Come sono praticate le religioni tra i cinesi di oggi? Quali culti del passato si mantengono ancora vivi e quali innovazioni sono state introdotte nel corso dei decenni recenti? Come resistono all’incalzare delle nuove ideologie e come prosperano di fronte alle tendenze della modernità? In che modo i nuovi culti convivono con gli aspetti tradizionali della religione dei cinesi? Come rispondono le religioni alle esigenze della società contemporanea, sospese tra spinte globali e involuzioni locali? Lo speciale su “Culto e pratiche” si propone di confrontarsi con alcune di queste questioni, andando a esplorare un aspetto della società cinese finora solo occasionalmente toccato sulle pagine di Sinosfere.
La religione, che si manifesti attraverso pratiche e rituali funzionali al contesto sociale o tramite la coltivazione intima del culto individuale, riveste un ruolo importante nella vita della maggioranza dei cinesi.
Come è noto, tradizionalmente non vige tra i cinesi una generalizzata esclusività del credo. A eccezione degli aderenti al cristianesimo o all’islam e a poche altre forme di credo esclusivo, solo i religiosi ordinati e i laici più devoti delle religioni diffuse nel mondo sinico si identificano con una sola fede. In genere, nelle società cinesi vige in ambito religioso un atteggiamento non-esclusivista, che riconosce a ciascuna pratica e a ciascun culto una propria validità in campi specifici della comunicazione con il mondo sottile o della coltivazione spirituale, senza comportare necessariamente aderenza a un insieme di dogmi e il rifiuto di altri. In un contesto siffatto, la “conta” dei credenti diventa un’impresa ardua. E infatti, i vari sondaggi consegnano quadri variabili e poco netti. A Taiwan, ad esempio, si stima che circa il 50% della popolazione pratichi la religione popolare, il 14% il buddhismo e il 12,4% il taoismo, e che il 5,5% appartenga a denominazioni protestanti, il 2,1% allo I-Kuan Tao e l’1,3% al cattolicesimo, seguito da un’ampia gamma di altre fedi e nuove religioni (Academia Sinica 2019); se solo il 13,2% si dichiara non credente, l’80% dei taiwanesi afferma di combinare pratiche e culti di fedi diverse.1)Per una panoramica sulle religioni a Taiwan (ROC), con riferimento a diversi sondaggi e fonti, vedi American Institute in Taiwan, “Taiwan 2021 International Religious Freedom Report”, 2 Giugno 2022, disponibile on-line: https://www.ait.org.tw/2021-international-religious-freedom-report-taiwan-part/ e https://www.state.gov/reports/2021-report-on-international-religious-freedom/taiwan/
Nella Repubblica Popolare Cinese la situazione è ulteriormente complicata dall’ateismo ufficiale del governo e dal riconoscimento di sole cinque religioni nazionali (buddhismo, taoismo, islam, cattolicesimo e protestantesimo), con la conseguente negazione di legittimità alle nuove religioni o ai culti locali. Va tuttavia rilevato che, sebbene i culti locali non siano ancora considerati ufficialmente pratiche religiose “regolari”, negli ultimi anni le autorità della RPC hanno iniziato a tollerare parte di queste forme di culto. Così, il quadro della distribuzione dell’appartenenza religiosa in Cina che emerge dagli ultimi sondaggi non è molto diverso da quello taiwanese. Secondo i dati più recenti, il 70% della popolazione segue la religione popolare, il 33,4% il buddhismo e il 19,6% il taoismo, ma circa il 50% combina tra loro almeno due forme di religione; i protestanti sono il 5,8% della popolazione, i cattolici il 4,2% e i musulmani il 3,8% (sorprendentemente, anche in questi casi, la maggior parte del campione dichiara di dedicarsi a pratiche di almeno un’altra fede) mentre solo il 25% dei cittadini della RPC si dichiara non religioso (China Family Panel Studies 2018 e State Council Information Office 2019).2)Lo studio più recente a nostra disposizione sulla Repubblica Popolare Cinese (RPC), con un’ampia selezione di fonti e studi precedenti, è: Katharina Wenzel-Teuber, “Statistics on Religions and Churches in the People’s Republic of China – Update for the Year 2022”, Religions & Christianity in Today’s China, 2, 2023, 18–44. Oltre a riportare dati sulle cinque religioni ufficiali, come è consuetudine per questa pubblicazione, il numero di quest’anno è incentrato sui culti della religione popolare.
Benché a nostra conoscenza non esistano stime generali riferibili alla diaspora cinese, la religiosità dei migranti di origine cinese nel sud-est asiatico, in America e in Europa sembra non essere molto dissimile da quanto visto sopra.3)Lo studio delle religioni cinesi in contesto migratorio è un campo nuovo e in rapido sviluppo; il nostro speciale tratterà casi specifici relativi al sud-est asiatico e al continente americano. Sull’argomento si veda, a titolo esemplificativo, il volume collettaneo curato da Nanlai Cao, Giuseppe Giordan e Fenggang Yang, Chinese Religions Going Global (Leuven: Brill, 2020). Per il sud-est asiatico si rimanda anche allo Special Issue “Chinese Temples and Rituals in Southeast Asia” (Religions 11–12, 2020). Un caso esemplificativo della varietà di culti e pratiche che ho potuto apprezzare di recente è rappresentato dal contesto californiano. La nostra copertina ritrae il Bok Kai Mui 北溪廟 di Marysville, un tempio taoista della metà del diciannovesimo secolo ancora molto attivo presso la popolazione sino-americana. La California è una terra costellata di templi taoisti e della religione popolare, ma dove hanno sede anche alcuni dei più attivi monasteri buddhisti di tradizione cinese.4)Per taoismo e religione popolare, si veda il recente volume curato da Chuimei Ho e Bennet Bronson, Chinese Traditional Religion and Temples in North America, 1849-1920: California (pubblicazione indipendente: 2022). La California ospita inoltre due dei più grandi monasteri buddhisti cinesi nell’emisfero occidentale: la City of Ten Thousand Buddhas (Wanfo shengcheng 萬佛聖城), presso Ukiah, e il Hsi Lai Temple 西來寺 a Los Angeles, oltre a decine di altri templi buddhisti minori. Vi si trova inoltre un’alta percentuale di cinesi cristiani.5)Ad esempio, studi della fine degli anni ’90 stimavano che circa il 30% dei cinesi di Los Angeles fosse di fede cristiana. Vedi Chen Feng, Jessica Lynn, The Lived Experience of Chinese American Christians in Family Life (Ph.D. Diss.: Loma Linda University, 2014).
Simile a quello americano è il caso della religiosità delle comunità cinesi in Italia, su cui è attualmente in corso una ricerca che mi coinvolge insieme ad alcuni colleghi sinologi e storici delle religioni cinesi.6)Ne tratteremo ad esempio in occasione del XIX Convegno AISC 2023 (21–23 settembre 2023), nel panel “Luoghi di culto e pratiche religiose dei cinesi in Italia”. Partecipanti: Ester Bianchi, Daniele Brigadoi Cologna, Raissa De Gruttola, Monica Romano, Eva Salerno, Jacopo Scarin e Francesca Tarocco. Anche la maggior parte dei cinesi in Italia si identifica come cristiana o buddhista. I cristiani appartengono principalmente alla denominazione evangelica, con un recente incremento dei cinesi di fede cattolica. Il buddhismo cinese è rappresentato da tre influenti istituzioni semi-monastiche, situate a Roma, Prato e Napoli (affiliate rispettivamente a un monastero di Taiwan e due della RPC), e da una serie di altri centri buddhisti minori.7)Ester Bianchi, “The Puhuasi 普華寺: Longing for Trustworthiness and Recognition. Transformations in the Religious Identity and Institutional Affiliation of the Chinese Buddhist Temple in Prato”, Journal of Chinese Buddhist Studies,33, 2020, 171–202. Su tutto il territorio vi sono inoltre numerosi “templi in garage”, taoisti e/o della religione popolare. Non mancano infine anche in Italia gruppi di cinesi dediti alle nuove religioni.
Si comprende quindi quanto la religione sia una sfera complessa ed estremamente sfaccettata della vita dei cinesi, che per essere inquadrata anche solo parzialmente richiede la collaborazione di esperti provenienti da discipline diverse. La nostra ambizione era quella di coprire, attraverso casi studio significativi, la religione della Grande Cina (Cina, Taiwan, Hong Kong, Macao) e della diaspora, mettendo in evidenza specificità locali, tendenze nazionali e il contesto transnazionale.
La risposta dei colleghi – a cui esprimo la mia sincera gratitudine – è stata entusiasta e numerosa, tanto da consentirci di realizzare due numeri di Costellazioni, uno per l’estate e l’altro in uscita nell’autunno del 2023, con il coinvolgimento di sedici autori di varia formazione, tra cui storici, studiosi di scienze delle religioni, antropologi, filologi, osservatori specializzati e operatori del culto. Abbiamo chiesto a tutti di fornire una riflessione sul proprio specifico campo di interesse, con un focus sulle modalità del culto e sulla varietà delle pratiche. Il risultato è un affascinante caleidoscopio composto da diverse finestre su altrettante realtà della religione tra i cinesi, che toccano un’ampia varietà di antichi culti e pratiche tradizionali rivisitate (quali la liturgia, la preghiera e le pratiche comunitarie, i rituali per i defunti, il culto degli antenati, forme di divinazione e di geomanzia) e nuove pratiche moderne (impegno sociale, pratiche per il benessere psicofisico, sviluppi scientifici ecc.).
Nell’insieme, i diversi autori coinvolti ci offrono scorci suggestivi su vari aspetti del culto e delle pratiche nelle società cinesi di oggi. Più nello specifico, i due numeri di questo speciale includono quattro contributi sul taoismo e sulla religione popolare, incentrati sui riti funebri nella Cina settentrionale, l’applicazione moderna del fengshui, la liturgia taoista e la circolazione di testi religiosi online. Due contributi propongono diverse prospettive sul buddhismo cinese nella diaspora del sud-est asiatico e del continente americano. L’impatto della modernità emerge in particolare nei saggi dedicati al nuovo fenomeno della mindfulness e al dialogo tra buddhismo e scienze. Due saggi propongono esempi di ibridazione culturale nel contesto non-Han dei buddhisti tibetani e dei Naxi dello Yunnan. Quanto alle religioni del libro, “Culto e pratiche” offre una panoramica sul cattolicesimo nella Grande Cina e tra i cinesi cattolici ed evangelici in Europa e in Italia e riflessioni sulla pratica dell’Islam a Taiwan e sul culto dei martiri islamici nella RPC. Infine, sarà presentato lo sviluppo del dialogo interreligioso di matrice cattolica nella Sinosfera.
Il primo numero si apre con il saggio di Jacopo Scarin (Università Ca’ Foscari) dal titolo “Tao, tempo e divinità: la liturgia taoista contemporanea in prospettiva diacronica”. L’autore presenta il taoismo come una religione stratificata sviluppatasi assimilando tradizioni diverse, così da rendere difficile distinguerlo in modo netto dalla religione popolare. Di questo processo in divenire troviamo traccia nel vario e ricco rituale taoista, rimasto centrale nel corso dei secoli e in grado di restituirci l’immagine di una “religione non meramente contemplata, ma praticata, dalle solide fondamenta liturgiche finalizzate alla soluzione di problemi concreti”. Scarin offre una panoramica sull’evoluzione della liturgia durante la storia imperiale, passando attraverso l’ondata iconoclasta maoista fino agli sviluppi contemporanei. Questi ultimi sono segnati da semplificazione, uniformazione e ibridazione. Il saggio presenta le principali forme del rituale e il calendario liturgico e si conclude con un interessante approfondimento sull’epoca della pandemia.
La semplificazione moderna del rituale taoista è affrontata anche nel saggio di Stephen Jones (studioso indipendente), che abbiamo avuto il permesso di tradurre da un post del suo frizzante blog dedicato alla famiglia taoista Li. “Un funerale imperfetto. Ritualità taoista nella Cina settentrionale” ci introduce a una particolare forma del rito taoista contemporaneo. Jones pone l’attenzione sui cambiamenti stimolati dall’incontro con la vita moderna, un aspetto spesso trascurato nella letteratura di genere, che si concentra sulla “ricreazione delle glorie dell’antica Cina” e sulla ricerca di “reperti viventi”. Nello specifico, il saggio presenta alcuni casi di “declino” rituale osservati dall’autore durante il lavoro etnografico, concentrandosi in particolare su un funerale di tre giorni officiato dai Li nella campagna dello Shanxi nel 2011. La ricchezza del rito descritto si accompagna alla consapevolezza che il contenuto della liturgia è stato “diluito e omogeneizzato”, principalmente a causa delle esigenze sbrigative dei committenti e della loro ignoranza rituale.
Anche Jens Reinke (University of the West) tratta il tema della liturgia moderna, ma traghettandoci oltreoceano nel contesto della trasmissione e ricezione del buddhismo cinese negli Stati Uniti. In “Traduttore, traditore? Le dinamiche di traduzione e autorità nel contesto della diffusione globale dei format rituali del buddhismo Mahāyāna cinese”, Reinke condivide le sue riflessioni sugli obiettivi e le modalità di traduzione dei canti liturgici per le assemblee del Dharma presso il tempio Fo Guang Shan di Los Angeles. Le strategie traduttive sviluppate da un giovane laico sino-americano sono confrontate con un’analoga iniziativa di tipo top-down sostenuta dalla sede centrale del Fo Guang Shan. È significativo il fatto che, nonostante l’impegno profuso per la diffusione del Dharma nella lingua locale, le assemblee in inglese hanno avuto vita breve, probabilmente a causa di questioni legate alla preservazione dell’ortodossia.
Il saggio di Jack Meng-Tat Chia (Singapore National University) intitolato “Il Dharma della Diaspora: connessioni buddhiste attraverso il Mar Cinese Meridionale”, esamina l’evoluzione della rete di rapporti buddhisti tra la Cina sud-orientale e il sud-est asiatico nella prima metà del ventesimo secolo, focalizzandosi sul monastero di Nanputuo 南普陀. Chia mette in luce il ruolo chiave dei cinesi d’oltremare nel sostenere finanziariamente il buddhismo in Cina, illustrando al contempo la conseguente diffusione in Malesia e a Singapore di pratiche tipiche del buddhismo modernista, come la fondazione di organizzazioni laiche, la promozione di opere di beneficenza e filantropiche, l’impegno sociale dei monaci e lo sviluppo di attività nazionalistiche, aspetti che caratterizzano ancora oggi il buddhismo cinese dell’area.
Il buddhismo modernista è sullo sfondo anche del saggio di Matteo Sgorbati (Università di Perugia e Ghent University) su “Inconscio e rinascita: la psicoanalisi dal punto di vista del buddhismo cinese”. L’autore descrive la convinzione diffusa tra i buddhisti cinesi moderni e contemporanei che alcuni concetti psicanalitici, come l’inconscio e il complesso edipico, siano stati spiegati anche (e prima) dal buddhismo, in particolare dalla scuola yogācāra. Ma l’analogia tra le due discipline non implica equità, dato che – come già illustrato da Jung – secondo questo approccio cinese moderno la psicanalisi, limitata com’è all’ambito terapeutico, è inferiore rispetto alla pratica buddhista. Secondo Sgorbati, il confronto con la psicoanalisi non porta a una psicologizzazione della pratica buddhista, ma piuttosto a una “buddhificazione” della psicoanalisi.
Elsa Ngar-sze Lau (Chinese University di Hong Kong), esperta nello sviluppo della vipassanā nella Cina continentale, ha scritto per noi un saggio intitolato “Meditare per il benessere nella Cina contemporanea: dalla vipassanā alla mindfulness”. Il saggio affronta la diffusione delle pratiche di meditazione transnazionale in un contesto secolare basandosi su una vasta gamma di casi etnografici. In particolare, l’autrice riporta che la vipassanā e la mindfulness sono sempre più praticate per migliorare il benessere fisico e mentale della popolazione, a fronte dell’aumento dei problemi di salute mentale nel paese e della crescente domanda di servizi psicologici e di consulenza. Nelle conclusioni, Lau riflette sul fatto che, con la tendenza alla privatizzazione delle esperienze spirituali, concetti come religione e spiritualità sono in continua riformulazione.
Il saggio di Cristiana Turini (Università di Macerata) “Interrogare il cosmo, interpretare i segni: processi di ibridazione ed eterogeneizzazione culturale nell’arte divinatoria tra Yunnan, Sichuan e Tibet” ci introduce al tema dell’arte divinatoria nell’area che comprende il nord-ovest dello Yunnan, il sud-ovest del Sichuan e il Tibet. È questa un’ampia area culturale in cui vige un particolare legame tra entità soprannaturali e il mondo umano, tale da rendere indispensabili figure come il divinatore o lo sciamano. In una simile regione dai confini porosi, la divinazione è un fenomeno composito e fluido. Turini ci presenta evidenti analogie tra le pratiche mantiche Naxi, di cui è un’esperta, e quelle di popolazioni limitrofe, in particolar dei tibetani, suggerendo processi di contaminazione, ibridazione e indigenizzazione.
Infine, Francesca Rosati (Università di Leiden) presenta “L’Islam a Taiwan: fede, comunità e translocalità: il caso dei musulmani yunnanesi della moschea di Longgang”. Basato su un’indagine etnografica condotta tra il 2012 e il 2022, il saggio esplora le strategie di acculturazione adottate dai musulmani thai-birmani di origine yunnanese all’interno della società taiwanese. Rosati evidenzia l’identità ibrida e stratificata di questo specifico gruppo sociale, teso tra identità musulmana, di huaqiaodel sud-est asiatico, yunnanese e taiwanese. Caso esemplare di integrazione riuscita, il gruppo ha evitato l’assimilazione attraverso il mantenimento e l’esibizione di pratiche religiose come la dieta, il codice di abbigliamento e lo stile di vita islamico e si è guadagnato il ruolo di interlocutore dello Stato per l’eterogenea comunità musulmana di Taiwan.
Non ci resta che lasciarvi alla lettura dei saggi, che speriamo sia piacevole e ricca di stimoli e vi lasci con il desiderio di leggere il nuovo numero in autunno che, con approfondimenti su taoismo, buddhismo etnico e islam e un focus specifico sul cristianesimo, si preannuncia altrettanto appassionante.
Immagine: Bok Kai Temple, Marysville (foto dell’autrice)
Ester Bianchi (membro del comitato scientifico di Sinosfere) insegna religioni e filosofia della Cina e società e cultura cinese all’Università degli studi di Perugia. La sua ricerca verte sul buddhismo cinese e sino-tibetano. Attualmente è impegnata in studi sul revival delle antiche pratiche di meditazione e sulla diffusione del modello del buddhismo Theravāda nella Cina moderna.
↑1 | Per una panoramica sulle religioni a Taiwan (ROC), con riferimento a diversi sondaggi e fonti, vedi American Institute in Taiwan, “Taiwan 2021 International Religious Freedom Report”, 2 Giugno 2022, disponibile on-line: https://www.ait.org.tw/2021-international-religious-freedom-report-taiwan-part/ e https://www.state.gov/reports/2021-report-on-international-religious-freedom/taiwan/ |
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↑2 | Lo studio più recente a nostra disposizione sulla Repubblica Popolare Cinese (RPC), con un’ampia selezione di fonti e studi precedenti, è: Katharina Wenzel-Teuber, “Statistics on Religions and Churches in the People’s Republic of China – Update for the Year 2022”, Religions & Christianity in Today’s China, 2, 2023, 18–44. Oltre a riportare dati sulle cinque religioni ufficiali, come è consuetudine per questa pubblicazione, il numero di quest’anno è incentrato sui culti della religione popolare. |
↑3 | Lo studio delle religioni cinesi in contesto migratorio è un campo nuovo e in rapido sviluppo; il nostro speciale tratterà casi specifici relativi al sud-est asiatico e al continente americano. Sull’argomento si veda, a titolo esemplificativo, il volume collettaneo curato da Nanlai Cao, Giuseppe Giordan e Fenggang Yang, Chinese Religions Going Global (Leuven: Brill, 2020). Per il sud-est asiatico si rimanda anche allo Special Issue “Chinese Temples and Rituals in Southeast Asia” (Religions 11–12, 2020). |
↑4 | Per taoismo e religione popolare, si veda il recente volume curato da Chuimei Ho e Bennet Bronson, Chinese Traditional Religion and Temples in North America, 1849-1920: California (pubblicazione indipendente: 2022). La California ospita inoltre due dei più grandi monasteri buddhisti cinesi nell’emisfero occidentale: la City of Ten Thousand Buddhas (Wanfo shengcheng 萬佛聖城), presso Ukiah, e il Hsi Lai Temple 西來寺 a Los Angeles, oltre a decine di altri templi buddhisti minori. |
↑5 | Ad esempio, studi della fine degli anni ’90 stimavano che circa il 30% dei cinesi di Los Angeles fosse di fede cristiana. Vedi Chen Feng, Jessica Lynn, The Lived Experience of Chinese American Christians in Family Life (Ph.D. Diss.: Loma Linda University, 2014). |
↑6 | Ne tratteremo ad esempio in occasione del XIX Convegno AISC 2023 (21–23 settembre 2023), nel panel “Luoghi di culto e pratiche religiose dei cinesi in Italia”. Partecipanti: Ester Bianchi, Daniele Brigadoi Cologna, Raissa De Gruttola, Monica Romano, Eva Salerno, Jacopo Scarin e Francesca Tarocco. |
↑7 | Ester Bianchi, “The Puhuasi 普華寺: Longing for Trustworthiness and Recognition. Transformations in the Religious Identity and Institutional Affiliation of the Chinese Buddhist Temple in Prato”, Journal of Chinese Buddhist Studies,33, 2020, 171–202. |