“Se non conosci chi sei e la tua cultura, allora diventerai come gli outsider”

Introduzione

I Mosuo, (Na, o Nari),1)Na può essere tradotto come “grande/grandioso”, o “nero”. Ri invece significa “essere umano”. Cit. in Yang Fuquan 福泉, Dongbajiao tonglun 论 [Trattato sulla religione dongba] (Beijing: Zhonghua shuju, 2012), 32. sono un gruppo etnico non formalmente riconosciuto dal Governo della Repubblica Popolare Cinese (RPC), che abita in alcuni villaggi situati nella parte nord-orientale dello Yunnan e sud-occidentale del Sichuan. La maggior parte dei villaggi mosuo sono dislocati tra la piana di Yongning e le sponde del Lago Lugu, “xinami” in lingua mosuo, che significa “lago madre”. Negli ultimi decenni il Lago Lugu è diventato un’attrazione turistica molto apprezzata, sia per la bellezza del paesaggio, che per alcuni tratti culturali mosuo che incuriosiscono e attraggono i visitatori.

I Mosuo sono circa 40.000 e molti di loro vivono in organizzazioni familiari matrilineari. Tuttavia, nella zona montana di Labai, nello Yunnan, vi sono anche dei villaggi mosuo le cui famiglie sono organizzate secondo la linea di discendenza patrilineare. L’articolo prenderà in esame i Mosuo matrilineari dello Yunnan.

Le vicende che hanno portato questo gruppo etnico alla scelta dell’esonimo “Mosuo” per autodefinirsi, si intrecciano con le politiche del Governo cinese adottate nell’arco del trentennio in cui ha avuto luogo il complesso processo di identificazione e classificazione dei gruppi etnici nazionali.

Nell’articolo verrà messo in evidenza come i “confini etnici” definiti dallo Stato cinese moderno, se da un lato costituiscono un segnale di potere, dall’altro mettono in atto dinamiche di rappresentazione e autorappresentazione, implementando pratiche di resistenza nello spazio domestico e turistico da parte delle popolazioni locali.

Gli stralci tratti dalle interviste condotte in lingua cinese verranno riportate in traduzione italiana all’interno dell’articolo.

1. Classificazione dei Mosuo all’interno dell’unità pluralista cinese

Dopo la fondazione della RPC il 1° ottobre 1949, la politica del governo centrale nei confronti delle minoranze etniche può essere suddivisa in diverse fasi, in cui si sono alternate politiche pluraliste e autoritarie. Dal 1949 al 1957, anno in cui si verificò la frattura dei rapporti con l’URSS, furono adottate politiche pluraliste: l’obiettivo del governo era quello di coinvolgere l’intera popolazione nella costruzione della nuova Cina e, in questa fase, fu garantito alle popolazioni non-Han di poter mantenere l’uso delle proprie lingue e costumi. Dal 1958 al 1977, durante gli anni del Grande Balzo in avanti e della Rivoluzione Culturale, furono adottate politiche più autoritarie e, a tratti, assimilazioniste, per accelerare il processo di integrazione nazionale e lo sviluppo economico e sociale delle minoranze etniche.2)Valentina Punzi, “L’istruzione delle minoranze etniche dal 1949 ad oggi”, Mondo Cinese 147, 3, 2011, 42-51. È proprio nell’arco temporale dei trent’anni che seguirono la fondazione della RPC che, ad eccezione degli anni della Rivoluzione Culturale, venne completato il complesso processo di riconoscimento e classificazione delle 56 minzu (民族) che compongono lo “stato unitario e pluralista” cinese. Oltre alla maggioranza Han, 55 furono le minoranze etniche riconosciute, che ad oggi costituiscono circa l’8% dell’intera popolazione. In questo processo di identificazione, il principale punto di riferimento teorico sulla definizione di nazione è stato quello stalinista, secondo cui una nazione è “un’unità umana stabile, storicamente costituita di lingua, di territorio, di vita economica e di formazione psichica che si traduce nella comunità culturale”.3)J.V. Stalin, From Marx to Mao (Moscow: Foreign Languages Publishing House, 1953), 307. Oltre alle teorie staliniste, per classificare le minoranze etniche, Fei Xiaotong 费孝通, Lin Yaohua 林耀华 e gli altri etnologi alla guida delle ricerche dell’epoca, si concentrarono su “elementi sovrastrutturali”, come i sistemi matrimoniali, di parentela e sistemi di credenze. Alla luce di questi criteri di classificazione, i Na (Mosuo) dello Yunnan furono classificati come Naxi (Naxi zu 纳西族), mentre quelli del Sichuan chiesero di essere classificati come Mongoli (Menggu zu 蒙古族), sostenendo di essere discendenti di alcuni membri dell’esercito di Kublai Khan stanziatisi in quell’area durante il periodo della conquista del regno di Nanzhao.4)Alexis Michaud, He Limin, Zhong Yaoping, “Nàxī language / Naish languages”. Encyclopedia of Chinese Language and Linguistics, 3, Brill, 2017, 144-157. ff10.1163/2210-7363_ecll_COM_00000247ff. ffhalshs-00793649 Sebbene sia ormai accreditata l’ipotesi che gli attuali Naxi e Mosuo abbiano delle origini comuni, tuttavia essi presentano dei tratti culturali ben distinti che sono andati delineandosi già a partire dal 1723, quando gli amministratori Qing di Lijiang emanarono diversi decreti nel tentativo di “confucianizzare” la società Naxi.5)Christine Mathieu, “Matricultural Resilience in Historical Context: a Focus on the Naxi Nationality”, Matrix: A Journal for Matricultural Studies, Volume 2, Issue 1, 2021,176-221. I Naxi, infatti, hanno un sistema di discendenza patrilineare e il sistema di residenza è virilocale, mentre i Mosuo che abitano tra il lago Lugu e la piana di Yongning vivono in famiglie matrilineari estese e la residenza è spesso duolocale (i partner continuano ad abitare nelle rispettive famiglie materne). Sebbene la lingua parlata dai Naxi e quella parlata dai Mosuo appartenga allo stesso ceppo linguistico, quello sino-tibetano, non sono intelligibili. I Naxi praticano il sistema di credenze dongba, mentre i Mosuo quello daba e il buddhismo tibetano Gelugpa. Anche gli abiti tradizionali di questi due gruppi etnici appaiono molto diversi. L’abito tradizionale delle giovani donne Mosuo consiste in una lunga gonna bianca plissettata, una blusa dai colori vivaci, una cintura rossa o fucsia tessuta a telaio e un copricapo nero decorato con fiori e perline colorate. Le donne più anziane invece indossano una gonna azzurra, grigia o nera, una blusa scura e un copricapo di stoffa. Gli uomini indossano pantaloni neri, una blusa colorata, una cintura simile a quella indossata delle donne, stivaletti di cuoio e un cappello in feltro lapin. Il costume femminile Naxi della zona di Lijiang invece è costituito da pantaloni scuri o una lunga gonna nera plissettata, una blusa grigia o azzurra, indossata insieme ad un gilet bordeaux, e un grembiule nero plissettato con una fascia azzurra nella parte inferiore. Il tratto distintivo del costume delle donne Naxi è senza dubbio la mantella nera di pecora che portano sulle spalle, decorata con i sette cerchi che rappresentano l’Orsa Maggiore. Gli uomini Naxi invece indossano una tunica corta di colore chiaro, trapuntata da disegni geometrici, una cintura tessuta a telaio, un gilet sfrangiato e un cappello in feltro lapin. I costumi possono variare a seconda della zona di provenienza.

Nel 1985 i Na dello Yunnan, chiesero di essere riconosciuti come minzu, ma la loro richiesta fu respinta. Nel 1997 hanno ottenuto il riconoscimento a livello provinciale come sottogruppo (fenzhi 分支) della minoranza etnica Naxi, tanto che sulla loro carta d’identità è indicata la dicitura Mosuo ren (摩梭人 popolazione Mosuo). Dunque, l’esonimo “Mosuo”, preso in prestito dai primi testi di storiografia cinese che, dal IV secolo d.C. in poi, appellavano le popolazioni che abitavano le attuali zone di Lijiang e Yongning come Moxie, Mosha, Mosuo,6)Michaud, “Nàxī language / Naish languages”, 145. è stato utilizzato per tracciare un confine che li differenziasse dai vicini Naxi. Tuttavia, come riferito da alcuni interlocutori, se per esempio si recano in viaggio in un’altra provincia cinese e vogliono registrarsi in un albergo, nei database delle strutture ricettive non compare la dicitura “Mosuo ren” e, quindi, vengono registrati come “altra minoranza”. Inoltre, nei documenti ufficiali, come i certificati di laurea, compare la denominazione “Naxi zu” (纳西族).

Durante la ricerca sul campo, ho notato che spesso bambini e bambine mosuo venivano registrati come Pumi quando uno dei due genitori apparteneva a questo gruppo etnico. Poiché i Pumi sono una minoranza etnica numericamente piccola, godono di alcuni benefit governativi, come l’accesso gratuito all’istruzione. Pertanto, chi ne ha la possibilità, decide di registrare i propri figli come Pumi.

I Pumi che abitano presso la piana di Yongning e il lago Lugu condividono con i Mosuo il sistema di parentela di tipo matrilineare e anch’essi praticano il buddhismo tibetano Gelugpa. Grazie alla condivisione di questi importanti tratti culturali, i Mosuo e i Pumi che abitano queste zone percepiscono le proprie identità culturali molto simili e, per questo, sono comuni le relazioni sessuali inter-etniche tra questi due gruppi.

2. I Mosuo matrilineari dello Yunnan

Il legame di consanguineità in linea di discendenza femminile tra madre e figli/e, così come quello tra sorelle e fratelli è il più importante nell’orizzonte culturale mosuo ed è rappresentato simbolicamente dai due pilastri, quello maschile e quello femminile, che si trovano all’interno della stanza principale di ogni complesso abitativo.7)Weng Naiqun 翁乃群, Gongzhong lingyu jiahuhua: Nari shehui de gongzhong lingyuyu jiahu linyu jiqi shehui xingbie wenti 众领域家化:日社的公众领户领域及其社别问题 [Domesticizzazione della sfera pubblica: la sfera pubblica e quella domestica nella società Nari e le questioni di genere], in Mosuo shehui yanjiu lunwen ji (1960-2005) shangce 摩梭社文化文集(1960—2005)上册 [Una raccolta di articoli sulla società e la cultura Mosuo (1960-2005), primo volume], Latami Dashi 拉他(a cura di)  ( Kunming: Yunnan University Press, 2006), 303-320. Come riportato da un uomo del villaggio di Zhaxi:

[…] Molti turisti credono che il pilastro maschile rappresenti il ​​“marito”, mentre quello femminile rappresenti la “moglie”, ma non è così. Nella famiglia estesa mosuo lo zio condivide la casa con la sorella, quindi il pilastro maschile rappresenta lo zio (il fratello), mentre il pilastro femminile rappresenta la sorella. Il fatto che i pilastri provengano dallo stesso albero significa che hanno un legame di sangue e provengono dalla stessa madre.

La figura centrale di ogni famiglia mosuo è la dabu, termine che nella lingua locale può essere tradotto come “manager”.8)Chuan-kang Shih, Quest for Harmony: The Moso Traditions of Sexual Union and Family Life (Stanford, CA: Stanford University Press, 2010), 220. Sebbene questo ruolo possa essere ricoperto sia da uomini che da donne, sul campo ho incontrato quasi sempre delle donne a ricoprire questo ruolo e, pertanto, di seguito verrà utilizzata la concordanza femminile in riferimento a questa figura. I compiti principali della dabu comprendono l’amministrazione dei beni di famiglia, ma anche l’organizzazione delle mansioni domestiche e dei pasti. Nei processi decisionali però la figura della dabu è alla pari di tutti gli altri membri della famiglia con i quali si discute e ci si consulta fino a che non si raggiunga un accordo tra le parti. Lo stesso vale per le decisioni che riguardano il villaggio. Anche queste, infatti, vengono prese convocando un/una rappresentante per ogni unità abitativa, che ha il compito di farsi portavoce e di riferire ai propri familiari quanto discusso nelle assemblee.

Le relazioni sessuali tra partner all’interno di questa società si basano sulla pratica della cosiddetta “relazione di visita” (tisese in lingua mosuo, zouhun 走婚 in cinese), che può essere ufficializzata in presenza della dabu e di qualche familiare e anziano/a del villaggio mediante una cerimonia denominatazhi-chi-ha-dzi, che letteralmente significa “bere liquore e mangiare”.                                                                                                                                                                                                                                                                             È l’uomo ad andare a trovare la sua compagna alla sera e, se la relazione non è stata ufficializzata, lascia la casa della partner prima del risveglio dei familiari, all’alba. Quando la relazione è stata ufficializzata invece, l’uomo frequenta più spesso la casa della compagna, ma avrà sempre il compito di sostenere la propria famiglia d’origine. In questo caso la residenza dei partner è duolocale perché ciascuno continua ad abitare nella propria casa materna. Questa però non è l’unica situazione possibile. Vi sono infatti dei partner che coabitano (nella famiglia d’origine di uno o dell’altro partner) pur non essendo legalmente sposati, e altri invece che continuano a mantenere la residenza duolocale anche dopo aver contratto matrimonio. Le modalità di residenza variano in base alle esigenze di ciascuna famiglia.

Quando da una relazione nascono dei figli essi appartengono al matriclan. È la famiglia materna, infatti, ad occuparsi economicamente dei bambini e delle bambine. Il padre biologico non è tenuto ad avere responsabilità economiche nei loro confronti, ma talvolta instaura con i suoi figli delle relazioni affettive. Il ruolo sociale di padre è svolto dallo zio e dagli altri membri maschili del lignaggio materno. Nella lingua mosuo, infatti, awu significa sia zio che papà, mentre per definire il padre biologico si usa il termine ada/abu.9)Zheba Erche e Xu Ruijuan, “Mosuo yu Changyong Ciju Huicui摩梭常用词荟萃 [Raccolta delle espressioni d’uso comune della lingua mosuo], (Kunming: Yunnan Press, 2013), 42.

Dall’età di dodici o tredici anni, i ragazzi e le ragazze dopo il rito di passaggio all’età adulta, la cerimonia “della gonna”, per le ragazze, e “dei pantaloni”, per i ragazzi, iniziano a essere considerati adulti/e a livello sociale e, gradualmente, verranno affidati loro dei compiti di responsabilità.

Per quanto riguarda il sistema di credenze nativo, esso è caratterizzato dalla compresenza di due sistemi, quello del buddhismo tibetano Gelugpa, che si diffuse intorno al 1700 e quello del daba, il sistema di credenze indigeno. In alcuni riti, come nel caso del rito funebre, gli specialisti rituali daba e i lama officiano insieme. Oggi però, in molti villaggi la figura spirituale del lama sta via via sostituendo quella degli specialisti rituali daba in alcuni riti e celebrazioni.

3. Confini inter-etnici e autorappresentazione

Il fenomeno turistico ha cambiato l’aspetto dei villaggi mosuo situati sulle sponde del lago Lugu, ridisegnandone il paesaggio e rinegoziando le relazioni tra i suoi abitanti.

Negli ultimi trent’anni, i locali hanno affittato le proprie terre a investitori provenienti da altre città e, le loro case, un tempo situate in riva al lago, hanno lasciato il posto ad alberghi e ristoranti per essere ricostruite alle spalle di quest’ultimi. Il turismo ha creato nuovi posti di lavoro nei villaggi, e le attività turistiche presenti possono essere suddivise in due tipologie “collettive” e “private”.10)Gyan P. Nyaupane, B. Morais Duerte e Lorraine Dowler, “The Role of Community Involvement and Number/Type of Visitors on Tourism Impacts: A Controlled Comparison of Annapurna, Nepal and Northwest Yunnan”, China, Tourism Management, 27, 2006, 1373-1385. Le attività collettive riguardano le famiglie del villaggio coinvolte nella stessa attività turistica che si dividono equamente i guadagni (per esempio il giro in barca e/o lo spettacolo della danza jiacuo). Le attività private, invece, coinvolgono le singole famiglie e i loro affari (per esempio la gestione di bar, ristoranti, alberghi, l’affitto di terreni ad investitori, ecc.). Tuttavia, ciò che è accaduto dopo lo sviluppo del turismo è una distribuzione non uniforme dei benefici economici tra i villaggi in riva al lago – che sono destinazioni turistiche popolari – e i villaggi più isolati dell’entroterra.

Il fenomeno turistico non ha ridisegnato soltanto il paesaggio antropico, ma ha rinegoziato le relazioni e ridisegnato i confini tra le minoranze etniche che convivono in queste zone; nei villaggi mosuo, infatti vivono anche altre minzu come per esempio i Pumi, gli Han, i Naxi, gli Yi, i Bai. È interessante notare come siano stati delineati dei confini inter-etnici nella gestione delle attività turistiche che includono o escludono un determinato gruppo etnico a favore di un altro. Per approfondire questo concetto verrà riportato l’esempio del villaggio di Luoshui, uno dei primi villaggi ad essere stati interessati dallo sviluppo turistico, nell’area lacustre amministrata dalla prefettura di Lijiang (Yunnan).

Nel villaggio di Luoshui,  tra il 2017 e il 2019, vivevano 615 abitanti divisi in 120 unità familiari; la maggior parte di loro erano Mosuo e Pumi, e 3 famiglie erano Han. 73 famiglie Mosuo e Pumi prendevano parte alle attività turistiche comuni della danza jiacuo e del giro in barca, mentre le 3 famiglie Han, così come le restanti 47 famiglie Mosuo e Pumi, non partecipavano. Infatti, dagli inizi degli anni ’90, il consiglio del villaggio aveva stabilito che coloro che si erano separati dalla famiglia d’origine (分家) per creare una nuova unità abitativa, non avrebbero potuto prendere parte a queste attività. Per quanto riguarda invece le 3 famiglie Han del villaggio di Luoshui, sono state escluse dall’ attività turistica della danza jiacuo sin dai primi anni ‘90 perché gli abitanti Mosuo non tolleravano che questi, indossando i loro abiti tradizionali si cimentassero nella danza tradizionale, che viene considerata dai locali un marcatore culturale rappresentativo dell’identità mosuo. Tuttavia, se un Mosuo ha una relazione di visita stabile, o ha formalmente sposato una persona non-Mosuo, quest’ultima può prendere parte alla danza jiacuo in rappresentanza della famiglia del/la partner. Sul campo è emerso però che i Mosuo tendono a non intraprendere (quasi mai) relazioni sentimentali con gli Yi (o Nuosu), e le ragioni di questa reticenza sono molteplici e di diversa natura. Mi è stato riferito per esempio che gli Yi “non hanno una religione” (mei you zongjiao 没有宗教),11)Il sistema di credenze nativo Yi è caratterizzato dalla presenza di specialisti rituali denominati “bimo” che officiano le cerimonie. mentre i Mosuo praticano il buddhismo tibetano, oppure che gli Yi sono soliti sposarsi tra cugini incrociati,12)I cugini incrociati sono i figli o le figlie del fratello della madre o della sorella del padre. cosa che nell’orizzonte culturale mosuo è considerata incestuosa, dal momento che i cugini materni sono considerati come fratelli/sorelle. O ancora, che gli Yi sono poveri e pigri13)Chen Gang 陈刚, “Duo minzu diqu lǚyou fazhan dui dangdi zuqun guanxi de yingxiang——yi chuan dian lugu hu diqu wei li” 多民族地旅游对当地族群系的影响 —— 以川滇泸沽湖地区为” [Gli impatti dello sviluppo turistico sulle relazioni etniche nelle regioni abitate da più gruppi etnici: un caso di studio nell’area del lago Lugu al confine tra Sichuan e Yunnan] Lǚyou xuekan 旅游刊 [Giornale sul turismo], 27, 5, 2012, 97. e mettono al mondo numerosi figli, prediligendo i figli maschi, in contrapposizione alla laboriosità e al basso indice di natalità dei Mosuo che vivono in famiglie estese, dove, ogni figlio, maschio o femmina, è sempre ben accetto. E infine che gli Yi sono invidiosi della prosperità economica dei Mosuo derivante dal turismo e che le guide turistiche e gli autisti Yi raccontano ai visitatori dicerie sulla cultura mosuo, screditandola. È importante notare che la zona del lago Lugu e della piana di Yongning abitata dai Mosuo è amministrata dalla Contea Autonoma Yi di Ninglang, dove gli Yi sono numericamente predominanti (costituendo quasi due terzi della popolazione) e detengono le principali cariche politiche. Questa situazione genera a volte del malcontento tra i Mosuo, che non si sentono adeguatamente rappresentati dall’amministrazione locale.

Per quanto riguarda l’attività turistica del giro in barca invece, ho notato che alcune persone Han lavoravano nelle imbarcazioni delle famiglie locali Mosuo e Pumi. Si ritiene pertanto che l’attività del giro in barca non venga considerata un marcatore culturale rappresentativo forte come la danza jiacuo e, per questo, viene consentito anche agli abitanti Han di prendervi parte.

Gli esempi in questione mettono in luce le relazioni inter-etniche, segnate talvolta da pregiudizi e gerarchie, in cui i confini etnici sono in continuo processo di negoziazione, oscillando tra esclusione e inclusione. All’interno di questi contesti, gli attori sociali sono costantemente impegnati nel rinegoziare e ridefinire la propria identità etnica e culturale misurandosi con l’altro-da-sé e, il cosiddetto “taglio del confine”, rappresenta proprio il processo attraverso il quale un gruppo definisce se stesso, spesso in relazione a ciò che non è parte di esso, enfatizzando le somiglianze interne e negando o marginalizzando le differenze esterne. Come osservato da Remotti infatti, “[…] ogni noi identitario sa usare le proprie armi da taglio (fisiche, mentali, sociali, giuridiche, politiche) nei confronti di chi decidiamo che non fa parte di noi”.14)Francesco Remotti, Somiglianze. Una via per la convivenza, (Bari: Laterza, 2019), 13.

4. Patrimonio culturale immateriale: tra sviluppo turistico e identità culturale

In questo paragrafo verranno esaminati i marcatori culturali mosuo che sono stati selezionati dagli operatori del settore turistico per attrarre i visitatori, e dai governi locali nei processi di patrimonializzazione.

Secondo il sociologo MacCanell un’attrazione turistica è costituita dalla relazione fra tre elementi che sono: il turista, una veduta-sight e un marcatore-marker.15)Dean MacCannell, Il turista. Una nuova teoria della classe agiata (Torino: UTET, 2005 [1976]). Nel caso di studio in questione, se da un lato il lago Lugu per sé costituisce la veduta, i Mosuo o, meglio, alcuni aspetti della loro cultura, costituiscono i marcatori etnico-culturali nello spazio turistico.

Nel mercato turistico domestico l’area paesaggistica del lago Lugu è stata appellata come “Il misterioso regno delle ragazze” (shenmi nü’er guo 神秘女儿国) o ancora “Il regno orientale delle ragazze” (dongfang nü’er guo 东方女儿国). Il marcatore delle donne mosuo, rappresentate giovani e sorridenti su dépliant, cartelloni pubblicitari e immagini sui social media, ha alimentato l’immaginario turistico collettivo, presentando i Mosuo come un gruppo etnico esotico e seducente.16)Eileen Rose Walsh, “From Nü Guo to Nü’er Guo: Negotiating Desire in the Land of the Mosuo”, Modern China, 31, 4, 2005, 448-486. Anche il costume della “relazione di visita” negli anni è stato travisato e presentato come arretrato e licenzioso, retaggio culturale dei primi studi etnologici cinesi che adottarono le teorie evoluzioniste di Lewis Henry Morgan per suddividere e classificare il grado di sviluppo delle società in base ai sistemi di organizzazione familiare, dove l’unione matrimoniale monogamica rappresentava lo stadio più avanzato di sviluppo. Dunque, la “relazione di visita” mosuo venne classificata come promiscua. Tutt’oggi nello spazio turistico, a molti interlocutori mosuo viene chiesto se conoscano il proprio padre biologico. Ad esempio, durante un’intervista, Bima, una donna di 28 anni originaria del villaggio di Luoshui, mi ha raccontato che i turisti le chiedevano spesso se conoscesse il suo padre biologico e, un certo punto, ha esclamato con fermezza: “Non solo conosciamo tutti il nostro padre biologico, ma sappiamo anche chi sono i padri di tutti i nostri amici”.

Un altro stereotipo etnico emerso sul campo riguardava la convinzione da parte di molti turisti domestici che gli appartenenti alle minoranze etniche che vivono nelle zone rurali della Cina siano tutti scarsamente istruiti. Lamu, una donna di 27 anni del villaggio di Luoshui, mi ha riferito che spesso i turisti cinesi esprimevano incredulità nello scoprire che fosse laureata e, di tanto in tanto, le era capitato che qualcuno le chiedesse se fosse in grado di parlare il cinese mandarino (putonghua).

Se da un lato, come si è visto, da parte degli operatori del mercato turistico è stato costruito un immaginario esotico dei Mosuo intorno all’immagine femminile e alla “relazione di visita”, dall’altro, la classificazione a vari livelli amministrativi delle espressioni intangibili del patrimonio culturale immateriale di questo gruppo etnico, ha una particolare rilevanza politica; infatti, in Cina, il riconoscimento ufficiale dei siti non-Han rafforza la dottrina della Cina stessa come Paese multiculturale.17)Tami Blumenfield, Helayne Silverman (a cura di), Cultural Heritage Politics in China, (New York: Springer, 2013).

Tuttavia, per diversi motivi, che potremmo definire di natura burocratica, strategica e ideologica, i Mosuo dello Yunnan non sono riusciti, ad oggi, a presentare domanda per alcun riconoscimento a livello internazionale o nazionale del proprio patrimonio culturale materiale e immateriale, ma hanno ricevuto dei riconoscimenti solo a livello della provincia (Yunnan), della prefettura (Lijiang), della contea (Ninglang). Da un punto di vista burocratico, infatti, i Mosuo dello Yunnan sono classificati come sottogruppo dei Naxi, che godono già di diverse designazioni UNESCO e a livello nazionale. Da un punto di vista strategico invece, come riportato da alcuni interlocutori locali, ad una protezione internazionale si sarebbe affiancato un maggiore controllo che avrebbe potuto comportare delle severe restrizioni sui programmi di sviluppo del territorio.18)Tami Blumenfield, “Recognition and Misrecognition The Politics of Intangible Cultural Heritage in Southwest China” in Christina Maags, Marina Svenson Marina (a cura di), Chinese Heritage in the Making (Amsterdam: Amsterdam University Press, 2018), 169-193. In aggiunta, la pratica della “relazione di visita” rappresenta un’eccezione da circoscrivere ad una determinata area geografica e che ideologicamente è in contrasto con le leggi nazionali in materia di matrimonio, fondate sul riconoscimento legale della sola famiglia eterosessuale e monogamica. Pertanto, sebbene la relazione di visita venga utilizzata come marcatore culturale per attrarre e incuriosire i turisti, non gode di alcun riconoscimento o tutela da parte delle amministrazioni governative. Al contrario, sembrerebbe essere in atto, da parte dei governi locali, un tentativo di “addomesticamento” per equiparare la “relazione di visita” a quella matrimoniale rendendola socialmente accettabile. A tal proposito, dal 2017 al 2019 è stata promossa un’iniziativa da parte della contea di Yanyuan che amministra la parte del lago Lugu sichuanese, intitolata “Scambiarsi i voti nuziali al lago Lugu”: 99 coppie nel 2017 e nel 2018 e 66 nel 2019, provenienti da tutta la Cina, sono state invitate a sfilare indossando gli abiti tradizionali mosuo, hanno ricevuto delle benedizioni da parte di alcuni specialisti rituali daba, e hanno danzato in cerchio sulle note della danza jiacuo.19)Stefania Renda, “Io sono Mosuo: un esempio di narrazione del Sé collettivo sulla piattaforma digitale WeChat”, in Angela Biscaldi, Vincenzo Matera (a cura di), Social media e politiche dell’identità, (Milano: Ledizioni, 2023), 103-118.

Tra le espressioni intangibili della cultura mosuo20)Yunnan Lijiang Ninglang Lugu hu pianqu guihua xiangmu 云南江宁蒗泸沽湖片区规划项目 [Progetto di pianificazione dell’area del lago Lugu a Ninglang, Lijiang, Yunnan], Shanghai Tongji chengshi guihua yanjiuyuan 上海同城市规划设计研究院 [Istituto di pianificazione e design urbano dell’Università Tongji di Shanghai], Neibu ziliao 料 [documento interno], 2016. che sono state riconosciute come patrimonio culturale immateriale nella provincia dello Yunnan vi sono: la danza jiacuo; la festa della dea della montagna Gemu; il rito di passaggio all’età adulta; i canti daba; l’abilità nel costruire le case tradizionali in legno; l’arte della tessitura a telaio; le tecniche di preparazione del maiale salato e disossato, che viene utilizzato anche come elemento simbolico di prosperità durante la cerimonia del rito di passaggio all’età adulta, e del liquore sulima. Alcune di queste pratiche culturali denominate come patrimonio culturale immateriale, sono anche delle attrazioni turistiche, come la danza jiacuo e la festa della dea della montagna Gemu, così come prodotti quali il liquore sulima e il maiale salato e disossato vengono serviti nei ristoranti come specialità tipiche del luogo.

Dunque, appare evidente che la selezione che conduce all’identificazione e alla nomina dei patrimoni si fonda su criteri storici e convenzioni locali dove oltre all’intenzionalità e alle pratiche di ordine scientifico e artistico, entrano in gioco anche fattori di ordine politico ed economico.21)Alessandra Broccolini, “Il patrimonio culturale immateriale e l’antropologia. Evoluzioni, intersezioni, mondi locali”, La tutela giuridica del patrimonio culturale immateriale. Profili comparati, DPCE Online, 2, 2023, 1667-1690. Per esempio, nel caso dei Mosuo due criteri importanti nella nomina dei patrimoni culturali immateriali sembrano essere la non conflittualità con le leggi nazionali e la spendibilità nel mercato turistico.

Conclusioni: pratiche di resistenza, patrimonio culturale, negoziazione dell’identità culturale

Sul campo, durante l’osservazione partecipante, i colloqui informali e le interviste registrate, è emerso che, oltre alla danza jiacuo, almeno tre marcatori culturali vengono considerati dagli interlocutori mosuo come rappresentativi, pur non essendo stati inclusi nella lista del patrimonio culturale immateriale, e sono: la famiglia matrilineare estesa, la lingua nativa e il sistema di credenze daba. Al contempo, questi tre marcatori culturali vengono percepiti dai locali come a rischio.

Consideriamo adesso la famiglia matrilineare estesa mosuo e le regole della contea di Ninglang (Yunnan) in materia di edilizia. Il governo della contea di Ninglang concede 8 fen (分) di terreno edificabile per ogni hukou (certificato di residenza, 户口). 8 fen di terra sono una quantità molto piccola per una famiglia estesa in cui in media abitano 8-10 persone. Pertanto, per ottenere il permesso di costruire una casa di dimensioni adeguate a ospitare tutti i membri della famiglia, o per ottenere il permesso per costruire alberghi e ristoranti, le famiglie locali hanno iniziato a separare i loro hukou. In questo modo i locali riescono ad ottenere una superficie edificabile più ampia e possono costruire una casa di dimensioni adeguate ad accogliere tutti i membri della famiglia. Dunque, pur separando i propri hukou, continuano a vivere insieme e a preservare la famiglia matrilineare estesa.

Abbiamo visto che nel sistema di parentela mosuo la relazione di consanguineità in linea di discendenza materna è la più forte e importante. Fino ad almeno un decennio fa non era necessario indicare chi fosse il padre biologico al momento dell’iscrizione scolastica e i bambini e le bambine, alla nascita, potevano essere registrati nel hukou della madre o dello zio materno. Adesso invece per effettuare l’iscrizione di un minore a scuola è necessario dichiarare chi siano entrambi i genitori. Pertanto, affinché venga riconosciuta legalmente la genitorialità, tante giovani coppie decidono di sposarsi, ma se abitano nello stesso villaggio o in villaggi limitrofi non coabitano e continuano a risiedere nelle rispettive famiglie d’origine. In questo modo la famiglia matrilineare estesa e la residenza duolocale vengono preservate.

Un elemento culturale considerato a rischio dagli interlocutori mosuo è la lingua nativa, che non ha forma scritta e viene trasmessa solo oralmente. Le generazioni più giovani che, al di fuori dall’ambiente domestico, sono immerse in un paesaggio linguistico, fisico e virtuale, sinofono, ormai parlano prevalentemente cinese mandarino e la perdita della lingua nativa è qualcosa che preoccupa molti interlocutori locali. Uno di questi, ad esempio, mi ha raccontato che per fare in modo che suo figlio e i/le più giovani della sua famiglia si sforzassero di parlare la lingua nativa, ha deciso che nello spazio domestico tutti avrebbero dovuto utilizzarla per comunicare.

Al contempo la lingua nativa viene utilizzata nello spazio turistico tra i parlanti locali come elemento di coesione del gruppo e di divisione con un altro, quello dei turisti e di tutte le persone outsider. Come osservato da D’Agostino spazio e lingua sono elementi interrelati: “uniscono quando sono l’elemento oggettivo che fa da sfondo alla molteplicità e unicità dei soggetti; dividono nel loro aspetto soggettivo, in quanto vengono utilizzati per distanziarsi costantemente da altri individui o da altri oggetti”.22)Mari D’Agostino, “Spazio, Città, Lingue. Ragionando su Palermo”, Rivista Italiana di Dialettologia. Lingue dialetti società, XX, Clueb, Bologna, 1996, 35-87, 47. La lingua mosuo svolge un doppio ruolo nello spazio turistico: da un lato, è un elemento di coesione tra i parlanti locali, rafforzando il legame all’interno del gruppo; dall’altro, crea una barriera nei confronti degli outsider, ossia i turisti e chiunque non appartenga alla comunità linguistica. In questo contesto, la lingua diventa uno strumento che consente di esprimersi senza essere compresi da chi non fa parte del gruppo. Un episodio che ho osservato a Luoshui è significativo: durante uno spettacolo di danza jiacuo, alcuni giovani locali vennero duramente rimproverati in lingua mosuo dal presentatore, un uomo sui 45 anni, perché evitavano di farsi fotografare insieme agli spettatori, che ignari di quanto stesse accadendo, continuarono a scattare foto indisturbati. L’utilizzo della lingua mosuo trova spazio anche nelle comunicazioni digitali, come nel caso del gruppo WeChat del villaggio. Grazie alla funzione di messaggistica vocale, infatti, chi non è a suo agio con la scrittura in cinese mandarino o predilige l’uso della lingua locale, può facilmente comunicare utilizzando la lingua mosuo.

Un’ultima pratica culturale percepita a rischio è il sistema di credenze daba, che insieme alla famiglia estesa è considerato uno dei pilastri “dell’essere Mosuo”. Come riportato da Duoji, uno dei fondatori e gestori del museo sulla cultura Mosuo del villaggio di Luoshui: “Se non comprendi la famiglia estesa e la cultura daba, allora sei una persona Mosuo solo in superficie, e in questo caso puoi assorbire tutto ciò che viene da fuori. In questo modo non saprai più chi sei, non presterai più attenzione alla tua cultura e alla fine diventerai uguale agli outsider”.

La lingua e la cultura mosuo sono contenute negli scritti daba. Esistono 117 testi scritti sottoforma di pittogrammi simili a quelli dongba dei Naxi, ma attualmente nessuno specialista rituale daba è in grado di recitare e spiegare tutti i testi scritti. Alcuni rituali, inoltre, non vengono più praticati. Nonostante l’associazione per la salvaguardia della cultura Mosuo organizzi annualmente degli incontri tra tutti gli specialisti rituali daba e fornisca un supporto economico alle generazioni più giovani che stanno studiando per diventarlo, al giorno d’oggi, sono poche le persone interessate a studiare per diventare daba. Il motivo potrebbe essere di natura economica, poiché non è un’attività che genera profitto.

Sebbene il turismo etnico in Cina, caratterizzato negli ultimi anni dalle pratiche di patrimonializzazione culturale attuate a vari livelli amministrativi, possa essere considerato uno strumento per rafforzare l’idea di uno Stato unitario e pluralista, allo stesso tempo rappresenta uno spazio in cui le minoranze, talvolta, riescono ad esercitare forme di “autonomia decisionale”, sia a livello individuale che collettivo. In questo contesto, il concetto simbolico di confine fa emergere le gerarchie, i conflitti e i pregiudizi che caratterizzano le relazioni inter-etniche, mettendo in discussione l’immagine armoniosa di minzu tuanjie 民族团结 promossa dal governo di Pechino.

Nel caso dei Mosuo le forme di “autonomia decisionale” individuate comprendono:

  • Le pratiche di resistenza, come la scelta della residenza duolocale piuttosto che neolocale, per mantenere la struttura della famiglia matrilineare estesa, o l’uso della lingua nativa in contesti selezionati, al fine di tutelare la propria lingua e, al contempo, creando anche un confine con “gli altri”.
  • La selezione del patrimonio culturale da promuovere, scegliendo gli aspetti emblematici della propria cultura da preservare e tramandare, come la danza jiacuo e le tradizionali barche in legno, per costruire una propria immagine che sia distintiva ma anche commerciabile nello spazio turistico.
  • La negoziazione dell’identità culturale, attraverso l’incontro (o il mancato incontro) con l’alterità, sia nella sfera delle relazioni interpersonali che in quella dello spazio turistico, rinegoziando di volta in volta i confini inter-etnici mediante pratiche di inclusione (per esempio dei Pumi) o di esclusione (per esempio degli Yi).

In conclusione, gli esempi presentati in questo articolo attraverso il caso di studio del gruppo etnico Mosuo, evidenziano come gli attori sociali siano costantemente coinvolti nel processo di rinegoziazione e ridefinizione della propria identità etnica e culturale, confrontandosi con l’altro-da-sé. In questo processo, il confine simbolico agisce sia negando alcune somiglianze, sia enfatizzando la vicinanza con altri tratti. Il “taglio” del confine, dunque, rappresenta simultaneamente un atto di esclusione e di delimitazione, dove ogni identità si costruisce attraverso la negazione di un’alterità.

Renda Rinegoziare il concetto di identità culturale PDF

Immagine: Luoshui 2019, Primo giorno del Capodanno lunare, foto dell’autrice.

Stefania Renda è docente a contratto al Collegio Internazionale e presso il Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Antropologia ed Etnologia presso la Yunnan Minzu University di Kunming (RPC) nel 2022. Dal 2014 ha iniziato a svolgere ricerca sul campo nel sud-ovest della Cina, rivolgendo il suo interesse al tema dello sviluppo turistico nelle aree abitate dalle minoranze etniche cinesi. La sua tesi di dottorato, intitolata “Mosuo cultural representations in domestic and tourist spaces: a study based on a multi-local research”, è frutto del lavoro di ricerca sul campo condotto tra il 2017 e il 2020 nei villaggi abitati dal gruppo etnico mosuo, tra le province cinesi dello Yunnan e del Sichuan. Tra i temi d’interesse della sua ricerca vi sono: l’antropologia del turismo, le costruzioni e pratiche identitarie, il patrimonio culturale immateriale, gli studi di genere e l’antropologia della parentela.

References
1 Na può essere tradotto come “grande/grandioso”, o “nero”. Ri invece significa “essere umano”. Cit. in Yang Fuquan 福泉, Dongbajiao tonglun 论 [Trattato sulla religione dongba] (Beijing: Zhonghua shuju, 2012), 32.
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11 Il sistema di credenze nativo Yi è caratterizzato dalla presenza di specialisti rituali denominati “bimo” che officiano le cerimonie.
12 I cugini incrociati sono i figli o le figlie del fratello della madre o della sorella del padre.
13 Chen Gang 陈刚, “Duo minzu diqu lǚyou fazhan dui dangdi zuqun guanxi de yingxiang——yi chuan dian lugu hu diqu wei li” 多民族地旅游对当地族群系的影响 —— 以川滇泸沽湖地区为” [Gli impatti dello sviluppo turistico sulle relazioni etniche nelle regioni abitate da più gruppi etnici: un caso di studio nell’area del lago Lugu al confine tra Sichuan e Yunnan] Lǚyou xuekan 旅游刊 [Giornale sul turismo], 27, 5, 2012, 97.
14 Francesco Remotti, Somiglianze. Una via per la convivenza, (Bari: Laterza, 2019), 13.
15 Dean MacCannell, Il turista. Una nuova teoria della classe agiata (Torino: UTET, 2005 [1976]).
16 Eileen Rose Walsh, “From Nü Guo to Nü’er Guo: Negotiating Desire in the Land of the Mosuo”, Modern China, 31, 4, 2005, 448-486.
17 Tami Blumenfield, Helayne Silverman (a cura di), Cultural Heritage Politics in China, (New York: Springer, 2013).
18 Tami Blumenfield, “Recognition and Misrecognition The Politics of Intangible Cultural Heritage in Southwest China” in Christina Maags, Marina Svenson Marina (a cura di), Chinese Heritage in the Making (Amsterdam: Amsterdam University Press, 2018), 169-193.
19 Stefania Renda, “Io sono Mosuo: un esempio di narrazione del Sé collettivo sulla piattaforma digitale WeChat”, in Angela Biscaldi, Vincenzo Matera (a cura di), Social media e politiche dell’identità, (Milano: Ledizioni, 2023), 103-118.
20 Yunnan Lijiang Ninglang Lugu hu pianqu guihua xiangmu 云南江宁蒗泸沽湖片区规划项目 [Progetto di pianificazione dell’area del lago Lugu a Ninglang, Lijiang, Yunnan], Shanghai Tongji chengshi guihua yanjiuyuan 上海同城市规划设计研究院 [Istituto di pianificazione e design urbano dell’Università Tongji di Shanghai], Neibu ziliao 料 [documento interno], 2016.
21 Alessandra Broccolini, “Il patrimonio culturale immateriale e l’antropologia. Evoluzioni, intersezioni, mondi locali”, La tutela giuridica del patrimonio culturale immateriale. Profili comparati, DPCE Online, 2, 2023, 1667-1690.
22 Mari D’Agostino, “Spazio, Città, Lingue. Ragionando su Palermo”, Rivista Italiana di Dialettologia. Lingue dialetti società, XX, Clueb, Bologna, 1996, 35-87, 47.