Un filo unisce i due racconti di Shi Yifeng (1979-) che compongono la raccolta Gli occhi della terra, tradotti da Martina Codeluppi per Orientalia (2023): le diseguaglianze sociali e la mancanza di valori morali nella Cina contemporanea. Grazie al suo spiccato senso della Storia, l’autore descrive la corsa sfrenata e la lotta amorale a cui la nuova economia capitalista costringe la gioventù cinese, affamata di raggiungere il più velocemente possibile ciò che si ritiene uno stile di vita ideale, fatto di ostentazione della ricchezza e riconoscimento sociale. L’intera società intraprende questa ricerca spasmodica dell’arricchimento individuale, incurante degli effetti che questa ha su di sé e sugli altri.

Particolarmente apprezzati dalla critica per il realismo pungente e l’acume con cui l’autore ritrae i suoi personaggi, i due racconti “Gli occhi della terra”, che dà il nome alla raccolta, e “Chen Jinfang non è più a questo mondo” sono comparsi per la prima volta sulla rivista Ottobre (Shiyue 十月), rispettivamente nel 2015 e nel 2014. Entrambi sono valsi all’autore la partecipazione a importanti premi letterari nazionali: con il primo, si è aggiudicato il Premio Baihua e con il secondo ha vinto nel 2018 la settima edizione del Premio Lu Xun per i racconti.

In “Gli occhi della terra”, l’autore dipinge la società pechinese attraverso tre personaggi e il loro rapporto nato tra il dormitorio e i bagni dell’università. Li Muguang è il figlio narcolettico del dirigente di un’impresa statale, non si è mai guadagnato nulla, tanto meno all’università, ma grazie alle ingenti donazioni elargite dal padre e alla tesina confezionata dai compagni di corso su commissione riesce ad andare a studiare e a stabilirsi negli Stati Uniti. An Xiaonan, al contrario, orfano di padre e con la madre che si intossica e si spacca la schiena come addetta al lavaggio degli intestini in una ditta specializzata nella lavorazione delle carni, è un brillante studente di elettronica con “mezza Silicon Valley nel cervello”, uno dei più talentuosi di tutto il dipartimento. L’elettronica però non è abbastanza per risolvere il grande dilemma che lo affligge: come fermare il declino morale del popolo cinese? Mentre cerca le sue risposte, An Xiaonan si imbatte in Zhuang Boyi, uno studente di storia e rappresentante della classe media pechinese, nonché l’io narrante del racconto. Dopo l’università, i tre si rincontreranno, ormai adulti e alle prese con la vita lavorativa; mentre uno si dimostra privo di valori etici, l’altro rimane saldo alle proprie convinzioni e non è disposto a scendere a compromessi, tuttavia, accetta di gestire sistemi di controllo a distanza, lavoro che gli permette di avere un occhio in ogni angolo della terra. A fare da mediatore tra i due ci sarà Zhuang Boyi, che in virtù della sua professione di documentarista si veste del compito di osservare e descrivere la realtà sociale intorno a lui, esattamente come vuole raccontarla lo stesso autore.

In “Chen Jinfang non è più a questo mondo” un trentenne svogliato, mediocre e mantenuto dalla moglie narra i suoi incontri con Chen Jinfang, una compagna di classe dei tempi della scuola media. Chen Jinfang è apparentemente una ricca trentenne di successo: il trucco pesante, gli orecchini scintillanti, il foulard e la borsetta di marchi di lusso stranieri. Oltre l’aspetto estetico curato e appariscente, sfoggia un atteggiamento da donna vissuta e sicura di sé, “da portavoce del Ministero degli Esteri”. Chen Jinfang però non è sempre stata così. Al centro dell’osservazione e dell’indagine della voce narrante c’è il cambiamento della ragazza che da bambina cresciuta nella miseria di una famiglia migrante non si è abbandonata all’autocommiserazione, ma si è mostrata orgogliosa, testarda e determinata a raggiungere il successo a tutti i costi. In questa corsa all’arricchimento, tanto agognato quanto fittizio, la trentenne diventa sia vittima sia carnefice della società. È lei stessa un’illusione, il risultato di una filosofia del successo che porta alla deformazione individuale in una società che spinge le persone al punto più basso della propria esistenza soltanto perché, come lei, desiderano “vivere una vita decente”.

I due racconti ci offrono altri spunti di riflessione su questioni delle nostre società attuali: la globalizzazione e i suoi effetti, il rapporto tra tecnologia e controllo, nonché la reale natura delle relazioni umane. Mentre in “Chen Jinfang non è più a questo mondo” Shi Yifeng mostra coloro che sono considerati dalla critica “i perdenti della società”, personaggi indispensabili in letteratura che in virtù della loro condizione hanno le potenzialità di trasformarsi in eroi e far riflettere i lettori, in “Gli occhi della terra” sembrerebbe essere presente una maggiore fiducia dell’autore nei rapporti umani. Il declino morale del popolo e le disuguaglianze socioeconomiche, infatti, diventano un chiaro oggetto di preoccupazione e di discussione tra alcuni personaggi con una certa sensibilità, al contrario dei circoli accademici e intellettuali che invece mantengono un atteggiamento distaccato.

Un altro protagonista di questi racconti è la città di Pechino che non rimane sullo sfondo, anzi; i suoi quartieri, le sue vie e i suoi locali sono parte integrante della narrazione e restituiscono l’immagine della città viva, dinamica e globalizzata che apparentemente offre opportunità a chiunque.

Con i suoi studi di letteratura all’Università di Pechino e l’esperienza di redattore in celebri riviste letterarie, Shi Yifeng si è affermato come uno scrittore promettente e incisivo nella scena letteraria cinese degli ultimi anni. Nelle sue opere registra i cambiamenti della società contemporanea, i problemi e le contraddizioni, conservando il punto di vista delle persone comuni e raccontando i loro sogni che si infrangono contro la realtà. Nel processo, soltanto i rapporti veri e sinceri che ci legano l’un l’altro possono rappresentare un barlume di speranza. L’autore e le sue voci narranti vogliono ritrarre il senso di smarrimento di quella generazione di giovani nati negli anni Ottanta che vivono la Pechino del primo decennio del XXI secolo, insomma coloro che, per usare le parole di Shi Yifeng, hanno potuto “ingrassare” di pari passo con le riforme economiche. È proprio la vivida rappresentazione della gioventù cinese a cavallo tra epoche diverse e appartenente a strati sociali differenti ad aver spinto la critica cinese ad associare la penna di Shi Yifeng a quella di due famosi scrittori pechinesi del passato più o meno recente. A detta della critica, infatti, l’autore possiede la stessa abilità di Wang Shuo (1958-) di intrecciare questioni serie con dialoghi e aneddoti divertenti e umoristici, alternando con disinvoltura registri diversi e mantenendo una scrittura coinvolgente, variazioni che la traduttrice consegna abilmente e con naturalezza al lettore italiano. Inoltre, lo stesso Shi Yifeng riconosce di ispirarsi alla penna di Lao She (1899 – 1966), uno dei più importanti scrittori e intellettuali del Novecento cinese che diede voce al popolo della capitale negli anni Trenta. Se Lao She descrisse la difficile realtà urbana della prima metà del secolo scorso, l’autore di questi racconti aggiunge un ulteriore tassello con la rappresentazione della recente storia di Pechino, proponendoci l’affannosa quotidianità, fatta tanto di successi immediati quanto di cadute repentine, della gioventù cinese del nuovo millennio.

Immagine: particolare della copertina del libro.

Gloria Cella è dottoranda presso il dipartimento ISO della Sapienza Università di Roma dove sta conducendo una ricerca sulla letteratura fantasy cinese contemporanea e i suoi canali di creazione e circolazione. È membro dell’Officina di Traduzione Permanente (OTP) dell’Università di Milano-Bicocca.