Fra le molteplici idee che un confine può rappresentare, vi è quella molto concreta di una demarcazione geografica atta a separare spazi politicamente contrassegnati come appartenenti a nazioni diverse. Si tratta di quel limite spaziale entro il quale uno stato si sente pienamente autorizzato a esercitare la propria sovranità e che il geografo Michel Foucher definisce come la “dimensione reale” di un confine, esistente in parallelo alle sue dimensioni “simboliche” e “immaginarie”.1)Michel Foucher, Fronts et frontières, (Paris: Fayard, 1991), 38. Nel 1994, lo storico Oscar J. Martinez, specialista delle interconnessioni transfrontaliere tra gli Stati Uniti e il Messico, proponeva un modello di categorizzazione dei confini, dividendoli in “alienati”, “co-esistenti”, “interdipendenti” e “integrati”.2)Oscar J. Martinez, Border People. Life and Society in the U.S.-Mexico Borderlands, (Tucson & London: University of Arizona Press, 1994), 5-10. Successive teorizzazioni concernenti l’essenza ontologica e performativa delle linee di frontiera hanno ulteriormente decostruito questo concetto,3)Inter alia: Etienne Balibar, “World Borders, Political Borders.”, PMLA/Publications of the Modern Language Association of America, 117, 1, 2002, 68–78; Sandro Mezzadra e Brett Neilson, Border as Method, or, the Multiplication of Labor, (Durham & London: Duke University Press, 2013); David Newman, “Contemporary Research in Border Studies: An Overview”, in Doris Wastl-Walter (a cura di), The Routledge Research Companion to Border Studies, (Abingdon: Routledge, 2016), 33-48; James W. Scott (a cura di), A Research Agenda for Border Studies, (Cheltenham: Edward Elgar Publishing Limited, 2020). esaminando, inter alia: il comportamento delle popolazioni che le frontiere dividono o uniscono imponendo nuovi o vecchi rapporti di potere e di organizzazione socio-economica, lo svilupparsi di comunità liminali e di nuove identità collettive, la comparsa di nuovi “luoghi della memoria” (lieux de mémoire, secondo la definizione di Pierre Nora), etc.
A seguito della politica di apertura nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, intrapresa da Michail Gorbačëv nel 1987, e poi del crollo dell’Unione Sovietica, il confine sino-russo passò in pochi anni dalla categoria di “confine alienato” a quella di “confine interdipendente”. Tale evento è stato oggetto di numerosi studi da parte di storici, sociologi e antropologi russi (Diatlov, Griegoričev, A. Lukin, Kireev, etc.),4)Inter alia: Виктор Дятлов (Под. ред.), Мост через Амур. Внешние миграции и мигранты в Сибири и на Дальнем Востоке, (Москва и Иркутск: Наталис, 2004); Антон Киреев, “Диаспоризация Китайских Мигрантов На Территории Российского Дальнего Востока”, Известия Восточного института, 2, 2011, 80-90; Виктор Дятлов и Константин Григоричев, “Сибирь: Динамика Этнизации Городского Пространства Переселенческого Общества”, Известия Иркуткого Государственного Университета, серия: Политология. Религиоведение, 2014, 8-19. ma solo una parte delle loro ricerche è accessibile a lettori non russofoni.5)Inter alia: Viktor Larin, “’Yellow Peril” Again? The Chinese and the Russian Far East”, in Stephen Kotkin e David Wolff (a cura di), Rediscovering Russia in Asia: Siberia and the Russian Far East, (Armonk and London: M. E. Sharpe, 1995) 290-301; Elena Diatlova e Victor Diatlov, “‘Demographic Expansion’ – Russian–Chinese Marriages in Migration Mythology”, Журнал Сибирского федерального университета. Гуманитарные науки, 10, 11, 2017, pp. 1654-1663. La maggior parte delle pubblicazioni internazionali si sono concentrate su aspetti di geopolitica legati alla stipulazione di accordi diplomatici e commerciali tra Russia e Cina. Uno studio storico ben documentato sulla frontiera sino-russa è stato recentemente pubblicato da Sören Urbansky, mentre per ciò che concerne una storia più generale delle relazioni sino-russe la monografia più completa pubblicata in tempi recenti è quella di Philip Snow.6)Sören Urbansky, Beyond the Steppe Frontier. A History of the Sino-Russian Border, (Princeton & Oxford: Princeton University Press, 2020); Philip Snow, China and Russia: Four Centuries of Conflict and Concord, (New Haven and London: Yale University Press, 2023). Io stesso ho contribuito alla ricostruzione storica degli eventi concernenti lo spazio frontaliero sino-russo in epoca pre-sovietica, interessandomi alla storia dello sviluppo del discorso razzista del “pericolo giallo” nei confronti degli immigrati asiatici in Russia e, in particolare, in Russia orientale tra la seconda metà del XIX° e l’inizio del XX° secolo.7)Iacopo Adda, Origines, usages et représentations du discours du « péril jaune ». Le non exceptionnalisme russe dans l’espace transpacifique (mi-XIXe – début XXe siècles), (Genève : Archive ouverte UNIGE, Doctoral Thesis, 2023) [https://archive-ouverte.unige.ch/unige:173989]. Da un punto di vista antropologico e sociologico, un notevolissimo lavoro di studio degli spazi di frontiera e delle loro rappresentazioni è stato svolto da Frank Billé e Caroline Humphrey.8)Inter alia: Franck Billé, Grégory Delaplace e Caroline Humphrey, (a cura di). Frontier Encounters. Knowledge and Practice at the Russian, Chinese and Mongolian Border, (Cambridge: Open Book Publishers, 2012); Frank Billé, “Surface modernities: open-air markets, containment and verticality in two border towns of Russia and China”, Экономическая социология, 15, 2, 2014, pp. 154-172; Franck Billé e Caroline Humphrey, On The Edge: Life Along the Russia-China Border, (Cambridge: Harvard University Press 2021). Inoltre, il sociologo e linguista Ed Pulford ha proposto una ricostruzione narrativa delle relazioni transfrontaliere sino-russe basata su interviste raccolte viaggiando attraverso queste regioni.9)Ed Pulford, Mirrorlands. Russia, China, and Journeys in between, (London: Hurst & Co, 2019).
Lo studio delle percezioni relative alla frontiera sino-russa ha prodotto numerose speculazioni in ambito politico e può fornire degli elementi di base per la comprensione dell’evoluzione delle relazioni sino-russe a livello internazionale.10)Iacopo Adda, “Sino-Russian Relations through the Lens of Russian Border History Museums: the Nerchinsk Treaty and its Problematic Representation”, Eurasian Geography and Economics, 62, 5-6, 2021; Iacopo Adda e Yuexin Rachel Lin, “Geopolitics in Glass Cases: Nationalist Narratives on Sino-Russian Relations in Chinese Border Museums”, Europe-Asia Studies, 74, 6, 2022. Rimane il fatto, tuttavia, che il brusco cambiamento della natura della frontiera sino-russa all’inizio degli anni ’90 fu anche e soprattutto un fenomeno locale che ebbe degli impatti profondi sulle popolazioni di queste regioni. Di conseguenza, gli effetti di tale cambiamento furono seguiti con estremo interesse dalla stampa locale che osservò gli eventi con uno sguardo curioso. Quest’ultima, inizialmente entusiasta per le opportunità che il cambiamento sembrava offrire, fece poi eco alle voci dei suoi concittadini e si mostrò sempre più preoccupata e ambivalente nei giudizi. Le questioni che venivano sollevate sulle pagine dei quotidiani locali erano assai concrete e spesso distanti dai grandi discorsi della diplomazia internazionale: quali opportunità commerciali si svilupperanno? Come cambierà lo stile di vita della popolazione? Quali infrastrutture saranno costruite? Quali saranno gli impatti socio-economici e securitari di questo cambiamento? Tuttavia, con l’imporsi di una realtà complessa in un contesto di crisi socio-economica generalizzata, cominciarono a risorgere anche domande più introspettive ed esistenziali sempre più simili a quelle che avevano caratterizzato il dibattito intellettuale russo sulla presenza dell’Impero zarista in Estremo oriente nel periodo prerivoluzionario11)Aldo Ferrari, La foresta e la steppa. Il mito dell’Eurasia nella cultura russa, (Milano – Udine: Mimesis Ed., ristampa 2013).: Chi siamo noi veramente? Cosa rappresentano per noi quei cittadini cinesi che vivono al di là dell’Amur e che ricoprono un ruolo sempre più centrale nella nostra quotidianità?
Queste ed altre tematiche furono discusse su tutti i media locali dalla Transbajkalija al Territorio del Litorale. In questo articolo, ci focalizzeremo sull’Amurskaja Pravda (d’ora in avanti AP; АП in nota), il principale organo di stampa della città frontaliera di Blagoveščensk, capoluogo dell’Oblast’ dell’Amur. Nello specifico, analizzeremo il modo in cui l’apertura della frontiera fu discussa sulle pagine di questo quotidiano dal 1990 all’inizio del 1992, un periodo in cui la frontiera diventava vieppiù attraversabile da merci e persone anche se in modo ancora strettamente regolato dalle istituzioni.12)Confine “co-esistente” secondo le categorie di Oscar J. Martinez, Border People, 1994, Op. Cit. Individueremo quelle tematiche che interessarono maggiormente i lettori dell’AP e che spinsero giornalisti, cittadini, politici e altri attori socio-economici locali a commentare l’evoluzione degli eventi e ad esprimere le loro opinioni in merito. Sogni, disillusioni ed inquietudini si sovrapposero creando le basi per la nascita di una nuova narrazione popolare locale riguardante l’Amur e la frontiera sino-russa.
Questo articolo vuole essere un primo passo verso l’analisi e lo studio di un corpus più vasto che spazia dal 1990 alla fine degli anni 2010.13)Corpus selezionato e raccolto tra febbraio e marzo 2019 nella Biblioteca scientifica della regione dell’Amur a Blagoveščensk, grazie al sostegno del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica.
L’Amurskaja Pravda
L’AP è un quotidiano regionale ancora oggi in attività. Fondato nel 1918 come giornale operaio rivoluzionario, diventò il quotidiano regionale di riferimento in epoca sovietica.14)“100 лет ‘Амурской правды’ в цифрах, фактах и цитатах. Старейшее издание области вспоминает свою историю от первого дня до современности”, АП, sito ufficiale, 24/02/2018, [https://ampravda.ru/2018/02/22/80344.html]. Durante la perestrojka e più marcatamente a partire dalla dissoluzione dell’URSS, l’AP subì una necessaria trasformazione. In questo periodo, essa divenne un quotidiano più moderno, aperto al dibattito sui temi d’interesse generale, pronta a trattare argomenti talvolta anche controversi. Ciò non soppresse tuttavia una certa tendenza della redazione a situarsi su delle posizioni piuttosto filo-istituzionali. Le critiche espresse da attori terzi nei confronti delle istituzioni regionali venivano infatti spesso contrastate da articoli contestuali o tramite interviste più o meno compiacenti a personaggi politici o altri esperti in materia. Ciò non toglie che, a partire della fine degli anni ’80, le pagine dell’AP ospitarono un vivo dibattito su numerosi temi relativi ai cambiamenti che l’apertura della frontiera sino-sovietica comportò nella vita dei cittadini dell’Oblast’ dell’Amur.
Ponti diplomatici e ponti fluviali
La disputa sulla corretta interpretazione dei trattati di Aigun (1858) e di Pechino (1860), e in particolare su dove collocare esattamente la linea della lunghissima frontiera fluviale (sulla costa cinese o in mezzo ai fiumi Amur e Ussuri) era stata uno dei fattori scatenanti del conflitto sino-sovietico del 1969. Al termine delle operazioni militari, la frontiera tra i due pesi massimi del socialismo mondiale rimase militarmente sigillata fino a quando, nel 1987, Michail Gorbačëv non cercò di mettere fine a quest’anomalia con una serie di gesti di buona volontà che videro, tra le altre cose, l’apertura di un tavolo per le trattative sulla ridefinizione del tracciato della frontiera. Fu l’inizio di un cambiamento paradigmatico dei discorsi ufficiali sia in URSS sia in Cina. La frontiera non doveva più esser vista come un’angosciante fonte di pericolo di un eventuale attacco militare o di azioni di spionaggio e sabotaggio, ma doveva ormai apparire come il simbolo della speranza di una nuova cooperazione.
Sulle pagine dell’AP, ne risultò la comparsa della rubrica “Oblast’ dell’Amur – RPC: le sfaccettature di una cooperazione”.15)«Амурская область – КНР: грани сотрудничество» Ovviamente, fra le prime questioni trattate in questa rubrica, vi fu quella della costruzione di un ponte sull’Amur. Quest’infrastruttura avrebbe collegato permanentemente la sponda sovietica a quella cinese, favorendo così un flusso più fluido di merci tra le città di Blagveščensk e Heihe. Il fiume è infatti navigabile solo nella stagione calda ed è attraversabile d’inverno, a piedi o con altri mezzi, solo quando il ghiaccio che lo ricopre diventa abbastanza spesso. Tuttavia, nelle stagioni di transizione l’attraversamento diventa complesso se non impossibile. L’idea della costruzione di un ponte sull’Amur venne menzionata per la prima volta alla vigilia della visita di Gorbačëv in Cina nel maggio del 1989. Successivamente, le discussioni sul tema passarono in mano alle amministrazioni locali. Così, nel novembre del 1990, un corrispondente dell’AP riportava speranzoso la notizia dell’apertura di un ponte stradale prevista già a partire dal 1995.16)Н. Семашко, «Где быть мосту через Амур?», АП, 23/11/1990. Oggi sappiamo ciò che né lettori né giornalisti al tempo potevano immaginare, cioè che i lavori di costruzione del ponte iniziarono fra mille difficoltà nel 2016, furono terminati nel 2020 e che il ponte fu finalmente aperto al transito soltanto a partire dal 2022. Alla fine degli anni ’80, tuttavia, la prospettiva di una rapida realizzazione di questa infrastruttura rappresentava una promessa di cambiamento radicale della funzione di Blagoveščensk nell’economia regionale e nazionale. La città non sarebbe più stata solo un capolinea ferroviario di una linea secondaria della Transiberiana ed un avamposto affacciato sulla frontiera con la Cina, ma sarebbe diventata un luogo di transito internazionale per il commercio con la Cina.
Il latte dello scandalo
Mentre si discuteva della costruzione del ponte, l’attenzione della popolazione era rivolta verso questioni più urgenti. Nel 1990, il commercio transfrontaliero era ai suoi albori, ed in un momento storico in cui la maggior parte dei prodotti essenziali era sottoposta a razionamento, a Blagoveščensk, la notizia della conclusione di un contratto di esportazione di latte verso la Cina fece scandalo. Il 4 luglio 1990, la rubrica “sfaccettature di una cooperazione” presentava un articolo dal titolo apparentemente trionfale “Il contratto è conveniente!”. Veniva riportata la notizia che il 29 giugno le prime 14 tonnellate di latte scremato erano state esportate verso la Cina e che per il periodo invernale era prevista l’esportazione di 6600 tonnellate supplementari attraverso l’Amur ghiacciato. In totale, il cliente cinese avrebbe elargito una somma di 750mila franchi svizzeri. Per quanto questo contratto potesse apparire “conveniente”, l’AP sottolineò come, dopo la diffusione della notizia, l’ufficio del direttore della centrale del latte Viktor Matveev fosse stato sommerso da telefonate di cittadini inviperiti: “Vorremmo sapere chi se n’è venuto fuori con questa trovata! In città il burro è razionato con i talloncini, non c’è nemmeno abbastanza latte per noi!”.17)“Да кто только такое придумал? В городе масло по талонам, самим молоко не хватает!” Г. Коробенников, «Контракт – выгодный!», АП, 04/07/1990. Nell’articolo il direttore si profuse in spiegazioni tecniche e dichiarò con pathos: “Siamo anche noi patrioti della città”.18)“Мы ведь тоже патриоты города” Ibid. Ma il risentimento popolare non si placò. Un mese dopo, Matveev dovette scrivere un nuovo articolo in cui elucidò i dettagli del contratto, sottolineando che non si trattava di una vendita implicante una transazione monetaria ma piuttosto di un baratto: in cambio del latte, il consorzio avrebbe ricevuto frigoriferi ed altre apparecchiature industriali fondamentali per il suo ammodernamento19)В. Матвеев, «Ещё раз о поставках ‘молока’ в Хэйхэ, АП, 22/08/1990..
Da questa polemica traspare un primo elemento che caratterizzò il processo di apertura, inizialmente parziale e controllato, della frontiera. La mancanza di liquidità in moneta forte rendeva il baratto l’unica via perseguibile per lanciare una dinamica di commercio transfrontaliero. Tuttavia, i prodotti che la regione dell’Amur poteva offrire al mercato cinese erano limitati principalmente a risorse naturali e beni di prima necessità già carenti nei canali di vendita legali tardo-sovietici. In questo contesto, la frontiera cinese divenne da subito per molti il simbolo di un pericolo molto concreto. La frontiera chiusa aveva rappresentato per vent’anni la minaccia di un pericolo potenziale ma improbabile, che poteva essere eventualmente fronteggiato con l’intervento dell’esercito. La frontiera aperta sembrava invece mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa dei cittadini più indifesi di fronte a queste nuove dinamiche commerciali che generavano un senso di precarietà. Il 19 luglio 1991, il tema del latte venne ripreso dall’AP, stavolta nella rubrica “Di questo si preoccupano in tanti”.20)“Это волнует многих” Una donna aveva chiamato la redazione, segnalando angosciata che un nuovo accordo permetteva adesso l’esportazione verso la Cina di latte in polvere: “Scongiurate l’accordo diretto contro la gente comune!”21)А. Бучий, «Молоко – за границу», АП, 19/07/1991. Ancora una volta, l’articolo diede ampio spazio alle spiegazioni del direttore Matveev che sottolineò come le risorse primarie dell’Oblast’ dell’Amur non venissero intaccate e che la centrale del latte riceveva in cambio delle apparecchiature fondamentali.22)Ibid.
Entrambi i punti di vista erano in fondo comprensibili. L’accesso al latte era ormai difficile per i cittadini, ma la necessità di modernizzazione industriale era altresì innegabile. Al netto di timori concernenti possibili problemi di corruzione e appropriazione indebita dei benefici del commercio di un bene così importante, la questione verteva dunque sul fatto che l’apertura della frontiera imponeva ai cittadini un adattamento rapido a delle nuove priorità definite in misura crescente da incontrollabili leggi di mercato. In generale, bisognava letteralmente imparare a commerciare (“учимся торговать”), come scrisse senza mezzi termini un giornalista dell’AP. Ma le condizioni di questo commercio erano assai dure da digerire. Molti protestavano perché vedevano sfilare verso la frontiera camion pieni di legname, minerali ed altri prodotti di cui, per i cittadini stessi, vi era scarsità. Sorgeva dunque il quesito sul senso di questo commercio e la risposta sembrava essere alquanto spietata:
“Sarebbe meglio commerciare unicamente le eccedenze. Allora perché commerciamo? A causa della nostra povertà… Non per anni, ma per decenni la stampa nazionale e locale, la radio e la televisione hanno letteralmente ‘ululato’ sui problemi della produzione dei prodotti di uso popolare. Ma non siamo riusciti a risolvere questi problemi”.23)“продавать лучше всего излишки. Почему, однако, торгуем? От нашей бедности… Не годами, а десятилетиями центральная и местная печать, радио и телевидение буквально ‘вопили’ о проблемах производства товаров народного потребления. Решить мы ее так и не смогли.” Л. Давидов, «От нашей бедности», АП, 28/03/1991.
L’apertura della frontiera sino-russa pareva allora attestarsi come l’unico rimedio alle conseguenze dell’incuria della politica industriale sovietica dei decenni passati, ma questa soluzione aveva un costo sia in termini materiali, sia in termini di orgoglio nazionale.
Uno specchio crudele
La sensazione di un nuovo pericolo per la vendita di prodotti di base in Cina si sviluppò assieme a quella di una malcelata invidia per il vicino. In questo caso la frontiera sull’Amur diventava una sorta di specchio che rifletteva un’immagine distorta e beffarda di ciò che Blagoveščensk sarebbe potuta essere rispetto allo stato di degrado generalizzato dell’Oblast’ dell’Amur. Ad esempio, il 27 febbraio 1991, l’AP pubblicò in seconda pagina una riflessione intitolata “Allo specchio del giorno odierno”24)“В зеркале сегодняшнего дня” Л. Давидов, «Товар из-за границы», АП, 27/02/1991. sulle merci in provenienza dalla Cina:
“Rivolgi malvolentieri lo sguardo verso la sponda destra dell’Amur: per i cinesi è conveniente e hanno di che vendere; noi, contro ogni aspettativa, abbiamo qualcosa da offrire in cambio”25)“Невольно посматриваешь на правый берег Амура: китайцам выгодно и есть что продать; нам, при всех трудностях, – можно что-то предложить взамен”, Ibid.
scriveva con una certa riluttanza il giornalista prima d’indignarsi per la speculazione sui prezzi delle merci vendute sul mercato russo: “[…] un chilo di mele dai nostri vicini costa 30 copechi, da noi 5 rubli […]”
D’altra parte, poche erano anche le notizie concernenti l’interesse da parte di imprenditori cinesi d’investire oltreconfine e quelle poche che venivano portate all’attenzione dei lettori dell’AP, non facevano certo sognare. A metà giugno, ad esempio, il villaggio di Pojarkovo ricevette la visita di una delegazione di alto livello composta da vari rappresentanti politico-amministrativi cinesi e di dirigenti di un’azienda della cittadina di Qike situata sulla sponda opposta del fiume. L’obiettivo era quello di firmare un contratto in vista della creazione di una joint venture sino-sovietica per la produzione di birra data la scarsità di tale prodotto nella regione dell’Amur. La sede principale sarebbe rimasta a Qike, ma uno stabilimento produttivo sarebbe stato costruito a Pojarkovo per servire il mercato locale. Anche in questo caso non mancarono le polemiche tra coloro che mettevano in risalto l’opportunità di creare un’attività economica remunerativa e coloro che si domandavano a quale scopo mobilitarsi per la produzione di birra quando alla popolazione mancava persino l’indispensabile per il sostentamento di base.26)С. Серебрянский, «Наше пиво… из Китая», АП, 12/06/1991.
L’apertura della frontiera permise altresì inizialmente di lanciare qualche missione congiunta sino-sovietica d’esplorazione scientifica del fiume. Quest’ultimo sembrava poter essere riscoperto non solo in ottica di studio delle sue risorse idriche e faunistiche, ma anche con lo scopo di prevenire le minacce ecologiche che lo riguardavano e di valutare lo stato di salute delle sue rive. L’AP non perse l’occasione per rilanciare l’immagine del fiume come un elemento di rinnovata coesione, intitolando: “L’Amur è un fiume di frontiera, non solo divide, ma avvicina i popoli”.27)В. Гостванский, «Амур – река пограничная, она не только разделает, но и сближает народы», Амурская Прав АП да, 21/03/1991. Ciononostante, se da un lato il geografo Veniamin Gotvanskij, autore dell’articolo e membro della spedizione, sottolineava l’importanza della collaborazione tecnico-scientifica con gli omologhi cinesi, dall’altro egli notava come le rive del fiume dal lato sovietico fossero trascurate a tal punto da favorire le inondazioni e l’erosione del suolo, e persino significativamente sottoutilizzate per il trasporto di merci e passeggeri rispetto a quelle cinesi più dinamiche e meglio mantenute. “Ma noi pensiamo al nostro futuro?”,28)“Думаем ли мы о своем будущем?” Ibid. si domandava infine Gotvanskij con amarezza. La sponda cinese dell’Amur rimandava quindi anche un’immagine di come si sarebbero dovute gestire le risorse naturali della regione per costruire un avvenire dignitoso per la propria popolazione.
Forzature semantico-lessicali
Come abbiamo notato, vi era la tendenza di cercare di attribuire forzatamente all’Amur una funzione mitopoietica concernente un presunto legame atavico che cinesi e russi avrebbero naturalmente posseduto per il fatto di condividere le rive di un siffatto fiume: “Così come è inesauribile il nostro fiume, tale dev’essere l’amicizia fra i popoli che lo abitano…”29)Как неиссякаема наша река – так должна быть неиссякаема и дружба между народами, ее населяющими…” Г. Шестакова, «Родники Дружбы», АП, 15/08/1990. Queste parole, citate dal segretario del Partito Comunista del distretto Mikhailovskij, rappresentavano in effetti l’altra faccia della medaglia del processo di apertura della frontiera che i dirigenti politici sia cinesi sia sovietici cercavano di indirizzare in un’ottica positiva. A tale scopo, vennero promossi eventi folkloristici e culturali, spesso ai margini di incontri bilaterali fra rappresentanti politico-amministrativi, come quello riportato dallo stesso Šestakov: in una serata d’agosto del 1990 dedicata all’amicizia sino-sovietica e sovietico-(nord)coreana, una delegazione di “amici” cinesi fu accolta nella casa della cultura locale, dove furono offerti agli ospiti pane e sale, tè, e uno spettacolo di artisti locali che si esibirono, fra le altre cose, nel canto della canzone popolare “Katjuša”. Furono persino organizzate delle amichevoli di pallacanestro e pallavolo tra una squadra locale e la delegazione di lavoratori cinesi. Ovviamente, scrive l’autore: “ha vinto l’amicizia”.30)“победила дружба”. Ibid.
Come ci mostrano le pagine dell’AP, simili eventi furono frequenti nel corso degli anni, anche se in epoca sovietica vennero privilegiati incontri fra squadre di lavoratori, mentre successivamente tali manifestazioni furono organizzate piuttosto in occasione di eventi politici ufficiali o nell’ambito di visite di delegazioni di giornalisti e/o artisti.31)А. Мишунин, «Русская ‘Калинка’ – в китайской глубине», АП, 02/10/1991. Il termine “cultura” fu spesso utilizzato per riferirsi a manifestazioni rappresentanti canti e balli tradizionali, e la canzone “Katjuša” divenne la melodia russa più richiesta, apprezzata e conosciuta al di là dell’Amur. Ancora oggi, chi visita le città di Kharbin e di Heihe, può notare l’invadente onnipresenza di questa canzone in ogni negozio di souvenirs ispirato al tema russo.32)Osservazione compiuta dall’autore in agosto 2019 durante un viaggio di ricerca in varie città cinesi di frontiera. D’altro canto, anche la cultura cinese, all’inizio degli anni ’90, rimase per gli abitanti di Blagoveščensk qualcosa di relativamente poco familiare. Uno dei primi elementi di tradizione cinese ad affermarsi in città fu un ristorante all’interno del complesso turistico “Amicizia”. Questo permetteva ai locali di accedere a una degustazione di pietanze “esotiche” (sic) cinesi, senza dover andare a Heihe.33)Н. Маслова, «Пообедать по-китайский», АП, 15/08/1990. Notiamo dunque che l’interscambio culturale sino-russo fu molto legato alla riproduzione di clichés folkloristici superficiali ma facilmente comprensibili. Il punto è che gli abitanti della regione dell’Amur non conoscevano il vicino verso il quale avrebbero dovuto cominciare a provare un sentimento di amicizia.
Inoltre i concetti di cultura e, soprattutto, di turismo s’intrecciavano con quello di commercio transfrontaliero al punto da diventare indistinguibili. Il 27 febbraio 1991 l’AP segnalava, ad esempio, l’apertura del “Centro culturale-turistico sulla grande isola di Heihe”.34)“Сегодня открывается культурно-туристический центр на острове Большой Хэйхэ.” Ю. Баринов, «Едем на ярмарку!», АП, 27/02/1991. Tuttavia, di culturale in senso stretto questa struttura fieristica, atta a favorire scambi commerciali internazionali, non aveva nulla e persino l’aggettivo turistico aveva senso soltanto nella misura in cui si consideravano turisti quei russi che visitavano Heihe con fini puramente commerciali. Le agenzie turistiche che prima organizzavano viaggi ludico-ricreativi verso destinazioni interne all’URSS o verso altri paesi socialisti membri del Patto di Varsavia, adesso si riorientavano verso la vendita di pacchetti viaggio per la Cina e l’organizzazione di soggiorni per “turisti” d’affari principalmente asiatici.35)Ю. Баринов, «Туризму – массовость на остров Большой Хэйхэ», АП, 27/02/1991; Ю. Баринов, «О нашем туризме замолвите слово…», АП, 23/01/1992.
Definire questo commercio transfrontaliero, spesso povero ed inizialmente basato sul baratto, come “un’attività culturale e turistica” aveva verosimilmente la funzione di nobilitarne l’essenza. Il fatto che i due paesi socialisti più grandi del mondo, che vantavano antiche tradizioni culturali, fossero riusciti a sorpassare la loro decennale ostilità con la sola prospettiva di costituire un commercio transfrontaliero di modesta portata era probabilmente una realtà che aveva bisogno di un intervento di maquillage estetico-semantico. Ma anche un trattamento di questo tipo rischiava di non essere sufficiente… In maggio, l’AP dedicò un articolo di prima pagina alla prima fiera commerciale aperta in un vecchio spazio espositivo di Blagoveščensk. Né la descrizione del giornalista, né le istantanee del fotografo poterono nascondere che, più di una fiera commerciale, si trattava, nel migliore dei casi, di un mercatino di strada in cui i venditori barattavano oggetti di seconda mano con gruppi di “turisti” cinesi venuti in autobus dalla riva opposta del fiume. D’altronde la fiera stessa risultò organizzata da un’associazione locale la cui direttrice ammise: “Certamente siamo ancora lontani dalla fiera sulla grande isola di Heihe. Ma se si organizzasse tutto come si deve… […] allora qui sarebbe […] persino un buon centro turistico-commerciale-culturale”.36)“Конечно, до ярмарки на Большом Хэйхэ нам пока далеко. Но если организовать все, как говорится по делу…[…] Тогда будет здесь […] очень даже неплохой туристский – торгово – культурный центр.” Ю. Баринов, «Спешите! Спешите!», АП, 17/05/1991.
Verso la metà del 1992, l’AP cercò di far fronte al problema della scarsità di nozioni conoscitive concernenti il vicino cinese inaugurando la rubrica “La scoperta della Cina. Di ritorno da un lungo viaggio”.37)“Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь”. Si trattava di una serie di articoli scritti a margine di un viaggio in Cina compiuto da due membri dell’Unione degli scrittori russi e due letterati dell’Oblast’ dell’Amur. Il corrispondente dell’APera Aleksej Voronkov, uno dei letterati della spedizione utilizzò questo viaggio come un espediente per introdurre in modo più dotto i lettori e le lettrici dell’AP a una variegata gamma d’informazioni. Inizialmente, queste spaziarono da un riassunto della storia delle relazioni sino-russe (cosa che includeva una riflessione su cosa fosse andato storto in passato e su come le cose potessero finalmente andare meglio in futuro), ad una presentazione geografica, storica e culturale della Cina contemporanea.38)Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 14/07/1992. In articoli successivi però le questioni trattate si focalizzarono soprattutto su alcuni aspetti socio-culturali della vita cinese contemporanea. Voronkov tentò così di descrivere a modo suo la Cina rurale settentrionale. Essa gli parve ancora arretrata e povera, ma anche una possibile fonte d’ispirazione per i russi della regione dell’Amur. Lo sorprese ad esempio il fatto che i cinesi sapessero coltivare il riso in quelle regioni dal clima così simile a quello dell’Oblast’ dell’Amur, laddove i russi non sapevano farlo.39)Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 16/07/1992. Spostandosi verso zone più industriali, Voronkov si lasciò andare a considerazioni decisamente più ammirate:
“Ed io me ne sto qui in Cina, ad osservare come le persone si rallegrano della vita che rinasce, d’un tratto mi è sorta spontanea una semplice riflessione: alcuni [cinesi, nda] costruiscono il capitalismo ed hanno successo, altri costruiscono il socialismo […] e anche questi hanno successo. A noi non è riuscito né l’uno né l’altro… Perché? Dove cercare le radici di questo ineffabile paradosso?”40)“А я только здесь, в Китае, наблюдая за тем, как радуются возрождающейся жизни люди, вдруг осознал для себя простую вещь: одни строят капитализм – у них получается, другие строят социализм […] – у них тоже получается. У нас не получиолсь одно, не получается и другое… Почему? Где корни этого безпримерного парадокса?…”. Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 21/07/1992.
A Harbin o a Dalian, Voronkov ricordò il passato russo di queste città, cosa che gli tornò utile per proporre un’ulteriore digressione storica di ampio respiro, ma anche per interrogarsi sul ruolo della nuova Russia in relazione alle potenzialità di sviluppo della regione del Pacifico.41)Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 22/07/1992. Infine, in uno degli ultimi articoli della rubrica, Voronkov cercò di analizzare lo spirito dei cinesi partendo dall’evoluzione dell’immaginario politico della Cina degli inizi degli anni ’90, fra il rifiuto sempre meno celato del maoismo da parte delle giovani generazioni ed una certa incertezza a parlare di democrazia. Continuò descrivendo la cucina locale e le abitudini a tavola dei cinesi, per poi passare ad una descrizione estremamente tradizionalista delle loro abitudini sessuali e terminare, infine, con una valutazione sulla vita degli scrittori e sull’interesse nei confronti della letteratura in Cina da parte della popolazione.
L’analisi sfaccettata della Cina che Voronkov cercò di presentare fu insomma uno dei tentativi che la stampa locale russa mise in atto per dotare i cittadini di una comprensione meno superficiale della società cinese al fine di dare un po’ di sostanza all’idea di amicizia fra i due popoli. L’impatto di tali iniziative fu però estremamente limitato. É ipotizzabile a tal proposito che le necessità economiche di base fossero a tal punto prevaricanti nella vita quotidiana della stragrande maggioranza dei cittadini, che qualsiasi curiosità d’interesse generale o culturale nei confronti della Cina e dei cinesi passasse completamente in secondo piano.
Conclusioni
L’apertura della frontiera sino-sovietica implicò la necessità di uno sforzo di ricostruzione totale di questo spazio. Per quanto riguardava le infrastrutture, nacque da subito l’esigenza di progettare la costruzione di un ponte. Tuttavia, anche infrastrutture meno vistose ma essenziali come strade, spazi fieristici, dogane42)«На внешний рынок – через Амурассо», АП 25/12/1990. e porti fluviali43)Соб. Корр. Амурской Правды, «Джалинда – международный порт?», АП, 12/06/1991. necessitavano investimenti poiché divennero in brevissimo tempo dei luoghi di passaggio molto frequentati. Il risultato ne fu l’emergere di un evidente sentimento di sconforto e diffidenza. Gli sforzi di ristrutturazione territoriale che la frontiera richiedeva per adeguarsi al suo nuovo stato erano chiaramente al di fuori della portata delle casse regionali e nazionali. Inoltre, questo scenario desolante si scontrava con l’attitudine proattiva delle amministrazioni cinesi che investivano molte più energie e risorse nello sviluppo di questa loro periferia. Dopo decenni di propaganda che aveva dipinto l’URSS come il fratello maggiore e la Repubblica Popolare Cinese come il fratello minore del mondo socialista, l’apertura della frontiera produsse una situazione completamente inattesa per la popolazione russa dell’Oblast’ dell’Amur. In pochissimo tempo venne sviluppata una dipendenza economica profonda nei confronti del mercato cinese per ciò che concerneva sia la fornitura di prodotti essenziali sia l’offerta di una manodopera capace e poco costosa. Tutto ciò provocò il riemergere di una visione vieppiù disincantata e negativa nei confronti della Cina e dei cinesi in alcuni frangenti della popolazione.
Da un punto di vista discorsivo ed immaginario, il lavoro di ricostruzione di una narrazione consona alla nuova fase storico-politica era paradossalmente più facile e più difficile allo stesso tempo. Ad un livello superficiale si decise di diffondere in gran pompa una narrazione positiva concernente la frontiera che includeva una fantomatica amicizia popolare di derivazione atavico-naturalista. A questo scopo, il fiume Amur assunse quasi i contorni di un dio pagano capace, attraverso la potenza del solo scorrere delle sue acque, di generare un senso di connessione e benevolenza tra i due popoli. Tuttavia, gli sporadici incontri d’interscambio culturale che le amministrazioni organizzavano in occasione di eventi specifici (come ad esempio le visite di delegazioni di varia natura), non sembravano poter spingersi oltre un’amichevole messa in scena delle differenze folkloristiche fra i due popoli, senza che queste fossero in grado di creare un vero ponte culturale e comunicativo tra russi e cinesi che andasse oltre l’interesse commerciale. La necessità di far dimenticare in fretta i toni della retorica diffidente e bellicosa, che si era sviluppata a partire dai tempi della crisi sino-sovietica degli anni ’50 e che si era poi accentuata a seguito della guerra di frontiera del 1969, era certamente prioritaria da un punto di vista politico. Da un punto di vista pratico però, tali sentimenti positivi erano piuttosto difficili da adottare in un contesto socio-economico in cui, come abbiamo mostrato, la vicinanza con la Cina e i cinesi e l’apertura al loro mercato potevano facilmente suscitare rabbia, angosce, invidia e sconforto.
Adda L’apertura della frontiera sino-russa PDF
Immagine: 19 maggio 1992, dall’Amurskaja Pravda. Foto dell’autore.
Iacopo Adda è un ricercatore specializzato nella Russia orientale, con un focus sulla sua storia prerivoluzionaria e sulle sfide contemporanee. Studia inoltre le relazioni sino-russe, le dinamiche transfrontaliere e la presenza storica e attuale della Russia nello spazio transpacifico. Dal 2024 è collaboratore scientifico al Global Studies Institute dell’Università di Ginevra dove ricopre altresì incarichi di docenza su materie legate allo studio delle dinamiche storiche, geopolitiche e di sviluppo della Russia orientale, della storia della Russia e dell’Unione Sovietica, della Russia contemporanea e dei rapporti tra la Russia e i paesi asiatici. Nel settembre 2023, ha conseguito un dottorato in Studi russi presso l’Università di Ginevra con il massimo dei voti, difendendo una tesi sulle origini, gli usi e le rappresentazioni del discorso del Pericolo Giallo, analizzando il non-eccezionalismo russo nello spazio transpacifico tra la metà del XIX e l’inizio del XX secolo.
↑1 | Michel Foucher, Fronts et frontières, (Paris: Fayard, 1991), 38. |
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↑2 | Oscar J. Martinez, Border People. Life and Society in the U.S.-Mexico Borderlands, (Tucson & London: University of Arizona Press, 1994), 5-10. |
↑3 | Inter alia: Etienne Balibar, “World Borders, Political Borders.”, PMLA/Publications of the Modern Language Association of America, 117, 1, 2002, 68–78; Sandro Mezzadra e Brett Neilson, Border as Method, or, the Multiplication of Labor, (Durham & London: Duke University Press, 2013); David Newman, “Contemporary Research in Border Studies: An Overview”, in Doris Wastl-Walter (a cura di), The Routledge Research Companion to Border Studies, (Abingdon: Routledge, 2016), 33-48; James W. Scott (a cura di), A Research Agenda for Border Studies, (Cheltenham: Edward Elgar Publishing Limited, 2020). |
↑4 | Inter alia: Виктор Дятлов (Под. ред.), Мост через Амур. Внешние миграции и мигранты в Сибири и на Дальнем Востоке, (Москва и Иркутск: Наталис, 2004); Антон Киреев, “Диаспоризация Китайских Мигрантов На Территории Российского Дальнего Востока”, Известия Восточного института, 2, 2011, 80-90; Виктор Дятлов и Константин Григоричев, “Сибирь: Динамика Этнизации Городского Пространства Переселенческого Общества”, Известия Иркуткого Государственного Университета, серия: Политология. Религиоведение, 2014, 8-19. |
↑5 | Inter alia: Viktor Larin, “’Yellow Peril” Again? The Chinese and the Russian Far East”, in Stephen Kotkin e David Wolff (a cura di), Rediscovering Russia in Asia: Siberia and the Russian Far East, (Armonk and London: M. E. Sharpe, 1995) 290-301; Elena Diatlova e Victor Diatlov, “‘Demographic Expansion’ – Russian–Chinese Marriages in Migration Mythology”, Журнал Сибирского федерального университета. Гуманитарные науки, 10, 11, 2017, pp. 1654-1663. |
↑6 | Sören Urbansky, Beyond the Steppe Frontier. A History of the Sino-Russian Border, (Princeton & Oxford: Princeton University Press, 2020); Philip Snow, China and Russia: Four Centuries of Conflict and Concord, (New Haven and London: Yale University Press, 2023). |
↑7 | Iacopo Adda, Origines, usages et représentations du discours du « péril jaune ». Le non exceptionnalisme russe dans l’espace transpacifique (mi-XIXe – début XXe siècles), (Genève : Archive ouverte UNIGE, Doctoral Thesis, 2023) [https://archive-ouverte.unige.ch/unige:173989]. |
↑8 | Inter alia: Franck Billé, Grégory Delaplace e Caroline Humphrey, (a cura di). Frontier Encounters. Knowledge and Practice at the Russian, Chinese and Mongolian Border, (Cambridge: Open Book Publishers, 2012); Frank Billé, “Surface modernities: open-air markets, containment and verticality in two border towns of Russia and China”, Экономическая социология, 15, 2, 2014, pp. 154-172; Franck Billé e Caroline Humphrey, On The Edge: Life Along the Russia-China Border, (Cambridge: Harvard University Press 2021). |
↑9 | Ed Pulford, Mirrorlands. Russia, China, and Journeys in between, (London: Hurst & Co, 2019). |
↑10 | Iacopo Adda, “Sino-Russian Relations through the Lens of Russian Border History Museums: the Nerchinsk Treaty and its Problematic Representation”, Eurasian Geography and Economics, 62, 5-6, 2021; Iacopo Adda e Yuexin Rachel Lin, “Geopolitics in Glass Cases: Nationalist Narratives on Sino-Russian Relations in Chinese Border Museums”, Europe-Asia Studies, 74, 6, 2022. |
↑11 | Aldo Ferrari, La foresta e la steppa. Il mito dell’Eurasia nella cultura russa, (Milano – Udine: Mimesis Ed., ristampa 2013). |
↑12 | Confine “co-esistente” secondo le categorie di Oscar J. Martinez, Border People, 1994, Op. Cit. |
↑13 | Corpus selezionato e raccolto tra febbraio e marzo 2019 nella Biblioteca scientifica della regione dell’Amur a Blagoveščensk, grazie al sostegno del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica. |
↑14 | “100 лет ‘Амурской правды’ в цифрах, фактах и цитатах. Старейшее издание области вспоминает свою историю от первого дня до современности”, АП, sito ufficiale, 24/02/2018, [https://ampravda.ru/2018/02/22/80344.html]. |
↑15 | «Амурская область – КНР: грани сотрудничество» |
↑16 | Н. Семашко, «Где быть мосту через Амур?», АП, 23/11/1990. |
↑17 | “Да кто только такое придумал? В городе масло по талонам, самим молоко не хватает!” Г. Коробенников, «Контракт – выгодный!», АП, 04/07/1990. |
↑18 | “Мы ведь тоже патриоты города” Ibid. |
↑19 | В. Матвеев, «Ещё раз о поставках ‘молока’ в Хэйхэ, АП, 22/08/1990. |
↑20 | “Это волнует многих” |
↑21 | А. Бучий, «Молоко – за границу», АП, 19/07/1991. |
↑22 | Ibid. |
↑23 | “продавать лучше всего излишки. Почему, однако, торгуем? От нашей бедности… Не годами, а десятилетиями центральная и местная печать, радио и телевидение буквально ‘вопили’ о проблемах производства товаров народного потребления. Решить мы ее так и не смогли.” Л. Давидов, «От нашей бедности», АП, 28/03/1991. |
↑24 | “В зеркале сегодняшнего дня” Л. Давидов, «Товар из-за границы», АП, 27/02/1991. |
↑25 | “Невольно посматриваешь на правый берег Амура: китайцам выгодно и есть что продать; нам, при всех трудностях, – можно что-то предложить взамен”, Ibid. |
↑26 | С. Серебрянский, «Наше пиво… из Китая», АП, 12/06/1991. |
↑27 | В. Гостванский, «Амур – река пограничная, она не только разделает, но и сближает народы», Амурская Прав АП да, 21/03/1991. |
↑28 | “Думаем ли мы о своем будущем?” Ibid. |
↑29 | Как неиссякаема наша река – так должна быть неиссякаема и дружба между народами, ее населяющими…” Г. Шестакова, «Родники Дружбы», АП, 15/08/1990. |
↑30 | “победила дружба”. Ibid. |
↑31 | А. Мишунин, «Русская ‘Калинка’ – в китайской глубине», АП, 02/10/1991. |
↑32 | Osservazione compiuta dall’autore in agosto 2019 durante un viaggio di ricerca in varie città cinesi di frontiera. |
↑33 | Н. Маслова, «Пообедать по-китайский», АП, 15/08/1990. |
↑34 | “Сегодня открывается культурно-туристический центр на острове Большой Хэйхэ.” Ю. Баринов, «Едем на ярмарку!», АП, 27/02/1991. |
↑35 | Ю. Баринов, «Туризму – массовость на остров Большой Хэйхэ», АП, 27/02/1991; Ю. Баринов, «О нашем туризме замолвите слово…», АП, 23/01/1992. |
↑36 | “Конечно, до ярмарки на Большом Хэйхэ нам пока далеко. Но если организовать все, как говорится по делу…[…] Тогда будет здесь […] очень даже неплохой туристский – торгово – культурный центр.” Ю. Баринов, «Спешите! Спешите!», АП, 17/05/1991. |
↑37 | “Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь”. |
↑38 | Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 14/07/1992. |
↑39 | Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 16/07/1992. |
↑40 | “А я только здесь, в Китае, наблюдая за тем, как радуются возрождающейся жизни люди, вдруг осознал для себя простую вещь: одни строят капитализм – у них получается, другие строят социализм […] – у них тоже получается. У нас не получиолсь одно, не получается и другое… Почему? Где корни этого безпримерного парадокса?…”. Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 21/07/1992. |
↑41 | Алексей Воронков, «Открытие Китая. Из дальних странствий возратясь», АП, 22/07/1992. |
↑42 | «На внешний рынок – через Амурассо», АП 25/12/1990. |
↑43 | Соб. Корр. Амурской Правды, «Джалинда – международный порт?», АП, 12/06/1991. |