Le nazioni sono stabilmente delimitate dal suolo nazionale? Può estendersi la sovranità tramite la zonizzazione nell’oceano e nel cielo? Cosa comporta per l’ordine mondiale una condizione di sovranità galleggiante?
Fissato e circoscritto? È sempre più difficile da motivare la nostra concezione dello stato-nazione inteso come una territorialità fisicamente fissata e circoscritta da confini formalmente delineati. Sembra che l’ordine globale del tardo ventesimo secolo, in cui il potere sovrano è riconosciuto per i suoi confini nazionali fissati e circoscritti si stia rivelando come un breve interregno. La Società delle Nazioni propose per la prima volta un sistema internazionale di stati-nazione negli anni ’30, e un accordo globale fu formalizzato all’indomani della seconda guerra mondiale. I paesi sconfitti e quelli di recente indipendenza furono riconosciuti come stati nazionali indipendenti, ciascuno con la propria territorialità politico-giuridica. Tuttavia, la necessaria infrastruttura politica di un governo formale con una propria territorialità non è stata pienamente realizzata ovunque, e in alcuni continenti (con stati decolonizzati o ex paesi del blocco comunista) molti stati-nazione hanno subito la sfida e la frammentazione operata da gruppi separatisti, da rivolte politiche o da cartelli della droga. Il modello di uno stato-nazione sovrano caratterizzato per i suoi confini fisici fissi ha una temporalità meno stabile di quanto abbiamo finora immaginato.
Il potere sovrano nel ventesimo secolo non è stato sempre circoscritto dai confini nazionali, anche se la maggior parte dei piccoli stati si è attenuto a questa idea. Dopo la seconda guerra mondiale, gli imperi coloniali si sono dissolti, le nazioni europee sono tornate piccole mentre l’indipendenza dal dominio coloniale di molte nuove nazioni si è realizzata sotto gli auspici delle Nazioni Unite. La geografia e le dimensioni di uno stato-nazione, il suo modo di gestire i confini e i suoi obiettivi specifici per tenere le cose dentro o fuori dai suoi territori sono le principali variabili relative attraverso cui viene gestito lo spazio sovrano. Mantenere chiari i confini è un requisito di base per la governance basata sugli stati nel sistema globale degli stati-nazione. La delimitazione politica e territoriale di uno stato-nazione, tuttavia, entra in conflitto con gli ideali umanitari di offrire asilo ai rifugiati. Alcune nazioni europee di fronte all’attuale flusso di rifugiati e richiedenti asilo dai paesi poveri e dalle zone di conflitto stanno chiudendo le loro frontiere contro gli arrivi illegali. Ma anche gli Stati Uniti hanno da tempo una visione ambivalente verso i migranti; l’amministrazione Trump progetta di costruire un muro al confine per tenere fuori gli stranieri.
Sotto l’amministrazione di Donald Trump, il fervore nativista contro l’immigrazione illegale ha raggiunto il suo punto più alto dagli anni ’40. Eppure, la costruzione di muri contro i non cittadini non è in contrasto con la ricerca da parte dello stato di frontiere flessibili per attrarre immigrati selezionati che portano capitale umano.1)Aihwa Ong, Flexible Citizenship: The Cultural Logics of Transnationality (Durham, NC: Duke University Press, 1999).
Potere: hard e soft
In effetti, gli stati nazionali ambiziosi violano regolarmente i propri confini e quelli di altre nazioni. Nel corso della Guerra Fredda, gli Stati Uniti e l’URSS hanno creato due imperi concorrenti basati su regimi satelliti costruiti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Mentre la Guerra Fredda si avvicinava alla fine, il complesso militare-industriale vittorioso degli Stati Uniti ebbe il sopravvento sull’URSS. In seguito l’America non solo stabilì basi militari in decine di paesi alleati, ma “si espanse lungo assi molto più estesi basati sull’ideologia, sulle interazioni economiche, sui trasferimenti di tecnologia, su benefici reciproci e sulla cooperazione militare”.2)Chalmers Johnson, Blowback: The Costs and Consequences of American Empire, American Empire Project (New York: Holt Paperbacks, 2004), 20.
Come unica superpotenza rimasta, gli Stati Uniti operarono come patrono delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, cioè quel sistema di agenzie internazionali che assicurano il sistema economico globale. La NATO, inoltre, ha formato una rete militare di ventinove nazioni nordamericane ed europee sotto l’”ombrello nucleare” degli Stati Uniti. In altre parole, la capacità americana di inserirsi in altre nazioni non è dovuta esclusivamente al suo arsenale nucleare e militare, cioè quello che chiamiamo hard power. Altrettanto importante è il soft power, vale a dire la capacità culturale di attrarre e persuadere, di ispirare l’emulazione e l’adesione negli altri grazie a una visione ideologica, a istituzioni culturali e a ideali politici.3)Joseph S. Nye, Soft Power: The Means to Success in Global Politics, new ed. (New York: Public Affairs, 2005). La combinazione strategica di hard e soft power è ciò che ha reso gli Stati Uniti il modello paradigmatico di uno stato-nazione d’eccezione, uno stato egemone carismatico che ha sostenuto la propria sovranità forte attraverso una sorta di imperialismo non dichiarato.
Tecnologie di zona
L’eredità più importante della Pax Americana è l’Asia orientale, una regione che si è sviluppata rapidamente sotto l’ombrello nucleare americano ottenendo una crescita sostenuta. Dalle tigri asiatiche all’ascesa della Cina, gli stati-nazione asiatici sono divenuti il centro gravitazionale mondiale della manifattura e hanno raggiunto un alto livello tecnologico.
L’attenzione allo sviluppo di infrastrutture civili piuttosto che militari ha protetto l’autonomia nazionale e ha accelerato la crescita capitalistica. Un segno distintivo delle economie delle tigri asiatiche è stato la loro deliberata frammentazione del territorio nazionale in zone che si collegano ai flussi globali di capitale e tecnologia. La zonizzazione degli spazi è una caratteristica asiatica della governance dei popoli, degli spazi e delle risorse. In effetti, si può dire che i “sistemi di sicurezza vitale”, così come si sono evoluti in Asia, sono meno incentrati sulla sicurezza in senso normativo della vita moderna che sulla sicurezza degli spazi cruciali e delle connessioni che sostengono il potere sovrano.4)Stephen J. Collier and Andrew Lako , “Vital Systems Security: Reflexive Biopolitics and the Government of Emergency”, Theory, Culture and Society 32, 2 (2015): 19–51.
Gli Stati hanno imparato che ritagliando spazi di eccezione – per la produzione, gli investimenti e la governance condivisa – all’interno di un territorio nazionale, si può potenziare il capitalismo in punti strategici e ulteriormente rafforzarlo grazie a connessioni infrastrutturali calcolate con cura. Ho sostenuto che la frammentazione deliberata del territorio nazionale in zone ha generato effetti politici di “sovranità graduata”, nel momento in cui il potere sovrano viene distribuito in modo diseguale sul territorio.5)Aihwa Ong, “Zoning Technologies in East Asia,” in Neoliberalism as Exception, 97–120 (Durham, NC: Duke University Press, 2007).
Avanzando oltre il territorio nazionale, questa pratica sovrana riflessiva che suddivide lo spazio statale in una serie di zone ha assunto sempre più una consistenza a livello volumetrico. Di seguito, metto a confronto due diversi approcci adottati da due ambiziosi paesi asiatici, Singapore e Cina, che cercano di materializzare il galleggiamento sovrano attraverso la capacità di costruire infrastrutture, piuttosto che nell’uso della potenza militare, suddividendo gli oceani in zone che devono intendersi come elementi di una topologia sovrana.6)Aihwa Ong, “The Chinese Maritime Silk Road: Re-Territorializing Politics in Southeast Asia” (keynote address, International Conventional of Asian Studies, Chiangmai University, July 20, 2017).
Due tipi di sfide accompagnano la spinta all’impresa marittima: la capacità tecnologica di controllare spazi e risorse acquatiche, e i limiti legali stabiliti dal regime marittimo internazionale. Questo saggio esplora come la manipolazione zonale delle interfacce terra-mare-aria possa ancorare il potere sovrano. Una piccola nazione delimitata dalla sua geografia insulare cresce e diventa uno stato marittimo, e una nazione continentale dispiega tecnologie di zonizzazione nello spazio extraterritoriale. La questione è se il galleggiamento dello stato possa essere sostenuto attraverso l’esercizio del puro potere materiale o se non sia anche necessario l’esercizio del soft power.
Boa
Alla Biennale di Venezia del 2015, il padiglione di Singapore ha esposto la mostra SEA STATE dell’artista Charles Lim Yi Yong, nato a Singapore. Ex velista olimpico, Lim ha ideato un metodo per far girare la sua barca a vela nell’acqua e immergersi ripetutamente in mare, performando così un processo ricorsivo che è diventato una politica statale, basato sull’ interscambiabilità tra terra e mare. La mostra SEA STATE è tornata a Singapore dove è stata allestita nel Center for Contemporary Art, presso la Nanyang Technological University. Quando l’ho visitata nel luglio del 2016, Charles Lim aveva esposto una gigantesca boa che
aveva recuperato dal mare. Piazzata come la testa di Nettuno al centro della stanza, l’odore pervasivo dell’oceano della boa ha invaso la mostra. Notò Charles Lim che non c’era voluto molto perché la boa abbandonata in mare si fosse incrostata tutta di cirripedi e alghe. Questo oggetto artificiale è stato trasformato in una proprietà dell’oceano.
Video digitali su schermi multipli tracciano le peregrinazioni di Lim nel mare che circonda Singapore, le sue performance registrate definiscono la nozione elastica di stato. Vediamo Lim nella sua barca che gira dentro e fuori dall’acqua. Si aggira anche tra le grotte sottomarine, traccia i fondali marini e segue gli “uomini-sabbia” nelle loro attività semi-legali di saccheggio delle acque incustodite. Lim si imbarca su una nave da ricognizione che svolge la “ricerca della sabbia” identificando le formazioni rocciose che punteggiano la superficie di queste acque quasi come piccole isole. Questi affioramenti esistono in una zona grigia di sovranità sovrapposta e ambigua e sono considerati “incontrollati”, poiché i paesi vicini, Malesia e Indonesia, non sono in grado di pattugliarli. Come sentinelle spettrali in aiuto ai pirati, gli isolotti minacciano le gigantesche petroliere che solcano lo stretto di Malacca in direzione della Cina. Per gli “uomini-sabbia”, ogni isolotto, raccolto e polverizzato, è una potenziale fonte di sabbia da aspirare e trasportare su chiatta a Singapore, dove la domanda di riempimento di terra è continua. Mentre la costante ricerca di sabbia marina aumenta fisicamente il territorio nazionale insulare, il confine terra/mare diviene l’appiglio concettuale per un’entità emergente che Lim chiama “stato marino” (sea state).
Famosa a ragione per i suoi immobili piccoli e costosi, Singapore si spinge sopra e sotto il livello del mare. Lo spostamento di terra e rifiuti può ingrossare isolotti, costruire spiagge e scavare antri sotterranei. Un riempimento artificiale di terra è alla base della stazione balneare sull’isola di Sentosa. Attualmente, l’agenzia nazionale per l’ambiente sta convertendo un isolotto, Pulau Semakau, nel primo riempimento artificiale di terra ecologico del mondo. Due punti rocciosi sono collegati da rifiuti solidi trattati e sanificati tali da supportare specie rare di piante, uccelli e pesci per un’area di circa 350 ettari. Nel frattempo, all’insaputa della maggior parte dei cittadini, lo stato ha scavato un gigantesco sistema di tunnel a un centinaio di piedi sotto l’isola di Singapore; le Jurong Rock Caverns ora immagazzinano 126 milioni di galloni di petrolio greggio che saranno ulteriormente raffinati per l’esportazione.
Oltre a costruire in alto e in basso, la sovranità volumetrica comporta la gestione delle risorse idriche provenienti dal cielo e dall’oceano. Essendo una nazione insulare con poche risorse naturali, Singapore ha escogitato diversi modi per cavalcare l’onda. L’acqua potabile è stata a lungo fornita da acquedotti provenienti dalle vicine Malesia e Indonesia. Anelando all’indipendenza dall’acqua, il governo ha sviluppato una tecnologia idrica per catturare le piogge monsoniche stagionali e incanalare l’acqua corrente attraverso un sistema di filtri di purificazione. Oltre ai serbatoi, il fiume di Singapore, bonificato, rimane una fonte di acqua potenzialmente potabile come ultima risorsa.7)Aihwa Ong, “Island-Nations,” in Patterned Ground, ed. Stephan Harrison, Steve Pile, and Nigel Thrift (London: Reaktion Books, 2004), 266–67. Anche l’acqua imbevibile dell’ oceano, viene ripensata come un puntello acqueo capace di estendere lateralmente lo spazio: ci sono progetti per disseminare il mare che circonda Singapore di pannelli solari. Sia rivendicando l’acqua, la luce del sole e le rocce della superficie dell’oceano come parte della propria giurisdizione, sia scolpendo fisicamente un sotto-mondo di tunnel di stoccaggio, questa sovranità tridimensionale aumenta la propria galleggiabilità in preparazione di un pericoloso futuro prossimo.
Il territorio sovrano comprende un’area di duecento chilometri che si irradia a circondare lo stato-nazione. Nello stato marino, il linguaggio cristallino del diritto si intorbidisce nella intercambiabilità materiale e politica della terra e dell’acqua. Da rifiuto, la spazzatura si trasforma in un materiale di valore utile a produrre questa intercambiabilità. Sempre più spesso l’oceano circostante viene progettato come una tecnosfera che risponde a un’espansione della frenesia sovranista e della resilienza opportunistica. Ma tifoni sempre più violenti ci ricordano che, implacabile, l’oceano spazza via facilmente i puntelli delle rivendicazioni sovrane fatte dall’uomo. Una politica di intercambiabilità terra-mare è quindi vulnerabile rispetto ai reali processi di incessante erosione della terra. La questione è dunque se la logica della territorialità sovrana possa entrare facilmente negli spazi acquatici.
Le minacce incombenti lanciate dal cambiamento climatico, insieme alle dinamiche perennemente volatili del tempo atmosferico ai tropici, sono servite come giustificazione ideologica per dilatare lo spazio sovrano. Per esempio, a solo un oceano di distanza, le isole Andamane nel Golfo del Bengala stanno gradualmente sprofondando e la popolazione si sta spostando sulla terraferma indiana. Secondo Shabbir Hussain Mustafa, curatore in capo alla National Gallery di Singapore, l’isola-stato è cresciuta da 245 a 277 miglia quadrate attraverso il costante “recupero” della terra. Anche se riconosce l’ansia dell’isola viste le mutevoli condizioni climatiche e tropicali, individua un messaggio politico nella mostra: “In SEA STATE, gli effetti della cancellazione e del residuo sono quindi una simultanea resistenza e accettazione della condizione dei tropici che esigono un costante rinnovamento e sostituzione.8)Shabbir H. Mustafar, “—SEA STATE, Some Measurements”, in SEA STATE, by Charles Lim Yi Yong, 10–18 (NTU CCA Singapore, April 30–July 10, 2016, exhibition catalog).
Gli artisti asiatici contemporanei sono continuamente impegnati in una politica dell’anticipazione, la proiezione del futuro della patria è resa come un intreccio di confini, conoscenze e media.9)Aihwa Ong, “What Marco Polo Forgot: Asian Art Negotiates the Global,” Current Anthropology 53, no. 4 (2012): 471–94.
Nell’immaginazione di Lim, il corpo geografico di Singapore è supportato tecnologicamente in un ambiente materiale fluido: l’isola è reimmaginata sia come una boa (l’oggetto iconico della mostra di Lim) sia come un corpo umano che impara allo stesso modo a fluttuare per sopravvivere nei marosi. La Biennale di Venezia diventa un luogo internazionale di soft power, una piattaforma che narra la storia della metamorfosi di un’isola piccola ma agile in uno stato marino elastico.
Territorializzazione blu
Uso il termine territorializzazione blu per indicare il delinearsi di zone speciali sul mare e nel cielo quando uno stato-nazione flette i muscoli e va oltre i propri limiti territoriali. Adattando il concetto da Gilles Deleuze e Félix Guattari, noto che la territorializzazione implica l’operazione processuale di de- e ri- territorializzazione, in questo processo le leggi precedenti della politica, della cultura e del capitale sono dislocate e le loro forze riassemblate in formazioni diverse (e spesso provvisorie).10)Gilles Deleuze and Félix Guattari, A Thousand Plateaus: Capitalism and Schizophrenia, trans. Brian Massumi (Minneapolis: University of Minnesota Press, 1987); Stephen J. Collier and Aihwa Ong, “Global Assemblages, Anthropological Prob- lems,” in Global Assemblages, ed. Aihwa Ong and Stephen J. Collier, 3–21 (Malden, MA: Wiley-Blackwell, 2005). Come strategia statale, la territorializzazione blu mira a sovvertire e mettere da parte il governo legale degli oceani prevalente, per non parlare di quello fisico ed ecologico. Una convenzione delle Nazioni Unite del 1982 ha stabilito la legge del mare definendo chiaramente i confini marittimi legali di ogni paese. Sono stabilite anche le regole che governano tutti gli usi degli oceani e dei mari e delle loro risorse.11)Wikipedia, s.v., “United Nations Convention on the Law of the Sea,” last modified October 5, 2019, 02:10, https://en.wikipedia.org/wiki/United_Nations _Convention_on_the_Law_of_the_Sea Come potenza in ascesa, la Cina ha iniziato a sfidare il regime marittimo, le sue ambizioni sovrane debordano sia dalla sua geografia spaziale che dal suo territorio nazionale.
Nel 2013, i funzionari cinesi hanno affermato che i viaggi storici dell’ammiraglio Zheng He nel XV secolo giustificano le loro attuali rivendicazioni sui siti di quelli che chiama Mari del Sud (Nanyang), o Mar Cinese Meridionale. Nei suoi sette viaggi durante la dinastia Ming, Zheng He ha solo promesso di estendere i favori della Cina a piccoli regni incontrati lungo la sua rotta, ma non ha invaso nessuna terra né colonizzato territori di nativi. Ma oggi, l’ascesa della Cina ha prodotto una sovranità reimmaginata, che sfida le leggi internazionali contemporanee vincolanti la territorialità nazionale. L’azione espansiva della Cina nell’estendere la sovranità procede rivendicando una varietà di zone diverse all’estero: zone economiche, zone militari e zone aeree nel sud-est asiatico. Attraverso la sua iniziativa della Via della Seta Marittima, la Cina sta stabilendo zone economiche speciali nelle nazioni adiacenti al suo confine meridionale: Myanmar, Cambogia, Laos e Vietnam. Per esempio, in cambio di investimenti di capitale, tecnologia e lavoro, il governo vietnamita ha dato concessioni di novantanove anni agli investitori della Repubblica Popolare Cinese (RPC) per gestire zone economiche speciali. Dal Vietnam al Myanmar, le proteste locali hanno espresso le crescenti paure per un indebitamento a lungo termine con le banche cinesi, mentre la Cina ottiene il controllo locale su parti dei loro territori. In più, in Cambogia e in Myanmar, i casinò costruiti dalla Cina e le piantagioni hanno sostituito i terreni agricoli e sfollato i contadini. Dara Sakor, il più grande progetto della Via della Seta conosciuto, è una zona di investimento da 10 miliardi di dollari e una struttura portuale sulla costa cambogiana. Questa concessione di quarantacinque ettari è afflitta da scarse infrastrutture e non è riuscita ad attrarre il turismo.12)Brenda Goh and Prak Chan Thul, “In Cambodia, Stalled Chinese Casino Embodies Secrecy, Risks,” Reuters World News, June 5, 2018, https://www.reuters.com /article/us-china-silkroad-cambodia-insight/in-
cambodia-stalled-chinese-casino -resort-embodies-silk-road-secrecy-risks-idUSKCN1J20HA
Ho sostenuto altrove che la Via della Seta, basata sul miglioramento delle ferrovie, degli oleodotti e dei porti, cerca di legare insieme diversi nodi nel sud-est asiatico in una rete logistica che promuove il commercio cinese e il controllo della regione alla periferia cinese.
Ma ci sono stati degli intoppi lungo la Via della Seta, poiché l’afflusso di costruttori, lavoratori, studenti e turisti cinesi che essa facilita, ha avuto un notevole impatto sul sostentamento rurale, ha minacciato le locali ecologie e aumentato la migrazione del lavoro, oltre al traffico di lavoratrici del sesso e di animali selvatici.
Oltre a stabilire zone manifatturiere all’estero, la Cina ha anche fatto ricorso a mezzi militari per garantire le sue zone economiche e di comunicazione in acque contese. Nell’ultimo decennio, la Cina ha espresso rivendicazioni marittime su isolotti da tempo contesi nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale. La maggior parte dell’attenzione si è concentrata sulle isole Paracelso e sulle Spratly, entrambe situate appena fuori dal raggio di duecento miglia degli Stati nazionali del sud-est asiatico nelle acque internazionali del Mar Cinese meridionale.
Una linea a “nove trattini”, riconducibile ai viaggi all’epoca della dinastia Ming citati sopra, delimita una regione in cui si sovrappongono le rivendicazioni marittime di Vietnam, Malesia, Brunei, Taiwan e Filippine. Le affermazioni ufficiali dello stato cinese fanno riferimento alla propria “sovranità indiscutibile” (wuke zheng yi zhuquan) sulle isole Spratly e Paracelso e anche alla zona marittima che comprende i due gruppi di isole. Nel 2016, un arbitrato internazionale ha respinto le rivendicazioni cinesi sulle isole e ha confermato i diritti delle Filippine di sfruttare le risorse della loro costa occidentale nella secca di Scarborough. Ma questo riconoscimento europeo dei confini marittimi legittimi delle Filippine è stato respinto dalle autorità cinesi, che danno forza alle proprie rivendicazioni costruendo sulle isole dei presidi militari.
Infatti, la Cina si è imbarcata nella territorializzazione blu, un processo di manipolazione tecnologica ed ecologica delle interfacce terra-mare-cielo.13)Andrew Chubb, “China’s ‘Blue Territory’ and the Technosphere in Maritime East Asia”, Technosphere Magazine, 2017, https://technosphere-magazine.hkw .de/p/Chinas-Blue-Territory-and-the-Technosphere-in-
Maritime-East-Asia -gihSRWtV8AmPTof2traWnA La Cina ha dragato gli isolotti e gli atolli contesi e ha costruito installazioni e piste militari nella barriera corallina Mischief nelle isole Spratly e sull’isola Woody nelle Paracelso. Sta progettando un’altra base militarizzata nella secca di Scarborough. Questi siti sono pattugliati da barche armate e possono schierare aerei da combattimento per controllare una zona strategica dove passano ogni anno 5 trilioni di dollari nel commercio via nave. Le altre nazioni del sud-est asiatico hanno protestato contro l’ingerenza della Cina nel Mar Cinese Meridionale, ma c’è la sensazione di doversi piegare all’inevitabilità della volontà della Cina di controllare questa via d’acqua strategica. Inoltre, la riluttante compiacenza di paesi come le Filippine viene ricompensata con miliardi di aiuti economici nel prossimo futuro. Nel 2017, alcune nazioni del sud-est asiatico e la Cina hanno svolto esercitazioni navali congiunte nelle acque contese allentando in qualche modo le tensioni nella zona. Inquadrando le rivendicazioni sulle isole contese come una questione di disputa territoriale, la Cina ha giocato al ribasso, senza arrivare a una guerra aperta.
Su questa scia, le isole contese nel Mar Cinese Meridionale potrebbero essere attirate dentro la massiccia politica transnazionale One Belt, One Road, avviata e finanziata dallo Stato cinese. Nel sud-est asiatico, il progetto della Via della seta marittima rafforzerà i collegamenti dalle zone economiche della regione alle nuove strutture portuali nello Sri Lanka, nell’Oceano Indiano, e a Gibuti, nel Golfo di Aden.14)Ong, “Chinese Maritime Silk Road.” Questo assemblaggio infrastrutturale che collega diverse zone off-shore espande notevolmente la sovranità volumetrica delle territorializzazioni blu della Cina, e ciò minaccia di scalzare il dominio americano della regione formatosi dalla seconda guerra mondiale in poi. La capacità tecnologica ha permesso alla Cina di portare le sue rivendicazioni sulle isole a nuove profondità. In precedenza, nel 2009, i cinesi avevano istituito un Centro per il patrimonio culturale sottomarino per svolgere un’indagine generale dei siti subacquei, anche nelle zone contese. L’archeologia marina si immerge sotto le onde per raccogliere manufatti e proteggere una regione oceanica contesa contro l’archeologia subacquea “illegale” da parte di estranei. Il capo del Centro per il patrimonio culturale subacqueo afferma: “Vogliamo trovare più prove che possano dimostrare che i cinesi sono andati lì e ci hanno vissuto, vogliamo prove storiche che possano aiutare a dimostrare che la Cina è il proprietario sovrano dei mari della Cina meridionale”.15)Dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sono come un dio tecnologico che esercita un potere sovrano verticale. Soprattutto dopo il contenimento del comunismo durante la guerra fredda, il Pacifico è divenuta la principale arena della sorveglianza americana, specialmente la regione nord-occidentale dove convergono le potenze rivali. Aerei e sottomarini americani pattugliano abitualmente la regione e raccolgono informazioni sulle esercitazioni navali sovietiche, russe, nordcoreane e cinesi e su altre attività. La recente dichiarazione cinese di zone di identificazione e comunicazioni internazionali nei mari della Cina orientale e meridionale è una sfida diretta a questo regime di Pax Americana.
Durante un difficile incontro nel giugno 2018 con il Segretario alla difesa statunitense, il Presidente Xi Jinping ha dichiarato categoricamente: “Non possiamo perdere nemmeno un centimetro del territorio lasciatoci dai nostri antenati. Ciò che è degli altri, noi non lo vogliamo affatto”.16)“China Won’t Yield Inch on Sea, Says President,” New York Times, June 28, 2018, A11. Dal punto di vista dello Stato della Repubblica popolare, la forza delle rivendicazioni storiche e archeologiche cinesi prevale sul diritto marittimo internazionale. Visto che il Mar Cinese Meridionale è un crocevia globale, la contesa politica sui suoi territori continuerà per un lungo tempo, mentre le maggiori potenze mondiali provano ad evitare un conflitto aperto. L’ammiraglio Harry B. Harris Jr, il comandante della flotta statunitense del Pacifico, ha definito le fortificazioni delle isole cinesi “un grande muro di sabbia”.17)“A ‘Great Wall of Sand’ in the South China Sea”, Washington Post, April 8, 2015. Nello stesso tempo, gli Stati Uniti inviano occasionalmente le proprie navi da guerra a passare vicino alle isole contese, come richiamo alla legge e all’ordine internazionale che lo stato cinese ha scelto di ignorare. In risposta agli sforzi della Cina di militarizzare gli atolli nel Mar Cinese Meridionale, la presenza militare degli Stati Uniti nell’Australia settentrionale è aumentata costantemente dopo la politica del “pivot to Asia” dell’amministrazione Obama del 2012; ciò ha portato a una coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti che ha rapidamente costruito basi aeree e operazioni navali a Darwin, nell’Australia settentrionale, per un valore di molti miliardi di dollari. Oltre agli alleati americani, australiani e asiatici che vi organizzano esercitazioni aeree e operazioni marittime su larga scala, Darwin è anche la base di uno dei sistemi radar a lungo raggio più avanzati del mondo.18)“Australia Strengthens
Darwin’s Defenses,” Wall Street Journal, May 25, 2018, A16. La creazione congiunta di zone oceaniche e aeree, e di infrastrutture civili e militari, fa parte di una strategia imperiale di espansione oltremare. Durante la guerra fredda, il contenimento del comunismo ha fatto dell’Oceano Pacifico la principale arena della sorveglianza americana. Gli aerei da combattimento e i sottomarini americani pattugliano abitualmente la regione e raccolgono informazioni sulle esercitazioni navali sovietico-russe, nordcoreane e cinesi e su altre attività. Per oltre sessant’anni, le navi da guerra e gli aerei da combattimento americani hanno stabilito un controllo egemonico sul Pacifico, ma la Repubblica Popolare Cinese sta ora creando dei buchi in questa rete del Pacifico dominata dagli Stati Uniti.
In altre parole, il grande muro di sabbia della Cina nel Mar Cinese Meridionale è accompagnato da un “grande muro nel cielo” sul Mar Cinese Orientale.19)Jun Osawa, “China’s ADIZ over the East China Sea: A ‘Great Wall in the Sky’?,” Brookings, December 17, 2013, https://www.brookings.edu/opinions/chinas-adiz-over-the-east-china-sea-a-great-wall-in-the-sky. Nel 2013, lo sviluppo dell’aeronautica ha permesso alla Cina di dichiarare una Zona di identificazione di difesa aerea (ZIDA) che si sovrappone agli spazi di difesa aerea di Giappone, Corea del Sud e Taiwan. La nuova ZIDA della Cina è una sfida diretta alle ZIDA progettate nella regione dall’esercito statunitense dopo la seconda guerra mondiale. Finora, la Cina ha evitato l’esercizio esplicito militare nello spazio di difesa aereo conteso. Gli Stati Uniti hanno inviato velivoli militari per respingere le nuove regole della Cina, e la Cina non ha fatto decollare propri aerei con la minaccia di abbattere gli aerei stranieri. Per ora, la Repubblica Popolare Cinese sta solo insistendo nel far rispettare la zona come spazio per la navigazione di comunicazione aerea. Poiché il pericolo di cattiva comunicazione del traffico aereo è molto alto, il governo degli Stati Uniti ha consigliato alle compagnie aeree commerciali americane di inviare segnali con i transponder. Molti osservatori vedono questa compiacenza come un passo verso il tacito riconoscimento della sovranità della RPC su quello spazio aereo, anche senza un riconoscimento ufficiale specifico. Il Giappone è particolarmente preoccupato perché la sovrapposizione della ZIDA permette alla Cina di estendere la sorveglianza alla catena di isole Ryukyu. Nel mezzo delle crescenti tensioni date dalla guerra commerciale tra l’amministrazione Trump e la Cina, gli aerei militari americani che sorvolano il Mar Cinese Orientale sono minacciati da segnali laser provenienti dalle barche da pesca che si trovano vicino alla costa cinese. In effetti, la Pax Americana ha fornito delle lezioni sull’esercizio del potere sovrano verticale. All’indomani della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno innanzitutto progettato una nuova topologia, collegando zone disparate e lontane e rafforzando la propria sovranità volumetrica su oceani e isole volando alto e immergendosi in basso. Chalmers Johnson ha scritto in modo convincente sull’ascesa dell’America come costruzione di un impero esteso, sostenuto da basi militari in tutto il mondo.20)Johnson, Blowback, 15.
Gli osservatori filo-americani sosterrebbero che il potere extraterritoriale di questa potenza egemone è legittimo, poiché ha imposto l’ordine globale dell’umanesimo liberale del secondo dopoguerra e ha guidato una struttura multilaterale per preservare un bene comune globale. L’impero americano galleggia anche su valori e standard di democrazia liberale e commercio regolato. Ci sono, tuttavia, segni inquietanti che l’amministrazione americana contemporanea sia distratta rispetto a un regime commerciale basato sulle regole e sui suoi impegni a preservare un ombrello nucleare anche sull’Asia orientale. In questa apertura favorita dalla distrazione americana, la Cina promette di fornire un ombrello economico che seminerà zone speciali oltremare e promuoverà l’ascesa delle nazioni più piccole, e non solo in Asia.
La Cina ha imparato le azioni di deterritorializzazione dal libro di strategie dell’iper-potenza americana, impiegando la sua capacità infrastrutturale e la valuta forte per metter la propria impronta all’estero. Il piano Made in China 2025 cerca di dominare le aree più cruciali tra cui il settore aerospaziale, la robotica e l’intelligenza artificiale, per rafforzare l’autonomia nazionale e l’espansione all’estero. La Cina in ascesa imita le precedenti potenze imperialiste e l’impero americano, soprattutto attraverso l’aiuto tecnologico e finanziario nella ricostruzione delle economie all’estero.
Meno sviluppato, tuttavia, è un soft power cinese capace di eguagliare il fascino culturale americano in modo da attrarre e persuadere gli alleati riluttanti. La storia della Cina nel promuovere la propria influenza d’oltremare al di là delle infrastrutture e dei capitali è stentata. Fino alla fine della guerra del Vietnam (1975), la Cina ha professato la solidarietà comunista
con le nazioni socialiste asiatiche. Dalle riforme di mercato (primi anni ’80), la retorica post-socialista è stata costantemente sostituita dal linguaggio dello sviluppo e dalla diplomazia commerciale verso i piccoli paesi del sud-est asiatico.21)Vedi Pál Nyíri e Danielle Tan, Chinese Encounters in Southeast Asia (Seattle: University of Washington Press, 2017).
Un risultato è stato il legame commerciale della Cina con l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), basata sul commercio, nell’ASEAN “più uno” (cioè più la Cina). La diplomazia culturale spinge gli Istituti Confucio finanziati dallo stato a promuovere la lingua cinese e familiarizzarsi con la cultura cinese in molti paesi. L’iniziativa della Via della Seta aggiunge a questo il linguaggio del cosmopolitismo, evidenziando le relazioni storiche intercontinentali basate sul commercio, l’amicizia e il multiculturalismo. Ma l’offensiva del fascino della Cina è stata maldestra e costantemente sottovalutata dalle dirompenti attività delle imprese cinesi e dal turismo associato alla Via della Seta. Nonostante le proposte “win-win” degli aiuti cinesi, questi progetti hanno calpestato i diritti, le proprietà, i mezzi di sussistenza, i lavoratori e i migranti nei paesi ospitanti. La Repubblica Popolare Cinese deve ancora sviluppare un soft power ideologico o culturale che sappia attrarre un’ampia fascia di nazioni d’oltremare, cosa necessaria per divenire una potenza egemone indiscussa nella regione.
Nazioni ambiziose possono costruire rivendicazioni su zone extraterritoriali, ma hanno bisogno di far fluttuare valori che possano essere condivisi anche oltre i confini. Le innovazioni tecnologiche permettono agli stati di ridisegnare attivamente i confini materiali tra il loro interno e l’esterno quando avviano il piano che va dalla creazione di zone che impongono una “sovranità graduata” sul territorio nazionale fino alla territorializzazione blu dell’acqua e del cielo circostanti. La tensione politica e le ambiguità generate da stati eteromorfi possono portare a interventi militari stranieri che cercano di contenere o ridimensionare il galleggiamento della sovranità volumetrica. Questo fiorente spazio estratto dal capitalismo di stato cinese promette di plasmare non solo una nuova topografia materiale, ma anche un nuovo ordine globale di liberalismo economico, sebbene spogliato dei diritti politici liberali. La Repubblica Popolare Cinese è stata ansiosa di sostituire il cancellato patto commerciale Trans Pacific Partnership promosso dagli Stati Uniti con una cosiddetta Regional Comprehensive Economic Partnership che attualmente manca di regole sul lavoro e sull’ambiente. La leadership cinese di un regime alternativo di libero scambio globale sarebbe difficile da sostenere in mezzo agli incessanti flussi di capitali, di informazioni e di attori in tutto il mondo. Multinazionali e ONG stanno modellando un ordine emergente di governance globale che sostiene l’ideologia dei diritti umani. Il soft power della Cina, basato sul paternalismo economico e sul confucianesimo, ha la forza di sorreggere la propria volumetrica ambizione sovrana? Il termine contraccolpo si riferisce alle conseguenze non volute delle operazioni all’estero,22)Johnson, Blowback, 8 il galleggiamento sovrano dovrebbe aspettarsi di essere scosso o addirittura di esplodere a causa di forze naturali e politiche che stanno al di fuori del controllo statale.
Questo saggio è stato originariamente pubblicato in Voluminous States. Sovereignty, Materiality, and the Territorial Imagination, a cura di Franck Billie (Duke Univ. Press, 2020), pp. 191-203.
Traduzione di Diego Gullotta
Immagine: “Partie meridionale de l’Inde en deux presqu’isles l’une de ç̧à et l’autre de là le Gange”, Library of Congress, Geography and Map Division.
Articolo pubblicato in italiano su Gli Asini, 11 agosto 2021.
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↑1 | Aihwa Ong, Flexible Citizenship: The Cultural Logics of Transnationality (Durham, NC: Duke University Press, 1999). |
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↑2 | Chalmers Johnson, Blowback: The Costs and Consequences of American Empire, American Empire Project (New York: Holt Paperbacks, 2004), 20. |
↑3 | Joseph S. Nye, Soft Power: The Means to Success in Global Politics, new ed. (New York: Public Affairs, 2005). |
↑4 | Stephen J. Collier and Andrew Lako , “Vital Systems Security: Reflexive Biopolitics and the Government of Emergency”, Theory, Culture and Society 32, 2 (2015): 19–51. |
↑5 | Aihwa Ong, “Zoning Technologies in East Asia,” in Neoliberalism as Exception, 97–120 (Durham, NC: Duke University Press, 2007). |
↑6 | Aihwa Ong, “The Chinese Maritime Silk Road: Re-Territorializing Politics in Southeast Asia” (keynote address, International Conventional of Asian Studies, Chiangmai University, July 20, 2017). |
↑7 | Aihwa Ong, “Island-Nations,” in Patterned Ground, ed. Stephan Harrison, Steve Pile, and Nigel Thrift (London: Reaktion Books, 2004), 266–67. |
↑8 | Shabbir H. Mustafar, “—SEA STATE, Some Measurements”, in SEA STATE, by Charles Lim Yi Yong, 10–18 (NTU CCA Singapore, April 30–July 10, 2016, exhibition catalog). |
↑9 | Aihwa Ong, “What Marco Polo Forgot: Asian Art Negotiates the Global,” Current Anthropology 53, no. 4 (2012): 471–94. |
↑10 | Gilles Deleuze and Félix Guattari, A Thousand Plateaus: Capitalism and Schizophrenia, trans. Brian Massumi (Minneapolis: University of Minnesota Press, 1987); Stephen J. Collier and Aihwa Ong, “Global Assemblages, Anthropological Prob- lems,” in Global Assemblages, ed. Aihwa Ong and Stephen J. Collier, 3–21 (Malden, MA: Wiley-Blackwell, 2005). |
↑11 | Wikipedia, s.v., “United Nations Convention on the Law of the Sea,” last modified October 5, 2019, 02:10, https://en.wikipedia.org/wiki/United_Nations _Convention_on_the_Law_of_the_Sea |
↑12 | Brenda Goh and Prak Chan Thul, “In Cambodia, Stalled Chinese Casino Embodies Secrecy, Risks,” Reuters World News, June 5, 2018, https://www.reuters.com /article/us-china-silkroad-cambodia-insight/in- cambodia-stalled-chinese-casino -resort-embodies-silk-road-secrecy-risks-idUSKCN1J20HA |
↑13 | Andrew Chubb, “China’s ‘Blue Territory’ and the Technosphere in Maritime East Asia”, Technosphere Magazine, 2017, https://technosphere-magazine.hkw .de/p/Chinas-Blue-Territory-and-the-Technosphere-in- Maritime-East-Asia -gihSRWtV8AmPTof2traWnA |
↑14 | Ong, “Chinese Maritime Silk Road.” |
↑15 | Dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sono come un dio tecnologico che esercita un potere sovrano verticale. Soprattutto dopo il contenimento del comunismo durante la guerra fredda, il Pacifico è divenuta la principale arena della sorveglianza americana, specialmente la regione nord-occidentale dove convergono le potenze rivali. Aerei e sottomarini americani pattugliano abitualmente la regione e raccolgono informazioni sulle esercitazioni navali sovietiche, russe, nordcoreane e cinesi e su altre attività. La recente dichiarazione cinese di zone di identificazione e comunicazioni internazionali nei mari della Cina orientale e meridionale è una sfida diretta a questo regime di Pax Americana. |
↑16 | “China Won’t Yield Inch on Sea, Says President,” New York Times, June 28, 2018, A11. |
↑17 | “A ‘Great Wall of Sand’ in the South China Sea”, Washington Post, April 8, 2015. |
↑18 | “Australia Strengthens Darwin’s Defenses,” Wall Street Journal, May 25, 2018, A16. |
↑19 | Jun Osawa, “China’s ADIZ over the East China Sea: A ‘Great Wall in the Sky’?,” Brookings, December 17, 2013, https://www.brookings.edu/opinions/chinas-adiz-over-the-east-china-sea-a-great-wall-in-the-sky. |
↑20 | Johnson, Blowback, 15. |
↑21 | Vedi Pál Nyíri e Danielle Tan, Chinese Encounters in Southeast Asia (Seattle: University of Washington Press, 2017). |
↑22 | Johnson, Blowback, 8 |