Introduzione

“Le parole sono importanti”, recita una famosa battuta pronunciata da Nanni Moretti in “Palombella rossa”; e si potrebbe aggiungere che la rilevanza e il loro utilizzo lo sono ancor di più se enunciate da un giudice in un’aula di tribunale e trascritte nella parte della motivazione di una sentenza. A maggior ragione se il discorso è rivolto a una vittima di abusi familiari in un caso di divorzio – non di rado l’unica via di fuga dai soprusi.

Esiste uno spazio interno e uno esterno, uno privato e uno pubblico nei quali la violenza viene perpetrata in diverse forme e linguaggi e nei quali si rinnova costantemente quello che viene definito dagli studiosi come l’elemento centrale, cioè il controllo sulla vittima.1)Chen Min, She jiating baoli anjian shenli jineng 渉家庭暴力案件审理技能 [Competenze giudiziarie sui casi di violenza domestica] (Beijing: Renmin fayuan chubanshe, 2013), 4. È stato già dimostrato in diversi studi come il fine degli abusi non sia la lesione fisica o psicologica, quanto piuttosto l’esercizio da parte dell’abusante di una forma di “sorveglianza” sul soggetto. In base alle statistiche, non solo cinesi, la componente femminile della famiglia, insieme ai minori, sarebbe quella più colpita.

Tradizionalmente in Cina la donna era relegata nello spazio domestico, inteso sia come quello della casa sia in senso più ampio dei lavori nelle campagne. Essa svolgeva i suoi compiti principali all’interno delle mura dell’abitazione tanto da essere identificata con il termine neiren (内人, lett. dentro/interno + persona) che negli anni divenne sinonimo di moglie.2)Zang Xiaowei, Understanding Chinese Society (New York: Routledge, 2016), 54. Quest’ultima, una volta sposata, entrava a far parte della famiglia del marito, si trasferiva fisicamente nell’abitazione dello sposo rispettando un sistema di tipo patrilocale e non poteva partecipare alla vita pubblica né ricevere un’istruzione. Non di rado essa era relegata esclusivamente all’ambiente domestico, non potendo nemmeno muoversi a causa della pratica della fasciatura dei piedi che le impediva un qualsivoglia movimento. L’uomo, contrariamente, dominava sia lo spazio privato, nel quale aveva diritto di vita e di morte sui componenti della famiglia, sia quello pubblico, dove svolgeva il suo ruolo di interfaccia con il mondo esterno per conto del nucleo stesso. Si trattava di un tipo di società fondata sul sistema delle tre “P”: patriarcale, patrilineare, patrilocale.3)Tamara Jacka, Andrew B. Kipnis, Sally Sargeson (a cura di), Contemporary China. Society and social Change(New York: Cambridge University Press, 2013), 27.

La linea agnatica era l’unica che contasse ed era fondamentale che non ci fossero posti vacanti nella discendenza, tanto da ricorrere in passato all’invenzione di matrimoni tra defunti e relative adozioni di figli maschi, qualora non ci fossero stati eredi per svariate ragioni. Non garantire un successore era disdicevole per un uomo e ne comportava l’emarginazione. Il ruolo della donna era quello di genitrice e in una società fortemente patriarcale come quella cinese tradizionale non stupisce, quindi, che la violenza nei suoi confronti non fosse particolarmente stigmatizzata e in alcuni casi fosse persino tollerata, poiché comune e appartenente alla sfera privata dei coniugi, nella quale la giustizia difficilmente interferiva, prediligendo soluzioni interne al nucleo.4)Marius Hendrikus van der Valk, Conservatism in Modern Chinese Family Law (Leiden E. J. Brill, 1956), 32.

“Persino per il più saggio dei giudici è difficile decidere su questioni familiari” (清官难断家务事 qingguan nan duan jiawushi) recita un famoso proverbio cinese per enfatizzare come l’ambito domestico resti un luogo nel quale le dinamiche e i conflitti dovrebbero trovare un metodo di risoluzione maggiormente conciliativo in seno alla famiglia stessa, come se in essa ci fossero delle regole endogene e dei propri anticorpi.

La famiglia fino agli inizi del Novecento del secolo scorso trovava la sua regolamentazione ufficiale nelle norme di natura consuetudinaria contenute all’interno del Classico dei Riti (礼记 liji) e nei codici imperiali. Una fase di ridefinizione di tale istituto da un punto di vista normativo avviene proprio in seguito alla caduta dell’ultima dinastia Qing (1911). Il Partito nazionalista da una parte e il Partito comunista cinese dall’altra già negli anni Trenta sancirono sulla carta la parità dei coniugi tramite l’introduzione di norme che avrebbero dovuto liberare la donna dalle oppressioni del passato e allo stesso tempo plasmare la nuova società. Con l’adozione della prima legge sul matrimonio del 1950 della Repubblica Popolare Cinese il matrimonio diventava un atto pubblico da registrare presso degli uffici competenti, non più una celebrazione esclusivamente privata. I coniugi potevano entrambi godere di diritti, tra questi anche quello di divorziare. Sebbene questa normativa fosse definita come la “legge sul divorzio” e la “legge per le donne”, nella pratica negli anni essa ha continuato, specialmente in termini di violenza domestica nei confronti delle donne, a perpetuare ciò che Palmer definisce come un “socialismo patriarcale”:

Patriarchal socialism was created in large part by the Chinese Communist Party’s willingness to sacrifice socialist goals of gender equality and women’s release from family patriarchal authority structures in exchange for the political support that would be generated by tolerating rather than attacking traditional family values, with their presumptions that partner violence in the home was a natural and private matter, and that women are inferior beings.5)Michael Palmer, “Patriarchy, Privacy and Protection: Chinese Law Slowly Gets to Grips with Domestic Violence” in Natalia I. Erpyleva, Maryann E Gashi-Butler, Jane E. Henderson (a cura di), Forging a Common Legal Destiny. Liber Amicorum in honour of William E. Butler (London: Wildy, Simmonds & Hill Publishers, 2005), 786-812.

Non sorprende quindi che nello studio condotto da Parish, Wang, Laumann, Pan e Luo sulla violenza tra intimate partner6)William L Parish, Wang Tianfu, Edward O Laumann, Pan Suiming, Luo Ye, “Intimate Partner Violence in China: National Prevalence, Risk Factors and Associated Health Problems”, in International Family Planning Perspectives, 30(4), 2004, 174-81.  emerga il collegamento tra il concetto di famiglia basata sui valori patriarcali, gli abusi soprattutto di natura fisica e la reticenza delle donne cinesi a denunciare il molestatore per paura dello stigma sociale. I concetti tradizionali di genere, che imponevano alla donna il rispetto del sistema delle cosiddette “tre obbedienze” (prima al padre, poi al marito e infine al figlio 三从 sancong) non hanno fatto che rinforzare gli stereotipi di genere, che anche la politica del figlio unico ha concorso a confermare. Non è un caso che il legislatore abbia vietato nella Legge sulla popolazione e pianificazione familiare del 2001 i maltrattamenti nei confronti delle donne che partoriscono bambine, nella Legge sul matrimonio del 2001 gli infanticidi mentre già negli anni Novanta del secolo scorso erano state proibite le indagini prenatali per conoscere il sesso del feto per scongiurare gli aborti selettivi.

Ciononostante, la violenza di genere e in particolare quella intrafamiliare ha continuato a proliferare negli anni fino a rendere necessaria una legge per arginare il fenomeno che, tuttavia, in base ad alcuni studi, non ha ancora dato i risultati sperati dalla sua promulgazione nel 2016.7)Su Lin, “China’s New Domestic Violence Law: Keeping Victims Out of Harm’s Way?”, in Yale Law School Paul Tsai China Center Working Paper, 2017, 1-11. Sebbene la Cina si fosse impegnata a redigere report annuali sul tema in questione già a partire dalla Quarta Conferenza dell’ONU sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995, l’attenzione mediatica è giunta più di recente.  Sono passati circa dieci anni dal momento in cui il discorso sulla violenza domestica dalla sfera privata si è spostato a quella pubblica.

Il divorzio Kim Lee vs Li Yang nel 2013 e la sentenza di Li Yan nel 2011 hanno sicuramente rappresentato dei casi spartiacque e aperto un importante dibattito.

Il primo ha avuto il merito di portare l’attenzione sul tema della violenza domestica poiché coinvolgeva due personaggi famosi: Kim Lee ha postato sul social cinese Sina Weibo delle foto delle percosse inflitte dal marito, denunciandolo anche alle autorità e richiedendo il divorzio al tribunale del distretto di Chaoyang di Pechino sulla base dei maltrattamenti e ottenendo infine, oltre alla pronuncia di scioglimento del vincolo matrimoniale, anche un risarcimento dei danni e l’emissione di un ordine di protezione contro gli abusi familiari. Il caso ha destato molto scalpore a livello nazionale e il marito Li Yang si è dovuto scusare pubblicamente.

Il secondo riguarda Li Yan, una donna della provincia del Sichuan che aveva ucciso il marito e che era stata condannata a morte. La sentenza doveva, come da prassi, essere confermata dalla Corte Suprema del Popolo che ha rimandato il caso al tribunale di livello superiore rispetto a quello di primo grado. Nel comminare la pena, la corte non aveva preso in considerazione come attenuante i ripetuti episodi di violenza che la donna aveva subito da parte del marito negli anni di matrimonio e che l’avevano portata a compiere un gesto tanto efferato. Grazie alla mobilitazione nazionale e internazionale (tra queste quella di Amnesty International e di diversi governi), la donna si è vista commutare la condanna in ergastolo. Secondo uno studio condotto su 121 donne recluse in una prigione del Sichuan, l’80% si è vista comminare la pena più severa possibile per omicidio o danno corporale senza che fosse tenuto in considerazione che i reati erano scaturiti come reazione a situazioni di violenza domestica.8)A Landscape Analysis of Domestic Violence Laws, http:// www.stopdvchina.org/detail.aspx?id=303664, ultimo accesso 2014-07-05 (non più disponibile).

Sebbene da un punto di vista normativo siano stati fatti notevoli passi in avanti, nell’applicazione della legge permangono notevoli difficoltà. Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha concorso ad accentuare una situazione già di per sé critica, non solo in Cina, e a mostrare le lacune del sistema di protezione delle vittime che si sono ritrovate chiuse in casa con il proprio aggressore senza poter ricevere particolare assistenza dal momento che le autorità erano impegnate nell’emergenza sanitaria.9)Zhang Wanqing, “Domestic Violence Cases Surge During COVID-19 Epidemic”, in Sixth Tone(https://www.sixthtone.com/news/1005253/domesticviolencecasessurgeduringcovid19epidemic), 2020.

Un’analisi basata sui corpora

Il presente studio ha come obiettivo quello di esplorare il linguaggio pubblico dei giudici nei casi di divorzio per violenza domestica e a tal fine si è ricorsi a un tipo di analisi basata sulla creazione di un corpus di sentenze dal quale poter valutare in che misura, come e se emergano in fase processuale e conclusiva dei procedimenti delle caratteristiche specifiche del discorso giudiziario, evidenziandone le nuance paternalistiche ed educative, soffermandosi su alcuni termini ricorrenti.

Dato il numero elevato di rigetti delle istanze di divorzio in primo grado il corpus in questione è composto da 50 sentenze appartenenti a questa categoria (不准 buzhun, “non accordare”) e che includono la fattispecie della violenza domestica, emesse nel 2022, dunque successive alla promulgazione della legge ad hoc del 2016 e al nuovo codice civile (cc) del 2021. Dal momento che il termine “abusi familiari” (家庭暴力 jiating baoli) può facilmente ricorrere in una sentenza di divorzio nel richiamare l’articolo del cc sui provvedimenti contenziosi, sono stati selezionati quei documenti nei quali l’espressione era presente anche nelle dichiarazioni delle parti e non solo nella motivazione del giudice.

Da un’analisi del corpus condotta tramite l’utilizzo di LancsBox (Lancaster University corpus toolbox) si è passati alla definizione di un secondo corpus nel quale sono state considerate esclusivamente le motivazioni (判决理由 panjue liyou) del tribunale, che sono quella parte del decreto il cui incipit è: “il presente tribunale ritiene che” (本院认为 ben yuan renwei). Nel determinare su quali parole soffermarsi in questa prima analisi si sono tralasciate le più ricorrenti poiché trattasi di termini tecnici presenti in tutti i testi, come “attore”(原告 yuangao), “convenuto” (被告 beigao) ecc., non utili a dedurre le sfumature del discorso del giudice nei confronti della coppia.

Dal linguaggio privato (casa) a quello pubblico (tribunale)

Il linguaggio della violenza tra le mura di casa assume le caratteristiche di un discorso che si sviluppa in un ambiente privato, domestico e per questo non sempre conosciuto e percepibile dall’esterno. Questo linguaggio, non solo verbale, nei confronti della vittima da parte dell’abusante può manifestarsi attraverso diverse tipologie di violenza (minacce, percosse, violenza economica e sessuale ecc.) che hanno come comune denominatore il mantenimento del controllo sull’altra persona.

Ci sono situazioni in cui la violenza non verbale dello spazio privato si riflette anche in quello pubblico, come il caso di una donna che durante l’udienza era entrata in uno stato di agitazione dopo aver sentito dei rumori provenienti dal campo da basket adiacente al tribunale che le avevano ricordato la palla che il marito aveva appeso in balcone e avvolto in un sacco sul quale aveva scritto che voleva ammazzare di botte la moglie. Si trattava di un caso di abusi psicologici fatti di minacce e insulti che dalle mura domestiche è emersa successivamente anche nell’aula della corte.

Cosa avviene, dunque, quando il discorso si sposta in un ambiente pubblico come quello di un tribunale e in particolare durante un procedimento di divorzio? Che ruolo assume il giudice incaricato?

Un racconto intitolato “Un caso di divorzio” (Yi jian lihun an 一件离婚案), scritto nel 1981 da Jiang Zilong, uno dei più importanti autori realisti alla fine degli anni Settanta, e pubblicato nella raccolta “Auguri di capodanno” (Bainian 拜年) nel 1984, è un esempio molto indicativo sul discorso giudiziario nei casi che hanno come oggetto questioni familiari. La vicenda narrata alterna le dichiarazioni di parte attrice (la moglie) e quelle del convenuto (il marito), incalzati da un giudice che cerca a più riprese di dimostrare che il sentimento tra i coniugi sia ancora esistente, mentre al contrario la donna tenta di far comprendere le ragioni che l’hanno portata a presentare un’istanza di divorzio.

In diverse occasioni il tribunale provoca la donna con frasi come: “Questo significa allora che i tuoi sentimenti sono cambiati, sei diventata ambiziosa e ti consideri superiore a tuo marito. Lei è responsabile della rottura”; e ancora: “Va bene. Lei si rifiuta di parlare in tribunale del suo rapporto matrimoniale. Questo significa che siete ancora emotivamente legati e avete paura di ferirvi a vicenda. […] Quindi, vuole divorziare da suo marito perché non le piace che sia troppo onesto”. L’atteggiamento cambia quando, rivolgendosi all’imputato, il giudice non trova la classica opposizione incontrata in tanti casi nella sua lunga esperienza in tribunale e prova un moto di simpatia e pietà per l’uomo, che non chiede altro che l’affidamento delle due figlie. Per un attimo la situazione si ribalta, ed è la moglie a dire che non vuole più separarsi se non può tenere i figli con sé. Il giudice concederà quindi alla coppia il tempo di confrontarsi e infine, raggiunto un accordo, emetterà la sentenza di divorzio.

Nel racconto, la corte insisterà affinché i coniugi si prendano ancora un po’ di tempo per riflettere, paragonando la loro relazione alla radice di un loto spezzato, le cui fibre rimangono comunque unite. In questo caso il giudice non è riuscito a modificare le intenzioni delle due parti e si è giunti a una sorta di divorzio consensuale. Pur trattandosi di finzione, la trama tuttavia riflette realisticamente le dinamiche e la retorica che si possono ritrovare nelle sentenze dei tribunali, anche al giorno d’oggi, soprattutto nelle richieste di divorzio su istanza di parte.

Non di rado, infatti, il giudice assume un ruolo educativo nei confronti dei coniugi e questo atteggiamento paternalistico si riflette anche nelle sue parole nella parte delle motivazioni del provvedimento. Ne sono un esempio i seguenti estratti da alcune sentenze in materia di divorzio:

婚姻的美满和家庭的幸福需要夫妻双方共同努力。原、被告应当积极地想办法改变现状, 协调好今后的工作和生活。只要原、被告能够珍惜相互间的夫妻感情, 相互理解, 相互体谅, 遇事加强沟通与交流, 及时化解矛盾, 还是能够重归于好, 共同生活。虽然双方 经过一次离婚诉讼, 但原、被告双方未产生实质分歧, 原、被告之间夫妻感情尚未破裂, 对原告的离婚请求, 本院不予支持。10)Huang XX su Zhao XX lihun jiufen an, (2011) Shi min chuzi di 2816 hao, Shandong sheng Jinan shi shizhong qu renmin fayuan 黄某某诉赵某某离婚纠纷案, (2011) 市民初字第 2816, 山东省济南市市中区人民法院[Huang XX vs. Zhao XX, sentenza civile di primo grado nr. 2816/2011, sezione civile del Tribunale del Popolo del distretto centrale della città di Jinan, provincia dello Shandong], disponibile al sito Chinalawinfo.

La felicità in un matrimonio e nella famiglia necessita di grandi sforzi da parte di entrambi i coniugi, i quali dovrebbero attivamente riflettere su come cambiare la loro attuale situazione, conciliando d’ora in avanti il lavoro e la vita. Fintanto che essi saranno in grado di prendersi cura del loro rapporto, comprendersi reciprocamente, avere considerazione l’uno dell’altra, rafforzare la comunicazione e il dialogo nei momenti di difficoltà, allora potranno riconciliarsi e vivere insieme. Sebbene entrambe le parti abbiano già attraversato una volta il divorzio, non sono emerse divergenze significative e il rapporto matrimoniale non può considerarsi irrimediabilmente compromesso. Questo tribunale rigetta l’istanza di parte attrice.

“Felicità”, “sforzi”, “prendersi cura”, “comprendersi”, “rafforzare” sono solo alcuni dei termini che ricorrono in questi testi e che rimandano al ruolo “confuciano” di mediatore del magistrato che, proprio come un capofamiglia, impartisce consigli e dirime le liti al fine di salvaguardare l’integrità del nucleo familiare talvolta anche a detrimento degli interessi dei singoli individui. Che la coppia sia giovane o meno non determina molta differenza come si evince dal prossimo estratto nel quale le parti sono invece in età matura:

但原、被告现已步入中年, 更需要相互照顾, 互相关爱, 应当给双方一次和好的机会。只要原、被告在今后的生活中多从对方角度考虑, 相互信任, 加强交流沟通, 遇事多商量, 双方还是有和好可能的。原告主张与被告感情破裂, 但未提交充分证据予以证明, 对原告主张的该 项事实, 本院不予确认。11)Zhang XX su Sun XX lihun jiufen an, (2012) shi minchuzi di 188 hao, Shandong sheng Jinan shi shizhong qu renmin fayuan, 张某某诉孙某某离婚纠纷案, (2012) 市民初字第188, 山东省济南市市中区人民法院 [Zhang XX vs. Sun XX, sentenza civile di primo grado nr. 188/2012, sezione civile del Tribunale del Popolo del distretto centrale della città di Jinan, provincia dello Shandong] disponibile al sito Chinalawinfo.

Tuttavia, le parti hanno già superato la mezza età e necessitano di prendersi cura l’uno dell’altra e di amarsi ancor di più rispetto al passato. Essi dovrebbero concedersi ancora una possibilità per riconciliarsi. Fintanto che d’ora in avanti si confronteranno prestando attenzione al punto di vista dell’altro, fidandosi e rafforzando la comunicazione tra di loro ogni qual volta si presentino delle difficoltà, allora sarà possibile una riconciliazione. L’attore ritiene che l’affetto coniugale sia deteriorato, tuttavia non ha soddisfatto l’onere della prova richiesto e questo tribunale rigetta l’istanza di divorzio di parte attrice.

Entrambe le sentenze sono state emesse dallo stesso tribunale del distretto centrale di Jinan nello Shandong, ma non dallo stesso giudice. Simili espressioni sono tuttavia rinvenibili in molti altri provvedimenti pronunciati da corti in province diverse del territorio cinese a dimostrazione di una tendenza più che di una eccezione.

In questi casi la motivazione si chiude quasi sempre con un rigetto dell’istanza di divorzio come confermato da uno studio di He Xin12)He Xin, Divorce in China: Institutional Constraints and Gendered Outcomes (New York: New York Press, 2021). nel quale si rivela una sorta di “routinization” che porta i giudici delle corti di primo grado a rigettare le richieste di scioglimento del vincolo per poi accordarle qualora le parti si ripresentino dinanzi al tribunale sei mesi dopo.

Laddove la motivazione che spinge al divorzio sia dettata dal verificarsi di abusi, un rigetto può comportare un potenziale danno e un ulteriore rischio per la vittima di subire vessazioni da parte dell’abusante che potrebbe addirittura vendicarsi proprio in virtù del tentativo di quest’ultima di liberarsi dal controllo.

Sebbene la legge contro la violenza domestica del 2016 abbia introdotto l’istituto degli ordini di protezione contro gli abusi familiari rendendoli autonomi da altri provvedimenti,13)In passato era necessario presentare contestualmente (o entro 30 giorni) alla richiesta di un ordine di protezione anche l’istanza di divorzio. il divorzio rimane ancora una sorta di “uscita di emergenza” alla quale ricorrere per mettere un freno agli abusi.

In base ai dati forniti dal China Justice Big Data Service Platform14)China Justice Big Data Service Platform, Sifa da shuju zhuanti baogao lihun jiufen 司法大数据专题报告离婚纠纷 [Rapporto specialistico sui big data giudiziari nelle controversie di divorzio], 2018  https://bit.ly/3Nw537r. la violenza domestica si colloca in seconda posizione come motivazione di divorzio, subito dopo la categoria del “deterioramento dell’affetto tra i coniugi” (感情破裂 ganqing polie) e nel 91,43% dei casi si tratta di violenza nei confronti della donna (intimate partner violence). La maggior parte degli episodi sono sussumibili alla categoria degli abusi fisici, mentre quelli di natura psicologica occupano l’ultimo posto. Quest’ultimo dato non sorprende data la difficoltà che le vittime incontrano in fase giudiziale nel soddisfare l’onere della prova, soprattutto per quella tipologia di condotte non facilmente acclarabili.

Come è già stato segnalato da alcuni studiosi, tra questi Michelson,15)Ethan Michelson, Decoupling: Gender Injustice in China’s Divorce Courts (New York: Cambridge University Press, 2022), 238-39. addurre di aver subito violenza tra le mura domestiche non aumenta necessariamente le possibilità di ottenere il divorzio in primo grado, a riconferma di quanto poc’anzi sostenuto.

Il linguaggio della violenza nelle motivazioni dei giudici

L’espressione jiating baoli presente con maggiore frequenza nelle dichiarazioni di parte attrice non si riscontra, se non di rado, nelle motivazioni dei giudici (5 volte su 50) e solitamente con riferimento all’intero articolo 1079 del cc (quello sul divorzio giudiziale), in ciò significando che la corte non si sofferma sull’elemento degli abusi, limitandosi a specificare che l’istante non ha portato prove sufficienti per dimostrare il deterioramento dell’affetto tra i coniugi. Questo rispecchia un dato estremamente interessante sul quale soffermarsi ai fini dell’analisi del discorso e del ruolo del magistrato.

Un termine che ricorre in 16 motivazioni e che ha un richiamo alla funzione educativa che viene svolta dall’autorità giudiziaria è “comunicare/ comunicazione” (沟通 goutong), spesso associato a verbi quali “rafforzare” (加强 jiaqiang), “accrescere” (增加 zengjia), al fine di enfatizzare quanto sia importante all’interno di un rapporto matrimoniale imparare ad ascoltarsi e a parlare con “reciprocità” (互 hu) e a farlo in modo “attivo/positivo” (积极 jiji), come soluzione per superare i contrasti in seno alla coppia.

Il giudice si sofferma spesso anche sul “preservare/salvaguardare” (维护 weihu) il matrimonio (婚姻hunyin) o il “rapporto familiare” (家庭关系 jiating guanxi) e la “stabilità” (稳定 wending) di tale unione. Quest’ultimo elemento è particolarmente utilizzato nella retorica politica cinese con richiamo alla stabilità sociale: da una famiglia stabile deriva una altrettanto stabile società.

In quattro sentenze si è riscontrata la presenza della frase che segue:

本院认为,婚姻家庭受国家保护,家庭成员应当维护平等、和睦、文明的婚姻家庭关系

Questo tribunale ritiene: il matrimonio e la famiglia sono tutelati dallo Stato e i componenti della stessa devono preservare un rapporto coniugale e familiare di uguaglianza, armonia e civiltà.

Le motivazioni in cui è stata rinvenuta questa citazione appartengono tutte a tribunali della provincia dello Shandong, ma di contee differenti, e vi si nota un richiamo agli articoli 1041 comma 1 e 1043 comma 2 del cc, nei quali il legislatore detta quelli che sono i principi alla base dell’unione matrimoniale.

La reciprocità è un ulteriore aspetto enfatizzato nei provvedimenti, con riferimento alla comprensione e alla disponibilità/accoglienza tramite l’utilizzo dell’espressione 互谅互让 huliang hurang che rimanda proprio alla vicendevolezza con la quale i coniugi devono portare avanti il loro rapporto affinché possa crescere, superare gli ostacoli e non deteriorarsi.

Conclusioni

Questi sono solo alcuni dei termini che confermano la presenza nei testi delle sentenze di un linguaggio che tende a ristabilire l’armonia familiare, a minimizzare i contrasti e ad appianare le divergenze, soprattutto laddove una delle parti sia contraria allo scioglimento del vincolo.

Sebbene si tratti di casi in cui colei che presenta istanza di divorzio adduce anche a episodi di violenza domestica e nei quali ci si aspetta, quindi, che tale fattispecie sia ripresa nella motivazione del giudice, ciò spesso non accade e la retorica del tribunale appare molto simile a quella rinvenibile in molti altri procedimenti di divorzio ordinario nei quali si assiste a un rigetto della domanda.

Proprio in questo non differire si inserisce la specificità delle controversie per violenza domestica che non di rado nella motivazione viene liquidata con termini quali “conflitti/contrasti/litigi” o del tutto omessa dal linguaggio scritto come se parte attrice non ne avesse mai fatto menzione. A volte il tribunale ricorre, come accennato poc’anzi, all’escamotage del “non sono state fornite sufficienti prove del deterioramento dell’affetto tra i coniugi, ciò dimostra che il rapporto può ancora essere recuperato”, non esprimendosi direttamente sulla questione degli abusi.

Il discorso pubblico si manifesta attraverso l’utilizzo di termini che richiamano dei valori tradizionali della famiglia come uno spazio nel quale risolvere le liti.  “Amare”, “rispettare”, “comprendersi reciprocamente”, “comunicare”, “preservare l’armonia del rapporto matrimoniale”: tutte espressioni molto distanti dal linguaggio legato alla violenza e agli abusi e che si contrappongono a quelle costituite da minacce, percosse, insulti ecc. Si potrebbe affermare che sia nello spazio privato sia in quello pubblico permane una sorta di controllo e l’idea che i contrasti familiari possano quasi sempre risolversi con il confronto tra le parti. La stessa legge contro la violenza domestica, sebbene fornisca degli strumenti di protezione per la vittima, richiama nei primi articoli l’importanza di promuovere l’armonia familiare e la stabilità sociale (art.1) così come i componenti stessi del nucleo sono invitati ad aiutarsi, a prendersi cura l’uno dell’altro e ad adempiere agli obblighi familiari (art.3). L’obiettivo del legislatore e di conseguenza dell’autorità giudiziaria, dunque, appare in molti casi quello di salvaguardare la famiglia come bene giuridico primario nel rispetto dell’armonia, laddove forse l’armonia è rimasta solamente una parola e le parole, si sa, sono importanti.

D’Attoma Le parole sono importanti PDF

Immagine: Lin Tong, da Pixabay

Sara D’Attoma ha conseguito nel 2015 il titolo di dottore di ricerca in Lingue e civiltà dell’Asia e dell’Africa Mediterranea presso l’Università Ca’ Foscari Venezia. Dal 2017 è docente a contratto del corso “Legal Institutions – Global Asian Studies Minor” per il Collegio Internazionale Ca Foscari e dal 2020 di “Strategie comunicative della lingua cinese” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Brescia). Presso l’Università degli Studi di Verona ha svolto in qualità di assegnista una ricerca su “Potere e discorso pubblico sulla violenza domestica in Cina”. È autrice di numerose pubblicazioni su diritto di famiglia, divorzio e violenza domestica della Repubblica Popolare Cinese.

References
1 Chen Min, She jiating baoli anjian shenli jineng 渉家庭暴力案件审理技能 [Competenze giudiziarie sui casi di violenza domestica] (Beijing: Renmin fayuan chubanshe, 2013), 4.
2 Zang Xiaowei, Understanding Chinese Society (New York: Routledge, 2016), 54.
3 Tamara Jacka, Andrew B. Kipnis, Sally Sargeson (a cura di), Contemporary China. Society and social Change(New York: Cambridge University Press, 2013), 27.
4 Marius Hendrikus van der Valk, Conservatism in Modern Chinese Family Law (Leiden E. J. Brill, 1956), 32.
5 Michael Palmer, “Patriarchy, Privacy and Protection: Chinese Law Slowly Gets to Grips with Domestic Violence” in Natalia I. Erpyleva, Maryann E Gashi-Butler, Jane E. Henderson (a cura di), Forging a Common Legal Destiny. Liber Amicorum in honour of William E. Butler (London: Wildy, Simmonds & Hill Publishers, 2005), 786-812.
6 William L Parish, Wang Tianfu, Edward O Laumann, Pan Suiming, Luo Ye, “Intimate Partner Violence in China: National Prevalence, Risk Factors and Associated Health Problems”, in International Family Planning Perspectives, 30(4), 2004, 174-81.
7 Su Lin, “China’s New Domestic Violence Law: Keeping Victims Out of Harm’s Way?”, in Yale Law School Paul Tsai China Center Working Paper, 2017, 1-11.
8 A Landscape Analysis of Domestic Violence Laws, http:// www.stopdvchina.org/detail.aspx?id=303664, ultimo accesso 2014-07-05 (non più disponibile).
9 Zhang Wanqing, “Domestic Violence Cases Surge During COVID-19 Epidemic”, in Sixth Tone(https://www.sixthtone.com/news/1005253/domesticviolencecasessurgeduringcovid19epidemic), 2020.
10 Huang XX su Zhao XX lihun jiufen an, (2011) Shi min chuzi di 2816 hao, Shandong sheng Jinan shi shizhong qu renmin fayuan 黄某某诉赵某某离婚纠纷案, (2011) 市民初字第 2816, 山东省济南市市中区人民法院[Huang XX vs. Zhao XX, sentenza civile di primo grado nr. 2816/2011, sezione civile del Tribunale del Popolo del distretto centrale della città di Jinan, provincia dello Shandong], disponibile al sito Chinalawinfo.
11 Zhang XX su Sun XX lihun jiufen an, (2012) shi minchuzi di 188 hao, Shandong sheng Jinan shi shizhong qu renmin fayuan, 张某某诉孙某某离婚纠纷案, (2012) 市民初字第188, 山东省济南市市中区人民法院 [Zhang XX vs. Sun XX, sentenza civile di primo grado nr. 188/2012, sezione civile del Tribunale del Popolo del distretto centrale della città di Jinan, provincia dello Shandong] disponibile al sito Chinalawinfo.
12 He Xin, Divorce in China: Institutional Constraints and Gendered Outcomes (New York: New York Press, 2021).
13 In passato era necessario presentare contestualmente (o entro 30 giorni) alla richiesta di un ordine di protezione anche l’istanza di divorzio.
14 China Justice Big Data Service Platform, Sifa da shuju zhuanti baogao lihun jiufen 司法大数据专题报告离婚纠纷 [Rapporto specialistico sui big data giudiziari nelle controversie di divorzio], 2018  https://bit.ly/3Nw537r.
15 Ethan Michelson, Decoupling: Gender Injustice in China’s Divorce Courts (New York: Cambridge University Press, 2022), 238-39.