Introduzione

Nel 1982, il venerabile Miaozhan 妙湛 (1910–1995) diventava direttore del comitato per la gestione del monastero Nanputuo (Nanputuo si 南普陀寺).1)Questo testo è un parziale adattamento in italiano dell’articolo di Jack Meng-Tat Chia, “Diaspora’s Dharma: Buddhist Connections across the South China Sea, 1900–1949”, Contemporary Buddhism, 2020, 21, 1–2, 33–50. Ringraziamo l’autore e l’editore per la gentile concessione. NdT. Sei anni dopo la violenta Rivoluzione Culturale, durata dal 1966 al 1976, Miaozhan era determinato a riportare il monastero al suo antico splendore, come importante centro intellettuale buddhista nella Cina sudorientale. Da subito si impegnò a ripristinare i legami buddhisti tra la città di Xiamen e la diaspora cinese. Il monaco ottenne il sostegno finanziario dei cinesi residenti all’estero, potendo contare in particolare sulle donazioni di monaci e devoti del Sud-Est Asiatico. Alla fine degli anni ’80, il complesso originale del monastero era stato restaurato ed erano in corso un ambizioso progetto di espansione dell’Istituto buddhista di Minnan (Minnan foxueyuan 閩南佛學院) e la costruzione di una nuova Sala di Meditazione, di una biblioteca, della residenza dell’abate e di strutture destinate agli ospiti.2)David L. Wank, “Institutionalizing Modern ‘Religion’ in China’s Buddhism: Political Phases of a Local Revival”, in Y. Ashiwa and D. L. Wank (a cura di), Making Religion, Making the State: The Politics of Religion in Modern China (Stanford: Stanford University Press, 2009), 126–150 (qui: 134–135). Il restauro del monastero Nanputuo e il ripristino della rete buddhista del Mar Cinese Meridionale degli ultimi decenni sono fattori significativi della rinascita della religiosità nella Cina sudorientale dopo la politica di riforma e apertura di Deng Xiaoping della fine degli anni ’70.

Il buddhismo ha svolto un ruolo di notevole importanza nel Fujian fin dalla dinastia Song (960–1279), tanto che la città di Quanzhou e il Fujian meridionale (Minnan) erano considerati come un autentico “regno buddhista”.

Gli studi sul buddhismo nel Fujian tracciano la storia della religione in questa provincia cinese meridionale dal tardo periodo Han (25–220) fino al ventesimo secolo.3)Vedi ad esempio: Chen Zhiping  陳支平 (a cura di), Fujian zongjiao shi 福建宗教史 [Storia delle religioni nel Fujian] (Fuzhou: Fujian jiaoyu chubashe, 1996); Gao Lingyin 高令印 et al., Xiamen zongjiao 廈門宗教 [Religioni di Xiamen] (Xiamen: Lujiang chubanshe, 1999); Wang Rongguo 王榮國, Fujian fojiao shi  福建佛教史 [Storia del Buddhism nel Fujian] (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 1997). Tuttavia, nonostante si faccia menzione della migrazione cinese e della diffusione del buddhismo nel Sud-Est Asiatico a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, si tende a trascurare la presenza della rete buddhista che collegava la Cina sudorientale ai cinesi d’oltremare attraverso il Mar Cinese Meridionale.

In seguito al revival del buddhismo nella Cina post-maoista, alcuni studiosi hanno iniziato a prestare maggiore attenzione al contributo dato dai cinesi residenti all’estero all’opera di restaurazione delle strutture buddhiste nella Cina sudorientale.4)Yoshiko Ashiwa, “Dynamics of the Buddhist Revival Movement in South China: State, Society, and Transnationalism”, Hitotsubashi Journal of Social Studies 32, 2000, 15–31; Yoshiko Ashiwa, e David L. Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism: Clergy and Devotee Networks in the Twentieth Century”, International Journal of Asian Studies 2, 2, 2005, 217–237; Yoshiko Ashiwa, e David L. Wank, “State, Association, and Religion in Southeast China: The Politics of a Reviving Buddhist Temple”, Journal of Asian Studies 65, 2, 2006, 217–237; Raoul Birnbaum, “Buddhist China at the Century’s Turn”, in David L. Overmyer (a cura di), Religion in China Today (Cambridge: Cambridge University, 2003), 122–144. L’antropologa Yoshiko Ashiwa e il sociologo David Wank hanno sostenuto, ad esempio, che i legami transnazionali tra religiosi e fedeli, basati su relazioni di parentela, lealtà e provenienza geografica, hanno favorito l’assegnazione di risorse umane e finanziarie e di legittimità, contribuendo all’istituzionalizzazione del buddhismo nelle comunità cinesi d’oltremare del Sud-Est Asiatico e del Nord America. Nell’ambito del loro studio sul monastero Nanputuo di Xiamen, Ashiwa e Wank hanno identificato le connessioni religiose che collegavano i templi, il clero e i fedeli del Sud-Est Asiatico e del Nord America con il monastero di Xiamen a partire dagli anni ’80.5)Ashiwa e Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism” e “State, Association, and Religion”. Pur cercando di fornire un quadro storico dell’espansione della diaspora cinese e del movimento buddhista d’oltreoceano all’inizio del ventesimo secolo, il loro obiettivo era quello di analizzare questa rete religiosa nel contesto del recente revival del buddhismo in Cina e ci dicono quindi poco sulla situazione prima degli anni ’80.

Questo articolo presenta il monastero Nanputuo come caso studio per gettare luce sulla rete buddhista transregionale che collegava la Cina e la diaspora cinese dall’inizio del ventesimo secolo al 1949. Il tentativo è quello di indagare in quale misura questa nuova forma di mobilità buddhista ha contributo alla circolazione di persone, idee e risorse attraverso il Mar Cinese Meridionale. Dimostreremo che i monaci buddhisti e il sapere religioso si muovevano attraverso questa rete dalla Cina al Sud-Est Asiatico, mentre il denaro dei cittadini cinesi più ricchi residenti all’estero veniva canalizzato attraverso la stessa rete per la costruzione di templi in Cina. Inoltre, si vedrà come i monaci buddhisti si affidavano a questa stessa rete per appoggiare gli sforzi bellici della Cina o per trasferirsi nel Sud-Est Asiatico durante la guerra sino-giapponese.

In primo luogo, inquadreremo la diffusione del buddhismo cinese nel Sud-Est Asiatico dal diciannovesimo secolo fino alla prima metà del ventesimo secolo. In seguito, analizzeremo la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale in riferimento a tre temi: le donazioni, i missionari e la guerra sino-giapponese. In questo modo dimostreremo come tali connessioni religiose fossero intrecciate con le rilevanti forze migratorie e i cambiamenti sociopolitici che si sono verificati dall’inizio del ventesimo secolo fino al 1949. Infine, torneremo sul ruolo vitale svolto in questo contesto dal monastero Nanputuo.

1. Un viaggio attraverso il Mar Cinese Meridionale

 Xiamen è un’importante città costiera della provincia sudorientale del Fujian che si è sviluppata come centro marittimo per il commercio nel Mar Cinese Meridionale (Nanhai 南海) nel diciassettesimo secolo. Dopo la riconquista di Taiwan e la revoca dell’interdizione marittima nel 1684, i cinesi del Fujian rivolsero la loro attenzione al commercio marittimo condotto attraverso la rete commerciale di Xiamen. Grazie alla sua posizione strategica nella periferia sudorientale della Cina, Xiamen funse da centro per lo smercio di prodotti locali e stranieri fin dal diciottesimo secolo. Con la fine della prima guerra dell’oppio nel 1842, la città divenne un importante centro commerciale caratterizzato da un vivace scambio internazionale e da una migrazione cinese su vasta scala, iniziata a metà del diciannovesimo secolo e protrattasi fino agli anni ’30 del ventesimo.

Le ragioni di questo massiccio spostamento della popolazione cinese possono essere ricondotte a fattori interni alla Cina e a forze di attrazione provenienti dal mondo esterno. La sconfitta della Cina nelle guerre dell’oppio e la successiva firma dei trattati ineguali ebbero due conseguenze significative sull’emigrazione. In primo luogo, il dominio occidentale dei porti cinesi e la supremazia militare delle potenze straniere contribuirono a delineare il “contesto giuridico” per il reclutamento di manodopera cinese e la sua successiva emigrazione. In secondo luogo, le guerre e il commercio dell’oppio avevano destabilizzato sensibilmente la società nelle province costiere meridionali, determinando l’allontanamento di gran parte della popolazione dai propri mezzi di sostentamento. Oltre a ciò, altri fattori quali disastri naturali, carestie, pressione demografica e ribellioni spinsero molti cinesi a cercare migliori opportunità all’estero.6)Vedi Ching-hwang Yen, A Social History of the Chinese in Singapore and Malaya, 1800–1911 (Singapore: Oxford University Press, 1986), e Joyce Ee, “Chinese Migration to Singapore, 1896–1941”, Journal of Southeast Asian History 2, 1, 1961, 33–51.

Xiamen non era affatto estranea ai molteplici problemi che affliggevano la Cina nel corso del diciannovesimo secolo. Grazie alla sua posizione strategica di città portuale e alla sua rete commerciale internazionale, la città divenne “l’epicentro storico della migrazione Hokkien”.7)Philip A. Kuhn, 2008. Chinese among Others: Emigration in Modern Times (Lanham: Rowman & Littlefield Publishers, 2008), 185. La maggior parte dei migranti provenienti da Xiamen si stabilì in Malesia, a Singapore, nelle Filippine e nelle Indie Orientali, trovando opportunità di lavoro nel commercio, nella navigazione, nelle piantagioni di ananas e gomma e nella coltivazione dello zucchero. Alcuni si arricchirono e fecero fortuna nei paesi ospitanti, tanto da riuscire a inviare ingenti somme di denaro a Xiamen.8)Si stima che oltre un miliardo di yuan sia stato trasferito dal Sud-Est Asiatico a Xiamen tra il 1905 e il 1937. Vedi James Cook, “Bridges to Modernity: Xiamen, Overseas Chinese, and the Southeast Coastal Modernization, 1843–1937” (Ph.D. dissertation, University of California, San Diego, 1998), 238.

Gli immigrati cinesi nel Sud-Est Asiatico favorirono la diffusione del buddhismo cinese nell’area. Alla fine del diciannovesimo e all’inizio del ventesimo, in Malesia e a Singapore furono inaugurati diversi importanti monasteri buddhisti cinesi, tra cui il monastero Kek Lok (Jile si 極樂寺) nel 1891, il monastero Siong Lim (Shuanglin si 雙林寺) nel 1898, lo Ang Hock Si (Hongfu si 洪福寺) nel 1911, il monastero Poh Toh (Putuo si 普陀寺) nel 1913 e il monastero Kong Meng San Phor Kark See (Guangmingshan pujue si 光明山普覺寺) nel 1920. Il buddhismo cinese giunse nelle Filippine alcuni decenni dopo. L’Associazione Cinese di Studi Buddhisti Filippini (Lüfei Zhonghua foxue yanjiuhui 旅菲中華佛學研究會) e il Tempio di Seng Guan (Dacheng Xinyuan si 大乘信願寺) furono fondati rispettivamente nel 1931 e nel 1936.9)Per la storia del buddhismo cinese in queste aree, si veda Jack Meng-Tat Chia, Monks in Motion: Buddhism and Modernity Across the South China Sea (New York: Oxford University Press, 2020).

L’arrivo e l’insediamento dei migranti cinesi e la successiva costruzione di monasteri buddhisti in quest’area aprirono la strada alla nascita di una rete buddhista che collegava la Cina sudorientale con i cinesi d’oltremare nel Sud-Est Asiatico attraverso il Mar Cinese Meridionale.

2. La creazione di una rete buddhista nel Mar Cinese Meridionale

Durante il tardo periodo Qing e il primo periodo repubblicano si sviluppò un movimento buddhista modernista, che a sua volta contribuì alla creazione di vivaci connessioni buddhiste nel Mar Cinese Meridionale. In Cina, il modernismo buddhista si caratterizzò per la riforma istituzionale dei monasteri, per la fondazione di moderni centri di ricerca buddhista e di organizzazioni laicali e femminili, per la pubblicazione di riviste e per la stampa e la distribuzione di pubblicazioni buddhiste, per l’apertura di biblioteche, la creazione di accademie e la promozione di attività di beneficenza e filantropiche di stampo buddhista.

Il monastero Nanputuo, un importante tempio situato nel golfo tra il monte Wulao 五老峰 e il fiume Taiwu 太武江 nel sud dell’isola di Xiamen, divenne un’importante base per questi monaci modernisti nel sud della Cina.

Nel 1924, Huiquan 會泉 (1874–1942) fu eletto abate del monastero e divenne un promotore dell’educazione monastica nella provincia del Fujian. L’anno dopo fondò l’Istituto buddhista di Minnan, che rimase un importante polo intellettuale per l’educazione buddhista nella Cina sudorientale durante tutto il periodo repubblicano. Il seminario offriva un triennio di studi, in cui si insegnavano dottrine buddhiste, disciplina monastica, cinese classico, lingue straniere come l’inglese e il giapponese, matematica, storia, geografia, scienze, filosofia, arti, sport e servizio civile. Gli sforzi di Huiquan per promuovere l’educazione buddhista gli valsero la reputazione di “Monaco più illustre del Fujian meridionale” (Minnan sengzhong jubo 閩南僧中巨擘). Dopo aver completato il suo mandato triennale come abate del monastero Nanputuo e di primo rettore dell’Istituto buddhista di Minnan, Huiquan si dimise nel 1927 e a lui succedette il monaco modernista Taixu 太虛 (1890–1947).

Taixu è una delle figure più importanti tra i modernisti buddhisti cinesi del periodo repubblicano. Dopo la fondazione della Repubblica, Taixu si pose alla guida del “movimento di rinascita buddhista” (Fojiao fuxing yundong 佛教復興運動) e fu un sostenitore della necessità di riformare il sistema monastico e di promuovere l’istruzione monastica. Nel 1922, Taixu fondò l’Istituto buddhista di Wuchang (Wuchang foxueyuan 武昌佛學院), dove intendeva formare una nuova generazione di monaci.10)Rongdao Lai, “The Wuchang Ideal: Buddhist Education and Identity Production in Republican China”, Studies in Chinese Religions, 3, 1, 2017, 55–70. Un anno dopo, divenne presidente della World Buddhist Fellowship (Fojiao shilianhui 佛教世聯會). Con una crescente reputazione tra i modernisti buddhisti che condividevano la sua visione, Taixu fu eletto successore di Huiquan nella carica di abate del monastero Nanputuo e di rettore dell’Istituto buddhista di Minnan. Monaco energico e controverso, Taixu desiderava una rivitalizzazione del buddhismo cinese attraverso “la riorganizzazione istituzionale, l’educazione moderna, la partecipazione sociale compassionevole e la cooperazione ecumenica nella missione globale”.11)Don A. Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism: Taixu’s Reforms (Honolulu: University of Hawai‘i Press, 2001), 2. Sosteneva il “Buddhismo della vita umana” (Rensheng fojiao 人生佛教) come rimedio per il buddhismo cinese tradizionale che, a suo avviso, poneva troppa enfasi sulla morte, sui riti funerari e sulla salvezza ultraterrena. Pertanto, promuoveva l’ideale utopico della “terra pura nel mondo” (Renjian jingtu 人間淨土) piuttosto che l’obiettivo della rinascita in una terra pura trascendentale.12)Vedi Justin R. Ritzinger, Anarchy in the Pure Land: Reinventing the Cult of Maitreya in Modern Chinese Buddhism (New York: Oxford University Press, 2017).

3. La raccolta di fondi attraverso il mare

Il monastero Nanputuo si affermò come centro del movimento modernista buddhista nella Cina meridionale già all’inizio del ventesimo secolo. Tuttavia, al pari delle condizioni della città di Xiamen, anche le strutture del monastero si trovavano in uno stato di degrado. Occorreva denaro per restaurare gli edifici, finanziare le nuove infrastrutture e sostenere il movimento modernista. In questo contesto, si cercò il sostegno delle comunità cinesi d’oltremare e un flusso di donazioni giunse attraverso la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale. Basti pensare che Xican 喜參 (1848–1911), l’abate del monastero, prese personalmente parte a quattro viaggi a Singapore e in Malesia con lo scopo di raccogliere fondi per il progetto di restauro del tempio. Le donazioni dei più facoltosi devoti cinesi d’oltremare gli permisero di rinnovare la Grande Sala (Daxiong baodian 大雄寶殿) e gli alloggi dei monaci.

In seguito al successo ottenuto da Xican, diversi altri monaci intrapresero missioni di raccolta fondi per finanziare l’espansione del monastero e sostenere il movimento modernista. Nel 1911, un gruppo di monaci si recò a Singapore e in Malesia con questo obiettivo. Due anni dopo, Zhuanchu 轉初, Zhuandao 轉道 e Zhuan’an 轉岸 fondarono a Singapore il monastero Poh Toh, che si pose come base per la raccolta di fondi e centro all’estero per i monaci itineranti del Nanputuo. Con la creazione di questa base a Singapore, Zhuandao e i suoi colleghi furono in grado di raccogliere denaro sufficiente per finanziare l’espansione non solo del Nanputuo, ma anche del Taiping Yan 太平岩 e di altri monasteri di Xiamen.13)Wenxue Zhang, Haiqing Zhuandao chanshi 海清轉道禪師 [Il maestro Chan Haiqing Zhuandao] (Beijing: Zhongguo shehui kexue chubanshe, 2017).

Quando Taixu divenne abate del monastero Nanputuo, continuò a cercare il sostegno dei cinesi d’oltremare attraverso la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale, riuscendo a persuadere diversi ricchi mecenati. Taixu visitò Singapore per la prima volta nel 1926, occasione in cui strinse amicizia con due affermati leader locali: Tan Kah Kee (Chen Jiageng 陳嘉庚, 1874–1961) e Aw Boon Haw (Hu Wenhu 胡文虎, 1882–1954). Tan Kah Kee, un ricco uomo d’affari nato a Xiamen ed emigrato a Singapore nel 1890, godeva di grande stima come imprenditore e capo della comunità. Per due volte presidente della Camera di Commercio e Industria Cinese di Singapore, contribuì a riorganizzare l’Associazione Hokkien di Singapore (Xinjiapo Fujian huiguan 新加坡福建會館), che avrebbe avuto un ruolo importante nel promuovere l’istruzione e la cultura cinese nella regione. Mentre Taixu si trovava a Singapore nel 1926, Tan Kah Kee lo ospitò e lo invitò a visitare la sua piantagione di gomma, le sue fabbriche e i suoi stabilimenti commerciali. Aw Boon Haw, d’altro lato, era l’inventore del Balsamo di Tigre, un noto unguento topico antidolorifico, che lo aveva reso un ricco uomo d’affari di successo e un filantropo. Aw era solito fare generose donazioni a ospedali, scuole e monasteri buddhisti in Cina e nel Sud-Est Asiatico. Quando Taixu giunse a Singapore, anche Aw Boon Haw lo ospitò invitandolo a risiedere nella sua villa. Durante la sua permanenza nella villa, Taixu discusse con Aw di buddhismo e commercio, suggerendogli di comportarsi come un uomo d’affari onesto e retto e di contribuire alle attività di beneficenza.

L’amicizia di Taixu con Tan e Aw sono esemplificative dell’importanza della rete buddhista del Mar Cinese Meridionale. Essa permise a Taixu di stabilire solidi legami con i leader cinesi d’oltremare, ottenendo sostegno finanziario e predicando loro il Dharma. Grazie ai ricchi imprenditori cinesi d’oltremare, Taixu riuscì a realizzare progetti di ampliamento del monastero Nanputuo e a finanziare l’Istituto buddhista di Minnan, di recente fondazione. Quando la Sala di Guanyin (Guanyin dian 觀音殿) fu distrutta da un incendio nel 1928, Taixu, insieme ai membri esecutivi del comitato del tempio, intraprese un nuovo ambizioso progetto di raccolta fondi presso i cinesi d’oltremare. Nel giro di cinque anni, riuscirono a raccogliere circa 56.000 yuan per ricostruire la sala.

Pertanto, le connessioni buddhiste del Mar Cinese Meridionale furono cruciali nel convogliare il sostegno finanziario delle comunità cinesi d’oltremare verso il monastero Nanputuo a Xiamen. Questo flusso di risorse costituisce un aspetto del più ampio fenomeno di supporto economico fornito dalla diaspora cinese a Xiamen, contribuendo alla sua modernizzazione per l’intera prima metà del ventesimo secolo. Nel corso degli anni ’20 e ’30, la maggior parte delle aree urbane cinesi, come Pechino, Jinan, Nanchino e Tianjin, avviarono un processo di valorizzazione spesso con scarsi risultati a causa della mancanza di fondi. Xiamen, al contrario—grazie ai finanziamenti provenienti dal successo dei mercanti cinesi all’estero—fu trasformata in una moderna città urbana “completa di ampi viali, parchi municipali, residenze moderne ed edifici amministrativi”.14)Cook, “Bridges to Modernity”, 223–224. In maniera analoga, le donazioni dei cinesi d’oltremare contribuirono in modo determinante alla modernizzazione del monastero Nanputuo, finanziando in tal modo il progetto modernista buddhista.

4. Diffondere il Dharma

Taixu coltivava l’ambizioso piano di organizzare un movimento buddhista ecumenico su scala globale, così da estendere le attività moderniste buddhiste anche oltre la Cina.15)Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism, 105–106. In quest’ottica, Taixu e altri monaci modernisti si valsero della rete buddhista del Mar Cinese Meridionale per diffondere il Dharma tra i cinesi nel Sud-Est Asiatico. Quando, nel settembre del 1926, Taixu giunse a Singapore, tenne una serie di sermoni al Victoria Memorial Hall, attirando un gran numero di cinesi locali. La maggior parte dei monasteri buddhisti di Singapore si concentrava sulla pratica spirituale dei monaci, Taixu invece si proponeva di promuovere le dottrine buddhiste all’interno della comunità cinese laica. Così, in uno dei suoi sermoni suggerì la creazione di un’associazione buddhista per soddisfare i bisogni spirituali dei laici.

I suggerimenti di Taixu convinsero Ning Dayun 寧達蘊, un capofamiglia cinese di Singapore, a creare un’organizzazione per la comunità buddhista laica. Un anno dopo, nel 1927, Ning Dayun fondò l’Associazione buddhista cinese (Zhonghua fojiao hui 中華佛教會) con l’assistenza del monaco Zhuandao e il sostegno delle élite cinesi locali. L’Associazione, che si trovava nel cuore della Chinatown a Kreta Ayer, divenne la prima organizzazione buddhista laica di Singapore16)Chuanfa Shi 釋傳發, Xinjiapo fojiao fazhan shi 新加坡佛教發展史 [Storia del buddhismo di Singapore] (Singapore: Xinjiapo fojiao jushi lin, 1997). ed ebbe il merito di gettare le basi per lo sviluppo di un movimento buddhista modernista nell’area. Strategicamente situata a Kreta Ayer, dove risiedeva la maggior parte dei migranti cinesi, l’Associazione svolse un ruolo importante nella diffusione del Dharma alla comunità cinese d’oltremare, cui forniva anche servizi educativi e assistenziali. L’istituzione dell’Associazione buddhista cinese è emblematica della diffusione delle idee buddhiste moderniste da Xiamen a Singapore. Dimostra come il progetto di Taixu di rivitalizzare e modernizzare il buddhismo in Cina attraverso la riorganizzazione istituzionale sia giunto e si sia radicato tra le comunità cinesi d’oltremare. Così, la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale contribuì all’emergere del buddhismo modernista a Singapore, gettando le basi per le future organizzazioni buddhiste laiche.

Per realizzare la sua visione ecumenica, Taixu aveva anche in programma la creazione di una Federazione buddhista mondiale (Shijie fojiao lianhe hui 世界佛教聯合會), con cui mirava a creare una rete buddhista globale per la diffusione del buddhismo in tutto il mondo. Promosse così l’istituzione dell’Associazione buddhista del Sud-Est Asiatico (Nanyang fojiao hui 南洋佛教會), un’organizzazione regionale di collegamento tra le Indie orientali, la Malesia e Singapore, con sede a Singapore. Taixu credeva che Singapore potesse servire come centro regionale per le attività di diffusione del Dharma e sperava che l’Associazione avrebbe collegato i tre paesi a una più ampia rete buddhista globale. Sebbene questo progetto ecumenico non si sia mai realizzato, esso testimonia il tentativo di Taixu di estendere la rete buddhista oltre il Mar Cinese Meridionale.17)Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism, 255–298.

La rete buddhista del Mar Cinese Meridionale fu cruciale nello sviluppo del buddhismo anche nelle Filippine. Nel 1898, le Filippine furono cedute dalla Spagna agli Stati Uniti secondo i termini del Trattato di Parigi dopo la fine della guerra ispano-americana. La colonizzazione americana portò alla separazione tra Chiesa e Stato e a una maggiore libertà religiosa.18)Jayeel S. Cornelio, “Religious Freedom in the Philippines: From Legalities to Lived Experience”, The Review of Faith & International Affairs, 11, 2, 2013, 36–45. Nonostante la lunga presenza cinese nelle Filippine, la prima istituzione buddhista, la “Chinese Filipino Buddhist Studies Research Association”, fu fondata solo nel 1931. Il primo monastero, il Tempio Seng Guan, fu fondato cinque anni dopo. Xingyuan 性願 (1889–1962), discepolo del già citato abate di Nanputuo Xican, fu invitato a ricoprirvi la carica di abate.19)Yu Lingbo 於凌波, Zhongguo fojiao haiwai hongfa renwu zhi 中國佛教海外弘法人物誌 [Annali dei missionari d’oltremare del buddhismo cinese] (Taipei: Torch of Wisdom, 1997). Xingyuan fu un insegnante capace, molto rispettato dalla comunità cinese locale. Tra i suoi discepoli laici figuravano influenti leader cinesi. Xingyuan si affidò alla rete buddhista del Mar Cinese Meridionale per far giungere dal Fujian i monaci Ruijin 瑞金, Shanqi 善契, Changqin 常勤 e Miaoqin 妙欽. Nell’arco di due decenni, gli sforzi missionari di Xingyuan portarono all’aumento del numero dei buddhisti (circa 100.000 fedeli) e alla creazione di diversi monasteri e associazioni laiche.20)Yu, Zhongguo fojiao haiwai hongfa, 169.

La rete buddhista del Mar Cinese Meridionale fu fondamentale per il successo dell’attività missionaria dei monaci modernisti nel Sud-Est Asiatico durante la prima metà del ventesimo secolo. Queste connessioni facilitarono lo spostamento di monaci dalla Cina al Sud-Est Asiatico, contribuendo alla diffusione di idee e insegnamenti modernisti presso le comunità cinesi d’oltremare. Inoltre, nel caso del Tempio di Seng Guan, Xingyuan fu anche in grado di reclutare monaci dal monastero Nanputuo per assisterlo nelle sue attività missionarie nelle Filippine.

5. Sostenere la guerra, fuggire dalla guerra

Quando scoppiò la guerra sino-giapponese nel 1937, i monaci buddhisti patriottici sostenevano che “mentre si recita il nome del Buddha non si dovrebbe dimenticare di salvare il Paese” (nianfo buwang jiuguo 念佛不忘救國).21)Per uno studio sul patriottismo buddhista durante la guerra sino-giapponese, vedi Xue Yu, Buddhism, War, and Nationalism: Chinese Monks in the Struggle against Japanese Aggressions, 1931–1945 (New York: Routledge, 2005). La rete buddhista del Mar Cinese Meridionale divenne un’importante risorsa per la raccolta di fondi a sostegno della guerra e, in seguito, anche una “via di fuga” per molti monaci di Xiamen dopo la sconfitta e la successiva occupazione giapponese della città nel 1938.

Anche Yuanying 圓瑛 (1878–1953), un noto contemporaneo di Taixu, svolse un ruolo attivo nella propagazione del buddhismo in Malesia e Singapore. Nel 1923, Yuanying era stato invitato da Zhuandao, l’abate fondatore del monastero Kong Meng San Phor Kark, a tenere una serie di conferenze a Singapore. Con lo scoppio della guerra sino-giapponese nel 1937, Yuanying fondò il “Gruppo di soccorso per i disastri dell’Associazione buddhista cinese” (Zhongguo fojiao hui zaiqu jiuhu tuan中國佛教會災區救護團) e, assieme al discepolo Mingyang 明暘 (1916–2002), si imbarcò in una missione nel Sud-Est Asiatico per raccogliere fondi a sostegno dell’impresa bellica cinese. Nel 1938, mentre si trovava a Penang, gli fu chiesto di succedere a Benzhong 本忠 nella carica di abate del Kek Lok Si.22)Wang Rongguo 王榮國, Fujian fojiao shi  福建佛教史 [Storia del buddhismo del Fujian] (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 1997), 377. Con le donazioni raccolte dai cinesi d’oltremare, Yuanying fu in grado di organizzare tre squadre di soccorso, la Prima Squadra di Soccorso del Sangha di Jinglu, la Seconda Squadra di Soccorso del Sangha di Hankou e la Terza Squadra di Soccorso del Sangha di Ningbo. Inoltre, Yuanying istituì un ospedale buddhista a Shanghai per fornire assistenza medica ai soldati feriti e ai rifugiati di guerra. Dopo la caduta di Shanghai, Yuanying e Mingyang furono arrestati per le loro attività antigiapponesi.23)Wang, Fujian fojiao shi, 380.

A differenza di Yuanying, che faceva affidamento sulla rete buddhista del Mar Cinese Meridionale per raccogliere fondi per lo sforzo bellico cinese, altri monaci si affidarono alla medesima rete per sfuggire alla guerra e cercare rifugio nel Sud-Est Asiatico. Tra loro, Huiquan e il suo discepolo Hong Choon (Hongchuan 宏船, 1907–1990), Kong Hiap (Guangqia 廣洽, 1900–1994) e Siong Khye (Changkai 常凱, 1916–1990). Questi monaci fuggirono in Malesia e a Singapore, dove in seguito si distinsero come leader buddhisti tra la comunità cinese locale. Nel 1937, Kong Hiap giunse a Singapore e divenne l’insegnante residente della Singapore Buddhist Lodge. Successivamente, assunse al ruolo di abate del monastero Leong San (Longshan si 龍山寺).24)Chen Quanzhong 陳全忠, “Huayu zhu Nanhai, tabo gui guguo: Guangqia fashi shengping shulüe” 化雨注南海, 塔波歸故國: 廣洽法師生平述略 [Vita del venerabile Kong Hiap], Minnan foxue yuan xuebao 閩南佛學院學報, 20, 2, 1998, 87–97 (qui: 89). Un anno dopo, arrivò a Singapore Huiquan, che insegnò presso il monastero Leong San. In seguito, divenne abate del monastero Beow Hiang Lim (Miaoxiang lin si 妙香林寺) a Penang. Visse in Malesia fino alla morte, nel 1943. Dopo la scomparsa di Huiquan, il suo discepolo Hong Choon divenne l’abate del monastero Beow Hiang Lim di Penang e, nel 1943, succedette a Zhuandao come abate del monastero Kong Meng San Phor Kark See di Singapore.

L’invasione giapponese e l’occupazione delle zone costiere della Cina finirono per spezzare la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale. In seguito all’occupazione della Cina meridionale, alcuni monaci si ritirarono con il governo del Kuomintang a Chongqing, mentre altri fuggirono nel Sud-Est Asiatico. Secondo quanto riportato nell’Annuario del buddhismo di Xiamen, durante l’occupazione giapponese, che si protrasse fino al 1945, rimasero a Xiamen solo 78 monaci.25)Xiamen fojiao zhi 廈門佛教志 [Annuario del buddhismo di Xiamen] (Xiamen: Xiamen daxue chubashe, 2006), 8. Lo scoppio della guerra civile cinese un anno dopo e la successiva fondazione della Repubblica Popolare Cinese nell’ottobre 1949 crearono un ambiente poco favorevole alle attività buddhiste in Cina. Di conseguenza, nella seconda metà del ventesimo secolo molti monaci buddhisti lasciarono la Cina continentale cercando rifugio a Hong Kong, a Taiwan e nel Sud-Est Asiatico.26)Xiamen fojiao zhi, 50.

La rinascita della rete buddhista del Mar Cinese Meridionale avvenne solo tre decenni dopo, in seguito all’apertura della Cina negli anni ’80.27)Ashiwa, “Dynamics of the Buddhist Revival”, Ashiwa e Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism” e “State, Association, and Religion”.

Conclusioni

 Questo articolo ha analizzato la rete buddhista del Mar Cinese Meridionale che collegava il monastero Nanputuo con le comunità cinesi d’oltremare nel Sud-Est Asiatico durante la prima metà del ventesimo secolo. Come suggerisce Raoul Birnbaum,28)Birnbaum, “Buddhist China at the Century’s Turn”. molte pratiche buddhiste della Cina contemporanea derivano dalle innovazioni che hanno trasformato la vita buddhista cinese tra il tardo periodo Qing e l’inizio del periodo repubblicano. La rete buddhista del Mar Cinese Meridionale di epoca contemporanea va messa in relazione con quella sviluppatasi durante la prima metà del ventesimo secolo, nell’ambito del più ampio contesto della migrazione cinese nel Sud-Est Asiatico. La rete buddhista permise significativi spostamenti di risorse per finanziare progetti di costruzione di templi a Xiamen e sostenere il movimento modernista buddhista nella Cina meridionale, agevolò inoltre le attività missionarie dei monaci modernisti nel Sud-Est Asiatico e contribuì alla raccolta di fondi per la guerra sino-giapponese e alla successiva fuga di monaci buddhisti dopo l’occupazione. In sintesi, queste rotte furono fondamentali nel collegare le comunità buddhiste della Cina sudorientale con il Sud-Est Asiatico.

La posizione strategica del monastero Nanputuo riveste un ruolo cruciale per comprendere lo sviluppo di queste connessioni religiose attraverso il Mar Cinese Meridionale. Xiamen era già un importante centro commerciale internazionale a partire dal diciottesimo secolo e si impose dalla metà del diciannovesimo secolo come importante qiaoxiang 僑鄉 (area di origine degli emigrati cinesi). Sommandosi a precedenti studi sulle reti commerciali ed economiche di Xiamen, questo articolo ne analizza la dimensione religiosa, evidenziando la presenza di diverse reti transregionali che collegano la Cina sudorientale al Sud-Est Asiatico, e permette al contempo di apprezzare il contributo significativo dei monaci di Xiamen nella diffusione del buddhismo modernista in tutto il Sud-Est Asiatico.

[Tradotto dall’inglese da Nicola Battistini e Maria Lucia Metelli]

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Immagine: Monastero Nanputuo, Xiamen (foto dell’autore)

Jack Meng-Tat Chia è uno storico delle religioni Assistant Professor di storia e studi religiosi presso la National University di Singapore. La sua ricerca è incentrata sul buddhismo e la religione popolare cinese. Chia è autore della monografia Monks in Motion: Buddhism and Modernity Across the South China Sea (Oxford, 2020; traduzione indonesiana: 2022), con la quale ha vinto l’EuroSEAS Humanities Book Prize 2021 ed è stato nominato per il Friedrich Weller Prize 2023. Attualmente sta lavorando a due volumi distinti: Sisters in Dharma: A Buddhist Feminist in Postcolonial Indonesia e Diplomatic Dharma: Buddhist Diplomacy in Modern Asia (sostenuto da un fondo per gli studi umanistici e delle scienze sociali messo a disposizione dal Social Science Research Council Singapore). Dal 2022 è un membro della Royal Historical Society.

References
1 Questo testo è un parziale adattamento in italiano dell’articolo di Jack Meng-Tat Chia, “Diaspora’s Dharma: Buddhist Connections across the South China Sea, 1900–1949”, Contemporary Buddhism, 2020, 21, 1–2, 33–50. Ringraziamo l’autore e l’editore per la gentile concessione. NdT.
2 David L. Wank, “Institutionalizing Modern ‘Religion’ in China’s Buddhism: Political Phases of a Local Revival”, in Y. Ashiwa and D. L. Wank (a cura di), Making Religion, Making the State: The Politics of Religion in Modern China (Stanford: Stanford University Press, 2009), 126–150 (qui: 134–135).
3 Vedi ad esempio: Chen Zhiping  陳支平 (a cura di), Fujian zongjiao shi 福建宗教史 [Storia delle religioni nel Fujian] (Fuzhou: Fujian jiaoyu chubashe, 1996); Gao Lingyin 高令印 et al., Xiamen zongjiao 廈門宗教 [Religioni di Xiamen] (Xiamen: Lujiang chubanshe, 1999); Wang Rongguo 王榮國, Fujian fojiao shi  福建佛教史 [Storia del Buddhism nel Fujian] (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 1997).
4 Yoshiko Ashiwa, “Dynamics of the Buddhist Revival Movement in South China: State, Society, and Transnationalism”, Hitotsubashi Journal of Social Studies 32, 2000, 15–31; Yoshiko Ashiwa, e David L. Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism: Clergy and Devotee Networks in the Twentieth Century”, International Journal of Asian Studies 2, 2, 2005, 217–237; Yoshiko Ashiwa, e David L. Wank, “State, Association, and Religion in Southeast China: The Politics of a Reviving Buddhist Temple”, Journal of Asian Studies 65, 2, 2006, 217–237; Raoul Birnbaum, “Buddhist China at the Century’s Turn”, in David L. Overmyer (a cura di), Religion in China Today (Cambridge: Cambridge University, 2003), 122–144.
5 Ashiwa e Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism” e “State, Association, and Religion”.
6 Vedi Ching-hwang Yen, A Social History of the Chinese in Singapore and Malaya, 1800–1911 (Singapore: Oxford University Press, 1986), e Joyce Ee, “Chinese Migration to Singapore, 1896–1941”, Journal of Southeast Asian History 2, 1, 1961, 33–51.
7 Philip A. Kuhn, 2008. Chinese among Others: Emigration in Modern Times (Lanham: Rowman & Littlefield Publishers, 2008), 185.
8 Si stima che oltre un miliardo di yuan sia stato trasferito dal Sud-Est Asiatico a Xiamen tra il 1905 e il 1937. Vedi James Cook, “Bridges to Modernity: Xiamen, Overseas Chinese, and the Southeast Coastal Modernization, 1843–1937” (Ph.D. dissertation, University of California, San Diego, 1998), 238.
9 Per la storia del buddhismo cinese in queste aree, si veda Jack Meng-Tat Chia, Monks in Motion: Buddhism and Modernity Across the South China Sea (New York: Oxford University Press, 2020).
10 Rongdao Lai, “The Wuchang Ideal: Buddhist Education and Identity Production in Republican China”, Studies in Chinese Religions, 3, 1, 2017, 55–70.
11 Don A. Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism: Taixu’s Reforms (Honolulu: University of Hawai‘i Press, 2001), 2.
12 Vedi Justin R. Ritzinger, Anarchy in the Pure Land: Reinventing the Cult of Maitreya in Modern Chinese Buddhism (New York: Oxford University Press, 2017).
13 Wenxue Zhang, Haiqing Zhuandao chanshi 海清轉道禪師 [Il maestro Chan Haiqing Zhuandao] (Beijing: Zhongguo shehui kexue chubanshe, 2017).
14 Cook, “Bridges to Modernity”, 223–224.
15 Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism, 105–106.
16 Chuanfa Shi 釋傳發, Xinjiapo fojiao fazhan shi 新加坡佛教發展史 [Storia del buddhismo di Singapore] (Singapore: Xinjiapo fojiao jushi lin, 1997).
17 Pittman, Towards a Modern Chinese Buddhism, 255–298.
18 Jayeel S. Cornelio, “Religious Freedom in the Philippines: From Legalities to Lived Experience”, The Review of Faith & International Affairs, 11, 2, 2013, 36–45.
19 Yu Lingbo 於凌波, Zhongguo fojiao haiwai hongfa renwu zhi 中國佛教海外弘法人物誌 [Annali dei missionari d’oltremare del buddhismo cinese] (Taipei: Torch of Wisdom, 1997).
20 Yu, Zhongguo fojiao haiwai hongfa, 169.
21 Per uno studio sul patriottismo buddhista durante la guerra sino-giapponese, vedi Xue Yu, Buddhism, War, and Nationalism: Chinese Monks in the Struggle against Japanese Aggressions, 1931–1945 (New York: Routledge, 2005).
22 Wang Rongguo 王榮國, Fujian fojiao shi  福建佛教史 [Storia del buddhismo del Fujian] (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 1997), 377.
23 Wang, Fujian fojiao shi, 380.
24 Chen Quanzhong 陳全忠, “Huayu zhu Nanhai, tabo gui guguo: Guangqia fashi shengping shulüe” 化雨注南海, 塔波歸故國: 廣洽法師生平述略 [Vita del venerabile Kong Hiap], Minnan foxue yuan xuebao 閩南佛學院學報, 20, 2, 1998, 87–97 (qui: 89).
25 Xiamen fojiao zhi 廈門佛教志 [Annuario del buddhismo di Xiamen] (Xiamen: Xiamen daxue chubashe, 2006), 8.
26 Xiamen fojiao zhi, 50.
27 Ashiwa, “Dynamics of the Buddhist Revival”, Ashiwa e Wank, “The Globalization of Chinese Buddhism” e “State, Association, and Religion”.
28 Birnbaum, “Buddhist China at the Century’s Turn”.