Celebrazioni di Stato: un tripudio di colori

Il 30 settembre del 2015 a Pechino si sono tenute le celebrazioni per la Giornata Nazionale. Durante la cerimonia, il presidente cinese Xi Jinping è stato immortalato attorniato da una delegazione formata da tredici rappresentanti di svariate minoranze etniche cinesi. La foto (fig. 1) è stata pubblicata su varie testate giornalistiche (inclusa la versione inglese del China Daily).1)“Xi Celebrates National Day with Ethnic Minority Representatives” Dal nostro punto di vista, la foto reitera uno dei dogmi fondanti su cui si costruisce la Repubblica Popolare Cinese (RPC): il principio di unità e multietnicità nazionale, introdotto fin dagli albori del Partito Comunista Cinese (CCP), e consolidatosi nei primi anni ‘50.2)La Cina si autodefinisce come “nazione unita e multi-etnica” (tongyi de duo minzu guojia 统一的多民族国家). A seguito del Progetto di Classificazione Etnica iniziato nei primi anni ‘50, la popolazione della RPC è stata categorizzata in minzu (民族),3)Per un interessante studio sul processo di classificazione etnica, si veda Thomas Mullaney, Coming to Terms with the Nation: Ethnic Classification in Modern China (Berkeley: University of California Press, 2011, 1–2). termine spesso tradotto con un certo margine di approssimazione come “gruppo etnico”.

Figura 1

Alcuni studiosi occidentali hanno criticato questa catalogazione della popolazione cinese sottolineando che le linee di demarcazione fra un gruppo e l’altro sono marcatamente arbitrarie e costruite per scopi geopolitici.4)Si veda, per esempio Xiao Zang, Ethnicity in China: A Critical Introduction (Cambridge, MA: Polity Press, 2015), 66. Seguendo il principio sovietico dell’autodeterminazione, all’inizio degli anni Cinquanta le autorità di Pechino avviarono un processo secondo il quale i gruppi presenti nella RPC potevano richiedere di essere ufficialmente riconosciuti come una minoranza etnica. Inaspettatamente, furono oltre 400 gruppi a candidarsi, mettendo così il governo centrale in grave difficoltà. Come ricostruito dallo storico statunitense Thomas Mullaney, per risolvere la questione, svariati team di esperti furono inviati in tutta la Cina per determinare quali gruppi soddisfacessero i criteri ufficiali di riconoscimento.5)I quattro criteri ufficiali sono: lingua etnica, territorio contiguo, arti e mestieri, e cultura. Per un’analisi dettagliata di tali criteri, si veda Dru Gladney, Muslim Chinese: Ethnic Nationalism in the People’s Republic (Cambridge, MA: Harvard University Asia Center, 1996), 21–36. Al termine della prima indagine del 1954, la RPC riconobbe 39 minoranze etniche, numero che salì a 54 nel 1964, per poi raggiungere l’attuale computo di 55 con il riconoscimento dei Jinuo (Jinuo zu 基诺族) nel 1979.6)Per uno studio al riguardo, si veda Jianxin Yang 杨建新, Zhongguo Xibei Shaoshu minzu Tongshi, Dangdai Juan 中国西北少数民族通史, 当代卷 [La storia completa delle minoranze etniche della Cina nordoccidentale] (Beijing: Minzu chubanshe, 2009). Secondo il censimento del 2010, le 55 minoranze correntemente riconosciute costituiscono circa l’8,5 % della popolazione cinese, con il restante 91,5 % formato dalla maggioranza Han.7)Thomas Heberer, “Ethnicity in China”, Routledge Handbook of Race and Ethnicity in Asia, edited by Michael Weiner (New York: Routledge, 2021), 183.

Oltre alle 55 minoranze ufficialmente identificate, vi sono anche molteplici gruppi non riconosciuti.8)Dru Gladney, Making Majorities: Constituting the Nation in Japan, Korea, China, Malaysia, Fiji, Turkey, and the United States (Stanford, CA: Stanford University Press,1998), 115. Fra questi, citiamo i Tebbu (Diebu ren 迭部人), i Tuvans (Tuwa ren 图瓦人), e i Waxiang (Waxiang ren 瓦乡人). È importante notare che questi gruppi non sono mai rappresentati in occasioni ufficiali come, per esempio, la poc’anzi citata celebrazione della Giornata Nazionale. Lo stesso vale anche per le opere letterarie: per esempio, la racoolta Opere selezionate della letteratura delle minoranze etniche cinesi, è costituita esclusivamente da testi scritti da membri delle 55 minoranze etniche ufficiali.9)Zhongguo zuojia xiehui 中国作家协会, Xin shiqi Zhongguo shaoshu minzu wenxue zuopin xuanji 新时期中国少数民族文学作品选集 [Opere selezionate della letteratura delle minoranze etniche cinesi], 60 voll. (Beijing: Zuojia chubanshe, 2013–2015). L’attenzione viene quindi posta nel reiterare l’immagine di una RPC costituita da una maggioranza Han e 55 minoranze etniche.

Come illustriamo di seguito, attraverso l’analisi del materiale fotografico riguardante le celebrazioni ufficiali, si nota che, in queste occasioni, la rappresentazione delle minoranze etniche tende a seguire schemi consolidati nel tempo. A scopo esemplificativo presentiamo, seguendo un ordine cronologico decrescente, altre due fotografie. La prima (fig. 2) è stata scattata il 14 settembre 2012 durante la seconda edizione del Festival delle arti delle minoranze etniche cinesi (Quanguo shaoshu minzu wenyi huiyan 全国少数民族文艺会演).10)“Jiang Zemin deng dang he guojia lingdaoren huijian di’er jie quanguo shaoshu minzu wenyi huiyan yanzhi yuandaibiao” 江泽民等党和国家领导人会见第二届全国少数民族文艺会演演职员代表 (Jiang Zemin e altri leader di partito e di stato presenziano alla seconda edizione del Festival delle arti delle minoranze etniche cinesi). In essa si nota il presidente cinese Jiang Zemin stringere la mano alla delegazione delle minoranze. La seconda (fig. 3) immortala invece Mao Zedong in occasione di un incontro ufficiale del sesto Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (Zhongguo gongchandang diliu jie zhongyang weiyuanhui 中国共产党第六届中央委员会) tenutosi nel 1938 a Yan’an.

Figura 2
Figura 3

Osservando le fotografie di questi tre eventi ufficiali (fig. 1, 2, 3), si possono notare due elementi ricorrenti nella rappresentazione delle minoranze etniche nel contesto delle celebrazioni ufficiali. In primo luogo, i membri delle minoranze indossano abiti “tradizionali”. Ciò è particolarmente evidente nelle fig.1 e fig. 2 dove i colori sgargianti degli abiti tipici contrasta con quelli molto più sobri dei completi indossati dai presidenti Xi e Hu. In modo simile, sebbene la fotografia del 1938 (fig. 3) sia in bianco e nero, si può notare come Mao vesta una giacca Zhongshan, anche conosciuta come giacca maoista, all’epoca sinonimo di progresso.11)Per un eccellente introduzione alla giacca maoista, si veda Sean Metzger, Chinese Looks: Fashion, Performance, Race (Bloomington: Indiana University Press, 2014), 161–168. Al contrario, i membri delle minoranze etniche che appaiono nella stessa foto, vestono abiti “tradizionali” di varie fogge e, presumibilmente, colorati. La policromia delle vesti indica chiaramente la diversità etnica della popolazione cinese, visualmente contrapposta alla maggioranza Han, reiterando in questo modo il dogma di una nazione multietnica.

In secondo luogo, tutte e tre le fotografie mostrano volti sorridenti, palesando così il principio di unità nazionale e armoniosa cooperazione tra i vari gruppi etnici, e tra la maggioranza Han e le minoranze. Questa relazione è tuttavia sbilanciata in favore dei primi che assumono, metaforicamente nelle fotografie e concretamente a livello politico, la leadership della nazione. La centralità del partito viene esplicitata anche dalla composizione fotografica dove il leader del PCC occupa il fulcro d’attenzione principale.

Questi tre esempi illustrano come la rappresentazione delle minoranze etniche nelle cerimonie ufficiali sia caratterizzata da un’esaltazione, spesso iperbolica, degli elementi folclorici che ne marcano la sostanziale differenza con la maggioranza della popolazione cinese (gli Han). Tale schema rappresentativo costituisce pressoché una costante nell’iconografia della RPC, dagli anni immediatamente precedenti alla sua formazione a oggi.12)Fa eccezione il periodo della Rivoluzione Culturale (1966–1976), epoca di grande tumulto durante il quale le differenze etniche non vennero promosse dal PCC. Gardner Bovingdon, “Hu Wants Something New: Discourse and the Deep Structure of Minzu Policies in China”, Social Difference and Constitutionalism in Pan-Asia (New York: Cambridge University Press, 2016), 173. Nei tre esempi considerati, la contrapposizione tra le due componenti, Han e minoranze, emerge in maniera chiara, e questo rafforza la visione che inquadra i gruppi etnici minoritari in una posizione di alterità. Le sezioni che seguono esplorano diverse strategie attraverso cui l’alterità delle minoranze etniche è veicolata attraverso il cinema e la letteratura. In modo più specifico, la sezione che segue si incentra sulla dicotomia a livello rappresentativo fra le minoranze etniche del sud e quelle del nord: mentre le prime sono rappresentate in modo congruente allo schema reiterato nelle cerimonie ufficiali; le altre sono invece raffigurate attraverso l’enfasi di caratteristiche negative quali le problematiche sociali, l’arretratezza, e l’indole violenta. Come si dimostrerà nelle successive due sezioni, questa dicotomia fra minoranze “variopinte” e minoranze “violente” non è tuttavia assoluta. Per problematizzare questa contrapposizione si offrono due rappresentazioni degli Wa (Wazu 佤族) che abitano l’area del Monte Awa (Awa shan 阿佤山), al confine fra Yunnan e Birmania.

Rappresentazioni divergenti

“Attento, quelli girano con il coltello in tasca. Meglio se vai a sud, vai nello Yunnan. Fidati, ti divertirai.” Così fui ammonito da un compagno di corso cinese alla vigilia del mio primo viaggio a Urumqi, la capitale della provincia autonoma dello Xinjiang. I banditi da cui dovevo ben guardarmi, a detta del mio interlocutore, erano gli Uiguri, una minoranza etnica di tradizione islamica. Sarebbe stato più giudizioso optare per lo Yunnan, una regione del sud della Cina che vanta la più altra concentrazione di minoranze etniche dell’intera nazione.

Questo episodio cattura un’idea diffusa nell’immaginario popolare cinese, che distingue fra minoranze etniche “violente” e minoranze etniche “variopinte” o, per adottare la terminologia usata da Paul Clark nell’ambito del cinema, minoranze “dure” (hard) e minoranze “morbide” (soft).13)Paul Clark, “Ethnic Minorities in Chinese Films: Cinema and the Exotic”, East-West Film Journal 1, 2, 1987, 15–31. Nel saggio breve “Minoranze etniche nei film cinesi”, Clark nota che quelle del sud sono rappresentate, non di rado, come “indigeni felici e sorridenti; più inclini a lasciar cadere l’ascia e l’arco e a cantare, piuttosto che a impugnare le armi contro gli oppressori”. Un esempio paradigmatico è Cinque Fiori D’oro (wu duo jinhua 五朶金花, 1959, dir. Wang Jiayi), un film che, come molti prodotti del periodo maoista, mira a descrivere l’entusiasta partecipazione delle minoranze etniche alla costruzione del socialismo cinese.14)Yingjin Zhang, “From ‘Minority Film’ to ‘Minority Discourse’: Questions of Nationhood and Ethnicity in Chinese Cinema”, Cinema Journal, 36, 3, 1997, 73–90.

La trama del film è piuttosto lineare. Ah Peng, un ragazzo di etnia Bai, si mette in viaggio per raggiungere la città di Dali dove intende partecipare a un festival. Lungo la strada incontra e aiuta una giovane di nome Jinhua che si trovava in difficoltà con il suo carro. Successivamente, i due giovani si rivedono, si innamorano e decidono di incontrarsi l’anno seguente in occasione del festival, ma Jinhua non sarà presente all’appuntamento. Allora, accompagnato da amici, Ah Peng parte alla ricerca della ragazza e, dopo varie peripezie, la trova impegnata in una comune. Il film si conclude con il matrimonio dei due giovani. La raffigurazione delle celebrazioni segue il modello di rappresentazione descritto sopra. La festa si svolge in un tipico paesaggio immerso in una natura lussureggiante dove i canti e i balli dei Bai completano l’idea di pace e armonia. Lo stesso modello si ripete in tutto il film. L’inquadratura d’apertura, per esempio, è un mezzo primo piano che raffigura un trombettiere Bai con un vistoso turbante (fig. 4) seguito da gruppi di ballerini che si esibiscono in danze altamente coreografiche (fig. 5). Si noti inoltre, alle spalle dei danzatori in figura 5, la vegetazione lussureggiante tipica dell’area dello Yunnan.15)Proprio in questa regione si è sviluppata una corrente pittorica denominata Scuola di Pittura dello Yunnan (Yunnan huapai 云南画派), perspicacemente descritta da Cristiana Turini come “una pittura a olio dai colori brillanti, [raffigurante] un condiviso modo di sentire che riportava all’idea di incontaminatezza, spontaneità, di contatto con la natura, mediante la rappresentazione di figure femminili appartenenti alle minoranze etniche della provincia dello Yunnan, in particolar modo Dai e Hani” (“Lo sguardo sull’Altro. Esotizzazione, autenticità e turismo etnico tra i Naxi e i Dai dello Yunnan”, Sinosfere, 2020. URL:)

Figura 4
Figura 5

Al contrario delle minoranze del sud, i film sulle etnie del nord sono caratterizzati da rappresentazioni molto meno favorevoli come, per esempio, l’arretratezza e la violenza dei contesti sociali. Servi della gleba (nongnu 农奴; dir. Li Jun, 1963) è un film ambientato in Tibet negli anni che precedono la cosiddetta liberazione del Tibet nel 1950.16)Per un autorevole studio sulla storia del Tibet, si veda Sam van Schaik, Tibet: A History (New Haven: Yale University Press, 2011). Vedi in particolare il capitolo 9 per gli anni fra il 1950 e il 1959. La trama si sviluppa attorno alla figura di Jampa, un servo tibetano maltrattato e sbeffeggiato dalla famiglia del padrone. Il film descrive nel dettaglio l’atteggiamento dispotico della classe dei proprietari terrieri (landlords) nei confronti di quelle inferiori rappresentate qui da Jampa. L’affrancamento di queste ultime avviene grazie all’intervento dell’ELP e la conseguente fuga dei proprietari terrieri. Lo stesso Jampa, ormai libero, si arruola nell’ELP, atto che sancisce il suo riscatto sociale sotto l’ala protettrice di Pechino.17)Dru Gladney Dislocating China: Reflections on Muslims, Minorities, and Other Subaltern Subjects (Chicago: University of Chicago Press, 2004). La società feudale è così sconfitta, e dalle sue rovine si instaura una società socialista in cui Jampa è attore in prima linea.

Figura 6

La comparazione tra Cinque fiori d’oro e Servi della gleba permette di analizzare le differenze nelle rappresentazioni delle minoranze etniche: colorate e gioiose nel caso di quelle del sud, aggressive e brutali per quanto riguarda quelle del nord. Entrambe le tipologie di rappresentazione, è bene puntualizzarlo, celebrano la multietnicità’ della RPC sotto l’ala protettrice del CCP. Sia i Bai in Cinque fiori d’oro, che i Tibetani in Servi della gleba, una volta liberati per mano del ELP, diventano partecipanti attivi nella costruzione del socialismo cinese. I due film, dunque, contribuiscono a celebrare la Cina come una nazione multietnica in cui le minoranze sono guidate dalla maggioranza Han.

Nonostante la polarizzazione fra minoranze “variopinte” e minoranze “violente” sia lo schema di rappresentazione più diffuso, esistono tuttavia casi in cui i due tipi di rappresentazione convergono. Le due sezioni che seguono presentano rispettivamente un’opera letteraria e un film sulla minoranza etnica degli Wa, descritti al tempo stesso come “violenti” e “variopinti”.

L’ultima frontiera segreta: gli Wa attraverso la letteratura di reportage

La scrittrice Yimeng Hongmu 伊蒙红木 (1971–) fa parte degli Wa, una minoranza etnica situata prevalentemente nello Yunnan.18)La maggior parte della popolazione Wa si concentra nella fascia di territorio compresa fra i fiumi Saluen e Mekong, principalmente in Birmania (800,000), nella RPC (400,000) e, in minor misura, in Tailandia (10,000). I gruppi Wa della RPC sono stanziati soprattutto nella provincia dello Yunnan, più precisamente nelle località di Cangyuan 沧源, Ximeng 西盟, Lancang 澜沧, Menglian 勐连, Shuangjiang 双江, Gengma 耿马, Yongde 永德, Zhenkang 镇康, e Tengchong 腾冲 (Wei Deming 魏德明, Wazu wenhua shi 佤族文化史[Storia culturale del gruppo etnico Wa] (Kunming MIN: Yunnan minzu chubanshe, 2001), 1. Dopo aver conseguito la laurea in letteratura cinese all’Università dello Yunnan, Yimeng Hongmu ha deciso di tornare al proprio luogo di origine, precisamente a Cangyuan, Contea autonoma degli Wa (Cangyuan Wazu zizhixian 沧源佤族自治县), per intraprendere una carriera in ambito letterario. La sua grande occasione è arrivata nel dicembre del 2002 quando ha assunto la direzione del Circolo letterario “Washan Culture” (“Wazu wenhua” wenyi chuangzuoshi《佤山文化》文艺创作室). Nel 2004, insieme ad altri artisti, Yimeng Hongmu inizia una serie di reportage che raccolgono le testimonianze degli abitanti Wa fra villaggi sperduti nelle montagne dello Yunnan. Tra i primi testi di successo che documentano questi viaggi troviamo: “Melodie dell’anima dalla valle remota” (Youyou gu hun qu 悠悠谷魂曲)19)Yimeng Hongmu 伊蒙红木, “Youyou Gu Hun Qu” 悠悠谷魂曲 [Melodie dell’anima dalla valle remota], Minzu Wenxue, 10, 2007, 85–87, 134. e “Il filo conduttore del matrimonio della nonna” (E A’ma de yinyuan xian 阿妈的姻缘线),20)Yimeng Hongmu, “A’ma de Yinyuan Xian” 阿妈的姻缘线 [Grandma’s Marriage Thread], Minzu Wenxue, 3, 2007, 103–106. apparsi nel 2007 sulla prestigiosa rivista Letteratura Etnica (Minzu wenxue 民族文学). Se questi testi hanno proiettato Yimeng Hongmu oltre i confini regionali dello Yunnan, a cementare la sua fama di scrittrice Wa è arrivato, nel 2015, il premio più illustre nell’ambito della letteratura etnica: il Junma (Junma jiang 骏马奖).21)Mark Bender, “Ethnic Minority Literature”, A Companion to Modern Chinese Literature (John Wiley & Sons, Ltd., 2015), 262. Il libro che le ha valso il premio nella sezione “letteratura di reportage” (baogao wenxue 报告文学) è L’ultima frontiera segreta (Zuihou de mijing 最後的秘境),22)Yimeng Hongmu, Zuihou de mijing 最后的秘境 (Kunming: Yunnan keji chubanshe, 2012). una collezione di ventinove testi che raccontano diversi aspetti della cultura Wa.

I temi affrontati da Yimeng Hongmu in L’ultima frontiera segreta si possono raggruppare in quattro macro-categorie: origini degli Wa, folklore, spiritualità, e progresso sociale. Molti dei testi raccolti nel volume riguardano le antiche origini del popolo Wa. Per fare due esempi, “La civiltà immortalata sulla pietra” (Yiliu zai shitou shang de wenming 遗留在石头上的文明) descrive i dipinti rupestri di oltre 3000 anni fa lasciati dagli antenati degli Wa a Cangyuan; “Vestige d’un antico villaggio” (Yuangu cunluo yicun 远古村落遗存) si incentra invece sul villaggio di Wengding (Wengding 翁丁), comunità promossa come “l’ultima tribù primitiva della Cina”.23)Questo tipo di denominazione è stato adottato, per esempio, dalla prefettura di Lincang. L’articolo “Zhongguo zuihuo de yuanshi buluo” 中国最后的原始部落 [L’ultima tribù primitiva della Cina] è disponibile al seguente link: www.lincang.gov.cn/lcsrmzf/lcszf/zjlc/ly/jqjd/39652/index.html Un altro tema ricorrente che incontriamo nei testi raccolti all’interno di L’ultima frontiera segreta è quello del folklore popolare: l’arte dell’intaglio delle bamboline, i canti e le danze delle giovani donne che agitano i lunghi capelli al ritmo percussivo dei tamburi tradizionali.24)Le donne che ballano ondeggiando i lunghi capelli neri sono diventate una delle immagini iconiche associate agli Wa. Un video esemplificativo di questo tipo di danza è disponibile al seguente link: www.youtube.com/watch?v=1SDUYb9mr5M (Wazu 佤族, “Ke’ai de Zhongguo Yunnan pian”《可爱的中国云南篇》[Splendid China, Yunnan], 2021. Un terzo tema che emerge negli scritti di Yimeng Hongmu ruota intorno alla religione. In “Yonghe” (yonghe 永和), per esempio, si descrive la trasformazione religiosa degli Wa che passano dalle credenze popolari a stampo animista alle religioni istituzionalizzate come il buddismo e il cristianesimo, senza però dimenticare la forte componente sincretista che li caratterizza ancor oggi. Il progresso nella società socialista è un altro dei temi ricorrenti. In “La centenaria eroina anti-britannica narra la storia del fiume Nanyi” (Baisui kangying nü yingxiong zheyang jiangshu nanyi hepan de wangshi 百岁抗英女英雄这样讲述南依河畔的往事), un’anziana di nome Ye Nan racconta, con evidente anacronismo storico, di come gli Wa abbiano combattuto contro l’esercito britannico per amore verso la patria. Altri testi che dimostrano il contributo Wa al progresso nazionale sono “Sai Ma” (Sai Ma 赛玛) e “Mangku” (Mangku 芒库), i quali descrivono il progresso Wa attraverso l’emancipazione del gruppo etnico dalle pratiche rituali violente e sanguinarie quali, per esempio, la decapitazione.

L’associazione fra gli Wa e la pratica della decapitazione merita una digressione. Secondo il discorso accademico promosso in Cina, la storia degli Wa è caratterizzata da ritualità agresti che prevedevano la decapitazione.25)Si veda per esempio Yang Shengmin 杨圣敏, Zhongguo minzu zhi 中国民族志 [Cronache sulla Cina etnica] (Beijing: Zhongyang minzu daxue chubanshe, 2008), 364. Questa pratica fu abbandonata solo grazie all’intervento civilizzante della RPC a partire dal 1958.26)Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain,’” Asian Highlands Perspectives 10, 2011, 113. Di contro, studi antropologici suggeriscono invece che la decapitazione ebbe origine durante i conflitti negli scorsi due secoli fra gli Wa e invasori esterni.27)Magnus Fiskesjö, “Mining, History, and the Anti-State Wa: The Politics of Autonomy between Burma and China,” Journal of Global History 5, 2, 2010, 250. Senza addentrarci in tali dispute sulla datazione di tale pratica, resta il fatto che gli Wa sono ancora spesso identificati come tagliatori di teste. Per esempio, in un’intervista rilasciata al The Ethnic Times (Minzu shibao 民族时报), Yimeng Hongmu ha riferito come spesso le venga chiesto: “È pericoloso andare dalle tue parti? Ho sentito dire che i Wa tagliano le teste per offrirle in sacrificio”.28)Chen Huijin 陈慧君, “Ji Wazu zuojia quanguoshaoshu minzu wenxue chuangzuo ‘Junma jiang’ huodezhe Yimeng Hongmu” 记佤族作家、全国少数民族文学创作骏马奖获得者伊蒙红木 [Intervista con Yimeng Hongmu, scrittrice della minoranza Wa e vincitrice del Premio Junma per la creazione letteraria delle minoranze nazionali], Minzu shibao, 6 settembre 2018. Questa dichiarazione rivela come nell’immaginario popolare cinese, i Wa siano associati alla pratica della decapitazione.

L’aspetto sanguinario inquadra gli Wa tra le minoranze “violente” che abitano le regioni del nord, nonostante il gruppo sia stanziato principalmente nelle zone dello Yunnan, la regione per antonomasia delle minoranze “variopinte”. La sovrapposizione di questi due paradigmi di rappresentazione emerge chiaramente nell’opera di Yimeng Hongmu. In L’ultima frontiera segreta, per esempio, troviamo un’alternanza di descrizioni di paesaggi lussureggianti, rituali condotti al crepuscolo, e balli tradizionali  (tutti elementi associati alle minoranze del sud), con riferimenti espliciti ai cacciatori di teste (un aspetto brutale che normalmente troviamo in rappresentazioni delle minoranze del nord). Il sapiente rimescolare di elementi “variopinti” con elementi “violenti” ha l’effetto di accattivarsi il lettore, e suggerisce che Yimeng Hongmu sia molto attenta all’immagine esteriore del proprio gruppo etnico.

Un’intervista rilasciata dalla scrittrice al The Ethnic Times avvalora questa tesi interpretativa. “Attraverso la scrittura si può preservare, propagare e far conoscere la cultura e lo spirito del proprio gruppo. Quanti più scrittori etnici si uniranno a noi [scrittori Wa], tanto più potremo avere un impatto positivo nello sviluppo del turismo culturale locale.” Questa dichiarazione fa capire come Yimeng Hongmu veda la propria produzione letteraria come uno strumento di condivisione e promozione della cultura Wa con il resto della Cina. Inoltre, in occasione del suo incontro con un ricercatore americano – Matthew Chitwood – Yimeng Hongmu ha narrato una leggenda Wa e concluso scherzosamente proclamando “La tua testa sarebbe un ottimo trofeo… Ha la pelle chiara e la barba”.29)Matthew Chitwood, “When tribe meets tourist”, 2019. Appare evidente che Yimeng sfrutta la forza attrattiva di questo stereotipo per attirare l’attenzione del suo pubblico, della stessa scrittrice.30)Questo tipo di pratica è paragonabile a quella chiamata orientalismo-interno (internal-orientalism) da Louisa Schein. Vedi “Gender and Internal Orientalism in China,” Modern China23, 1, 1997, 69–98.

Da affermata scrittrice a livello nazionale, Yimeng Hongmu è ben cosciente del fatto che gli Wa siano ancora oggi associati a pratiche selvagge come la decapitazione. Tuttavia, allo stesso tempo, Yimeng sfrutta la forza attrattiva di questo stereotipo per attirare l’attenzione del suo pubblico, come si evince chiaramente dai testi in L’ultima frontiera segreta, e da alcune dichiarazioni pubbliche della stessa scrittrice.

Gli Wa sul grande schermo

 Monte Awa (Awa shan 阿瓦山, 2012) è un film diretto da Ma Huilei 马会雷  basato sulla sceneggiatura scritta a quattro mani da Cun Wenxue 存文学 e Li Huarong 李华荣. Il film racconta la storia di Yang Zhida, un uomo di etnia Han che da giovane ha vissuto per qualche anno in un villaggio Wa sperduto in mezzo alle montagne. Due decenni più tardi, il signor Yang, all’apice della sua carriera, diventa direttore generale di un’importante società immobiliare. In uno dei suoi cantieri continuano a verificarsi degli incidenti che, a detta di alcuni consulenti, sono causati dagli spiriti del luogo. Il signor Yang ritorna quindi al suo antico villaggio con l’obiettivo di acquistare un albero secolare dai poteri magici, unico antidoto per i luoghi infestati.  Dopo svariati tentativi andati a vuoto, il capo villaggio acconsente alla vendita con l’obiettivo di pagare gli studi universitari al nipote Yan Long. Il giorno in cui l’albero deve essere spostato, un pitone sbuca dal terreno e morde il signor Yang. Le sue condizioni sono gravissime e viene immediatamente trasportato in ospedale. Yang necessita di una trasfusione, ma tra i membri del villaggio, non si trova un donatore idoneo. Quando ormai tutto sembra perduto, si scopre che Yan Long ha il suo stesso gruppo sanguignoe, alla fine, lo salva. Yan Long, si scopre successivamente, è figlio dello stesso Yang, avuto da una relazione di gioventù con una ragazza del villaggio. Alla fine del film, il signor Yang rinuncia inoltre a spostare l’albero sacro ed inoltre sana i debiti della famiglia del capo villaggio permettendo così l’iscrizione di Yan Long all’università. Per ringraziarlo, il capo villaggio invia una banda di musicisti e danzatori a esibirsi per tre giorni in un complesso immobiliare gestito dal signor Yang promettendo che gli spiriti maligni verranno così scacciati.

In modo simile a L’ultima frontiera segreta, anche Monte Awa mescola elementi “variopinti” ad elementi “violenti”. Nella prima categoria sono da includere l’abbigliamento, il paesaggio, e l’ospitalità Wa. Gli Wa indossano abiti multicolore, arricchiti da collane e bracciali. Nella figura 7, per esempio, vediamo una giovane con un completo sfiancato di colore rosso, le cui maniche sono decorate con motivi romboidali. Ai lobi porta vistosi orecchini, e il polso è adornato da bracciali in argento. Nella figura 8, invece, vengono ritratti una serie di ragazzi e ragazze dai lunghi capelli corvini, e dagli abiti piuttosto succinti. In molte scene del film, gli uomini Wa sono a petto nudo, ciò evoca uno stile di vita primitivo. Oltre all’abbigliamento, anche l’ambientazione del film contribuisce a esotizzare gli Wa. Il regista, infatti, fa largo uso di piani sequenze che ritraggono paesaggi mozzafiato (come foreste lussureggianti, fiumi impetuosi e cascate) e animali selvatici (come serpenti e grandi uccelli). Infine, gli Wa sono presentati come un popolo ospitale, festoso e solidale, pronto ad aprire le proprie case anche ai visitatori inaspettati come il signor Yang.

Figura 7
Figura 8

Al tempo stesso tempo, però, emergono nel film vari riferimenti alla natura violenta e primitiva del gruppo etnico. Questi elementi vengono evocati in diversi modi: attraverso la scelta di musiche con ritmi tribali e marziali; lunghe sequenze ambientate in paesaggi oscuri e macabri; la descrizione di rituali che prevedono il sacrificio di animali; e numerose allusioni alla decapitazione. Per fornire un esempio, l’inquadratura d’apertura catapulta lo spettatore in una foresta lugubre dove, immersi nella nebbia, si intravedono centinaia e centinaia di teschi infilzati su delle lance (fig. 9). Il teschio di bufalo, immagine ricorrente in tutto il film, fa riferimento alla caccia alla teste, proibita nel 1958, e sostituita da rituali con teschi di bufalo.31)Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 112–113.

Figura 9

Tra i numerosi riferimenti alla pratica della decapitazione, troviamo inoltre anche la scena in cui il figlio del capo villaggio scopre la relazione tra una ragazza di cui è innamorato e il giovane Yang Zhida. Infuriato, affronta Yang Zhida ordinandogli di sacrificare un toro per purificare il villaggio ed emendare le sue colpe. Yang rifiuta, e il figlio del capo villaggio urla: “Allora secondo i nostri costumi Wa, ti taglierò una mano”. Il taglio della mano sembra un riferimento edulcorato al taglio della testa.32)Una strategia analoga è utilizzata della poetessa Burao Yilu. Per uno saggio breve al riguardo, si veda Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 98­–128. È importante notare, inoltre, l’aspetto minaccioso del figlio del capo villaggio: il suo abbigliamento e i gioielli vistosi, combinati alla spada che porta al fianco e all’espressione aggressiva del volto, richiamano la brutalità e la violenza dell’etnia Wa (fig. 10). La stessa indole si riscontra anche negli abitanti del villaggio, presentati allo spettatatore per la prima volta in una scena in cui minacciano armati il signor Yang e il suo assistente (fig. 11). Come nel caso della raccolta di testi analizzati nella sezione precedente, anche Monte Awa mescola elementi delle minoranze “morbide” con elementi delle minoranze “dure”.

Figura 10
Figura 11

Nel suo complesso, il film, tende a esotizzare gli Wa marcando una contrapposizione di fondo nei confronti della maggioranza Han. La differenza tra i due gruppi si evidenzia in tre aspetti. Prima di tutto, gli Wa vengono rappresentati con un temperamento più impulsivo e violento rispetto agli Han. In secondo luogo, la contrapposizione Han e Wa emerge dal punto di vista sociale: gli Han sono la classe economicamente più abbiente e con un livello di educazione superiore rispetto agli Wa. Terzo, come menzionato sopra, mentre da una parte l’abbigliamento Han in stile occidentale rimanda all’idea di progresso, dall’altra, l’utilizzo di abiti tradizionali richiama inevitabilmente l’arretratezza della società Wa.

Infine, nonostante Monte Awa rappresenti gli Han in una posizione dominante, è tuttavia fondamentale notare che il messaggio del film è ambivalente. Da una parte, la conclusione sembra rispecchiare il dogma ufficiale che vede la RPC come una nazione multietnica in cui le varie etnie collaborano al progresso nazionale. Le interazioni interetniche tra Han e Wa raggiungono alla fine un equilibrio del quale entrambi i gruppi beneficiano: grazie all’aiuto economico del signor Yang, i Wa potranno sostenere la spesa per gli studi di Yan Long. Il signor Yang, dal canto suo, potrà presumibilmente liberare il cantiere edile dagli spiriti maligni e, ancor più importante, deve la sua stessa vita al soccorso ricevuto dagli Wa e da Yan Long. Qui, la trasfusione, assume un aspetto marcatamente simbolico. Il sangue cementa i rapporti interetnici, rappresentando l’unione armonica tra le etnie che porta al conseguimento del bene comune. Dall’altra parte però, le interazioni fra il signor Yang e il villaggio mostrano una profonda diseguaglianza sociale ed economica fra i due gruppi. Il film si presta dunque a chiavi di lettura contrastanti che devono essere considerate in luce del pubblico a cui la pellicola è rivolta.

Conclusione

In questo breve saggio sono state esaminate diverse strategie di rappresentazione delle minoranze etniche. In tutti i casi considerati – cerimonie ufficiali, film, ed opere letterarie – gli elementi del folklore locale contribuiscono nella costruzione di una dicotomia tra Han e non-Han. Una questione interessante da porsi è: a chi sono destinate queste rappresentazioni? L’analisi delle opere con protagonisti gli Wa – Monte Awa e L’ultima frontiera – ci permette di capire come la letteratura e il cinema contribuiscano a propagare un’immagine delle minoranze etniche contrapposta alla maggioranza Han a cui questi prodotti sono principalmente rivolti. La lingua utilizzata nel film e nei testi di reportage fornisce una chiara indicazione al riguardo. I personaggi in Monte Awaparlano un ottimo cinese senza una particolare inflessione regionale, il che rende il film comprensibile alla maggior parte della popolazione cinese. Nel film, inoltre, gli sporadici usi della lingua Wa avvengono solo in concomitanza a particolari attività a carattere folklorico come rituali e canti popolari, comunque sottotitolati in cinese e non indispensabili per comprendere lo sviluppo della trama. Il cinese è anche la lingua utilizzata da Yimeng Hongmu.33)La maggioranza di scrittori etnici utilizza il cinese come strumento di espressione linguistica (D. Dayton, “Big Country, Subtle Voices: Three Ethnic Poets from China’s Southwest”, tesi di dottorato, University of Sydney, 2006; Mark Bender,“Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 98­–128. Sebbene gli Wa abbiano a disposizione un sistema di scrittura sviluppato dai missionari cristiani nei primi decenni del ventesimo secolo, la maggior parte degli scrittori Wa utilizza il cinese per raggiungere un pubblico più vasto.34)Wei Deming, Wazu wenhua shi, 112-113.

Oltre alla scelta di adottare il cinese, ci sono anche altri elementi che facilitano la circolazione di queste opere in tutta la RPC come, per esempio, le cerimonie ufficiali dove vengono presentate le opere. La premiere del film ha infatti avuto luogo il 19 giugno 2012 durante la Conferenza politica consultiva del popolo cinese 全国政协, evento che ha catalizzato l’attenzione sull’opera. In modo del tutto simile, la raccolta di scritti di Yimeng Hongmu è stata premiata durante l’11 edizione del Premio Junma, senza ombra di dubbio il premio più illustre nell’ambito della letteratura etnica indetto congiuntamente dall’Associazione scrittori cinesi (Zhongguo zuojia xiehui 中国作家协会)  e dalla Commissione nazionale per gli affari etnici (Guojia minzu shiwu weiyuanhui 国家民族事务委员会). Queste cerimonie contribuiscono a cementare la carriera di scrittori, attori, e registri ma, al tempo stesso, contribuiscono a diffondere rappresentazioni stereotipate delle minoranze etniche. Dalle opere analizzate appare dunque evidente che sia le strategie di rappresentazione (cinematografiche e letterarie), che l’apparato attraverso il quale le stesse vengono promosse e distribuite, alimentano la visione di una netta contrapposizione tra la popolazione Han e le minoranze etniche.

Immagine: fotogramma da Monte Awa

De Grandis, Alterità spettacolarizzata PDF

Mario De Grandis è assistant professor di lingua e letteratura cinese presso la University College Dublin. La sua ricerca si concentra sulla letteratura delle minoranze etniche cinesi (shaoshu minzu wenxue).

 

References
1 “Xi Celebrates National Day with Ethnic Minority Representatives”
2 La Cina si autodefinisce come “nazione unita e multi-etnica” (tongyi de duo minzu guojia 统一的多民族国家).
3 Per un interessante studio sul processo di classificazione etnica, si veda Thomas Mullaney, Coming to Terms with the Nation: Ethnic Classification in Modern China (Berkeley: University of California Press, 2011, 1–2).
4 Si veda, per esempio Xiao Zang, Ethnicity in China: A Critical Introduction (Cambridge, MA: Polity Press, 2015), 66.
5 I quattro criteri ufficiali sono: lingua etnica, territorio contiguo, arti e mestieri, e cultura. Per un’analisi dettagliata di tali criteri, si veda Dru Gladney, Muslim Chinese: Ethnic Nationalism in the People’s Republic (Cambridge, MA: Harvard University Asia Center, 1996), 21–36.
6 Per uno studio al riguardo, si veda Jianxin Yang 杨建新, Zhongguo Xibei Shaoshu minzu Tongshi, Dangdai Juan 中国西北少数民族通史, 当代卷 [La storia completa delle minoranze etniche della Cina nordoccidentale] (Beijing: Minzu chubanshe, 2009).
7 Thomas Heberer, “Ethnicity in China”, Routledge Handbook of Race and Ethnicity in Asia, edited by Michael Weiner (New York: Routledge, 2021), 183.
8 Dru Gladney, Making Majorities: Constituting the Nation in Japan, Korea, China, Malaysia, Fiji, Turkey, and the United States (Stanford, CA: Stanford University Press,1998), 115.
9 Zhongguo zuojia xiehui 中国作家协会, Xin shiqi Zhongguo shaoshu minzu wenxue zuopin xuanji 新时期中国少数民族文学作品选集 [Opere selezionate della letteratura delle minoranze etniche cinesi], 60 voll. (Beijing: Zuojia chubanshe, 2013–2015).
10 “Jiang Zemin deng dang he guojia lingdaoren huijian di’er jie quanguo shaoshu minzu wenyi huiyan yanzhi yuandaibiao” 江泽民等党和国家领导人会见第二届全国少数民族文艺会演演职员代表 (Jiang Zemin e altri leader di partito e di stato presenziano alla seconda edizione del Festival delle arti delle minoranze etniche cinesi).
11 Per un eccellente introduzione alla giacca maoista, si veda Sean Metzger, Chinese Looks: Fashion, Performance, Race (Bloomington: Indiana University Press, 2014), 161–168.
12 Fa eccezione il periodo della Rivoluzione Culturale (1966–1976), epoca di grande tumulto durante il quale le differenze etniche non vennero promosse dal PCC. Gardner Bovingdon, “Hu Wants Something New: Discourse and the Deep Structure of Minzu Policies in China”, Social Difference and Constitutionalism in Pan-Asia (New York: Cambridge University Press, 2016), 173.
13 Paul Clark, “Ethnic Minorities in Chinese Films: Cinema and the Exotic”, East-West Film Journal 1, 2, 1987, 15–31.
14 Yingjin Zhang, “From ‘Minority Film’ to ‘Minority Discourse’: Questions of Nationhood and Ethnicity in Chinese Cinema”, Cinema Journal, 36, 3, 1997, 73–90.
15 Proprio in questa regione si è sviluppata una corrente pittorica denominata Scuola di Pittura dello Yunnan (Yunnan huapai 云南画派), perspicacemente descritta da Cristiana Turini come “una pittura a olio dai colori brillanti, [raffigurante] un condiviso modo di sentire che riportava all’idea di incontaminatezza, spontaneità, di contatto con la natura, mediante la rappresentazione di figure femminili appartenenti alle minoranze etniche della provincia dello Yunnan, in particolar modo Dai e Hani” (“Lo sguardo sull’Altro. Esotizzazione, autenticità e turismo etnico tra i Naxi e i Dai dello Yunnan”, Sinosfere, 2020. URL:
16 Per un autorevole studio sulla storia del Tibet, si veda Sam van Schaik, Tibet: A History (New Haven: Yale University Press, 2011). Vedi in particolare il capitolo 9 per gli anni fra il 1950 e il 1959.
17 Dru Gladney Dislocating China: Reflections on Muslims, Minorities, and Other Subaltern Subjects (Chicago: University of Chicago Press, 2004).
18 La maggior parte della popolazione Wa si concentra nella fascia di territorio compresa fra i fiumi Saluen e Mekong, principalmente in Birmania (800,000), nella RPC (400,000) e, in minor misura, in Tailandia (10,000). I gruppi Wa della RPC sono stanziati soprattutto nella provincia dello Yunnan, più precisamente nelle località di Cangyuan 沧源, Ximeng 西盟, Lancang 澜沧, Menglian 勐连, Shuangjiang 双江, Gengma 耿马, Yongde 永德, Zhenkang 镇康, e Tengchong 腾冲 (Wei Deming 魏德明, Wazu wenhua shi 佤族文化史[Storia culturale del gruppo etnico Wa] (Kunming MIN: Yunnan minzu chubanshe, 2001), 1.
19 Yimeng Hongmu 伊蒙红木, “Youyou Gu Hun Qu” 悠悠谷魂曲 [Melodie dell’anima dalla valle remota], Minzu Wenxue, 10, 2007, 85–87, 134.
20 Yimeng Hongmu, “A’ma de Yinyuan Xian” 阿妈的姻缘线 [Grandma’s Marriage Thread], Minzu Wenxue, 3, 2007, 103–106.
21 Mark Bender, “Ethnic Minority Literature”, A Companion to Modern Chinese Literature (John Wiley & Sons, Ltd., 2015), 262.
22 Yimeng Hongmu, Zuihou de mijing 最后的秘境 (Kunming: Yunnan keji chubanshe, 2012).
23 Questo tipo di denominazione è stato adottato, per esempio, dalla prefettura di Lincang. L’articolo “Zhongguo zuihuo de yuanshi buluo” 中国最后的原始部落 [L’ultima tribù primitiva della Cina] è disponibile al seguente link: www.lincang.gov.cn/lcsrmzf/lcszf/zjlc/ly/jqjd/39652/index.html
24 Le donne che ballano ondeggiando i lunghi capelli neri sono diventate una delle immagini iconiche associate agli Wa. Un video esemplificativo di questo tipo di danza è disponibile al seguente link: www.youtube.com/watch?v=1SDUYb9mr5M (Wazu 佤族, “Ke’ai de Zhongguo Yunnan pian”《可爱的中国云南篇》[Splendid China, Yunnan], 2021.
25 Si veda per esempio Yang Shengmin 杨圣敏, Zhongguo minzu zhi 中国民族志 [Cronache sulla Cina etnica] (Beijing: Zhongyang minzu daxue chubanshe, 2008), 364.
26 Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain,’” Asian Highlands Perspectives 10, 2011, 113.
27 Magnus Fiskesjö, “Mining, History, and the Anti-State Wa: The Politics of Autonomy between Burma and China,” Journal of Global History 5, 2, 2010, 250.
28 Chen Huijin 陈慧君, “Ji Wazu zuojia quanguoshaoshu minzu wenxue chuangzuo ‘Junma jiang’ huodezhe Yimeng Hongmu” 记佤族作家、全国少数民族文学创作骏马奖获得者伊蒙红木 [Intervista con Yimeng Hongmu, scrittrice della minoranza Wa e vincitrice del Premio Junma per la creazione letteraria delle minoranze nazionali], Minzu shibao, 6 settembre 2018.
29 Matthew Chitwood, “When tribe meets tourist”, 2019.
30 Questo tipo di pratica è paragonabile a quella chiamata orientalismo-interno (internal-orientalism) da Louisa Schein. Vedi “Gender and Internal Orientalism in China,” Modern China23, 1, 1997, 69–98.
31 Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 112–113.
32 Una strategia analoga è utilizzata della poetessa Burao Yilu. Per uno saggio breve al riguardo, si veda Mark Bender, “Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 98­–128.
33 La maggioranza di scrittori etnici utilizza il cinese come strumento di espressione linguistica (D. Dayton, “Big Country, Subtle Voices: Three Ethnic Poets from China’s Southwest”, tesi di dottorato, University of Sydney, 2006; Mark Bender,“Echoes from Si gang lih: Burao Yilu’s ‘Moon Mountain’”, 98­–128.
34 Wei Deming, Wazu wenhua shi, 112-113.