Il volume di Guido Samarani e Sofia Graziani (Editori Laterza, Bari, 2023, pp. 305) dedicato al Partito comunista cinese, ed edito non a caso da Editori Laterza, è una sintesi ricchissima e brillantissima degli ultimi cento anni di storia della Cina visti attraverso il prisma di uno dei suoi attori principali. Come giustamente sottolineato nella breve introduzione, è la prima opera sul tema scritta da studiosi italiani e pubblicata in Italia, dopo oltre cinquant’anni dall’unica pubblicazione esistente in italiano, ossia La storia del Partito comunista cinese di Jacques Guillermaz, pubblicata nel 1970 da Feltrinelli e sulla quale chi scrive come molti altri anche delle generazioni successive ha studiato nei suoi anni di università. Il recente centenario della fondazione del Pcc, avvenuto nel 2021, ha visto l’uscita di numerosi lavori originali sull’argomento in lingua inglese come completamento di un’ampia letteratura prodotta in precedenza. Per l’assoluta novità e per il risultato raggiunto, il lavoro dei due studiosi italiani si colloca in modo originale in una tradizione di studi ricca e variegata. Gli studi sul partito comunista cinese, infatti, hanno subìto diverse stagioni, di cui gli autori danno conto, e nelle ultime decadi sono stati spesso trascurati a favore di temi ritenuti a torto o a ragione decisivi al momento dato: riforme economiche, germogli di società civile, stato vs mercato, ecc. Negli ultimi anni, invece, è apparso chiaro che il Partito comunista cinese, ieri come oggi, era e tuttora resta tema imprescindibile per comprendere seppur con molti limiti il continente Cina. Soprattutto dopo la brutale repressione delle manifestazioni di Piazza Tian’anmen e dagli inizi degli anni ’90, con la caduta e lo scioglimento di tutti i partititi comunisti al potere, a fronte della resistenza (resilienza) del Pcc nonostante i pronostici di imminente fine, si sono cominciati a studiare e analizzare nuovamente e con più attenzione le trasformazioni e i cambiamenti del partito comunista cinese e del suo sistema di governo nel tempo.

Il libro è diviso in tre parti: seguendo una consueta periodizzazione, la prima “Gli anni della lotta rivoluzionaria (1921-1949)”, scritta da Samarani, copre la storia dalla fondazione del partito fino all’esito vittorioso nella guerra civile contro il Partito nazionalista e la presa del potere su tutto il territorio nazionale tranne l’isola di Taiwan dove il Guomindang si rifugiò dopo la sconfitta. La seconda parte, “Il Pcc al potere: gli anni del maoismo (1948-1978)” scritta da Graziani analizza il periodo che dalla fondazione della Repubblica popolare giunge fino ai primi anni successivi alla morte di Mao (1976). La terza parte “Il Pcc al potere: il dopo Mao (1978-2022)” è divisa tra i due autori. I primi due capitoli della terza parte, sono ad opera di Graziani e gli altri due sono di Samarani. Chiude il volume un breve capitolo conclusivo dedicato al XX Congresso svoltosi nel 2022. Per quanto scritto da due diversi studiosi, il libro rispecchia unitarietà di impostazione e di stile di scrittura, rendendo la lettura agile e scorrevole. Tranne il primo capitolo della prima parte dedicata alla storia delle origini e al Primo congresso, le tre diverse sezioni sono suddivise in capitoli ciascuno dedicato a quattro temi principali affrontati per tutte e tre le diverse fasi storiche prese in esame. Gli argomenti sono: situazione socio-economica del paese del periodo preso in esame e relative politiche del partito come risposta; ideologia: dalla impostazione marxista-leninista e i princìpi da essa derivati (centralismo democratico ed es.), comune a tutti i partiti comunisti, fino alla elaborazione di un sistema ideologico originale elaborato dalla pratica dell’esperienza rivoluzionaria e da tratti culturali propri della storia cinese; organizzazione del partito che pur con cambiamenti nella struttura per adeguamenti alle diverse circostanze di fasi molto diverse conserva una sostanziale impostazione; e in ultimo le relazioni del partito con il mondo esterno, argomento di grande interesse ieri ma tanto più oggi vista l’importanza fondamentale del ruolo assunto dalla Cina in campo internazionale in tempi recenti. Tutti e quattro gli ambiti di indagine, fondati su fonti originali, letteratura secondaria in inglese e cinese, con profondità, equilibrio e allo stesso tempo capacità di sintesi danno conto delle diverse e molteplici letture su tante questioni tuttora irrisolte per l’impossibilità di avere accesso a fonti di archivio, di cui è nota, solo purtroppo, l’enorme ricchezza. I temi trattati sono quelli ben noti a chi frequenta la storia della Cina degli ultimi cento anni, dal duplice ‘fronte unito’ del periodo precedente la presa del potere alle relazioni con il Comintern e l’URSS di Stalin, l’apertura agli Usa in chiave anti sovietica negli anni successivi alla rottura del 1960, la teoria dei tre mondi, la questione del ruolo della classe contadina nella strategia politica prima e dopo la fondazione della Rpc, struttura partito-Stato, dalla ‘nuova democrazia’ alla ‘dittatura democratica popolare’, la lotta tra le due linee nella prima ricostruzione storica effettuata dal Partito alla vigilia della guerra civile, contraddizioni in seno al popolo, l’egemonia maoista, rivoluzione permanente e lotta al revisionismo, leadership collettiva e culto della personalità, riforme e modernizzazione, il contributo ideologico da Deng Xiaoping fino a Xi Jinping passando per Jiang Zemin e Hu Jintao. Solo per citarne alcuni. Offrire un quadro così articolato e completo di cento anni di storia del Pcc è impresa per nulla semplice e va dato atto a Guido Samarani e Sofia Graziani di aver perseguito l’obiettivo con grande bravura.

Non si può e non si vuole sintetizzare un lavoro di così ampia portata. Qui se ne sottolinea l’importanza e l’utilità non solo per chi si occupa di Cina in modo professionale e quindi come un eccellente libro di riferimento per studenti di storia contemporanea cinese, ma per tutti coloro che cercano attraverso la storia di acquisire chiavi di lettura per il presente. Il libro, infatti, offre la possibilità, in una prospettiva di lungo periodo, di cogliere continuità e rotture nella politica sia interna sia internazionale del Pcc che possono aiutare a comprendere meglio fenomeni e situazioni attuali di non facile interpretazione per l’opacità del sistema di governo.

Alle molteplici e ricche interpretazioni della storia passata e recente del partito offerte dal libro vorrei aggiungerne una. Nel libro ricchissimo come si è detto, non mi sembra sia citato (manca purtroppo una bibliografia complessiva alla fine del volume) uno studio importante sulle tecniche di governo e di policy making relative al periodo di riforme, Maos’s Invisible Hand. The political Foundations of Adaptive Governace in China, a cura di due studiosi americani Sebastian Heilmann e Elizabeth J. Perry. Secondo i curatori di questo lavoro, pubblicato nel 2011, i successori di Mao avrebbero adattato alle nuove realtà un modus operandi, uno ‘stile di lavoro’ (zuofeng parola molto utilizzata dai politici cinesi), lascito dell’esperienza rivoluzionaria e definito ‘guerrilla-style policy-making’, che si caratterizza per continua sperimentazione e trasformazione delle politiche intraprese.  Secondo Heilmann e Perry, nonostante la definizione classica di partito-stato autoritario, il sistema politico cinese, burocraticamente frammentato, si caratterizza, più di quanto si possa dedurre dalla sua struttura formale, da processi politici animati da input dal basso verso l’alto. Oggi, secondo gli osservatori più attenti, l’impianto fortemente centralizzato messo in atto da alcuni anni dal Segretario generale Xi Jinping potrebbe mettere in discussione e svuotare della capacità di innovare questa modalità di governo che ha prodotto nel tempo sperimentazioni risultate vincenti, sicuramente per il partito, ma forse anche per tutto il paese.