disponibile verso tutti, come la poesia, e la possibilità di elisione del tempo che egli deriva dalla struttura del cinese. Ancora una volta nella sua sperimentazione artistica Xu Bing decostruisce la cinesità dei caratteri, ma lo fa spostandone e valorizzandone le caratteristiche visive su un altro piano. Scrive in “emotigrammi”,ma privandoli della caratteristica fonetica dei “sinogrammi”, ognuno dei quali ha invece necessariamente una lettura fonetica e un tono.
Viene dunque da chiedersi come e perché mai tradurre qualcosa che è immediatamente comprensibile a tutti. È forse questo apparente gioco l’affermazione di una possibilità della poesia visiva che intende fare “narrazione” pur andando oltre le parole, e risultando pertanto intraducibile? Come mantenere l’ordine delle parole se queste sono immagini? Ognuno deve “tradurre” queste immagini nella sua lingua oppure la traduzione è superflua, salvo nel caso di non vedenti? Ma vorrei anche chiedere a Xu Bing: la sua scrittura afonetica non è forse anche un tentativo di sfuggire allo slittamento dei significanti, ai lapsus, ai fraintendimenti? non è anche un modo poetico di resistere a quel “parassita paroliere” di cui parlava Lacan a proposito della scrittura di Joyce?11)Jacques Lacan, Il seminario. Libro XXIII. Il sinthomo 1975-1976 (Roma: Astrolabio-Ubaldini, 2006).
Pozzana, Emotigrammi afonetici PDF
Immagine: Particolare da Book from the Ground
Claudia Pozzana è professore associato di Lingua e letteratura cinese all’Università di Bologna. Le sue ricerche vertono sulla storia dell’intellettualità e della letteratura cinese moderna. Ha pubblicato diversi saggi e articoli in rivista. Ha curato la raccolta di testi filosofici di Li Dazhao, Primavera e altri scritti (Pratiche, 1994), l’antologia Nuovi poeti cinesi (Einaudi, 1996) e l’edizione dei volumi di Bei Dao, Speranza Fredda, (Einaudi, 2003) e di Yang Lian, Dove si ferma il mare? (Scheiwiller, 2004).
↑1 | Questo testo è dedicato con grande affetto alla memoria di Edoarda Masi, studiosa, maestra e amica, che ha lasciato una traccia indelebile in tutti coloro che l’hanno conosciuta. |
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↑2 | Claudia Pozzana, La poesia pensante, Inchieste sulla poesia contemporanea (Macerata: Quodlibet, 2010),vedi specialmente il cap. 2, 51-72. |
↑3 | Come sottolinea Lydia Liu, a più riprese, nel suo Translingual Practice. Literature, National Culture and Translated Modernity. China 1900-1937 (Stanford: Stanford University Press, 1995). |
↑4 | Yang Lian 杨炼, Yang Lian zuopin 1982-1997. Guihua, zhili de kongjian 杨炼作品1982/1997. 鬼话, 智力的空间(Opere scelte di Yang Lian. Parole di spettri, spazio intellettuale) (Shanghai: Shanghai Wenyi Chubanshe, 1998), “Zi yu chi” 字与诗(Caratteri e poesia), 287-297. Su Yang Lian, vedi anche C. Pozzana, “Come si ferma il mare? Introduzione a Yang Lian”, in Dove si ferma il mare”, (Milano: Libri Sceiwiller, 2004); Yang Lian, “Mianju yu eyu” 面具与鳄鱼(Maschere e coccodrilli), traduzione, introduzione e cura di Claudia Pozzana, in Poesia, 83, 1995, 53-60; Yang Lian, “Dahai tingzhi zhi chu” 大海停止之处 (Dove si ferma il mare), traduzione e cura di Claudia Pozzana (Milano: Libri Scheiwiller-Playon, 2004); Yang Lian, Dove si ferma il mare, (Venezia: Damocle edizioni,2016). |
↑5 | Yang Lian, Yi, trad. inglese di Mabel Lee (Koobenhavn & Los Angeles: Green Integer, 2002).Quanto al carattere in questione, si tratta di un neologismo, un’invenzione nata dalla fusione dei due caratteri sole日e uomo人. |
↑6 | Vedi Xu Bing and Contemporary Art, a cura di Tsao Hsingyuan e Roger T. Roger (Albany: SUNY Press, 2011). |
↑7 | Il volume di Xu Bing è un prototipo pubblicato in Cina, di cui viene fornito in traduzione solo l’ISBN, 978-986-87860-1-1. |
↑8 | Vedi Claudia Pozzana e Alessandro Russo, Un’altra Cina. Poeti e narratori degli anni Novanta, In forma di Parole, 1999, 145-153. |
↑9 | Yang Lian, Yanglian zuopin 1982-1997, 276-286. Vedi in particolare “Shi, quxiao shijian” 诗,取消时间(La Poesia elimina il tempo), 280-81. |
↑10 | Yang Lian, Yi, vedi n. 4. |
↑11 | Jacques Lacan, Il seminario. Libro XXIII. Il sinthomo 1975-1976 (Roma: Astrolabio-Ubaldini, 2006). |