Quando si studia la storia delle donne cinesi, affrontando i temi del femminismo e dell’attivismo, si comincia sempre da un periodo ben preciso, ovvero la seconda metà del XIX secolo. Fu questo il momento in cui, tra instabilità politiche ed economiche, la Cina ricercava modernizzazione e cambiamento. Il dibattito intellettuale si concentrava sulla riforma di diversi aspetti della società e, tra questi, quello sulla parità tra i sessi fu uno dei temi più pregnanti. Tra le prime voci a richiedere uguaglianza e diritti per le donne si ricordano solitamente quelle di intellettuali uomini quali Liang Qichao 梁启超 e Jin Tianhe 金天翮. Tuttavia, è lecito ammettere che una storia di attivismo femminile che, a livello teorico, inizia grazie alla presa di posizioni di figure maschili presenta delle premesse che potrebbero indurre diverse perplessità. Ma la realtà, per fortuna, è sempre più complessa e articolata di quella che sembra, soprattutto quando si parla di storia delle donne e quando ci si concentra su universi culturali che soffrono di una narrazione spesso stereotipata e non contestualizzata. Si tende a dimenticarsi di voci alternative e critiche, che sono diventate simbolo e rappresentazione di agency e autocoscienza – per fare degli esempi concreti si potrebbero nominare attiviste come Qiu Jin 秋瑾 e He-Yin Zhen 何殷震. La carente attenzione nei confronti dell’agire e della ribellione delle donne cinesi, spesso impregnata di un sentore di pietismo e orientalismo, è una tendenza che Fiori di Pioppo al Vento: Storie di Donne Cinesi in Cerca di Diritti, di Sara D’Attoma (Milano: Edizioni le Lucerne, 2022) promette di ribaltare grazie alla determinazione e alla forza delle sue protagoniste che, come si legge nel capitolo introduttivo, sono piuttosto fiori di pioppo controvento.
L’autrice, attraverso una scrittura estremamente accessibile e scorrevole, analizza le figure-simbolo della concubina, della vittima, della (ex) moglie, della madre e della figlia con lo scopo di delineare, attraverso la narrazione di alcune esperienze significative, la storia giuridica delle donne in Cina.
Cosa sarebbe successo a Songlian, del romanzo Mogli e Concubine di Su Tong, se la sua vita si fosse svolta durante gli anni duemila? A quali leggi si sarebbero potute appellare Lin Shi e Li Xuelian, rispettivamente protagoniste dei romanzi La moglie del Macellaio di Li Ang e Divorzio alla Cinese di Liu Zhenyun, per far valere i propri diritti? A queste, e altre domande, D’Attoma cerca di trovare delle possibili, e probabili, risposte appellandosi ai vari cambiamenti e aggiornamenti delle leggi cinesi inerenti al diritto di famiglia e alla violenza domestica e di genere. Per fare ciò, si serve di un approccio originale e coinvolgente: il dialogare continuo tra episodi letterari, cinematografici e casi di cronaca realmente accaduti si interseca con spontaneità e naturalezza alle nozioni sulla legislazione e sulla storia cinese, dando vita ad una lettura che vuole abbandonare la rigidità dell’accademismo per poter abbracciare un pubblico di lettori più ampio.
Il lettore viene guidato attraverso un percorso storico e culturale di ribellione, rivalsa e diritti. Le vicende che l’autrice ci presenta sono esempi di lotta contro la sottomissione patriarcale, nella famiglia, nella società e nelle istituzioni, che le protagoniste subiscono in quanto soggetti socializzati come donne.
Quello dei diritti delle donne è di per sé un tema che può diventare spinoso, soprattutto quando ci si concentra su una realtà diversa in cui il concetto stesso di “diritto” viene approcciato con parametri sociali differenti. Per non ricadere in una narrazione stereotipata e fine a se stessa è necessario un lavoro di contestualizzazione socio-culturale che in questo caso, come D’Attoma suggerisce, trova il suo fulcro nel pensiero confuciano. Il confucianesimo, dottrina permeata da una natura fortemente patriarcale, ha avuto – e ha tuttora– una grande importanza nella costruzione della figura della donna in Cina. Volendo racchiudere in una frase il modo in cui la cultura confuciana ha sistematizzato la natura femminile, potremmo dire che si è mogli (o concubine) e madri ancor prima di essere donne. Di fatto, attraverso la sua produzione testuale, il confucianesimo ha intessuto una rete di riti, norme e strutture sociali che hanno incardinato la figura della donna all’interno di parametri, gerarchie e schemi relazionali ben precisi. Inoltre, i riti costituivano anche le fondamenta in materia di diritto, delineando i principi morali da cui derivavano obblighi, diritti ed eventuali punizioni del cittadino.
Nel capitolo introduttivo intitolato “Donne e diritto”, e nelle numerose ed efficaci digressioni all’interno del testo, l’autrice fornisce gli strumenti basilari per la comprensione della storia del diritto cinese nel suo complesso e di tutte quelle norme e tradizioni che hanno interferito nella vita delle donne, definendone doveri e diritti. Questo necessario lavoro di approfondimento culturale e giuridico permette al lettore di dotarsi di un approccio critico e consapevole, di contestualizzare e di comprendere, ma soprattutto di trovare le somiglianze nelle differenze.
In un periodo storico – quello pandemico – in cui di Cina si parla tanto e in cui di diritti non se ne parla mai abbastanza, un testo come Fiori di Pioppo al Vento rappresenta una lettura necessaria. Ogni capitolo ci pone di fronte a donne attive che, seppur agendo all’interno del contesto cinese, ci ricordano quanto la subordinazione delle classi di sesso, come le ha definite Monique Wittig,1)Monique Wittig, Il pensiero eterosessuale, a cura di Federico Zappino (Verona: ombre corte, 2019 [1992]). sia un problema reale e transnazionale.
Sara D’Attoma ha scritto un libro che invita all’immedesimazione, che crea ponti e connessioni tra mondi e soggetti che si pensa siano divisi da barriere invalicabili. Le vicende di Songlian, di Lin Shi, di Li Yan, di Li Xuealian, di Piccolo Cavolo, di Meili – per citarne solo alcune –, apparentemente così distanti, si tramutano in storie familiari, che abbiamo già sentito diverse volte.
Immagine: particolare dalla copertina del libro
Cristina Manzone ha conseguito la laurea magistrale in Lingue e Civiltà dell’Asia e dell’Africa Mediterranea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, concentrandosi sulla produzione letteraria cinese moderna e contemporanea. Traduttrice e studiosa indipendente, di recente i suoi interessi di ricerca si sono focalizzati sugli studi di genere, in particolare sul pensiero e sugli scritti dell’anarco-femminista He-Yin Zhen. Nel 2020 ha fondato il progetto collettivo di studio, divulgazione e ricerca Gender China.
↑1 | Monique Wittig, Il pensiero eterosessuale, a cura di Federico Zappino (Verona: ombre corte, 2019 [1992]). |
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