Il 2022 deve ancora terminare, ma può già essere annoverato come uno degli anni che hanno registrato tra le più grandi fasi di tensione e instabilità, rompendo il miraggio di una pace imperitura che, almeno a Occidente, è sembrata a molte e molti un dato di fatto inconfutabile. L’intervento russo in Ucraina ha drenato la parte più significativa dell’attenzione pubblica, ma grandi tensioni sono emerse anche sullo Stretto di Taiwan. Sebbene da ormai un decennio i vertici delle leadership di Pechino e Taipei si siano fatte interpreti di visioni politiche in costante e progressiva divergenza, nonché di proiezioni internazionali confliggenti – gettando un’ombra di grande inquietudine sulle relazioni bilaterali – è nell’anno in corso che si sono manifestati gli scricchiolii più critici, generando apprensione tra molte e molti, ed emblematicamente anche tra quanti poco conoscono degli accadimenti di quel quadrante di mondo. In questo contesto, la narrazione pubblica si è alimentata non marginalmente di interpretazioni allarmistiche e non di rado pronte a fomentare le più profonde paure del peggiore dei mali: il rischio concreto di uno scontro locale che si tramuti velocemente in guerra globale.

Dietro simili proposizioni, a mancare è stata spesso l’indagine dei processi, delle ragioni storiche, degli interessi specifici, del ruolo degli attori internazionali, e l’analisi dell’intreccio di tali fattori, componenti cruciali per comprendere lo sviluppo e le prospettive future delle relazioni tra Pechino e Taipei. In questo vulnus desolante, la pubblicazione di Fino all’Ultimo Stato: La Battaglia Diplomatica tra Cina e Taiwan (Roma: Carocci 2022, pp. 1-244) interviene come importante opportunità per rimettere ordine e restituire complessità all’universo delle relazioni tra Pechino e Taipei e al posto che queste hanno nel mondo. Francesca Congiu e Barbara Onnis si accostano a tale universo con una prospettiva capace di tenere insieme i molteplici e differenti aspetti che determinano, compongono e guidano la battaglia diplomatica tra Cina e Taiwan. Il volume rappresenta una vera e propria cosmologia – nel senso letterale di lavoro che guarda alle origini e allo sviluppo dell’oggetto di studio – che, a partire dal XVII secolo, indaga i processi evolutivi e le controversie di lungo termine che hanno determinato il posizionamento di Taiwan nelle cose del mondo, riconoscendo, in questo contesto, il ruolo determinante esercitato dalla Cina continentale, sia in epoca tardo-imperiale che dopo la sua trasformazione in Repubblica Popolare. In modo necessariamente sintetico, le autrici si concentrano sul consolidamento della fase coloniale nel 1600 (primo capitolo), processo che ha trovato nella Cina, nel Giappone e nell’Olanda i principali agenti e che, sottolineano le autrici, ha reso Taiwan una vera e propria “terra di frontiera”. Sulla base di tali premesse, Congiu e Onnis sviscerano origini e sviluppi della “questione taiwanese” (secondo capitolo), dimensione significativa laddove si guardi alla continuità storico-politica che caratterizza tale questione, alle sue implicazioni diplomatiche e strategiche, e al ruolo degli attori internazionali (Repubblica Popolare Cinese, Repubblica di Cina, e Stati Uniti d’America in posizione preminente). Il volume si dedica inoltre alle implicazioni che le dinamiche della Guerra Fredda hanno riverberato sullo status internazionale di Taiwan e sulle relazioni con Pechino e Washington (terzo capitolo), gli sviluppi politici interni – innestatisi sulla transizione democratica che ha inizio alla fine degli anni Ottanta – e la progressiva emersione di una identità taiwanese nel sentire comune e nella cultura politica dell’isola. Giova a questo proposito sottolineare l’opportuna attenzione che le autrici pongono sull’intreccio tra tali processi e le relazioni tra le due sponde dello stretto (quarto capitolo), prima di concentrarsi sulla prima fase (quinto capitolo) e gli sviluppi più recenti (sesto capitolo) della “battaglia diplomatica”  che contrappone Pechino e Taipei nel tentativo di assicurarsi, con le note differenze quantitative (relativamente ai partner diplomatici) e qualitative (per l’impari sforzo che tale tentativo richiede), riconoscimento e supporto internazionale. A concludere il volume interviene una nutrita appendice che comprende accordi, disposizioni, fonti giuridiche e dichiarazioni politiche che si rivelano di grande utilità per la comprensione della cornice storica entro cui le relazioni tra Pechino e Taipei si sono mosse, disegnando traiettorie eterogenee e alternative di convergenza, alienazione, frizione, scontro.

Con queste premesse, il volume di Congiu e Onnis si mostra capace di condurre un’analisi rigorosa dei processi che hanno nutrito la dialettica politica e diplomatica tra Repubblica Popolare e Taiwan, senza trascurarne le dimensioni più profonde e complesse, ma al contrario mettendo in luce come gli interessi specifici dei due attori si siano intrecciati con l’evoluzione degli scenari internazionali e siano stati necessariamente influenzati da tali scenari. In questo contesto, permangono ampi spazi per un ulteriore approfondimento del ruolo di potenze diverse da quelle “immediatamente” coinvolte nella questione taiwanese, in particolare nei capitoli in cui le autrici propongono la ricostruzione storica della battaglia diplomatica in corso. Tuttavia, il volume naviga proficuamente tali spazi nei due capitoli conclusivi, non lasciandosi scappare l’occasione per un’analisi di ampio respiro che restituisca un quadro più propriamente globale dell’oggetto di studio.

Infine, vale la pena sottolineare come, accanto al lavoro di ricerca, lo sforzo narrativo delle autrici abbia prodotto un volume accessibile a un pubblico ampio e non necessariamente limitato alla platea degli specialisti. A rafforzare tale caratteristica interviene l’appendice che accompagna i capitoli del volume, di cui si è detto, e l’utilizzo di fonti spesso facilmente accessibili. Tali fattori sottolineano ulteriormente l’importanza del lavoro di Congiu e Onnis per una migliore e più ampia consapevolezza riguardo alla battaglia diplomatica tra Pechino e Taipei. Battaglia su cui gli sviluppi dell’anno in corso hanno convogliato una quota significativa di attenzione politica e dibattito pubblico, riconoscendo la centralità di tali sviluppi nel quadro degli equilibri diplomatici e di sicurezza globali. Quella taiwanese si è quindi imposta come questione che riguarda tutte e tutti, su cui è necessario riflettere con ponderazione e di cui non è possibile cogliere la complessità in assenza degli orientamenti necessari a comprenderne cause, sviluppi, implicazioni. Proprio in questo senso, il volume di Congiu e Onnis rappresenta un tentativo di successo nel fornire a lettrici e lettori i punti cardinali per navigare le tensioni del presente e comprendere gli sviluppi futuri della “questione taiwanese”.

Immagine: particolare dalla copertina del libro

Alessandro Albana è professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari Venezia, dove tiene un corso sulle relazioni interazionali della Cina. Nel 2019 ha ottenuto il dottorato di ricerca presso l’Università di Bologna. I suoi interessi di ricerca abbracciano la politica interna e internazionale, lo sviluppo sociale e politico e i movimenti sociali della Cina e dei Paesi dell’Asia orientale. Collabora con l’Asia Institute (Bologna) ed il Fudan Development Institute dell’Università Fudan (Shanghai).