Oltre alle questioni di sicurezza, di cui si è trattato nella parte precedente, a rendere il Xinjiang importante per il governo di Pechino sono soprattutto interessi economici, per la presenza di notevoli giacimenti di idrocarburi e di minerali nel sottosuolo, tra cui circa il 34% delle riserve cinesi di gas, il 40% delle riserve di carbone e il 30% di quelle di petrolio.1)Judd C. Kinzley, “Beijing’s long struggle to control Xinjiang’s mineral wealth”, China File online, 28/11/2021. Allo stesso tempo, quantità significative di metano e greggio vengono importate tramite oleodotti che scorrono dall’Asia centrale attraverso il Xinjiang, fino ai mercati della costa orientale del Paese. Parallelamente, l’attenzione della Cina è indirizzata anche verso i metalli delle terre rare dell’Afghanistan, utilizzati nelle batterie ricaricabili per auto elettriche, computer, televisori, fibre ottiche e laser. Non sono da tralasciare inoltre le ricche e poco sfruttate riserve afghane di rame, carbone, cobalto, mercurio, oro e litio, che si presume siano tra le più grandi al mondo.

Anche questi interessi convergono nel particolare progetto di integrazione economica, denominato “Una cintura, una via” [Yi dai yi lu 一带一路 (“One belt, one road”- OBOR) e “Belt and Road Initiative” (BRI)]; come è noto, esso è formato da due distinte componenti: una via terrestre, la “cintura economica della via della seta” (sichou zhi lu jingji dai 丝绸之路经济带), destinata principalmente ai paesi continentali, dall’Asia centrale all’Europa orientale e una “via della seta marittima del XXI secolo” (21 shiji haishang sichou zhi lu  21世纪海上丝绸之路), rivolta ai Paesi costieri, dal Sudest asiatico al Medio Oriente e all’Europa meridionale. In base a questo secondo piano, le rotte marittime dovrebbero diventare elemento unificante di una regione molto ampia, in un percorso strategico attraverso lo Stretto di Malacca fino all’Africa orientale.

Xi Jinping ha annunciato la cintura economica terrestre in Kazakistan nell’ottobre 2013 e un mese dopo ha reso nota in Indonesia la via della seta marittima.2)Cfr. sez. vii, art. 26, “Decision of the Central Committee of the Communist Party of China on some major issues concerning comprehensively deepening the reforms”, China.org.cn, 16/1/2014. Questo è il programma con cui Pechino intende rafforzare la propria strategia futura, recuperando le antiche rotte commerciali via terra del continente asiatico per mezzo della costruzione di infrastrutture, mediante acquisizioni e accordi bancari. Attraverso la via della seta, la strategia della Cina è quella di “marciare verso ovest”, collegando l’avanzata Europa occidentale e la dinamica Asia orientale, creando al contempo un nuovo spazio geopolitico per la Cina in Eurasia. Dominare quest’ultima significherebbe controllare i destini del mondo, in base a quanto sostenuto anche da uno dei ‘padri’ della geopolitica come Mackinder.3)Massimo Roccati, “La terra e il suo cuore. Halford Mackinder e la teoria dell’Heartland”, I Castelli di Yale – Quaderni di Filosofia, 1, 1, 1996, 163-94.

In tale prospettiva, questo progetto è diventato la principale strategia di politica estera di Xi Jinping, segnando il definitivo abbandono dell’azione diplomatica di basso profilo (taoguang yanghui 韬光养晦), delineata invece da Deng Xiaoping. Attraverso la BRI, la RPC intende promuovere una nuova prospettiva sulla globalizzazione, che sia a trazione cinese e non più occidentale, supportando l’edificazione di una comunità che operi per creare quello che sarebbe a suo avviso “un mondo più giusto”.4)Wang Yiwei, “Fairer world order the goal of diplomacy”,The China Daily, internet ed., 20/10/2017.

Inoltre, negli ultimi anni il programma della via della seta si è evoluto e modificato; alle due direttrici principali originarie, terrestre e marittima, sono stati aggiunti e definiti meglio sei corridoi economici primari, cinque via terra, uno via mare: il Nuovo Ponte terrestre eurasiatico, il Corridoio Cina-Pakistan, il Corridoio Cina-Mongolia-Russia, il Corridoio Cina-Medio Oriente-Sud ovest asiatico, il Corridoio Cina-Bangladesh-India-Myanmar e quello Cina-Indocina. A livello marittimo e fluviale, vari hub portuali: Gwadar in Pakistan, Colombo nello Sri Lanka, il Pireo in Grecia, Genova e Trieste in Italia, Duisburg in Germania.

Tra essi, il progetto di punta, uno dei più ambiziosi della BRI, è il Corridoio economico Cina-Pakistan (China Pakistan Economic Corridor – CPEC), lanciato ufficialmente ad aprile del 2015, con la visita del presidente Xi Jinping a Islamabad. Esso ha fatto seguito alla firma nel luglio 2013 di un memorandum d’intesa, finalizzato a realizzare una rete stradale e ferroviaria lunga circa 3000 km, come collegamento tra il porto di Gwadar, nel Pakistan meridionale e la città di Kasghar, nella parte sud-occidentale del Xinjiang, punto di transito dell’antica via della seta, divenuta Zona economica speciale (SEZ) nel 2010.

Situato vicino allo stretto di Hormuz, che canalizza circa un terzo del commercio mondiale di petrolio, Gwadar potrebbe svolgere un ruolo chiave nel fornire alla Cina un accesso diretto all’Oceano Indiano e nel garantirle sicurezza energetica; il relativo gasdotto si estende virtualmente dal Golfo Persico, con un percorso inferiore di migliaia di chilometri rispetto al tradizionale passaggio verso il sud-est asiatico, attraverso lo Stretto di Malacca, fino alla costa orientale della Cina. Sebbene indubbiamente più breve, secondo alcune voci critiche, il trasporto di petrolio e gas tramite oleodotti via terra non risulterebbe realmente più conveniente dal punto di vista finanziario rispetto all’utilizzo della rotta marittima.5)Marianna Brungs, “China and its regional role”, Short Term Policy Brief 77, Europe China Research and Advice Network (ECRAN), 2010/256-524, December 2013, 4-16.

Per meglio comprendere gli sviluppi del Corridoio economico, è utile riflettere sulle condizioni iniziali in cui versava Gwadar nel 2015: al tempo, essa era una piccola città portuale poco sviluppata, priva di infrastrutture, lontana dai principali centri industriali del Pakistan, situata nella provincia sudoccidentale del Belucistan, una delle aree più povere del Paese. I principali media pakistani avevano presentato Gwadar come la porta d’accesso a una nuova era di investimenti cinesi, destinati a tramutarla in una scintillante metropoli moderna, simile a Dubai e Shenzhen, trasformando il destino della regione nel suo insieme.6)Baqir Sajjad Syed, “Special force to protect Corridor projects”, Dawn, internet ed., 21/4/2015; Brig. Vinod Anand, “China-Pakistan Economic Corridor: prospects and issues”, Vivekananda International Foundation online, 8/4/2015.

Ma dopo sei anni e dopo investimenti per miliardi di dollari, la realtà è molto diversa: la strada per il completamento del progetto si è rivelata lunga e tortuosa, subendo forti rallentamenti, dovuti a diversi fattori, tra cui la corruzione dell’amministrazione e la resistenza da parte dei partiti di opposizione al governo di Islamabad.7)Muhamamd Akbar Notezai, “What happened to the China-Pakistan Economic Corridor?”, The Diplomat, internet ed., 16/2/2021; Aishwarya Verma, “CPEC is developing more than just infrastructure in Balochistan”, The International Scholar, internet ed., 24/1/2021. Inoltre la società locale ha tratto ben pochi benefici dagli investimenti arrivati, dato che continua a non avere accesso all’acqua, all’elettricità e ad altri servizi di base, perdendo fonti di sostentamento essenziali come la pesca. Per di più, la crescente militarizzazione dell’area a protezione delle strutture cinesi ha portato l’economia locale allo sbando.8)Muhamamd Akbar Notezai, “Gwadar protests highlight CPEC’s Achilles’ heel”, The Diplomat, internet ed., 9/12/2021. Le misure di sicurezza sono state poi ulteriormente rafforzate a causa delle proteste della comunità beluci, tradizionalmente in opposizione allo Stato centrale, che a dicembre 2021 hanno paralizzato il porto per settimane, destando preoccupazioni anche nelle autorità cinesi preposte al progetto.9)Arif Rafiq, “Pakistan’s Gwadar port protests should be a wake-up call for Islamabad”, Foreign Policy, internet ed., 14/12/2021.

Il CPEC è dunque un bersaglio allettante per gli attacchi dei separatisti beluci, per i quali esso costituisce una minaccia per la propria identità etnica, nel timore di un mutamento demografico che potrebbe trasformarli in una minoranza all’interno della propria provincia, a seguito dell’arrivo in massa di cinesi e pakistani da altre parti del Paese, in particolare dal Punjab.10)“Governance crisis continues to delay Gwadar development”, The News, internet ed., 10/9/2021. Se questa è la situazione al sud, similmente al nord si verificano insurrezioni indipendentiste provocate dall’etnia pashtun, predominante in Afghanistan, da dove gli insorti ricevono appoggi.11)“Pashtuns in Balochistan in revolt as ethnic nationalism in Pakistan soars”, Business Standard, internet ed., 1/12/2021. In questo, come in altri casi, a mio avviso, è indispensabile effettuare un attento esame delle dinamiche politiche interne dei diversi Stati interessati, ai fini di una valutazione più realistica dei vari progetti della BRI in atto, al di là delle narrazioni propagandistiche.

Alla luce di quanto già esposto, appare evidente come la motivazione principale del coinvolgimento cinese in Pakistan sia geopolitica, piuttosto che geoeconomica; la realizzazione di oleodotti e corridoi di trasporto sembra apparire più come un simbolo di cooperazione, che un obiettivo pienamente attuabile. Infatti, uno degli scopi principali dell’impegno della RPC in questo territorio è quello di aprire all’influenza cinese la zona dell’Oceano Indiano, che è stata sinora uno spazio geografico dominato prevalentemente dall’India, principale rivale di Pechino nella regione, bilanciandone strategicamente il peso.12)Zahoor Khan Marwat, “India’s campaign against CPEC”, The News International, internet ed., 12/10/2020. Esistono inoltre altri motivi di tensione verso la Cina da parte di quest’ultimo Paese, che ha espresso non poche riserve sul CPEC, anche perché alcune sezioni del progetto riguardano località che rientrano nelle terre contese del Kashmir, occupate dal Pakistan.13)“What is the story behind Pakistan occupied Kashmir? Interesting facts on the history of PoK”, India Today, internet ed., 13/8/2019. In tale posizionamento geopolitico, per contrastare il Corridoio, l’India ha sviluppato particolari relazioni economiche e strategiche con l’Iran, contribuendo allo sviluppo del porto di Chahbhar, sul golfo di Oman, per ottenere un facile accesso all’Asia centrale.14)Hussain, Ejaz. “China–Pakistan economic corridor: will it sustain itself?”, Fudan Journal of the Humanities and Social Sciences, 10, 2, 2017, 145-59.

Per i Paesi di quest’area, come l’Azerbaigian, il Kazakistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan, i quali dipendono dalla Russia per le loro esportazioni di gas e petrolio attraverso la rete di oleodotti del Mar Nero, il CPEC costituisce una via energetica alternativa.15)Mir Sher Baz Khetran, Muhammad Humayun Khalid, “The China-Pakistan Economic Corridor: gateway to Central Asia”, China Quarterly of International Strategic Studies, 5, 3, 2019, 455-69. Attraverso il Kazakistan e l’Uzbekistan passa poi la linea ferroviaria che collega la Cina e l’Afghanistan, inaugurata nell’estate 2019; un’iniziativa logistica cruciale per incorporare gradualmente il Paese nella BRI.

Per il completamento con successo di quest’ultima, la Cina ha bisogno del pieno sostegno del nuovo governo di Kabul, che si sta adoperando per unirsi al Corridoio economico Cina-Pakistan, con l’impegno di proteggerne gli impianti e le infrastrutture da possibili sabotaggi delle milizie jihadiste. Un’altra finalità della cooperazione consiste nell’assicurare un ruolo nella ricostruzione alle aziende di Stato cinesi, dato che l’Afghanistan devastato dalla guerra rappresenta una miniera d’oro per gli sviluppatori e gli investitori della RPC: infatti i prezzi delle azioni delle imprese di costruzione cinesi sono enormemente aumentati in tale prospettiva.16)“Chinese companies line up to exploit rich resources of Afghanistan”, Business Standard, internet ed., 25/11/2021.

In conclusione, sarà utile verificare in futuro se l’estensione e la piena operatività del CPEC, oltre a facilitare il perseguimento degli obiettivi geoeconomici e strategici cinesi, riuscirà a sviluppare compiutamente anche altre potenzialità insite in esso, relativamente sia al riequilibrio dei vari assetti regionali, sia alla realizzazione di una connettività più diffusa in Asia centrale.

Immagine: China Pakistan Economic Corridor

Marina Miranda è professore ordinario di Storia della Cina contemporanea presso l’Università di Roma “Sapienza” e responsabile scientifico della sezione Asia Orientale del Dottorato di ricerca in Civiltà dell’Asia e dell’Africa, di cui è stata Coordinatrice per due mandati. Oltre che di numerosi saggi, è autrice e curatrice dei seguenti volumi: L’Identità Nazionale nel XXI Secolo in Cina, Giappone, Corea, Tibet e Taiwan (2012); La Democrazia in Cina: le Diverse Formulazioni dagli Anni ’80 a Oggi (2013); La Cina dopo il 2012 – Dal centenario della prima repubblica al XVIII Congresso del Partito comunista (2013); Politica, società e cultura di una Cina in ascesa – L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato (2016); La Cina quarant’anni dopo Mao – Scelte, sviluppi e orientamenti della politica di Xi Jinping (2017).

References
1 Judd C. Kinzley, “Beijing’s long struggle to control Xinjiang’s mineral wealth”, China File online, 28/11/2021.
2 Cfr. sez. vii, art. 26, “Decision of the Central Committee of the Communist Party of China on some major issues concerning comprehensively deepening the reforms”, China.org.cn, 16/1/2014.
3 Massimo Roccati, “La terra e il suo cuore. Halford Mackinder e la teoria dell’Heartland”, I Castelli di Yale – Quaderni di Filosofia, 1, 1, 1996, 163-94.
4 Wang Yiwei, “Fairer world order the goal of diplomacy”,The China Daily, internet ed., 20/10/2017.
5 Marianna Brungs, “China and its regional role”, Short Term Policy Brief 77, Europe China Research and Advice Network (ECRAN), 2010/256-524, December 2013, 4-16.
6 Baqir Sajjad Syed, “Special force to protect Corridor projects”, Dawn, internet ed., 21/4/2015; Brig. Vinod Anand, “China-Pakistan Economic Corridor: prospects and issues”, Vivekananda International Foundation online, 8/4/2015.
7 Muhamamd Akbar Notezai, “What happened to the China-Pakistan Economic Corridor?”, The Diplomat, internet ed., 16/2/2021; Aishwarya Verma, “CPEC is developing more than just infrastructure in Balochistan”, The International Scholar, internet ed., 24/1/2021.
8 Muhamamd Akbar Notezai, “Gwadar protests highlight CPEC’s Achilles’ heel”, The Diplomat, internet ed., 9/12/2021.
9 Arif Rafiq, “Pakistan’s Gwadar port protests should be a wake-up call for Islamabad”, Foreign Policy, internet ed., 14/12/2021.
10 “Governance crisis continues to delay Gwadar development”, The News, internet ed., 10/9/2021.
11 “Pashtuns in Balochistan in revolt as ethnic nationalism in Pakistan soars”, Business Standard, internet ed., 1/12/2021.
12 Zahoor Khan Marwat, “India’s campaign against CPEC”, The News International, internet ed., 12/10/2020.
13 “What is the story behind Pakistan occupied Kashmir? Interesting facts on the history of PoK”, India Today, internet ed., 13/8/2019.
14 Hussain, Ejaz. “China–Pakistan economic corridor: will it sustain itself?”, Fudan Journal of the Humanities and Social Sciences, 10, 2, 2017, 145-59.
15 Mir Sher Baz Khetran, Muhammad Humayun Khalid, “The China-Pakistan Economic Corridor: gateway to Central Asia”, China Quarterly of International Strategic Studies, 5, 3, 2019, 455-69.
16 “Chinese companies line up to exploit rich resources of Afghanistan”, Business Standard, internet ed., 25/11/2021.