La natura delle zone ai confini della città è fluida e in continua mutazione, dato che queste sono collocate in uno spazio conflittuale prodotto dallo scontro tra nuove istanze urbanizzanti e realtà rurali non necessariamente in sofferenza. Con la dilatazione dei confini urbani, il piano urbanistico nelle aree periurbane incontra quindi le aree rurali con le quali si mescola, producendo frammentazione del suolo e subitanei cambiamenti d’uso.1)Daniel Benjamin Abramson, “Periurbanization and the politics of development-as-city-building in China”, Cities, 53, 2016, 156-162. Nel contesto periferico del sud-ovest cinese la fascia periurbana tende a inglobare non solo il verde urbano preesistente attorno alla città ma anche gli altri spazi naturali periferici come pendii collinari, laghi e riserve idriche, e zone incolte. Il periurbano assume così un aspetto polimorfico caratterizzato da quartieri residenziali, servizi propriamente urbani, terreni agricoli e zone industriali che rispecchiano l’eterogeneità della struttura sociale, con implicazioni socio-culturali nella produzione e fruizione degli spazi segnati da speculazione e giochi di potere.2)Karita Kan e Xi Chen, “Land speculation by villagers: Territorialities of accumulation and exclusion in peri-urban China”, Cities, 119, 2021, 103394.

L’area analizzata in questo articolo è situata nella megalopoli di Chongqing: con circa dieci milioni di abitanti, la città è capoluogo dell’omonima municipalità creata nel 1997 e posta sotto il controllo diretto del governo centrale, la più recente in termini di fondazione e unica a non essere situata lungo la costa. Come riporta Zheng Degao, la nuova unità amministrativa è stata istituita per sperimentare un “approccio integrato città-campagna” finalizzato ad agevolare lo sviluppo di ampie zone del Bacino del Sichuan puntando sulla posizione strategica di Chongqing, definita appunto come la “gola del Sichuan”, un “imbuto” geomorfologico divenuto passaggio obbligato negli spostamenti tra l’ovest e l’est del Paese.3)Zheng Degao, “Predicament and ways of development for Chinese inland major cities – take Chongqing as an example”, 43rd ISoCaRP Congress Proceedings, 2007, 2.

Questa ricerca, in particolare, guarda alla zona periurbana del Distretto di Beibei, in una nuova area residenziale localizzata a sud del centro storico di Beibei e chiamata chengnan (lett., “parte sud della città”). La zona storica vicino al porto sul fiume Jialing presenta una stratificazione spaziale che è il risultato delle politiche rurali e industriali che l’hanno trasformata a partire dagli anni Trenta del Novecento (Fig. 1).4)Michela Bonato, “Chongqing Urban Parks as Representation and Performance of a Spatial Imaginary”, in Annalisa Trentin (a cura di), CHANCES. Practices, Spaces and Buildings in Cities’ Transformation (Bologna: Dip. di Architettura, 2020), 249-266. Al contrario, la pianificazione di chengnan è frutto di una più recente riqualificazione territoriale dall’alto valore simbolico che prevede il passaggio di ampi lotti di terreno da agricolo a edificabile nonché la privatizzazione dei pendii collinari trasformati in spazio residenziale d’élite. Dopo lo spostamento della sede governativa un tempo situata nel centro storico, chengnan è diventata l’area modello da cui partire per la rivalutazione del distretto in un contesto amministrativo locale caratterizzato da atteggiamenti imprenditoriali altamente competitivi tra gli stessi distretti centrali che compongono la città di Chongqing.5)Con lo scioglimento del Comitato Rivoluzionario (qu geming weiyuanhui), nel dicembre 1980 viene fondato il Distretto di Beibei. Nel settembre 2004 la sede amministrativa è spostata a chengnan, definito anche “nuovo quartiere”, xinqu (Baidu 2022, 8 giugno, https://wen.baidu.com/question/761194954272241684.html, ultimo accesso 17/08/2022). Per quanto concerne l’uso degli spazi, si intravede quindi il tentativo di svincolare Beibei dalla precedente fama di città-satellite e polo dell’industria pesante, riposizionando il distretto quale nodo strategico nella rete infrastrutturale che collega Chongqing alla Provincia del Sichuan. La transizione simbolica e materiale del valore dal centro storico di Beibei a chengnan contribuisce a creare una densa stratificazione di spazi, abitudini e usi del suolo con la vicinanza tra luoghi di potere e di produzione del sapere, industrie e terreni agricoli (Fig. 1).

La ricerca indaga la distribuzione spaziale dei poster di propaganda relativi al “sogno cinese”. Si tratta di una campagna nazionale lanciata lo scorso decennio che ha come scopo la re-introduzione di peculiarità culturali anche premoderne nel discorso di costruzione dell’identità nazionale contemporanea, dove il patriottismo possa manifestarsi non solo nelle rappresentazioni legate all’immaginario sociale ma anche, soprattutto, attraverso le pratiche (performances). Rintracciando il posizionamento dei poster in una nuova area residenziale di chengnan, il saggio intende far emergere la relazione tra lo spazio mediatico fruibile attraverso le immagini e lo spazio residenziale in divenire, un legame presente fin dalla fase di progettazione. Ci si interroga quindi su come i media contribuiscano all’idea di habitat armonioso, strutturandosi come intermediari nel processo di ri-significazione del locale nel momento in cui alcune tendenze urbane elitarie come le gated communities si espandono nella fascia periurbana.

Figura 1. I poster sono collocati in sequenza per circa 500 metri lungo un muro di contenimento in Wenhong/Wensi Street; i graffiti sono in Yunkai Street (fonte: foto ed elaborato dell’autrice, 2015, 2022)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Risanamento, monetizzazione della terra e ruolo delle narrazioni

Il termine “risanamento” è qui associato all’inglese “land renewal”, che è spesso tradotto con “riqualificazione/rinnovamento”; nel contesto cinese, esso indica il processo di espropriazione e ripianificazione di aree sia urbane che liminali tra città e campagna. Questo fenomeno si è imposto alla fine degli anni Novanta nelle grandi città costiere come Shanghai e Guangzhou.6)Wu Fulong, “The ‘game’ of landed-property production and capital circulation in China’s transitional economy, with reference to Shanghai”, Environment and Planning A 31, 10, 1999, 1757-71. L’urbanizzazione presuppone l’aumento del valore della terra attraverso pratiche di mercificazione del suolo, condizione necessaria per la gestione dei flussi di capitale e l’attuazione di riforme neoliberali.7)David Harvey, The new Imperialism (Oxford: Oxford University Press, 2003); Shin Hyun Bang, “Economic Transition and Speculative Urbanisation in China: Gentrification versus Dispossession”, Urban Studies 53, 3, 2016, 471-89. Risanando e rimaneggiando il paesaggio locale, si contribuisce tuttavia a fenomeni di frammentazione spaziale, segregazione sociale e creazione di disuguaglianze nell’accesso alle risorse.8)Un esempio fin dagli anni Novanta è la commercializzazione del paesaggio d’acqua (waterfront) con conseguente “consumo visuale” motivato da ragioni estetiche. Timothy R. Sieber, “Public Access on the Urban Waterfront: A Question of Vision”, in Robert Rotenberg e Gary McDonogh (a cura di), The Cultural Meaning of Urban Space (Westport: Bergin & Garvey, 1993), 173-193. Lo sviluppo urbano di Chongqing non si discosta da questo modello procedurale che funziona grazie alla forte impronta dirigista delle amministrazioni distrettuali le quali, in chiave di imprenditrici e spesso anche come maggiori azioniste della decantata “rinascita urbana”, manovrano i flussi di potere/capitale all’interno della rete di attori coinvolti nelle fasi di sviluppo territoriale (governance).9)Wu Fulong e Laurence J.C. Ma, “Transforming China’s globalizing cities”, Habitat International 30, 2006, 191-198; He Shenjing e George C.S. Lin, “Producing and consuming China’s urban space: State, market and society”, Urban Studies52, 15, 2015, 2757-73; Andrew C. Mertha, “From ‘Rustless Screws’ to ‘Nail Houses’: The Evolution of Property Rights in China”, Orbis 53, 2, 2009, 233-249.

Posto al confine nord-occidentale della megalopoli di Chongqing, il Distretto di Beibei è stato a lungo trascurato dall’emergente urbanizzazione post-1997. Per questo motivo, l’aumento del valore della terra – mobilitato dalla costruzione di immobili di lusso, cresce con ritmi diversi rispetto ad altri distretti più dinamici. Le aree residenziali basate sul modello delle gated communities, si sono intensificate a partire dal 2013. Il grafico riporta i dati relativi a un campione di gated communities, tutte concentrate a chengnan (Fig. 2). Gli investitori e sviluppatori dei progetti sono per la maggior parte holdings private; tra le partecipate statali spicca Zhongtie, il cui progetto residenziale è uno dei più costosi (più di 18.000 yuan/mq nel second-hand market con ville che superano i tre milioni di yuan). Esteticamente, il modello residenziale sfrutta le caratteristiche del paesaggio verde al limite tra urbano e rurale. Ciò si palesa nel simbolismo dei nomi attribuiti ai complessi residenziali, i quali rimandano ad architetture “esotiche” (es., “Fontainebleau”) e soprattutto al shanshui (laghi, colline, aree termali). Dal punto di vista materiale, gli standard abitativi sono pubblicizzati come “occidentali” (yangfang) e green, con percentuali di verde privato molto elevate (una media del 50% della superficie residenziale).

Figura 2. Valore medio immobili (yuan/mq) a Chongqing, Beibei e su un campione di gated communities a Beibei (fonte: rielaborazione dell’autrice, 2023, su dati aa.vv., https://cq.esf.fang.com/loupan/3111033852.htm; https://cq.esf.fang.com/loupan/3110879112.htm; https://mfang.58.com/cq/loupan/239167/; https://cq.lianjia.com/xiaoqu/367144912728213/; http://cq.loupan.com/loupan/6186497.html; http://yuerongsidi.fang.com; https://www.creprice.cn/community/1771492646.html?city=cq; https://cq.fang.anjuke.com/loupan/251133.html?ifx=p3013a0c20r0m241201&from=&ifxc=3013; https://cq.esf.fang.com/loupan/3111135704.htm; ultimo accesso 28 aprile, 2023)

 

 

 

 

 

La pianificazione di quartieri residenziali di lusso e il conseguente aumento del valore della terra, rientrano nella strategia di sviluppo locale supportata dal governo centrale. Al fine di rendere più efficace questa strategia, una delle tattiche storicamente più utilizzate dal Partito per raccontare i cambiamenti politico-economici e sociali consiste nella produzione di narrazioni. La “narrazione di storie” (storytelling) può avvenire sia oralmente che con l’aiuto di supporti visivi. Essa serve a rafforzare il senso di comunità, favorendo la compenetrazione di più saperi fino a creare immaginari intrisi di morale e senso del luogo, cementando un’idea di memoria culturale collettiva radicata tra le maglie di una rete etica condivisa.10)You Ziying, “Tradition and Ideology: Creating and Performing New Gushi in China, 1962—1966”, Asian Ethnology 71, 2, 2012, 259-280; Jan Assmann, “Communicative and Cultural Memory”, in Astrid Erll, Ansgar Nünning (a cura di), Cultural Memory Studies. An International and Interdisciplinary Handbook (New York: de Gruyter, 2008), 109-118; Leo Tak-hung Chan, “Text and Talk: Classical Literary Tales in Traditional China and the Context of Casual Oral Storytelling”, Asian Folklore Studies 56, 1997, 33-63; Tuan Yi-Fu, “Space and Place: Humanistic Perspective”, in Stephen Gale e Gunnar Olsson (a cura di), Philosophy in Geography (Dordrecht: Springer, 1979), 387-427. Come pratica politica, lo storytelling può alimentare quindi modalità agentive attraverso la diffusione di un sentimento di “autentico affetto” verso la comunità.11)Donna Eder, Life Lessons through Storytelling: Children’s Exploration of Ethics (Bloomington: Indiana University Press, 2010), 7-23. Nella Cina contemporanea post-socialista, le narrazioni ufficiali devono tenere conto del mutato assetto sociale dove gli individui appartenenti alle ultime generazioni puntano alla realizzazione di un equilibrio tra gli interessi personali e quelli del “gruppo” inteso più come famiglia che non come collettività generica.12)Denise Sabet, “Confucian or Communist, Post-Mao or Postmodern? Exploring the Narrative Identity Resources of Shanghai’s Post-80s Generation”, Symbolic Interaction 34, 4, 2011, 536-51, 547. Questa trasformazione emerge anche nelle narrazioni  veicolate attraverso i supporti visivi.

I poster di propaganda connettono interessi su diversa scala, dal nazionale al locale, mettendo in scena spazi di apprendimento allestiti attraverso la narrazione politicizzata di alcuni elementi dell’eredità materiale e immateriale.13)Tony Bennett, “Culture and policy – Acting on the social”, International Journal of Cultural Policy, 4, 2, 1998, 271-289, 272. Nell’ultimo decennio le autorità hanno infatti favorito la radicalizzazione di discorsi atti a manipolare alcuni aspetti culturali “tradizionali” per fare da scudo a un processo di occidentalizzazione sfrenata che fino a pochi anni prima, era considerato come un tassello imprescindibile per attuare la modernizzazione cinese.14)Gabriel F. Y. Tsang, “Political Narratology and Consensual Development in Post-Mao China”, Journal of Narrative Theory 44, 3, 2014, 467-84.  Il potenziale educativo emerge non solo dai frammenti di cultura tradizionale ma anche dai segni che veicolano un messaggio
relativo alla continuità benefica del Partito per la società. I poster si ispirano a forme di narrazione orale tradizionalmente diffuse in Cina fin dal periodo premoderno, riutilizzandole per fini pedagogici.15)Stefan Landsberger, Chinese Propaganda Posters (Amsterdam: The Pepin Press, 2001), 9-23. Le narrazioni della propaganda, in particolare, sono dotate di una “qualità temporale e locale”, ovvero i loro contenuti, e i significati, tendono a mutare nel tempo, contemplando anche episodi di riciclo e ri-attualizzazione di alcuni temi. È il caso per esempio della tematica ambientale che introdotta negli anni Ottanta nelle narrazioni visuali all’interno di un programma volto alla “civilizzazione spirituale” del paese, ritorna alla fine degli anni Duemila quando si impone il concetto di “civilizzazione ecologica” promosso dal Partito.16)Maurizio Marinelli, “How to Build a ‘Beautiful China’ in the Anthropocene. The Political Discourse and the Intellectual Debate on Ecological Civilization”, Journal of Chinese Political Science, 23, 2018, 365-386. Le rappresentazioni della natura sono tuttavia doppiamente strumentalizzate dalla pianificazione locale come nel caso dell’area periurbana di Beibei, dove si legittimano forme di estrattivismo basate sul valore materiale e simbolico del paesaggio.

Un approccio multimodale all’ecologia spazio-mediatica

 Lo storytelling “di massa”, creato con sequenze di immagini accompagnate da un breve testo, risponde alle esigenze contemporanee legate alla frammentarietà della società dell’informazione. Una comunicazione veloce ed efficace prevede infatti una maggiore economia linguistica riducendo la quantità di parole e simboli, ma anche la trasmissione di “filtri
culturali” utili a comprendere il messaggio diffuso dai poster.17)Zygmunt Bauman, Vita Liquida (Bari: Laterza, 2008); Manuel Castells, La Nascita della Società in Rete (Milano: Università Bocconi Editore, 2008); Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures (New York: Basic Books, 2000), 89. Partendo dal carattere informativo del segno che è veicolato attraverso il linguaggio, si può quindi ricostruire il legame tra la sequenza di poster e lo spazio circostante nel quale le immagini non sono più solo rappresentazione di un immaginario bensì assumono anche materialità attraverso le nuove pratiche sociali e residenziali che hanno luogo grazie alla zonizzazione prevista dal piano di sviluppo locale.

L’approccio multimodale alla narrazione si basa sulla premessa che i segni abbiano una agentività sul sociale che è riscontrabile nel processo di formazione culturale della comunità. La narrazione-agente rende quindi efficace la politicizzazione della cultura stessa. La multimodalità si esprime anche nella migrazione dei segni verso altri ambienti mediatici, contribuendo così al consumo di “mondi immaginari”.18)Carlos Alberto Scolari, “Transmedia Storytelling: Implicit Consumers, Narrative Worlds, and Branding in Contemporary Media Production”, International Journal of Communication 3, 2009, 586-606, 587. Guardando all’interazione significante che si crea tra produttore-visualizzatore-oggetto visualizzato,19)Gunther Kress e Theo van Leeuwen, Multimodal Discourse: The modes and media of contemporary communication(Londra: Arnold, 2001); Liu Shuting, “A Multimodal Discourse Analysis of the Interactive Meaning in Public Service Advertisement”, Journal of Advances in Linguistics, 2019, 1523-34. il prossimo paragrafo si concentra quindi sugli immaginari potenzialmente veicolati dai poster e spazializzati in un’area periurbana grazie all’interazione con altri elementi materiali e simbolici presenti nel luogo.

 Dalla narrazione alla spazialità

Le immagini scelte per l’analisi sono esemplificative della logica sottostante la diffusione mediatica dei poster nello spazio periurbano di Chongqing in un momento di riqualificazione territoriale. La specificità di alcuni di questi poster non sta tanto nel contenuto, riprodotto anche in altre città cinesi, bensì nel loro posizionamento: è il “dove” che assume importanza perché la sequenza di immagini va a significare il luogo attraverso l’atmosfera che si viene a creare nel momento di visione e lettura delle stesse. Il pannello nella sua interezza è lungo circa 500 metri e collocato lungo il muro di contenimento di un cantiere edile. Esso appare come un rotolo antico dispiegato dove ogni riquadro riporta la scritta “l’immagine racconta il nostro sistema di valori” (tu shuo women de jiazhiguan). Il primo poster di propaganda nazionale (Fig. 3.a) introduce il concetto di pietà filiale come base della società cinese: nel riquadro centrale svetta la scritta “[Una nazione] forte e prosperosa, democratica, armoniosa e civilizzata” (qiang fu minzhu hexie wenming). Nell’immagine sono presenti tre generazioni maschili che sono protagoniste di una scena di “pietà filiale” (xiao): il nonno siede su una sedia dove è inscritto il carattere “felicità” (fu), mentre la decorazione nel ventaglio ricorda il doppio carattere feng(“abbondanza”). Sebbene anziano e saggio come si nota dalla barba e dalla forma allungata della testa, egli non sembra mancare di vigore fisico. Mentre il figlio gli lava i piedi in segno di rispetto, la nuova generazione cinese osserva e impara. Il carattere patriarcale è lievemente smorzato dall’immagine di una chioccia con i suoi pulcini sebbene la presenza di un gallo, animale simbolo di potere in Asia, ci rimandi ai simboli del Partito stesso nell’atto di cura della comunità. Il tema è esplicitato dalle scritte “la pietà filiale è il fondamento della virtù” e “pietà filiale: l’eccellenza morale della nazione cinese”.

La seconda immagine (Fig. 3.b) è stata ideata a livello municipale e presenta la scritta “dedizione al lavoro, credibilità e integrità, fratellanza e amore per la patria” (jingye chengxin youshan aiguo). Essa rievoca quindi i valori fondamentali socialisti come sono stati pronunciati dal Presidente Xi Jinping al XVIII Congresso Nazionale. Nel tondo appare la scritta “studiare diligentemente per fare progressi” (qinxue xiangshang); in basso, la dicitura “patriottismo” (aiguo) è riportata in caratteri tradizionali. L’immagine mostra tre giovani che leggono un libro risalendo una collina con sullo sfondo un villaggio rurale verso il quale un contadino sta facendo ritorno portando sulle spalle il bangbang, un’asta di bambù usata a Chongqing e nelle zone rurali per trasportare merci.

Figura 3.a) Poster relativo al concetto di “pietà filiale”
Figura 3.b) Poster relativo al concetto di “studio e patriottismo” (fonte: foto dell’autrice, 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

Seguendo le tracce lasciate dalla narrazione, appaiono figure di modelli non-eroi, personaggi comuni che raccontano storie quotidiane di fatica, studio, gioco, amore e rispetto per la famiglia. I colori e i font voluminosi dalla disposizione giocosa, esprimono messaggi complessi sfruttando l’essenzialità della lingua. La sequenza narrativa dei poster non segue un andamento diacronico, trovandovi accostate immagini cariche di significati peculiari come i paesaggi che attingendo dalle forme della tradizione pittorica premoderna, evocano scenari di equilibrio tra uomo e ambiente. Oltre alle visioni stereotipate di un idillico stile di vita rurale, con abbondanza di materie prime e animali domestici, sono presenti anche poster che raffigurano uomini forti dal carattere assertivo, specializzati nel lavoro e ritratti in atti decisionali come la firma di un documento: essi rimandano alla tradizione tecnocratica della leadershipcinese e sono parte dell’eredità creativa dei poster maoisti e denghisti. Non mancano infine gli strumenti del farsi cinese, come ventagli, scacchi, abiti e acconciature. Ciò alimenta una discussione etica sull’auto-determinazione da influenze occidentali interpretate sempre più con frequenza come una minaccia all’integrità della cultura cinese. Emerge tuttavia un “senso generico” di cultura che mette in mostra oggetti lontani dal significato e dal contesto originari; l’atto di estrapolazione è ben reso dagli sfondi bianchi dove le figure si trovano inserite, delineando un allontanamento anche dal paesaggio circostante nel quale i poster sono collocati. Estrapolata dal contesto, l’eredità immateriale diviene quindi dispositivo atto ad agevolare la circolazione di linguaggi ideologici contingenti per riaffermare il controllo sul territorio. A questo scopo concorre la presenza delle didascalie che indirizzano il fruitore verso una significazione predefinita.

Per comprendere il potenziale dell’ecologia mediatica analizzata finora oltre il carattere autoreferenziale del messaggio, ovvero la sua spazialità, è necessario introdurre nell’analisi altri elementi presenti nel luogo (Fig. 4).

Figura 4. Nuovo quartiere residenziale con servizi e valore medio dei nuovi immobili (fonte: rielaborazione dell’autrice, 2023, su immagine satellitare Baidu baike, fair use for academic purposes)

 

 

 

 

 

La sequenza di immagini è posta lungo un muro di contenimento di quello che è stato progettato come un nuovo quartiere residenziale, oggi in via di completamento con l’apertura di una scuola dell’infanzia e una scuola primaria affiliate alla principale università del distretto. Il muro di contenimento si trova lungo Wensi Street (wensi lu, “via del merito e della morale”) che è una laterale di Jinyun Avenue (Jinyun dadao), una delle maggiori arterie stradali di Beibei. I poster e il nome stesso della nuova strada aperta alle pendici della collina Jinyun sono espressione della capacità di occupazione spaziale della narrazione concentrata su civilizzazione ecologica, patria e famiglia. I poster dialogano infatti con i cartelloni pubblicitari appartenenti a una gated community in costruzione nel lotto di fronte (“Imperial Blue Bay”; cfr. figg. 1 e 4). L’azienda Jingrui Holdings Ltd. incaricata di sviluppare il progetto abitativo, propone il seguente motto per veicolare il messaggio pubblicitario: “capiamo l’amore e ancor di più la famiglia” (dong ai geng dong jia). È quindi enfatizzata l’esigenza di costruire un senso di famiglia nell’ottica della civilizzazione ecologica, invocando un ambiente privo di inquinamento (Fig. 5.a) e verde come in Figura 5.b dove con la metafora campestre (zhongzhi, coltivare; turang, suolo) si paragona il bambino/a-peluche a una pianta che cresce grazie all’amore. Il contrasto tra parti colorate e porzioni in bianco e nero evidenzia quale sia la gerarchia di significato veicolata dall’immagine all’interno del quadro semantico della casa intesa come luogo confortevole e familiare. Nel tentativo di definire una presunta atmosfera tipica del “vivere cinese”, frutto dell’interazione tra spazio materiale e spazio simbolico, i poster sia pubblici che privati sono quindi agenti nel processo locale di rinnovamento urbano.

Figura 5.a) Poster relativo al concetto di famiglia: “Supportarsi significa farsi una promessa eterna, dare alla vita la sfumatura [l’espressione] più emozionante possibile”
Figura 5.b) Poster relativo al concetto di famiglia: “la famiglia [casa] è il suolo in cui si coltiva la speranza; cresce e matura grazie all’affetto” (fonte: foto dell’autrice, 2015)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proseguendo lungo la parallela di Jinyun Avenue, Yunkai Street (Yunkai lu), il muro che separa la gated community dagli altri edifici del quartiere diventa il mezzo per una performance alternativa (Figg. 1 e 4). Le vignette tracciate sul muro con il gessetto ci raccontano un’altra idea di Partito e di gestione del potere attraverso dei disegni raffiguranti la bandiera con le cinque stelle (Fig. 6.2), e la stella indicante il Partito seguita dalla scritta “prendersi cura del mondo” (qing xi tianxia) (Fig. 6.1). I caratteri nella Figura 6.2 inneggiano allo sviluppo (fayang chong guang, dove yang è scritto in carattere tradizionale), alla patria (zuguo wansui) e al popolo (renmin weida). La figura del cavallo è ricorrente, e posizionata dentro la bandiera potrebbe portare ad accostare il suono ma (cavallo) con Marx. Le altre scritte che ricoprono il muro (Fig. 1), descrivono la routine quotidiana della classe media (lavoro, pasti e passeggiata serale). Si legge anche: “la bandiera fluttua al vento (wuxing hong qi yingfengpiaowu), il popolo fedele loda nel proprio cuore (zhongshi renmin xinzhong kua), […] la grande figura del Presidente Mao ([…] weiren Mao Zhuxi). La narrazione evoca potenzialmente un passato comunista che pur prendendo forma attraverso la scrittura, non trova però appigli semantici nell’urbanità circostante che si delinea nell’area periurbana di Chongqing. L’esaltazione di un passato si discosta dall’atmosfera evocativa sopra descritta che proietta invece il Partito verso il futuro, fornendo un senso di collettività in un contesto post-socialista di compromesso tra gli interessi personali e la visione nazionalistica statale.

Figura 6.a Disegni tracciati con il gesso in Yunkai Street (fonte: foto dell’autrice, 2015)
Figura 6.b Disegni tracciati con il gesso in Yunkai Street (fonte: foto dell’autrice, 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusioni

Contestualizzando l’idea di Bennett secondo cui le risorse culturali detengono una capacità manipolatoria sul tessuto sociale, emerge come lo stato cinese sia attivo nel processo di modellamento degli spazi sociali. Il linguaggio ideologico posto “in mostra” crea infatti una sorta di ecosistema mediatico con cui diffondere una determinata concezione del mondo veicolata attraverso nuove forme di (peri-)urbanità particolarmente attente a sviluppare aree avviate a diventare fulcro di uno spazio elitario tra gated communities, nuovi servizi eco-culturali e bonifica di aree industriali dismesse. L’ecologia dei media unisce in modo relazionale gli interessi della governance locale nella gestione delle risorse alle pratiche consolidate della narrazione di propaganda cinese. Questo insinuarsi simbolico nel contesto di una peri-urbanità in fieri, contribuisce al processo di riformulazione degli spazi in un’ottica imprenditoriale imprescindibile dal processo di sviluppo locale. Le immagini distribuite negli spazi pubblici di passaggio come alcune strade di chengnan nel Distretto di Beibei, raccontano pratiche significanti di virtù ed etica facendo leva sulla componente estetica. Questa si riflette nell’introduzione del paesaggio come dinamica discorsiva contemporanea utile al raggiungimento di un elevato grado di benessere, riscontrabile anche materialmente nell’uso strumentalizzato della natura per la produzione di spazi gentrificati.

I poster di propaganda hanno un legame relazionale con gli spazi limitrofi divenuti oggetto di risanamento attraverso la continuità di significato veicolato dalla cartellonistica pubblicitaria privata. Intrattengono inoltre un’ambigua relazione con i segni prodotti dal permanere di narrazioni alternative, eccentriche e a tratti nostalgiche come quelle visibili in una laterale adiacente al complesso residenziale. La presenza delle vignette tracciate a mano con il gesso costringe a riflettere sulla potenziale capacità di espressione di alcuni linguaggi locali non necessariamente o volutamente informati sulle tattiche simboliche proposte dal Partito. Esse concorrono a mantenere viva la tensione tra narrazione ufficiale e immaginari alternativi, proponendo micro-spazialità locali alimentate dal basso che seppur meno visibili, possono diventare significative per gli altri discorsi propri del periurbano, come le problematiche legate all’aumento dei costi degli immobili e la disoccupazione dovuta alla chiusura delle industrie o la conversione di terreno agricolo in fabbricabile.

Rintracciando il valore di scambio delle immagini pubbliche e private in relazione al crescente valore d’uso della terra, le rappresentazioni appaiono come cose con una propria agentività, in grado di tessere trame di senso per la mercificazione del paesaggio, i flussi di capitale e le politiche tese a stabilire maggiore governabilità sul territorio. Esse interagiscono con chi le visualizza nel momento di attraversamento di questo spazio, incentivando una trasformazione sensoriale del paesaggio con cui rielaborare il significato del vivere locale sulla base della riqualificazione periurbana. In questo modo, le immagini spazializzate esprimono una potenziale capacità di insegnamento informale volto a distinguere gli elementi dogmatici del linguaggio e delle pratiche contemporanee di civilizzazione cinese.

Bonato Spazi di apprendimento PDF

Immagine: poster sulla famiglia, foto di Michela Bonato

Michela Bonato è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità (DISSGeA), Università di Padova, e docente a contratto in Geografia, Lingua Cinese, e Cultura e Società Cinese Contemporanea presso le Università di Pavia e Ca’ Foscari. Attualmente si occupa di pratiche turistiche come strumento geopolitico all’interno di un discorso di europeizzazione. Ha studiato a lungo lo sviluppo urbano nel sud-ovest della Cina, integrando una prospettiva spaziale con metodi di analisi critica del discorso e dei media. In particolare, si è occupata di gentrificazione verde, patrimonio immateriale e naturale, e paesaggi d’acqua.

References
1 Daniel Benjamin Abramson, “Periurbanization and the politics of development-as-city-building in China”, Cities, 53, 2016, 156-162.
2 Karita Kan e Xi Chen, “Land speculation by villagers: Territorialities of accumulation and exclusion in peri-urban China”, Cities, 119, 2021, 103394.
3 Zheng Degao, “Predicament and ways of development for Chinese inland major cities – take Chongqing as an example”, 43rd ISoCaRP Congress Proceedings, 2007, 2.
4 Michela Bonato, “Chongqing Urban Parks as Representation and Performance of a Spatial Imaginary”, in Annalisa Trentin (a cura di), CHANCES. Practices, Spaces and Buildings in Cities’ Transformation (Bologna: Dip. di Architettura, 2020), 249-266.
5 Con lo scioglimento del Comitato Rivoluzionario (qu geming weiyuanhui), nel dicembre 1980 viene fondato il Distretto di Beibei. Nel settembre 2004 la sede amministrativa è spostata a chengnan, definito anche “nuovo quartiere”, xinqu (Baidu 2022, 8 giugno, https://wen.baidu.com/question/761194954272241684.html, ultimo accesso 17/08/2022).
6 Wu Fulong, “The ‘game’ of landed-property production and capital circulation in China’s transitional economy, with reference to Shanghai”, Environment and Planning A 31, 10, 1999, 1757-71.
7 David Harvey, The new Imperialism (Oxford: Oxford University Press, 2003); Shin Hyun Bang, “Economic Transition and Speculative Urbanisation in China: Gentrification versus Dispossession”, Urban Studies 53, 3, 2016, 471-89.
8 Un esempio fin dagli anni Novanta è la commercializzazione del paesaggio d’acqua (waterfront) con conseguente “consumo visuale” motivato da ragioni estetiche. Timothy R. Sieber, “Public Access on the Urban Waterfront: A Question of Vision”, in Robert Rotenberg e Gary McDonogh (a cura di), The Cultural Meaning of Urban Space (Westport: Bergin & Garvey, 1993), 173-193.
9 Wu Fulong e Laurence J.C. Ma, “Transforming China’s globalizing cities”, Habitat International 30, 2006, 191-198; He Shenjing e George C.S. Lin, “Producing and consuming China’s urban space: State, market and society”, Urban Studies52, 15, 2015, 2757-73; Andrew C. Mertha, “From ‘Rustless Screws’ to ‘Nail Houses’: The Evolution of Property Rights in China”, Orbis 53, 2, 2009, 233-249.
10 You Ziying, “Tradition and Ideology: Creating and Performing New Gushi in China, 1962—1966”, Asian Ethnology 71, 2, 2012, 259-280; Jan Assmann, “Communicative and Cultural Memory”, in Astrid Erll, Ansgar Nünning (a cura di), Cultural Memory Studies. An International and Interdisciplinary Handbook (New York: de Gruyter, 2008), 109-118; Leo Tak-hung Chan, “Text and Talk: Classical Literary Tales in Traditional China and the Context of Casual Oral Storytelling”, Asian Folklore Studies 56, 1997, 33-63; Tuan Yi-Fu, “Space and Place: Humanistic Perspective”, in Stephen Gale e Gunnar Olsson (a cura di), Philosophy in Geography (Dordrecht: Springer, 1979), 387-427.
11 Donna Eder, Life Lessons through Storytelling: Children’s Exploration of Ethics (Bloomington: Indiana University Press, 2010), 7-23.
12 Denise Sabet, “Confucian or Communist, Post-Mao or Postmodern? Exploring the Narrative Identity Resources of Shanghai’s Post-80s Generation”, Symbolic Interaction 34, 4, 2011, 536-51, 547.
13 Tony Bennett, “Culture and policy – Acting on the social”, International Journal of Cultural Policy, 4, 2, 1998, 271-289, 272.
14 Gabriel F. Y. Tsang, “Political Narratology and Consensual Development in Post-Mao China”, Journal of Narrative Theory 44, 3, 2014, 467-84.
15 Stefan Landsberger, Chinese Propaganda Posters (Amsterdam: The Pepin Press, 2001), 9-23.
16 Maurizio Marinelli, “How to Build a ‘Beautiful China’ in the Anthropocene. The Political Discourse and the Intellectual Debate on Ecological Civilization”, Journal of Chinese Political Science, 23, 2018, 365-386.
17 Zygmunt Bauman, Vita Liquida (Bari: Laterza, 2008); Manuel Castells, La Nascita della Società in Rete (Milano: Università Bocconi Editore, 2008); Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures (New York: Basic Books, 2000), 89.
18 Carlos Alberto Scolari, “Transmedia Storytelling: Implicit Consumers, Narrative Worlds, and Branding in Contemporary Media Production”, International Journal of Communication 3, 2009, 586-606, 587.
19 Gunther Kress e Theo van Leeuwen, Multimodal Discourse: The modes and media of contemporary communication(Londra: Arnold, 2001); Liu Shuting, “A Multimodal Discourse Analysis of the Interactive Meaning in Public Service Advertisement”, Journal of Advances in Linguistics, 2019, 1523-34.