La proiezione esterna della Cina presenta implicazioni cruciali per le trasformazioni in atto nello spazio politico internazionale. Dalla fine della Guerra fredda, Pechino ha declinato le proprie ambizioni in chiave prevalentemente regionale, concentrandosi cioè sulla propria tradizionale “periferia” (zhoubian 周边), l’ampia regione che include Asia orientale, Sudest asiatico, subcontinente indiano, Asia centrale ed estremo oriente russo. È questa regione l’oggetto del più rilevante sotto-settore della politica estera cinese – la politica regionale, o appunto “diplomazia periferica” (zhoubian waijiao 周边外交) – nonché l’orizzonte di riferimento di alcune delle più importanti iniziative promosse dalla Cina negli ultimi decenni, a partire dalla Shanghai Cooperation Organization. In tempi più recenti, tuttavia, Pechino pare essersi spinta ben oltre le frontiere di questa tradizionale periferia, come evidenziato in particolare nel caso della Belt and Road Initiative (Yi Dai Yi Lu Changyi 一带一路倡议, BRI), di gran lunga la più ambiziosa fra le iniziative di politica estera avanzate dalla Cina nell’ultimo decennio.

Che le ambizioni cinesi si manifestino entro un orizzonte regionale o globale non è, però, indifferente ai fini della riorganizzazione dello spazio politico internazionale. Al contrario, la proiezione della Cina può – a seconda dell’orizzonte assunto – favorire processi di frammentazione in chiave regionale o, al contrario, processi di integrazione globale. Il presente contributo intende proporre alcune riflessioni attorno al rapporto tra orizzonti spaziali della politica estera cinese e riorganizzazione dello spazio politico globale. Il primo paragrafo fornisce alcune coordinate teoriche a partire dal dibattito in corso nella teoria delle Relazioni internazionali su ordine e spazio politico globale. Il secondo e terzo paragrafo guardano quindi a due casi di studio, nel tentativo di decifrare gli orizzonti spaziali della politica estera cinese e le loro implicazioni per la riorganizzazione dello spazio politico globale: la BRI e due nuove iniziative lanciate più recentemente – la Global Development Initiative (Quanqiu Fazhan Changyi 全球发展倡议, GDI) e la Global Security Initiative (Quanqiu Anquan Changyi 全球安全倡议, GSI).1)Per una trattazione più approfondita del caso della BRI, mi permetto di rinviare a Simone Dossi, “China’s rise, the Belt & Road Initiative and the future of the global order”, in Dragan Pavlićević e Nicole Talmacs (a cura di), The China Question: Contestations and Adaptations (London: Palgrave Macmillan, 2022), 21-42.

Contraddizioni nello spazio politico globale

Sin dagli anni Novanta, le implicazioni dell’ascesa della Cina per la politica internazionale sono state discusse in Occidente soprattutto nella prospettiva teorica dell’ordine internazionale liberale. Nella teoria delle Relazioni internazionali, si intende con questa espressione quell’ordine a guida americana che – dalla fine della Guerra fredda – ha avuto l’ambizione di regolare la convivenza globale in conformità con i valori liberali dell’Occidente euro-americano: liberalismo economico, vale a dire libero mercato, nella declinazione internazionale di libertà di commercio e investimenti; liberalismo politico, cioè diffusione della democrazia e rispetto dei diritti umani; e liberalismo istituzionale, inteso come promozione di forme avanzate di multilateralismo che limitino la sovranità degli Stati.2)Sull’ordine internazionale liberale e sulla sua crisi attuale si veda Vittorio Emanuele Parsi, Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale (Bologna: Il Mulino, 2022). Si è quindi discusso della sfida che la Cina porrebbe per la preservazione di questo ordine internazionale, con la formulazione di tesi differenti a seconda delle premesse teoriche adottate. Da un lato, gli studiosi di scuola realista hanno tipicamente evidenziato la sfida che l’ascesa cinese porrebbe di per sé all’ordine internazionale minandone il fondamento strutturale, vale a dire il ruolo egemonico degli Stati Uniti quale “portatore” dell’ordine. Dall’altro gli studiosi di orientamento liberale hanno teorizzato la possibilità di cooptare la Cina nell’ordine internazionale liberale attraverso processi di socializzazione.3)Per una ricostruzione del dibattito si veda Matteo Dian, La Cina, gli Stati Uniti e il futuro dell’ordine internazionale(Bologna: Il Mulino, 2021).

Come osserva Alessandro Colombo, tuttavia, la prospettiva teorica dell’ordine internazionale liberale tende a nascondere la più complessa dinamica spaziale che contraddistingue la politica internazionale contemporanea.4)Alessandro Colombo, Il governo mondiale dell’emergenza. Dall’apoteosi della sicurezza all’epidemia dell’insicurezza (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2022). Leggere le vicende attuali alla luce della tensione fra l’ordine internazionale liberale e i suoi sfidanti – o leggerle alla luce del conflitto fra democrazia e autoritarismo, che è sostanzialmente la stessa cosa – porta a trascurare un formidabile vettore di trasformazione che ha segnato la parabola politica del secolo scorso, plasmando i caratteri fondamentali della competizione politica attuale: il declino della centralità dell’Occidente e l’ascesa di soggetti non occidentali come attori di primo piano della politica internazionale. La prospettiva dell’ordine internazionale liberale è cioè una prospettiva essenzialmente occidentale alla politica internazionale e in quanto tale non aiuta a cogliere una contraddizione fondamentale nello spazio politico internazionale all’inizio del XXI secolo: la contraddizione fra un ordine internazionale che si vuole sempre più globale e un sistema internazionale che è sempre più frammentato e decentrato.

Da un lato, l’ordine internazionale – inteso come l’insieme delle norme, delle regole e delle istituzioni che orientano la convivenza internazionale – si caratterizza oggi per le sue ambizioni globali. Nato su iniziativa americana all’indomani della Seconda guerra mondiale, l’ordine internazionale liberale funzionava originariamente da “ordine interno” (inside order) dell’Occidente nel più ampio contesto della competizione bipolare. Con la fine della Guerra fredda e la scomparsa dell’alternativa sovietica, l’ordine internazionale liberale si globalizza attraverso la progressiva integrazione di Stati che non ne avevano fatto parte in origine. È emblematica, in particolare, l’istituzione della World Trade Organization, che estende su scala globale e approfondisce il regime di libero scambio introdotto originariamente dal General Agreement on Tariffs and Trade nel solo blocco occidentale. Mai come prima, lo spazio politico internazionale risulta dunque integrato sul piano delle norme, delle regole e delle istituzioni in un unico ordine internazionale globale.5)Sulla globalizzazione dell’ordine internazionale liberale si veda G. John Ikenberry, Liberal Leviathan. The Origins, Crisis, and Transformation of the American World Order (Princeton: Princeton University Press, 2011).

Dall’altro lato, tuttavia, il sistema internazionale – inteso come la rete delle interdipendenze strategiche tra Stati – si caratterizza per una opposta tendenza alla frammentazione. Su questo piano, il massimo dell’integrazione globale era stato conseguito proprio negli anni della Guerra fredda, quando la competizione bipolare fra Stati Uniti e Unione Sovietica aveva costituito un potente fattore di unificazione globale. La rete delle contrapposte alleanze, con le proprie ramificazioni regionali, produceva infatti una stretta integrazione dei differenti contesti regionali in un unico, integrato sistema globale della politica internazionale. Con la fine della Guerra fredda, il venir meno di questo fattore di integrazione ha innescato processi di scomposizione spaziale del sistema. Dissoltosi il blocco sovietico e, conseguentemente, il relativo sistema di alleanze, l’assenza di un nuovo grande conflitto globale ha favorito la reciproca autonomia strategica dei diversi contesti regionali, nei quali sono riemerse dinamiche interne a lungo contenute dalla dinamica bipolare. Così, sul piano delle interazioni strategiche, lo spazio politico internazionale risulta oggi frammentato in “complessi regionali di sicurezza” (regional security complexes) sempre più autonomi l’uno dall’altro, con la proiezione globale degli Stati Uniti come ultimo, residuo vettore di globalità.6)Sulla parabola dello spazio politico globale tra Novecento e inizi del XXI secolo si veda Alessandro Colombo, La disunità del mondo. Dopo il secolo globale (Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2010).

A un tessuto di norme, regole e istituzioni che si globalizza corrisponde dunque una trama di conflittualità politiche che si regionalizza, alimentando spinte contraddittorie nella riorganizzazione dello spazio politico internazionale agli inizi del XXI secolo. La direzione che tale riorganizzazione assumerà dipende significativamente dagli orientamenti spaziali delle potenze (non occidentali) in ascesa. Se queste articoleranno le proprie crescenti ambizioni in una logica prevalentemente regionale, puntando in particolare a stabilire un sistema separato di norme, regole e istituzioni nella propria periferia, ne risulterà rafforzata la spinta alla frammentazione, trasposta a questo punto dal terreno del sistema a quello dell’ordine. Viceversa, se le ambizioni delle potenze in ascesa saranno articolate in una logica globale, con l’affermazione di una visione alternativa per norme, regole e istituzioni globali, la spinta alla frammentazione verrà bilanciata da una nuova, potente spinta all’integrazione. Il ruolo che la Cina giocherà in questo processo è di particolare importanza, considerate le risorse materiali di cui il paese dispone e le ambizioni espresse specialmente nell’ultimo decennio. Diventa dunque cruciale comprendere l’orientamento spaziale di queste ambizioni, in particolare il loro orientamento regionale oppure globale.

La BRI tra orizzonte regionale (allargato) e orizzonte globale

A questo fine, un punto di riferimento obbligato è la BRI, quale grande progetto cinese di “space-and-order shaping” – vale a dire, progetto di riorganizzazione dell’ordine precisamente attraverso la riorganizzazione dello spazio.7)Anna Caffarena e Giuseppe Gabusi, “China’s Belt and Road Initiative in Eurasia: Space Shaping as Ordering”, in Serena Giusti e Irina Mirkina (a cura di), The EU in a Trans-European Space. External Relations across Europe, Asia and the Middle East (Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2019), 65-85. Sulla BRI si veda Giovanni B. Andornino, “The Belt and Road Initiative in China’s Emerging Grand Strategy of Connective Leadership”, China & World Economy, 25, 5, 2017, 4-22. Non è un caso se proprio la BRI ha occupato un posto importante nel dibattito occidentale degli ultimi anni sulle implicazioni dell’ascesa cinese per l’ordine internazionale liberale. Proprio la BRI, infatti, è stata considerata l’indicatore più significativo dell’atteggiamento della Cina verso l’ordine, dando luogo a interpretazioni differenti. Da un lato, alcuni studiosi hanno visto nell’iniziativa il tentativo cinese di promuovere una visione dell’ordine radicalmente alternativa a quella occidentale, facendo leva sui grandi progetti infrastrutturali per promuovere norme, regole e istituzioni in competizione con quelle dell’ordine internazionale liberale. Dall’altro lato, alcuni studiosi hanno evidenziato gli elementi di compatibilità tra la BRI e l’ordine internazionale a guida americana, specialmente sul piano del comune sostegno ai processi di integrazione economica, ravvisando così nell’iniziativa cinese un’indicazione della socializzazione di Pechino a taluni aspetti dell’ordine vigente.8)Per una rassegna della letteratura si veda Dossi, “China’s rise”.

Se la BRI manifesta elementi di ambiguità rispetto all’ordine, le ambiguità sono ancor più evidenti rispetto ai processi di riorganizzazione dello spazio politico internazionale. È qui necessario richiamare brevemente il contesto nel quale l’iniziativa vede la luce, vale a dire la riflessione strategica cinese su come reagire al cosiddetto “Pivot to Asia” – il rafforzamento della proiezione diplomatica, economica e militare degli Stati Uniti verso l’Asia perseguito dall’amministrazione Obama. Agli inizi del decennio scorso, dinanzi allo scenario di una competizione crescente con gli Stati Uniti nell’Asia orientale marittima, gli studiosi cinesi si confrontano su di un riorientamento della politica estera del paese verso l’entroterra continentale, che sottragga la Cina a un “gioco a somma zero” con la potenza egemone. La riflessione trae linfa dal dibattito accademico sviluppatosi negli anni precedenti sul ruolo di “potere continentale” (luquan 陆权) e “potere marittimo” (haiquan 海权) nella nuova geopolitica della Cina.9)Una ricostruzione di questo dibattito è proposta in Simone Dossi, “Dal dibattito accademico al progetto geopolitico: le Nuove Vie della Seta fra potere marittimo e potere continentale”, Geography Notebooks, 1, 1, 2018, 111-122. È questo il milieu nel quale la BRI viene annunciata alla fine del 2013 come iniziativa che mira a riposizionare geopoliticamente la Cina all’interno di una periferia allargata sino a includere l’intero continente eurasiatico. L’orizzonte spaziale originario della BRI è, in questo senso, un orizzonte non globale bensì regionale nella sua logica fondamentale: la BRI non si propone cioè – in un primo momento – come iniziativa finalizzata alla riorganizzazione dello spazio globale, bensì come iniziativa volta a espandere le frontiere della “periferia” tradizionale, creando lo spazio necessario ad assorbire l’urto del pivot americano.

Questa grammatica essenzialmente regionale è evidente in tutti i principali discorsi sulla BRI pronunciati dai leader cinesi tra il 2013 e il 2015 e nei documenti ufficiali pubblicati nello stesso periodo. È il caso, in particolare, del più programmatico fra i documenti di questi anni, il documento di Visione e azioni pubblicato nel 2015. Qui l’orizzonte spaziale dell’iniziativa è chiaramente limitato all’Eurasia, con alcuni circoscritti sconfinamenti verso l’Africa e l’Australia. Questa la descrizione – in linguaggio eminentemente geopolitico – del perimetro dell’iniziativa:

La BRI collega il continente asiatico-europeo-africano: a un’estremità vi è la sfera economica in espansione dell’Asia orientale, all’altra la sfera economica sviluppata dell’Europa, mentre al centro si trovano vasti paesi dell’entroterra dalle straordinarie potenzialità di sviluppo economico. La Cintura economica della Via della seta punta a connettere la Cina all’Europa (Mar baltico) attraverso l’Asia centrale e la Russia; al Golfo persico e al Mar mediterraneo attraverso l’Asia centrale e occidentale; e al Sudest asiatico, all’Asia meridionale e all’Oceano indiano. La Via della seta marittima del XXI secolo ha per direttrici prioritarie quella dai porti costieri della Cina attraverso il Mar cinese meridionale verso l’Oceano indiano e poi sino all’Europa; e attraverso il Mar cinese meridionale verso l’Oceano pacifico meridionale.10)Guojia fazhan gaige wei  国家发展改革委 [Commissione statale per lo sviluppo e la riforma], Waijiao bu 外交部 [Ministero degli Affari esteri] e Shangwu bu 商务部 [Ministero del Commercio], Tuidong gongjian sichou zhi lu jingji dai he 21 shiji haishang sichou zhi lu de yuanjing he xingdong 推动共建丝绸之路经济带和 21世纪海上丝绸之路的愿景与行动 [Visione e azioni per promuovere la comune costruzione della Cintura economica della Via della seta e della Via della seta marittima del XXI secolo], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 26 marzo 2015, 4.

L’orizzonte spaziale dell’iniziativa è dunque il “continente asiatico-europeo-africano” (Ya Ou Fei dalu 亚欧非大陆), dove l’Africa compare come mera appendice della massa continentale eurasiatica e degli spazi marittimi contigui. È interessante notare, peraltro, come l’Eurasia stessa sia ridefinita ponendo al centro l’Asia, come suggerito dalla scelta del termine “Asia-Europa” (Ya Ou 亚欧) in luogo del più tradizionale “Eurasia” (Ouya 欧亚). L’utilizzo sistematico del primo termine è indicativo di una strategia discorsiva volta a riorganizzare lo spazio regionale, creando una periferia allargata che include l’intera Eurasia ma è incentrata sull’Asia e, in ultima istanza, sulla Cina stessa quale fulcro da cui la BRI si irradia.

Se questo è l’orizzonte originario della BRI, la situazione cambia però a partire dal 2017, quando iniziano a manifestarsi segnali di una proiezione al di là dell’Eurasia. In particolare, la BRI inizia a essere sistematicamente associata al concetto di “comunità di destino dell’umanità” (renlei mingyun gongtongti 人类命运共同体), utilizzato nel discorso ufficiale per articolare una visione cinese della politica internazionale – una visione non circoscritta entro un perimetro regionale, bensì estesa su scala globale. Associata alla “comunità”, la BRI amplia così il proprio orizzonte spaziale in direzione potenzialmente globale, come emerge già in occasione del Belt and Road Forum for International Cooperation del 2017. Qui la BRI viene appunto presentata come strumento per realizzare la “comunità di destino dell’umanità” – strumento, dunque, per conseguire obiettivi globali e non più meramente regionali. Questo schema discorsivo si ripropone pressocché immutato pochi mesi più tardi, in occasione del XIX Congresso nazionale del Partito comunista cinese, quando la BRI e la “comunità” vengono insieme inserite nello Statuto del Partito.

È però soprattutto nel documento di aggiornamento del 2019 su Progressi, contributi e prospettiveche questo ampliamento dell’orizzonte spaziale si manifesta più compiutamente. La BRI viene qui presentata come contributo della Cina alla “riforma dell’attuale sistema di governance globale” e come progetto aperto all’adesione di paesi ovunque nel globo. È interessante notare che il concetto di “continente asiatico-europeo-africano” così centrale nel documento del 2015 viene qui menzionato una sola volta, e precisamente come punto di partenza per la proiezione globale della BRI: la BRI “ha come direzione principale il continente asiatico-europeo-africano ma è aperta ulteriormente a tutti i partner”. Viceversa, ricorrono con maggior frequenza termini indicativi dell’orizzonte globale assunto dall’iniziativa, quali appunto “globale” (quanqiu 全球) e “umanità” (renlei 人类).11)Tuijin “Yi Dai Yi Lu” jianshe gongzuo lingdao xiaozu bangongshi 推进一带一路建设工作领导小组办公室 [Ufficio del Gruppo direttivo per l’attuazione della BRI], Gongjian “Yi Dai Yi Lu” Changyi: jinzhan, gongxian yu zhanwang 共建一带一路倡议:进展、贡献与展望 [La costruzione congiunta della BRI: Progressi, contributi e prospettive], 22 aprile 2019, disponibile all’URL http://www.scio.gov.cn/xwfbh/xwbfbh/wqfbh/39595/40298/xgzc40304/Document/1652493/1652493.htm, corsivo aggiunto.

La GDI e la GSI come iniziative pienamente globali

In anni più recenti, la BRI ha dovuto fare i conti con una contestazione crescente non solo da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, ma anche da parte di settori delle opinioni pubbliche di alcuni paesi partner, con conseguenti, crescenti difficoltà di attuazione. Ne è derivato un ridimensionamento discorsivo della BRI nella retorica della politica estera cinese, come evidente da ultimo in occasione del XX Congresso del Partito. Se il XIX Congresso aveva dato ampio rilievo all’iniziativa, inserita nello Statuto del Partito e menzionata ripetutamente nel Rapporto presentato da Xi Jinping, il XX Congresso pare invece segnalare cautela. Nel Rapporto, in particolare, la BRI compare solo due volte, una delle quali nell’ambito di un richiamo allo “sviluppo di alta qualità” (gao zhiliang fazhan 高质量发展), quasi a suggerire consapevolezza di alcuni dei limiti dell’iniziativa.12)Xi Jinping  习近平, Gaoju Zhongguo tese Shehuizhuyi weida qizhi wei quanmian jianshe shehuizhuyi xiandaihua guojia er tuanjie fendou  高举中国特色社会主义伟大旗帜为全面建设社会主义现代化国家而团结奋斗 [Tenere alta la bandiera del Socialismo con caratteristiche cinesi, lottare uniti per la piena costruzione di un paese modernizzato socialista], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 26 ottobre 2022, 1-5. Sarebbe sbagliato, tuttavia, concludere che il ridimensionamento – quanto meno discorsivo – della BRI implichi un parallelo ridimensionamento delle ambizioni globali della politica estera cinese. Al contrario, l’orizzonte globale risulta intrinseco alle due maggiori iniziative di politica estera annunciate dalla Cina fra il 2021 e il 2022: la Global Development Initiative e la Global Security Initiative.13)Per una più estesa analisi delle due iniziative nel contesto del dibattito di teoria delle Relazioni internazionali su Cina e revisionismo si rinvia ad Anna Caffarena e Simone Dossi, “Oltre il ‘revisionismo con aggettivi’. Le nuove iniziative della Cina e la sfida del cambiamento ‘nel sistema'”, Quaderni di Scienza politica, 1, 2023, 25-52.

Si tratta in entrambi i casi di iniziative presentate come “proposte della Cina” (Zhongguo fang’an 中国方案) per affrontare sfide di portata globale. Annunciata da Xi Jinping dinanzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre del 2021, la GDI intende rispondere ai “gravi contraccolpi prodotti dalla pandemia” da Covid-19 sull’economia globale, con l’obiettivo di “promuovere insieme il progresso dello sviluppo globale veso una nuova fase di maggior equilibrio, coordinamento, inclusione”.14)Xi Jinping 习近平, Jianding xinxin gong ke shi jian gong jian gengjia meihao de shijie  坚定信心共克时艰共建更加美好的世界 [Rafforzare la fiducia, superare insieme le difficoltà dei tempi, costruire insieme un mondo ancora migliore], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 22 settembre 2021, 2, corsivo aggiunto. Come più diffusamente spiegato dal Ministro degli Esteri Wang Yi in successivi discorsi, la GDI si propone in particolare di rilanciare gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il cui raggiungimento rischia di essere definitivamente compromesso dalle conseguenze economiche della pandemia. La GDI viene dunque presentata come iniziativa cinese in risposta a una sfida globale, a sostegno di un’agenda globale. Analogamente, la GSI viene annunciata nella primavera del 2022 in risposta a un’ulteriore sfida di portata globale: la guerra in Ucraina. L’iniziativa viene lanciata da Xi in occasione del Forum di Bo’ao per l’Asia e presentata come contributo cinese alla preservazione della “pace e tranquillità mondiali” (shijie heping anning 世界和平安宁). È Wang Yi, in un commento pubblicato pochi giorni dopo sul Quotidiano del Popolo, a collegare esplicitamente la GSI alla “crisi ucraina” (Wukelan weiji 乌克兰危机), divampata quando “l’umanità non è ancora riemersa dalle nebbie della pandemia”.15)Wang Yi  王毅, “Luoshi Quanqiu Anquan Changyi, shouhu shijie heping anning” 落实全球安全倡议,守护世界和平安宁 [Attuare la GSI, proteggere la pace e la tranquillità mondiali], Renmin ribao  人民日报 [Quotidiano del popolo], 24 aprile 2022, 6. Dunque ancora una volta un’iniziativa cinese per affrontare una sfida che riguarda l’intera umanità, vale a dire – in termini spaziali – una sfida globale.

Oltre a proporsi di affrontare sfide globali, le due iniziative sono esse stesse formulate da subito come iniziative pienamente globali. Da questo punto di vista è significativa la differenza rispetto alla BRI, formulata inizialmente come iniziativa essenzialmente eurasiatica e solo successivamente proiettata verso un orizzonte tendenzialmente globale. In questo senso è interessante rilevare come il legame con la “comunità di destino dell’umanità” – che nel caso della BRI si stabilisce parallelamente all’ampliarsi dell’orizzonte dell’iniziativa – sia presente nel caso di GDI e GSI sin dalle origini. Entrambe le iniziative, infatti, si propongono come strumento per la piena realizzazione della “comunità” in una specifica sfera della convivenza internazionale. Da un lato, la GDI viene presentata come strumento per la costruzione di una “comunità di sviluppo globale” (quanqiu fazhan gongtongti 全球发展共同体), che ripropone nella specifica sfera dello sviluppo la visione globale della “comunità di destino dell’umanità”. Come spiega Li Zhiqiang, Vicedirettore del Dipartimento cooperazione internazionale al gruppo editoriale del Quotidiano del popolo, lo sviluppo è infatti una componente centrale della “comunità di destino dell’umanità”: se quest’ultima nasce dall’integrazione delle tre dimensioni di comunità di interessi, comunità di responsabilità e comunità di destino, lo sviluppo è componente centrale tanto degli interessi, quanto delle responsabilità e del destino – “lo ‘sviluppo’ è al tempo stesso l’obiettivo della comunità di destino dell’umanità e la strada per costruirla”.16)Li Zhiqiang 李志强, “Lun Quanqiu Fazhan Changyi de zhongda yiyi” 论全球发展倡议的重大意义 [Sull’importante significato della GDI], Xushu qianyan 学术前沿 [Frontiere accademiche], 7, 2022, 17-21, 18.

Dall’altro, la GSI viene presentata come strumento per la costruzione di una “comunità di sicurezza globale”, a sua volta premessa per la piena realizzazione della “comunità di sviluppo globale”: come affermato da Xi nell’annunciare la GSI, “la sicurezza è la precondizione per lo sviluppo, l’umanità è una indivisibile comunità di sicurezza”. Secondo Han Aiyong, studioso della Scuola centrale del Partito, il concetto rinvia a una dimensione di “dipendenza” (yilaixing 依赖性) reciproca, nella misura in cui “la tutela degli interessi di sicurezza di una parte dipende dal grado di tutela degli interessi di sicurezza della controparte”. La sicurezza ha dunque un suo carattere di globalità e di “interezza” (zhengtixing 整体性): “la sicurezza di ciascuno Stato è considerata come sicurezza di tutti gli Stati, i ragionevoli interessi di sicurezza di ciascuno Stato devono essere tenuti in debita considerazione, nessuno Stato può conseguire la propria sicurezza a discapito di quella di un altro Stato”.17)Han Aiyong 韩爱勇, “Quanqiu Anquan Changyi yu goujian zhoubian anquan xin jiagou” 全球安全倡议与构建周边安全新架构 [La GSI e la costruzione di una nuova architettura di sicurezza regionale], Guoji wenti yanjiu 国际问题研究 [Affari internazionali], 4, 2022, 79-99, 90-91. Affermato da Pechino nel contesto della guerra in Ucraina, il concetto di indivisibilità della sicurezza intende condannare le asserite responsabilità dell’Occidente nelle origini del conflitto, vale a dire l’illusoria aspettativa di procurarsi la “sicurezza assoluta” (juedui anquan 绝对安全) attraverso la via militare dell’allargamento della NATO, con ciò ignorando le “ragionevoli preoccupazioni di sicurezza” (heli anquan guanqie 合理安全关切) della Russia.18)Wang Le 王玏 e Liu Jun 刘军, “Quanqiu Anquan Changyi de hexin yaoyi, lilun chuangxin yu shijie yiyi”  全球安全倡议的核心要义、理论创新与世界意义 [La GSI: Aspetti essenziali, innovazioni teoriche e significato per il mondo], Guoji wenti yanjiu 国际问题研究 [Affari internazionali], 3, 2022, pp. 16-28, 19. Nel riaffermare il principio di indivisibilità della sicurezza in risposta alla guerra, Pechino avanza così una visione integrata e globale delle dinamiche di sicurezza, articolando la GSI come iniziativa intrinsecamente globale.

Considerazioni (non) conclusive

È presto per stabilire se GDI e GSI segnino il primo passo nell’articolazione di una più complessiva visione cinese dell’ordine globale o se rappresentino, al contrario, niente più che agende provvisorie fortemente influenzate dalle attuali contingenze internazionali. Entrambe le iniziative si trovano ancora a uno stadio preliminare della propria attuazione, il che sconsiglia affrettate conclusioni. La GDI ha compiuto i primi passi con la costituzione di un “Gruppo di amici” promosso dalla Rappresentanza permanente della Cina presso le Nazioni Unite e con l’individuazione di un primo elenco di “progetti cooperativi” nel 2022. Quanto alla GSI, una più compiuta formulazione è stata delineata in un apposito “concept paper” (gainian wenjian 概念文件) pubblicato a febbraio 2023, non a caso pochi giorni prima della pubblicazione della posizione cinese (Zhongguo lichang 中国立场) sulla soluzione politica della “crisi ucraina”. Tuttavia, non è ancora chiaro quali passi concreti seguiranno nell’attuazione delle due iniziative; per entrambe, inoltre, non si è ancora delineata in modo chiaro la reazione degli interlocutori – una variabile potenzialmente rilevante nell’influenzare la condotta di Pechino, come indica il caso della BRI.19)Waijiaobu 外交部 [Ministero degli Affari esteri], Quanqiu Anquan Changyi gainian wenjian 全球安全倡议概念文件 [Concept paper sulla GSI], Pechino, 21 febbraio 2023, disponibile alla URl: https://www.mfa.gov.cn/web/system/index_17321.shtml; Id., Guanyu zhengzhi jiejue Wukelan weiji de Zhongguo lichang 关于政治解决乌克兰危机的中国立场 [Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina], Pechino, 24 febbraio 2023, disponibile alla URL: https://www.fmprc.gov.cn/web/zyxw/202302/t20230224_11030707.shtml.

Benché ancora a uno stadio preliminare, però, le due iniziative suggeriscono alcune considerazioni provvisorie. Il significativo investimento politico di Pechino su GDI e GSI – annunciate dallo stesso Xi Jinping e da allora centrali nel discorso ufficiale cinese – segnala infatti il superamento di quella riluttanza che sino a qualche anno fa la Cina aveva manifestato nel formulare iniziative pienamente globali. Da questo punto di vista, GDI e GSI segnano quindi un salto di qualità rispetto alle ambiguità spaziali della BRI. A questo proposito, va per altro menzionato che alle due iniziative se ne è di recente aggiunta una terza, annunciata – nuovamente da Xi Jinping in persona – a marzo 2023 in occasione di un vertice fra Partito comunista cinese e partiti politici di altri paesi: la Global Civilization Initiative (Quanqiu Wenming Changyi 全球文明倡议, GCI). Benchè l’iniziativa resti al momento piuttosto oscura nei suoi contenuti concreti, l’ambizione globale appare anche in questo caso evidente: come osserva Liu Jianchao, Ministro del Dipartimento per le Relazioni esterne del Comitato centrale, la GCI intende promuovere “uguaglianza e inclusività” (pingdeng baorong 平等包容) e proteggere il “pluralismo delle civiltà del mondo” (shijie wenming duoyangxing 世界文明多样性), muovendo dall’assunto che “al mondo non esistano paesi superiori agli altri” e che “le civiltà non si dividano in superiori e inferiori”. Ancora una volta, quindi, un progetto articolato entro un orizzonte pienamente globale come contributo della Cina a un “mondo pacifico e prospero” (heping fanrong 和平繁荣世界).20)Liu Jianchao 刘建超, “Jiji luoshi Quanqiu Wenming Changyi heli tuidong renlei wenming jinbu” 积极落实全球文明倡议合力推动人类文明进步 [Attuare la GCI, promuovere il progresso della civiltà umana], Qiushi 求是 [Cercare la verità], 7, 2023, disponibile alla URL: http://www.qstheory.cn/dukan/qs/2023-04/01/c_1129477739.htm.

Se il nuovo orizzonte globale delle ambizioni cinesi dovesse consolidarsi, e se tali ambizioni dovessero essere sostenute da adeguati investimenti, le implicazioni per i processi di riorganizzazione dello spazio politico internazionale potrebbero essere rilevanti. Una robusta agenda cinese per il cambiamento di norme, regole e istituzioni globali rappresenterebbe infatti un potente vettore di integrazione dello spazio politico internazionale, suscettibile di controbilanciare – sul terreno specifico dell’ordine – i vettori di frammentazione all’opera nel sistema. Almeno sul terreno dell’ordine, infatti, la partita con l’egemone e i suoi alleati sarebbe giocata entro lo stesso orizzonte globale dell’ordine internazionale liberale. Una partita attorno alla differente interpretazione di norme, regole e istituzioni, a cominciare da una differente interpretazione dello stesso principio multilaterale, come osserva Anna Caffarena.21)Anna Caffarena, “I cruciali anni Venti. Competizione a somma zero, Cina e multilateralismo”, OrizzonteCina, 12, 3, 2021, 4-24. Ma una partita che non metterebbe in discussione la natura dell’ordine quale ordine globale, con l’esito potenziale di aprire una stagione nuova della globalizzazione – una stagione in cui il “portatore” della globalità non sarebbe più soltanto l’Occidente, ma per la prima volta anche una potenza non occidentale.

Viceversa, una precoce frustrazione delle nascenti ambizioni globali potrebbe indurre Pechino ad articolare la propria visione entro un orizzonte nuovamente regionale. L’agenda cinese per il cambiamento di norme, regole e istituzioni tornerebbe cioè a proiettarsi entro il perimetro di una periferia più o meno estesamente definita. Una simile agenda rappresenterebbe un potente vettore di frammentazione, che, dalla sfera dell’ordine, andrebbe ad amplificare i processi di frammentazione spaziale già all’opera nel sistema. La partita con l’egemone e i suoi alleati si giocherebbe non già sull’interpretazione di norme, regole e istituzioni dell’ordine globale vigente, bensì sulla rarefazione di quello stesso ordine globale a vantaggio di più densi ordini regionali. Ne risulterebbe intensificata la pressione alla scomposizione dello spazio politico internazionale verso quello che Alessandro Colombo definisce “spazio multicentrico e competitivo” – uno scenario spaziale in cui l’integrazione strategica fra contesti regionali si allenta, norme, regole e istituzioni dell’ordine si diversificano e i linguaggi tendono a una sempre più marcata divergenza.22)Colombo, La disunità del mondo, 339-341.

Dossi Dalla periferia al mondo PDF

Immagine: (presunta) mappa di Zheng He, da Wikimedia Commons.

Simone Dossi è professore associato di Relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Milano e non-resident research fellow presso il Torino World Affairs Institute (T.wai). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulla politica estera e di sicurezza della Cina, sulle relazioni fra Partito comunista cinese ed Esercito popolare di liberazione, e sulle relazioni Italia-Cina. Da dicembre 2022 è direttore della rivista scientifica OrizzonteCina.

References
1 Per una trattazione più approfondita del caso della BRI, mi permetto di rinviare a Simone Dossi, “China’s rise, the Belt & Road Initiative and the future of the global order”, in Dragan Pavlićević e Nicole Talmacs (a cura di), The China Question: Contestations and Adaptations (London: Palgrave Macmillan, 2022), 21-42.
2 Sull’ordine internazionale liberale e sulla sua crisi attuale si veda Vittorio Emanuele Parsi, Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale (Bologna: Il Mulino, 2022).
3 Per una ricostruzione del dibattito si veda Matteo Dian, La Cina, gli Stati Uniti e il futuro dell’ordine internazionale(Bologna: Il Mulino, 2021).
4 Alessandro Colombo, Il governo mondiale dell’emergenza. Dall’apoteosi della sicurezza all’epidemia dell’insicurezza (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2022).
5 Sulla globalizzazione dell’ordine internazionale liberale si veda G. John Ikenberry, Liberal Leviathan. The Origins, Crisis, and Transformation of the American World Order (Princeton: Princeton University Press, 2011).
6 Sulla parabola dello spazio politico globale tra Novecento e inizi del XXI secolo si veda Alessandro Colombo, La disunità del mondo. Dopo il secolo globale (Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2010).
7 Anna Caffarena e Giuseppe Gabusi, “China’s Belt and Road Initiative in Eurasia: Space Shaping as Ordering”, in Serena Giusti e Irina Mirkina (a cura di), The EU in a Trans-European Space. External Relations across Europe, Asia and the Middle East (Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2019), 65-85. Sulla BRI si veda Giovanni B. Andornino, “The Belt and Road Initiative in China’s Emerging Grand Strategy of Connective Leadership”, China & World Economy, 25, 5, 2017, 4-22.
8 Per una rassegna della letteratura si veda Dossi, “China’s rise”.
9 Una ricostruzione di questo dibattito è proposta in Simone Dossi, “Dal dibattito accademico al progetto geopolitico: le Nuove Vie della Seta fra potere marittimo e potere continentale”, Geography Notebooks, 1, 1, 2018, 111-122.
10 Guojia fazhan gaige wei  国家发展改革委 [Commissione statale per lo sviluppo e la riforma], Waijiao bu 外交部 [Ministero degli Affari esteri] e Shangwu bu 商务部 [Ministero del Commercio], Tuidong gongjian sichou zhi lu jingji dai he 21 shiji haishang sichou zhi lu de yuanjing he xingdong 推动共建丝绸之路经济带和 21世纪海上丝绸之路的愿景与行动 [Visione e azioni per promuovere la comune costruzione della Cintura economica della Via della seta e della Via della seta marittima del XXI secolo], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 26 marzo 2015, 4.
11 Tuijin “Yi Dai Yi Lu” jianshe gongzuo lingdao xiaozu bangongshi 推进一带一路建设工作领导小组办公室 [Ufficio del Gruppo direttivo per l’attuazione della BRI], Gongjian “Yi Dai Yi Lu” Changyi: jinzhan, gongxian yu zhanwang 共建一带一路倡议:进展、贡献与展望 [La costruzione congiunta della BRI: Progressi, contributi e prospettive], 22 aprile 2019, disponibile all’URL http://www.scio.gov.cn/xwfbh/xwbfbh/wqfbh/39595/40298/xgzc40304/Document/1652493/1652493.htm, corsivo aggiunto.
12 Xi Jinping  习近平, Gaoju Zhongguo tese Shehuizhuyi weida qizhi wei quanmian jianshe shehuizhuyi xiandaihua guojia er tuanjie fendou  高举中国特色社会主义伟大旗帜为全面建设社会主义现代化国家而团结奋斗 [Tenere alta la bandiera del Socialismo con caratteristiche cinesi, lottare uniti per la piena costruzione di un paese modernizzato socialista], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 26 ottobre 2022, 1-5.
13 Per una più estesa analisi delle due iniziative nel contesto del dibattito di teoria delle Relazioni internazionali su Cina e revisionismo si rinvia ad Anna Caffarena e Simone Dossi, “Oltre il ‘revisionismo con aggettivi’. Le nuove iniziative della Cina e la sfida del cambiamento ‘nel sistema'”, Quaderni di Scienza politica, 1, 2023, 25-52.
14 Xi Jinping 习近平, Jianding xinxin gong ke shi jian gong jian gengjia meihao de shijie  坚定信心共克时艰共建更加美好的世界 [Rafforzare la fiducia, superare insieme le difficoltà dei tempi, costruire insieme un mondo ancora migliore], pubblicato in Renmin ribao 人民日报 [Quotidiano del popolo], 22 settembre 2021, 2, corsivo aggiunto.
15 Wang Yi  王毅, “Luoshi Quanqiu Anquan Changyi, shouhu shijie heping anning” 落实全球安全倡议,守护世界和平安宁 [Attuare la GSI, proteggere la pace e la tranquillità mondiali], Renmin ribao  人民日报 [Quotidiano del popolo], 24 aprile 2022, 6.
16 Li Zhiqiang 李志强, “Lun Quanqiu Fazhan Changyi de zhongda yiyi” 论全球发展倡议的重大意义 [Sull’importante significato della GDI], Xushu qianyan 学术前沿 [Frontiere accademiche], 7, 2022, 17-21, 18.
17 Han Aiyong 韩爱勇, “Quanqiu Anquan Changyi yu goujian zhoubian anquan xin jiagou” 全球安全倡议与构建周边安全新架构 [La GSI e la costruzione di una nuova architettura di sicurezza regionale], Guoji wenti yanjiu 国际问题研究 [Affari internazionali], 4, 2022, 79-99, 90-91.
18 Wang Le 王玏 e Liu Jun 刘军, “Quanqiu Anquan Changyi de hexin yaoyi, lilun chuangxin yu shijie yiyi”  全球安全倡议的核心要义、理论创新与世界意义 [La GSI: Aspetti essenziali, innovazioni teoriche e significato per il mondo], Guoji wenti yanjiu 国际问题研究 [Affari internazionali], 3, 2022, pp. 16-28, 19.
19 Waijiaobu 外交部 [Ministero degli Affari esteri], Quanqiu Anquan Changyi gainian wenjian 全球安全倡议概念文件 [Concept paper sulla GSI], Pechino, 21 febbraio 2023, disponibile alla URl: https://www.mfa.gov.cn/web/system/index_17321.shtml; Id., Guanyu zhengzhi jiejue Wukelan weiji de Zhongguo lichang 关于政治解决乌克兰危机的中国立场 [Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina], Pechino, 24 febbraio 2023, disponibile alla URL: https://www.fmprc.gov.cn/web/zyxw/202302/t20230224_11030707.shtml.
20 Liu Jianchao 刘建超, “Jiji luoshi Quanqiu Wenming Changyi heli tuidong renlei wenming jinbu” 积极落实全球文明倡议合力推动人类文明进步 [Attuare la GCI, promuovere il progresso della civiltà umana], Qiushi 求是 [Cercare la verità], 7, 2023, disponibile alla URL: http://www.qstheory.cn/dukan/qs/2023-04/01/c_1129477739.htm.
21 Anna Caffarena, “I cruciali anni Venti. Competizione a somma zero, Cina e multilateralismo”, OrizzonteCina, 12, 3, 2021, 4-24.
22 Colombo, La disunità del mondo, 339-341.