Come ho avuto modo di dire nel corso di una presentazione del volume a Ca’ Foscari, ritengo innanzitutto che questo lavoro sia particolarmente benvenuto, nel senso che propone una riflessione a più mani da parte dei tre autori (nonché di Alessandro Albana) che attraversa i confini geografici e politici e intreccia in modo ampiamente interdisciplinare questioni legati alla storia, alle istituzioni e alle relazioni internazionali dell’Asia. Al centro della riflessione non è in realtà l’intero continente asiatico ma sostanzialmente l’Asia orientale (nord-orientale e sud-orientale) e il Subcontinente indiano, le cui vicende sono analizzate e discusse collegandole in modo necessario quanto positivo con quelle dei grandi attori “esterni” a cominciare dall’Unione Sovietica/Russia e dagli Stati Uniti. Insomma, un lavoro di cui vi era assoluto bisogno in Italia: un’opera che si rivolge soprattutto a chi studia e insegna la storia dell’Asia ma nello stesso tempo anche a tutti coloro che si occupano di temi importanti (periodizzazione, rapporto Asia-Occidente, radici storiche della contemporaneità, etc.) nell’ambito della riflessione storiografica su quei paesi.
Il volume è articolato in 5 parti: la prima copre gli ultimi anni del Diciannovesimo secolo e i primi del Ventesimo affrontando il tema dell’incontro-scontro tra i paesi asiatici e le potenze occidentali; la seconda discute i primi decenni del Novecento nei quali, accanto alla presenza delle tradizionali potenze imperialiste, viene a sommarsi l’espansionismo giapponese; la terza analizza il periodo del secondo dopoguerra sino all’inizio degli anni Settanta, segnato dai processi di decolonizzazione nel più ampio contesto della rivalità e contesa tra Mosca e Washington nell’ambito della Guerra Fredda; il quarto parte dai primi anni Settanta, segnati in particolare dal dialogo Cina-USA, e giunge alle porte della dissoluzione dell’URSS e alla fine della contesa bipolare caratteristica della Guerra Fredda; infine, la quinta parte tocca l’ultimo decennio del Ventesimo secolo spingendosi nella prima fase del nuovo caratterizzata da quello che è definito “l’apogeo dell’egemonia globale americana” (p. XXIV) e dal crescente protagonismo di vari attori asiatici a cominciare dalla Repubblica Popolare Cinese.
Al di là di come il volume è suddiviso, ritengo possa essere utile e importante mettere in luce due temi di carattere generale e metodologico che emergono da una lettura del lavoro: il primo è la questione della periodizzazione prescelta; il secondo riguarda il ruolo della storia del continente asiatico nell’ambito della storia contemporanea globale.
La periodizzazione storica proposta appare largamente “tradizionale”: uso un simile termine in senso positivo volendo mettere in luce come in un lavoro di questo tipo era giusto e inevitabile procedere secondo linee storiografiche ampiamente riconosciute e consolidate: partire dalla metà circa dell’Ottocento – segnato dall’incontro-scontro tra paesi asiatici e potenze occidentali – e attraversare poi la parte restante del secolo e il Novecento, sino ai primi passi del nuovo secolo, mettendo in evidenza una serie di tappe storiche che consentono di porre l’enfasi sui grandi processi di trasformazione interni (processi peraltro per vari aspetti diversi e diseguali), e allo stesso tempo sull’avvio e sviluppo di un nuovo ruolo internazionale dell’Asia (anche qui, con differenze indubbie e significative tra paese e paese e tra area e area).
La seconda questione muove da un passaggio dell’Introduzione, dove si afferma che: “Questo libro, inoltre, ha l’intenzione di riportare l’Asia al centro degli sviluppi della storia contemporanea a livello globale”, ricordando poi che anche nei periodi di maggiore debolezza quei paesi “hanno continuato a essere fondamentali a livello mondiale, e ancor di più lo sono diventati nel mondo post-1945” (p. XX).
In queste parole è racchiuso un importante obiettivo che rappresenta nello stesso tempo una sfida complessa. Una sfida che, a mio modo di vedere, è da tempo presente in Italia ma che negli ultimissimi decenni è divenuta ancor più rilevante proprio alla luce del citato ruolo crescente di quei paesi nel contesto regionale e internazionale, nonché della crescente domanda di conoscenza e di sapere che viene da una parte considerevole delle nuove generazioni. L’obiettivo è piuttosto chiaro e semplice, anche se difficile da conseguire: la fine della visione eurocentrica del mondo che a lungo ha dominato il dibattito storiografico nazionale. Non si tratta di sostituire una “vecchia centralità” (l’eurocentrismo) con nuove centralità (sinocentrismo o asiacentrismo) ma semmai di riconoscere sul piano teorico, e applicare sul piano pratico, due idee fondamentali: la prima, che la storia del mondo è fatta di esperienze e valori dissimili e anche contrastanti, spesso tra loro intrecciati e connessi, e che nessuna di tali esperienze e valori ha una supremazia assoluta e indiscussa; la seconda, che è essenziale che tale complessità sia e diventi parte sempre più integrale dell’insegnamento della storia nel sistema scolastico e che le nuove generazioni possano sempre più avvicinarsi all’”altro” con interesse e rispetto, evitando semplificazioni e stereotipi che ancor oggi troppo spesso dominano la trasmissione del sapere e il dibattito pubblico.
Ovviamente sarebbe sbagliato non riconoscere che negli ultimi decenni sono stati fatti passi in avanti, come testimonia ad esempio la lettura dei migliori testi e manuali di storia contemporanea frutto di un impegno rinnovato della parte migliore e più aperta degli storici nostrani. E tuttavia, il cambiamento pare a me ancora troppo lento e parziale, soprattutto se messo a confronto con la rapidità e celerità dei cambiamenti oggettivi del mondo contemporaneo, la cui lettura e comprensione non può non basarsi su di una attenta e piena analisi delle radici storiche che ne sono alla base.
Anche per questo, il volume appare particolarmente importante: un mattone piccolo ma prezioso in quel viaggio della memoria che un grande storico come Mario Isnenghi così descriveva: “Avete presente […] il nastro trasportatore dei bagagli all’aeroporto? Mi figuro il viaggio delle memorie molto simile a quello. Proprio come valigie e borse, le memorie di un popolo vengono caricate dagli addetti, messe in movimento e poi spariscono per tunnel misteriosi, ricompaiono […] tornano a sparire, per riaffiorare in un altro punto, dove qualcuno ne anticipa la riapparizione e altri, meno esperti, non se le aspettano…” (M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria. Personaggi e date dell’Italia unita; Roma-Bari, Laterza, 1997, p. VII).
Immagine:
Antonio Fiori, Marco Milani, Andrea Passeri, Asia. Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali, Firenze, Le Monnier Università, 2022, pp. 581 + XXV