La monografia di Chiara Bertulessi, L’ideologia nel discorso lessicografico cinese. Analisi critica dello Xiandai hanyu cidian 现代汉语词典 (Milano: LED, 2022), mira a indagare il ruolo giocato dall’ideologia, una forza tanto immateriale quanto potente, nell’elaborazione del dizionario come strumento di ordinamento lessicologico in generale. Caso di studio dell’indagine è il monolingue cinese per eccellenza, appunto lo Xiandai hanyu cidian (Dizionario di cinese moderno). Lo studio muove quindi da una posizione critica rispetto all’idea della presunta neutralità del linguaggio, che anzi proprio in un atto per sua definizione ordinatore e consapevole come la redazione di un dizionario svela l’influenza determinante di fattori storici, sociali, politici, ecc. nella definizione del significato delle parole. In questo senso il libro si profila anche come un intervento attuale rispetto a questioni oggetto di scottanti dibattiti, pur mantenendosi saldo nel proprio ambito specialistico.

Naturalmente il primo nodo da sciogliere riguarda la definizione stessa di ideologia, specie in relazione alla lingua e, ancor più nello specifico, alla parola. Il tema, affrontato nel capitolo 1, è forse quello più delicato dell’intero volume. Bertulessi, schivando rischiosi insaccamenti filosofici, riesce a non perdere il focus d’indagine e ricorre a un’ampia pletora di riferimenti teorico-metodologici, tra i quali spiccano Fairclough e Vološinov, per illustrare come le supposizioni (assumptions) sulla realtà derivate dal “senso comune” – cioè la naturalizzazione dell’ideologia – trovino spazio nella lingua (p. 17), tale per cui i significati delle parole presentati dai dizionari vanno intesi come “punto di arrivo di un processo attraverso cui la natura di frequente arbitraria dei significati tende a essere celata” (p. 19). Non, pertanto, le parole stesse, o la lingua in generale, ma più precisamente il valore universale attribuito alle “definizioni lessicografiche […] è solo apparentemente tale” (p. 25), precisazione importante per evitare fraintendimenti con la messa in discussione, di stampo poststrutturalista, delle basi materiali della lingua in quanto tale. Del resto, la premessa necessaria per lo studio dell’ideologia è riconoscere che essa nasce dalla realtà oggettiva, e non il contrario. Va segnalato che il capitolo 1 è interessante anche proprio per la ricchezza delle fonti consultate, che segnalano i funzionamenti dell’ideologia anche oltre il caso cinese. Nello specifico di quest’ultimo, Bertulessi evidenzia il ruolo delle istituzioni e dei gruppi di potere nel formulare le ideologie che influenzano poi l’elaborazione lessicografica, e non potrebbe essere diversamente in uno Stato autoritario, peraltro con le tipiche “caratteristiche cinesi”, ma tale ruolo si potrebbe estendere anche a forze e classi sociali dominanti al di là degli specifici agenti partito-statali.

Il capitolo 2 presenta una disamina storica che copre tanto la riforma della lingua sin dai suoi primi strali negli anni Dieci del Novecento, quanto l’evoluzione del progetto dello Xiandai hanyu cidian dalla nascita della Repubblica popolare ai giorni nostri, con un approfondimento sul pesante attacco che subì durante la Rivoluzione culturale da parte della pubblicistica radicale. Strettamente legato è il capitolo 3, che combina un’analisi formale del dizionario – edizioni, paratesto, macro e microstruttura – con una rassegna degli studi accademici esistenti, molti dei quali peraltro riprendono temi e dibattiti intorno alla funzione dell’ideologia e su come il dizionario debba rapportarsi a quest’ultima. In particolare, i due capitoli precedenti (1 e 2) vengono portati a sintesi ragionando su come si sia evoluta la connotazione ideologica delle voci del dizionario: esplicita durante l’epoca maoista, attenuata dopo la Riforma e apertura, per poi tornare a essere più marcata nelle ultime edizioni della “Nuova era”, concentrandosi però sui temi chiave della politica di Xi Jinping. Un fatto che non sorprende, ma di certo fa riflettere, e potrebbe meritare a sua volta un saggio accademico a sé per chiarirne le implicazioni.

Con queste premesse, Bertulessi procede all’analisi lessicografica vera e propria. Il metodo di lavoro seguito, illustrato nel capitolo 4, ha consistito nella compilazione di un corpus di lemmi, selezionati sulla base di caratteristiche comuni, quali la presenza di determinati affissi (fan 反, fei 非, wu 无, jia 家, zhe 者, yuan 员, hua 化), e la messa a confronto delle definizioni presenti in più edizioni dello Xiandai hanyu cidian con le occorrenze delle stesse parole nei rapporti politici ai congressi nazionali del Partito comunista cinese e nei rapporti sull’attività del governo alle Assemblee nazionali del popolo dagli anni Sessanta a oggi. In linea con l’obiettivo di fondo del libro, questo approccio intertestuale ha l’obiettivo di individuare la “relazione bidirezionale, di mutua influenza” (p. 115) tra i lemmi del dizionario e i testi politici: non, dunque, semplicemente il dizionario come meccanico riflesso dell’uso delle parole dei testi politici, ma al contempo sedimentazione del linguaggio politico dominante, dal quale poi quest’ultimo attinge la propria assoluta legittimità. Vale la pena di aggiungere che questo capitolo, pur essendo molto tecnico, mette in luce un pregio del libro, e cioè la capacità di mantenersi in equilibrio tra il rigore specialistico e un approccio, se non proprio divulgativo, sicuramente accomodante per i non esperti.

Il capitolo 5 cala questa metodologia nell’analisi dei lemmi identificati come casi di studio, sempre con uno sguardo diacronico, prendendo in considerazione le varie edizioni del dizionario, da quella di prova del 1973 alla settima, del 2016. Qui Bertulessi fa numerose considerazioni interessanti, notando fra l’altro come vi siano formulazioni, legate all’esperienza rivoluzionaria cinese, rimaste pressoché intatte dagli anni Settanta a oggi, segnalando quindi “una forma di cristallizzazione del discorso politico e ufficiale” (p. 133), il che può facilmente essere messo in relazione al mantenimento di altre simbologie rivoluzionarie – basti pensare alla figura del proletariato stesso come classe dirigente – nel ruolo di simulacri, fondamentali per la legittimità e il ruolo “interdittivo” del partito-Stato,1)Si rimanda al saggio di Claudia Pozzana e Alessandro Russo, “Hong Kong. ‘Due sistemi’, una guerra incombente?”, Sinosfere, 26 luglio 2020. ma svuotati di ogni sostanza. Un esempio è fangeming 反革命 (controrivoluzionario). In altri casi, come fanying 反映 (riflettere), si registra invece “la rimozione dei riferimenti espliciti sia alla lotta ideologica e di classe quanto sia alle lotte politiche in seno al Partito” (p. 140). Si può comunque scorgere un minimo comun denominatore nella messa a punto di un lessico politico che neutralizza gli elementi di progettualità politica rivoluzionaria nel presente, tutt’al più consegnandoli a un passato bell’e archiviato.

L’analisi viene portata a sintesi nel capitolo conclusivo, dove Bertulessi evidenzia come lemmi di natura storica fungano da “importanti elementi di legittimazione del proprio [del partito-Stato] potere”, scoraggiando così “una messa in discussione, se non una rinnegazione, di una componente essenziale” della narrazione intorno alla legittimità storica del PCC e della Repubblica popolare (p. 177). Ulteriori considerazioni di quadra dello studio eseguito riflettono sui risultati raggiunti attraverso il metodo di analisi adottato, che, peraltro, ha consentito di identificare elementi di rilievo ai fini dello scopo prefisso anche in lemmi in cui l’aspetto ideologico non è particolarmente marcato.

In conclusione, la monografia di Bertulessi si rivela utile e interessante sia in riferimento allo specifico caso di studio e alla metodologia adottata, sia nei termini teorici più generali che affronta. Da quest’ultimo punto di vista si configura infatti come un contributo importante per indagare il rapporto che corre tra il linguaggio e il contesto, rapporto appunto biunivoco nel senso che il linguaggio nasce dalle condizioni in cui si trova a svilupparsi (rapporti sociali, istituzionali, politici, ecc.), ma svolge poi un ruolo essenziale nel naturalizzarne l’ideologia, come dimostrato proprio dai dizionari. A questo proposito, la lettura può ispirare, almeno dal punto di vista di chi scrive (che non è certo un esperto lessicografo), alcuni ulteriori spunti di ricerca. Anzitutto potrebbe essere utile accostare la pratica lessicografica alle teorie cinesi sull’ideologia,2)Sulle recenti teorie cinesi sull’ideologia c’è un proficuo benché marginale campo di studi, v. p. es. Adrian Krawczyk, “Marxist Theories of Ideology in Contemporary China: The Pioneering Work of Yu Wujin”, Asian Studies, 7, 1, 2019, 153-172. valutando come e se esse offrano ulteriori spunti alle già ricche analisi di Bertulessi. E poi sarebbe interessante valutare il riscontro un simile studio sui dizionari bilingue, colti nella tensione tra il contesto ideologico d’arrivo e l’intenzione di rispecchiare usi, abitudini, persino pregiudizi (l’ideologia, appunto) dominanti nel contesto socioculturale di partenza, anche quando questi risultino molto discutibili.3)Capita, per esempio, di trovare la voce guaitai 怪胎 corredata dal seguente esempio: 同性恋者结婚是人类社会孕育出的一种怪 il matrimonio fra omosessuali è un’aberrazione partorita dalle società umane.

In definitiva L’ideologia nel discorso lessicografico cinese si presta alla lettura di un pubblico accademico piuttosto eterogeneo che va dagli specialisti di linguistica, lessicografia e analisi del discorso, sino agli studiosi e storici della cultura più in generale, e naturalmente dell’ideologia.

Immagine: particolare della copertina del libro.

Federico Picerni insegna lingua e letteratura cinese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Università di Bologna. A Ca’ Foscari ha anche ottenuto il dottorato in studi asiatici e transculturali, in un programma congiunto con l’Università di Heidelberg. I suoi interessi di ricerca si orientano principalmente sul legame tra letteratura e società, in particolare gli scrittori e poeti operai cinesi, il rapporto tra realismo e irrealismo critico nella narrativa contemporanea, le produzioni artistiche dei cinesi all’estero.

References
1 Si rimanda al saggio di Claudia Pozzana e Alessandro Russo, “Hong Kong. ‘Due sistemi’, una guerra incombente?”, Sinosfere, 26 luglio 2020.
2 Sulle recenti teorie cinesi sull’ideologia c’è un proficuo benché marginale campo di studi, v. p. es. Adrian Krawczyk, “Marxist Theories of Ideology in Contemporary China: The Pioneering Work of Yu Wujin”, Asian Studies, 7, 1, 2019, 153-172.
3 Capita, per esempio, di trovare la voce guaitai 怪胎 corredata dal seguente esempio: 同性恋者结婚是人类社会孕育出的一种怪 il matrimonio fra omosessuali è un’aberrazione partorita dalle società umane.