Introduzione1)Proponiamo in questo articolo la traduzione della sezione “Reviving Confucianism at the Grassroots Level” del saggio di Sébastien Billioud, “Confucianism in Chinese Society in the First Two Decades of the 21st Century”, in Kiri Paramore (a cura di), The Cambridge History of Confucianism (Cambridge: Cambridge University Press, in corso di stampa). Permesso concesso dal Permissions Sales Team della Cambridge University Press, cui va il nostro sentito ringraziamento.
Dopo la caduta dell’impero e nel corso del ventesimo secolo, le narrazioni più diffuse sulla modernizzazione tendevano a considerare il confucianesimo come un’ideologia del passato con poca, se non nessuna, rilevanza per i tempi moderni. In Cina, come nella maggior parte del mondo, l’articolazione tra le diverse dimensioni del tempo (passato, presente, futuro) si è progressivamente evoluta, segnata sempre più dal primato del futuro, dalla fede nel progresso e dalla storia teleologica:2)François Hartog, Croire en l’histoire (Paris: Flammarion, 2016). è come se il futuro stesse illuminando retrospettivamente il presente, indicando così la strada. In questo contesto, la tradizione confuciana, così strettamente associata al passato della Cina, sembrava essere destinata a essere relegata nei musei, se non gettata nella pattumiera della storia. Pertanto, per molti è stata una sorpresa quando le evidenze di un revival del confucianesimo nella società cinese hanno iniziato a emergere copiosamente negli anni 2000, alimentando una varietà di speculazione sul ruolo che questa tradizione avrebbe potuto nuovamente svolgere in Cina. Oggi abbiamo due decenni di esperienza alle spalle, sono stati condotti numerosi studi ed è dunque possibile guardare indietro a questo lasso di tempo in retrospettiva.
Con l’inizio del nuovo secolo, i riferimenti alla tradizione confuciana hanno gradualmente iniziato ad acquisire visibilità nella società cinese. Non faccio riferimento qui al confucianesimo inteso come corrente di pensiero o alla “filosofia” confuciana di ambienti accademici dove gli “studi nazionali” (guoxue 國學) erano già fioriti nel decennio precedente, ma al confucianesimo “tra il popolo” (minjian 民間).
Quando si parla di “confucianesimo”, occorre innanzitutto essere chiari: non si tratta di un complesso di pensiero e di pratiche ben articolato e pienamente condiviso, ma di un coacervo di riferimenti sparsi di cui le persone si sono appropriate individuandovi risorse di valore sufficiente a rispondere a una serie di bisogni, aspirazioni e sogni. In altre parole, ciò di cui si discute è un processo di produzione culturale – la produzione di nuovi moti di immaginazione sociale – avviato da persone che scelgono elementi e simboli associati a un patrimonio prestigioso, ridistribuendoli e reinventandoli per l’epoca attuale. È sorprendente notare che queste persone, siano esse partecipanti occasionali o attivisti impegnati, si possono incontrare in tutti i contesti sociali: la ricerca etnografica menziona lavoratori comuni, tecnici, contadini, imprenditori, uomini d’affari, insegnanti, studiosi, dirigenti, funzionari governativi, impiegati, artigiani, ecc., con ogni livello di istruzione, compresi alcuni autodidatti.
Le attività svolte nel nome di Confucio o della tradizione ru 儒 (cioè confuciana) sono molteplici. Tra le più evidenti ci sono quelle in qualche modo legate all’educazione, intesa in un senso molto ampio, che include l’acquisizione di conoscenze, la formazione del bambino (ideale) attraverso la lettura di classici e talvolta un’istruzione alternativa, la coltivazione e la trasformazione di sé o la promozione di standard morali in tutti i tipi di contesti (aziende, pubblica amministrazione, ONG, ecc.). Le attività confuciane di base si concretizzano anche in riti e cerimonie ripristinati e reinventati, a volte rivendicando una forma di religiosità e altre rifiutando categoricamente tale etichetta: riti di passaggio (il rituale del conferimento del berretto da adulto, matrimoni, funerali), cerimonie in onore di antichi maestri (ad esempio Confucio, Mencio, Zhu Xi 朱熹, Wang Yangming 王陽明, ecc.) e il culto degli antenati. Tali riti e cerimonie sono accompagnati anche dalla riappropriazione di antiche pratiche e usanze, come la meditazione silenziosa (una forma di coltivazione), il tiro con l’arco, la musica tradizionale, l’abbigliamento Han e così via, che non sono strettamente “confuciane” ma fanno parte della “tradizione” sognata da molti “tra il popolo”. Altri tipi di attività svolte dagli attivisti confuciani includono una vasta gamma di opere filantropiche, tra cui la creazione di reti di biblioteche in aree colpite dalla povertà, l’istruzione, la riabilitazione dei detenuti nel sistema carcerario e la cura degli anziani.
È interessante notare che questo revival del confucianesimo nella società si concretizza anche nell’appropriazione e nel ripristino di ogni genere di istituzione. Così, i templi di Confucio, anche noti come “templi delle lettere”, che erano stati abbandonati, stanno riacquistando le loro funzioni rituali. Allo stesso modo, le accademie confuciane e le scuole tradizionali vengono riaperte e destinate a nuovi scopi. Ma il “revival” avviene anche in altri ambienti, dallo stadio alle aziende e alle strutture ufficiali, e, naturalmente, ai mass media e l’Internet.3)Vedi Fabrice Dulery, “Confucian Revival and the Media: the CCTV ‘Lecture Room’”, in Sébastien Billioud (a cura di), The Varieties of Confucian Experience, Documenting a Grassroots Revival of Tradition (Boston and Leiden: Brill, 2018), 302-330.
Resoconti etnografici dettagliati di questi fenomeni sono stati ampiamente pubblicati altrove e qui mi limiterò a sottolineare tre punti interconnessi che sono particolarmente significativi: la temporalità del revival del confucianesimo, il suo legame con quella che è stata definita “l’individualizzazione della società cinese” e – paradossalmente, considerando questa individualizzazione – la sua dimensione collettiva.
1. La temporalità del revival del confucianesimo
Come è possibile spiegare questa ricomparsa di elementi confuciani a livello di base nella società cinese all’inizio del nuovo secolo? E come mai la si è potuta osservare in modo così diffuso su tutto il territorio nazionale, nonché tra classi sociali estremamente diverse? È lecito chiedersi se ciò sia legato alla politica, ma non ci sono prove che questo revival sia stato progettato dai vertici, anche se la tolleranza delle autorità, insieme a un atteggiamento sempre più aperto verso la “cultura tradizionale”, lo hanno senz’altro favorito. Un’altra domanda ovvia è se questo risveglio sia stato avviato e strutturato da qualche gruppo od organizzazione. Anche se alcuni gruppi hanno svolto – e di fatto continuano a svolgere sempre più – un ruolo centrale in questo contesto, all’inizio non si è osservata nessuna strutturazione concreta e il revival non è partito come un movimento organizzato: piuttosto è consistito in un mosaico di iniziative indipendenti che si sono svolte all’interno di un contesto storico e temporale specifico. È proprio questo contesto che dobbiamo ora introdurre.
Nel ventesimo secolo la Cina ha intrapreso quello che lo storico francese François Hartog ha descritto come un “moderno regime di storicità”. Un “regime di storicità” si riferisce alle articolazioni della dimensione temporale (passato, presente, futuro) mentre “regime moderno”, che in Europa potrebbe essere ricondotto approssimativamente alla Rivoluzione francese, indica un tipo di relazione con il tempo dove non è più il passato a offrire modelli per pensare e agire nel presente (come avveniva in precedenza, quando la storia era intesa come “maestra di vita” – historia magistra vitae) ma dove è il futuro a illuminare retrospettivamente il presente.4)François Hartog, Régimes d’historicité. Présentisme et expériences du temps (Paris: Le Seuil, 2003). Nelle parole di Koselleck, lo “spazio dell’esperienza” (cioè il modo in cui il passato “abita il presente”, il modo in cui strati misti del passato sono presenti nella memoria delle persone) e “l’orizzonte dell’aspettativa” (cioè il modo in cui la percezione del futuro impatta sul presente) tendono a essere dissociati: c’è una distanza crescente tra le esperienze fornite dal passato (ritenute sempre più irrilevanti) e le brillanti promesse del futuro.5)Reinhart Koselleck, Vergangene Zukunft, Zur Semantik geschichtlicher Zeiten (Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1989), 349-375.
In Cina, il moderno regime di storicità è stato avvertito per tutto il ventesimo secolo e il suo apice è stato probabilmente raggiunto durante l’era maoista, quando i legami con il passato furono ridotti al minimo. Contrariamente all’Europa, la Cina probabilmente rimane ancora, almeno in una certa misura, in questo moderno regime di storicità,6)In Régimes d’historicité, François Hartog sottolinea il progressivo emergere nell’Europa occidentale di un nuovo regime di storicità (“presentismo”) caratterizzato dalla prevalenza del presente. Alla fine del suo ultimo libro, Chronos, si interroga sull’impatto della questione dell’antropocene sul presentismo e amplia così le sue riflessioni sull’attuale regime della storicità. François Hartog, Chronos, L’Occident aux prises avec le temps (Paris: Gallimard, 2020). Il distacco rispetto al regime di storicità attualmente in Cina sembra sempre più palese. ma le cose sono comunque cambiate anche là e siamo probabilmente entrati in una di quelle “brecce nel tempo” (Hartog prende in prestito l’espressione da Hannah Arendt) dove l’interazione tra le dimensioni del tempo si evolve. In breve, in un periodo di circa 40 anni, strati del passato hanno subito un processo di riappropriazione graduale in tutti gli strati della società. La febbre per gli studi nazionali (guoxue), la popolarizzazione della storia (film, libri, talk show, turismo, ecc.), le nuove dinamiche di alcuni antichi gruppi religiosi, la rivitalizzazione dei lignaggi (ricostruzione di sale ancestrali, compilazioni di genealogie) o la crescente importanza attribuita al patrimonio (materiale o immateriale) sono solo alcuni esempi, tra i tanti, di un nuovo rapporto con il passato che è più di una pura espressione di nostalgia: il passato diventa sempre più una risorsa per relazionarsi con il futuro.
Naturalmente, anche il revival del confucianesimo a livello di base partecipa a questa tendenza più ampia, il che spiega in gran parte il fatto che tutte le iniziative spontanee che rivendicano un legame con il confucianesimo siano potute avvenire più o meno nello stesso lasso di tempo, senza essere state coordinate o strutturate. Detto questo, il processo di riattivazione di elementi del passato e produzione di memorie comporta una serie di dimensioni differenti spesso intrecciate. Così, la mercificazione e l’uso strumentale del passato coesistono con ogni sorta di aspirazione per sé stessi, per i propri figli, per la comunità o per il Paese.
Nonostante l’importanza cruciale del contesto temporale, comprendere il revival del confucianesimo richiede più del semplice sottolineare che, in qualche modo, “i tempi erano maturi”. È necessario almeno collegare questa temporalità ad altre tendenze importanti in atto nella società cinese contemporanea.
2. Il revival del confucianesimo e “l’individualizzazione della società cinese”
Una di queste tendenze è “l’individualizzazione della società cinese”. “L’individualizzazione” è un quadro analitico applicato alla Cina da scienziati sociali come Yan Yunxiang che sottolinea l’affermazione delle proprie scelte di vita e della soggettività da parte delle persone durante il periodo dell’apertura e riforme.7)Yan Yunxiang, The Individualization of Chinese Society (Oxford and New York: Berg, 2009). Wang Canglong utilizza la tesi dell’individualizzazione per analizzare il revival del confucianesimo nel campo dell’educazione. Vedi per esempio, Wang Canglong, The Making of the Confucian Individual: Morality, Subjectification and Classical Schooling in China (PhD diss, The University of Edinburgh, 2018); Wang Canglong, Parents as Critical Individuals: Revival of Confucian Education from the Perspective of Individualisation (forthcoming). Ovviamente, avendo sperimentato la morsa totalitaria maoista, la società cinese degli anni ’80 era più attratta dai valori e dagli stili di vita occidentali, e dalle relative promesse di benessere, che da un confucianesimo ancora associato da molti a un passato polveroso e, non diversamente dal maoismo, all’immagine all’epoca negativa di un “collettivo” opprimente. I cambiamenti nella percezione avrebbero impiegato effettivamente due decenni prima che la “cultura tradizionale” in generale e il confucianesimo in particolare potessero diventare il focus di una nuova immaginazione popolare e, quindi, un veicolo di soggettivazione. Ma questo è ciò che alla fine ha cominciato ad accadere all’inizio del nuovo secolo in svariati ambiti.
Nel campo dell’istruzione, cominciò a svilupparsi un movimento di “bambini che leggono i classici” (shao’er dujing 少儿读经), che ha coinvolto milioni di persone (bambini e genitori) in tutto il Paese. In misura molto più modesta, ma non per questo meno interessante, si è concretizzato anche nell’apertura di migliaia di “scuole tradizionali” (sishu 私塾, che talvolta si fregiano della prestigiosa etichetta di “accademie”, shuyuan 書院) che, in un quadro giuridicamente “grigio”, propongono un’ampia gamma di progetti educativi basati principalmente sui classici confuciani. Le interviste con gli insegnanti impiegati in queste scuole mostrano una serie di caratteristiche ricorrenti: una certa insoddisfazione per il proprio percorso professionale precedente (di solito in un’azienda) spesso considerato “privo di significato”, una riflessione sulle proprie aspirazioni profonde e la consapevolezza che “l’istruzione” e la “cultura tradizionale” potrebbero offrire i mezzi per realizzarle e, infine, la decisione di cambiare radicalmente la propria vita. Quanto ai genitori che iscrivono i figli in questi istituti, sono generalmente estremamente critici nei confronti del sistema pubblico e di una concezione dell’istruzione che considerano esclusivamente strumentale. Il loro sogno di formare un “bambino ideale” o semplicemente di offrire ai propri figli un tipo di istruzione soddisfacente e più equilibrata li spinge a prendere la coraggiosa decisione di abbandonare il sistema dell’obbligo.8)Silvia Elizondo, “C’est pour ton bien!” Etude sur les expérimentations éducatives se réclamant d’un traditionalisme culturel en Chine contemporaine (PhD diss., Université de Paris, 2021). Le decisioni dei genitori non sono sempre definitive e alcuni bambini ritornano al sistema educativo dell’obbligo dopo periodi trascorsi nelle scuole tradizionali. Vedi Wang Canglong, Parents as Critical Individuals.
Oltre a questi esperimenti nel campo dell’educazione, la gente comune può rivolgersi ai testi classici confuciani anche perché forniscono l’accesso a una “cultura elevata” che, per molto tempo, era stata loro preclusa. Tra le storie più commoventi che ho raccolto nel corso del lavoro sul campo ci sono quelle di lavoratori comuni che trascorrevano giornate di duro lavoro nelle fabbriche, per dedicarsi di notte a decifrare i testi confuciani in lingua classica, trovando in quelle letture – stando a quanto mi hanno raccontato – preziose risorse per la loro vita. Queste testimonianze non sono isolate e sono importanti poiché svelano aspirazioni radicate e processi di affermazione di sé, a livello di base, in gran parte scollegati dalla sfera ufficiale (guanfang 官方).
Queste persone erano spesso delle donne. È degno di nota il fatto che il ruolo delle donne sia molto significativo nella rinascita confuciana,9)Vedi Anna Sun, Confucianism as a World Religion: Contested Histories and Contemporary Realities (Princeton: Princeton University Press, 2013), 137-152. Per esempi di donne con un ruolo di leadership nelle imprese confuciane, si veda anche Sébastien Billioud e Joël Thoraval, The Sage and the People, The Confucian Revival in China (New York: Oxford University Press, 2015). un aspetto che potrebbe apparire sorprendente o addirittura controintuitivo, data la comune associazione tra il confucianesimo e la società patriarcale, ma che tuttavia rispecchia le recenti ricerche che evidenziano il ruolo centrale delle donne nello sviluppo dell’attuale panorama religioso cinese. Le donne che si identificano come confuciane assumono ruoli attivi nella creazione di società rituali, nella promozione di piattaforme e attività confuciane jiaohua 教化 (educazione-trasformazione),10)Con jiaohua si indicano pratiche educative di ispirazione confuciana che mirano a formare e “trasformare” l’individuo sul piano etico oltre che della mera conoscenza nozionistica. Vedi Sébastien Billioud e Thoraval, The Sage and the people, 31. Ndt. nell’apertura di scuole e così via. Nella Cina di oggi, il confucianesimo costituisce talvolta un mezzo per consentire alle donne moderne, emancipate e di successo, di affermarsi e dimostrare la propria leadership.
3. La dimensione collettiva del revival del confucianesimo
Il fatto che “l’individualizzazione della società cinese” sia iniziata in un contesto di liberazione dal peso della dimensione collettiva (pervasiva nella Cina maoista) non significa certo che non possa essere raggiunta attraverso progetti collettivi. Anzi è proprio il contrario. Anche se la tendenza generale verso l’individualizzazione, in Cina come in molte altre società moderne, si traduce in un aumento e probabilmente in una prevalenza di una “ideologia individualistica”, cioè un’ideologia che valorizza l’individuo come agente autonomo e indipendente trascurando la totalità sociale, la realizzazione di sé può anche assumere forme collettive.
In qualche misura, la sfaccettata espansione religiosa attualmente in corso in Cina, l’attrattiva del volontariato nelle ONG o il revival del confucianesimo riflettono tutte aspirazioni profondamente radicate per forme di impegno sociale che vanno oltre i confini del sé. In altre parole, il risveglio confuciano va inteso qui come una sorta di controcorrente rispetto al mainstream individualistico della società. Ciò diviene particolarmente evidente quando si intervistano attivisti che lanciano progetti molto concreti. In ambito educativo, l’ambizione di contribuire a una trasformazione della società è un tema ricorrente nei discorsi, talvolta utopici, dei fondatori delle scuole tradizionali. Questo può essere notato anche nei circoli degli imprenditori confuciani, emersi un po’ ovunque negli ultimi due decenni. Migliaia di aziende in tutto il Paese sono oggi guidate da persone che rivendicano un’identità di “commerciante confuciano” (rushang 儒商) e diffondono gli insegnamenti confuciani (ad esempio, la lettura di testi e l’esecuzione di riti) nelle loro sedi, talvolta trasformando queste ultime in vere e proprie piattaforme jiaohua (educazione-trasformazione). Spesso sottolineano di avere il “senso di una missione da compiere” (shiminggan 使命感), una responsabilità nei confronti della società in generale e dei propri dipendenti in particolare. La dimensione collettiva di queste imprese si percepisce anche quando si analizza la formazione di questi imprenditori, molti dei quali si sono precedentemente iscritti a “corsi di studi nazionali” (guoxueban 國學班) dove hanno potuto sviluppare legami duraturi con i loro pari ed entrare a far parte di reti di relazioni che regolarmente mettono in scena, ad esempio durante grandi forum che radunano centinaia di imprenditori, con le loro visioni del mondo e le loro identità condivise.
Ma non è necessario che tutte queste imprese collettive siano alimentate principalmente da un chiaro senso di missione o dovere. La gioia di stare insieme e di esaltare simbolicamente valori comuni o, quantomeno, di dare espressioni rituali concrete a un immaginario confuciano condiviso, per quanto vago possa essere, è evidente nelle piccole comunità rituali di “credenti”.11)Possono identificarsi come credenti (xintu 信徒). Celebrando cerimonie negli antichi templi per rendere omaggio ai maestri dell’antichità (Confucio, Mencio, ecc.), persone di ogni estrazione reinventano insieme riti che, a differenza di quelli taoisti, non sono potuti essere trasmessi nella Cina contemporanea da lignaggi spirituali di specialisti religiosi. Assistendo a queste cerimonie, l’etnografo può osservare persone comuni vestite con abiti classici (hanfu 漢服) ma ancora fortemente condizionate dal loro habitus corporeo moderno, che discutono e negoziano tra loro i gesti rituali appropriati durante l’esecuzione di un culto, insegnandosi goffamente l’un l’altro come procedere finché, all’improvviso, la goffaggine e le esitazioni lasciano spazio alla fluidità, i corpi si uniscono ritualmente e prevale il rispetto (jing 敬). Durante queste sequenze, non ci sono dubbi sul fatto che il mondo vissuto e il mondo immaginato (o sognato) diventino, per e tra i partecipanti, la stessa cosa.12)Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures (New York: Basic books, 2000). In altre parole, il rituale funziona; lega le persone e contribuisce alla produzione di comunità di studenti e maestri rituali che vivono talvolta in province diverse ma sono sempre collegate attraverso l’Internet. I più coinvolti di questi nuovi specialisti dei rituali circolano in tutto il Paese, diffondendo le conoscenze appena acquisite, promuovendo ogni sorta di rito (ad esempio, il rituale del conferimento del berretto da adulto o matrimoni rivisitati per l’era moderna) e attirando nuovi partecipanti. Un intero processo di reinvenzione e produzione rituale è in corso, e lo è già da un po’ di tempo.13)Ho già sviluppato queste idee e offerto descrizioni precise di riti popolari e ufficiali in altri miei studi. Si veda ad esempio Billioud e Thoraval, The Sage and the people, 174-237. Alex Payette menziona l’esistenza di network di rituali alquanto strutturati. Alex Payette, “Local Confucian Revival in China: Ritual Teachings, Confucian Learning and Cultural Resistance in Shandong”, China Reports, 52, 1, 2016, 1-18.
(Tradotto dall’inglese da Chiara Gaggioli)
Billioud, Il revival del confucianesimo PDF
Immagine: Reinvenzione di rituali confuciani nella Cina di oggi, Shandong (foto dell’autore)
Sébastien Billioud è professore di studi cinesi presso l’Università Paris Cité. La sua ricerca è incentrata sui destini moderni e contemporanei del confucianesimo e sui nuovi movimenti religiosi in Cina. Ha scritto diversi libri e articoli sulle religioni cinesi, la storia cinese, il confucianesimo e il movimento Yiguandao, tra cui i volumi Le Sage et le peuple (con Joël Thoraval, CNRS Editions, 2014; traduzione inglese: The Sage and the People, The Confucian Revival in China, New York: Oxford University Press, 2015), The Varieties of Confucian Experience (Brill, 2018) e Reclaiming the Wilderness, Contemporary Dynamics of the Yiguandao (Oxford University Press, 2020)
↑1 | Proponiamo in questo articolo la traduzione della sezione “Reviving Confucianism at the Grassroots Level” del saggio di Sébastien Billioud, “Confucianism in Chinese Society in the First Two Decades of the 21st Century”, in Kiri Paramore (a cura di), The Cambridge History of Confucianism (Cambridge: Cambridge University Press, in corso di stampa). Permesso concesso dal Permissions Sales Team della Cambridge University Press, cui va il nostro sentito ringraziamento. |
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↑2 | François Hartog, Croire en l’histoire (Paris: Flammarion, 2016). |
↑3 | Vedi Fabrice Dulery, “Confucian Revival and the Media: the CCTV ‘Lecture Room’”, in Sébastien Billioud (a cura di), The Varieties of Confucian Experience, Documenting a Grassroots Revival of Tradition (Boston and Leiden: Brill, 2018), 302-330. |
↑4 | François Hartog, Régimes d’historicité. Présentisme et expériences du temps (Paris: Le Seuil, 2003). |
↑5 | Reinhart Koselleck, Vergangene Zukunft, Zur Semantik geschichtlicher Zeiten (Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1989), 349-375. |
↑6 | In Régimes d’historicité, François Hartog sottolinea il progressivo emergere nell’Europa occidentale di un nuovo regime di storicità (“presentismo”) caratterizzato dalla prevalenza del presente. Alla fine del suo ultimo libro, Chronos, si interroga sull’impatto della questione dell’antropocene sul presentismo e amplia così le sue riflessioni sull’attuale regime della storicità. François Hartog, Chronos, L’Occident aux prises avec le temps (Paris: Gallimard, 2020). Il distacco rispetto al regime di storicità attualmente in Cina sembra sempre più palese. |
↑7 | Yan Yunxiang, The Individualization of Chinese Society (Oxford and New York: Berg, 2009). Wang Canglong utilizza la tesi dell’individualizzazione per analizzare il revival del confucianesimo nel campo dell’educazione. Vedi per esempio, Wang Canglong, The Making of the Confucian Individual: Morality, Subjectification and Classical Schooling in China (PhD diss, The University of Edinburgh, 2018); Wang Canglong, Parents as Critical Individuals: Revival of Confucian Education from the Perspective of Individualisation (forthcoming). |
↑8 | Silvia Elizondo, “C’est pour ton bien!” Etude sur les expérimentations éducatives se réclamant d’un traditionalisme culturel en Chine contemporaine (PhD diss., Université de Paris, 2021). Le decisioni dei genitori non sono sempre definitive e alcuni bambini ritornano al sistema educativo dell’obbligo dopo periodi trascorsi nelle scuole tradizionali. Vedi Wang Canglong, Parents as Critical Individuals. |
↑9 | Vedi Anna Sun, Confucianism as a World Religion: Contested Histories and Contemporary Realities (Princeton: Princeton University Press, 2013), 137-152. Per esempi di donne con un ruolo di leadership nelle imprese confuciane, si veda anche Sébastien Billioud e Joël Thoraval, The Sage and the People, The Confucian Revival in China (New York: Oxford University Press, 2015). |
↑10 | Con jiaohua si indicano pratiche educative di ispirazione confuciana che mirano a formare e “trasformare” l’individuo sul piano etico oltre che della mera conoscenza nozionistica. Vedi Sébastien Billioud e Thoraval, The Sage and the people, 31. Ndt. |
↑11 | Possono identificarsi come credenti (xintu 信徒). |
↑12 | Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures (New York: Basic books, 2000). |
↑13 | Ho già sviluppato queste idee e offerto descrizioni precise di riti popolari e ufficiali in altri miei studi. Si veda ad esempio Billioud e Thoraval, The Sage and the people, 174-237. Alex Payette menziona l’esistenza di network di rituali alquanto strutturati. Alex Payette, “Local Confucian Revival in China: Ritual Teachings, Confucian Learning and Cultural Resistance in Shandong”, China Reports, 52, 1, 2016, 1-18. |