Il 16 giugno 2019, circa due milioni di abitanti di Hong Kong sono scesi in strada per protestare contro la brutalità della polizia e il discusso disegno di legge sull’estradizione (extradition bill) che permetterebbe a Pechino di forzare ulteriormente il sistema giudiziario della città, teoricamente indipendente. Nonostante il disegno di legge sia stato sospeso, il movimento pro-democrazia non si è fermato. Per metà del 2019, i notiziari internazionali hanno mostrato immagini dei manifestanti di Hong Kong, impegnati settimanalmente – e talvolta con frequenza maggiore – in scontri con la polizia antisommossa. I giovani vestiti di nero che manifestavano in prima linea non erano i soli partecipanti alla protesta del 2019: anziani, casalinghe e colletti bianchi si sono tutti organizzati in supporto al movimento per la democrazia. Dopo mesi di lotte e azioni collettive, il movimento pro-democrazia è stato messo in difficoltà nel 2020 dall’implementazione improvvisa della “National Security Law”, che ha reso “sediziose” le attività politiche contro i governi di Cina e Hong Kong.

Storia

Fino ad allora colonia britannica, Hong Kong fu restituita alla Cina nel 1997, con il principio “Una nazione, due sistemi”. Il principio sancisce che, in quanto Regione Amministrativa Speciale, Hong Kong dovrebbe mantenere un sistema legislativo, giudiziario e politico indipendente. Il governo di Hong Kong ha il diritto di determinare autonomamente i propri affari interni, tra cui le finanze, l’amministrazione, ma anche l’immigrazione e l’estradizione. Il governo cinese, d’altra parte, è responsabile solo per la difesa militare di Hong Kong e delle relazioni diplomatiche con altri paesi. Deng Xiaoping promise all’epoca che lo stile di vita e i sistemi di Hong Kong non sarebbero cambiati per i cinquant’anni successivi alla restituzione della sovranità. Questa promessa diede speranza agli attivisti per la democrazia di Hong Kong ed essi credettero che in un arco di tempo di cinquant’anni sarebbe stato possibile promuovere trasformazioni democratiche sia a Hong Kong sia nella Cina continentale.

Tuttavia, dalla restituzione della sovranità nel 1997, il governo cinese ha introdotto una serie di riforme economiche e politiche per prendere gradualmente il controllo di Hong Kong. Per molti abitanti di Hong Kong, l’intrusione di Pechino viola il principio “Una nazione, due sistemi”. Come risposta, gli abitanti di Hong Kong nel corso degli anni hanno sostenuto in maniera sempre più convinta la democrazia elettorale e il suffragio universale per il Capo dell’esecutivo e i legislatori della città. Dal 2003, quando il governo di Hong Kong per la prima volta ha cercato di approvare un disegno di legge anti-sedizione, gli abitanti di Hong Kong hanno partecipato a una manifestazione di protesta ogni anno il primo luglio per chiedere libertà politiche e civili. Il primo luglio è il giorno in cui fu fondato il Partito comunista cinese, quindi queste marce erano un affronto al tentativo di Pechino di integrare pienamente Hong Kong in un coerente stato-nazione cinese (per una discussione più dettagliata di queste tensioni, rimando al mio articolo “One country, two identities: The divergence of national identities in Hong Kong.”).

Prima dell’esplosiva rivolta del 2019, gli abitanti di Hong Kong avevano organizzato e partecipato a due proteste di massa: il movimento guidato dai giovani nel 2012 contro la legge sull’educazione morale e nazionale obbligatoria e il Movimento degli Ombrelli del 2014, quando i manifestanti occuparono tre aree centrali di Hong Kong per 77 giorni.

Il movimento anti-estradizione del 2019

A dispetto delle dimensioni del Movimento degli Ombrelli e del grido degli abitanti di Hong Kong che chiedevano il suffragio universale, Pechino non riconobbe loro il diritto di eleggere i loro leader politici e legislativi. Alla fine del Movimento degli Ombrelli, molti giovani attivisti erano delusi e disillusi rispetto alle proteste pacifiche e alla disobbedienza civile come tattiche di resistenza efficaci. Quindi, quando nel 2019 il governo di Hong Kong ha fatto concessioni lentamente e controvoglia, i manifestanti hanno rapidamente intensificato le proprie tattiche di protesta e hanno fatto ricorso ad azioni più drastiche e a scontri diretti con la polizia.

Oltre agli scontri con la polizia in centri commerciali, stazioni della metropolitana e sulle strade principali, gli abitanti di Hong Kong di differenti comunità hanno anche organizzato sit-in silenziosi, marce pacifiche e scioperi. Come Au Loong Yu nota nel suo libro Hong Kong in Revolt (Pluto Press, 2020), il movimento non solo ha inglobato manifestanti giovani in prima linea, ma ha anche ispirato un nuovo movimento sindacale, che ha lanciato con successo uno sciopero politico. Con l’allargamento del movimento democratico, la protesta del 2019 non si è limitata solo al disegno di legge sull’estradizione. Anzi, si è compattata attorno a cinque rivendicazioni centrali: “Ritirare l’extradition bill; smettere di etichettare i manifestanti come ‘rivoltosi’; ritirare le accuse contro i manifestanti; condurre un’inchiesta indipendente sul comportamento della polizia; introdurre un vero suffragio universale per il Consiglio legislativo e il Capo dell’Esecutivo”. Quando la brutalità della polizia contro i manifestanti è aumentata, alla fine del 2019 i manifestanti hanno cominciato ad articolare una sesta rivendicazione:“sciogliere la polizia”. Ad oggi, tuttavia, nonostante numerose denunce, le forze di polizia non sono state ritenute responsabili e perseguibili per la violenza e l’eccessivo uso della forza.

Hong Kong sotto la National Security Law

Alla fine del 2019 e all’inizio del 2020, lo slancio della protesta si è drammaticamente smorzato, prima per due assedi della polizia ai campus universitari e poi per la pandemia. Questo, tuttavia, non ha impedito a Pechino di implementare rapidamente la draconiana Legge sulla Sicurezza Nazionale (National Security Law, NSL), che estende il potere della polizia di Hong Kong e criminalizza le attività politiche e le azioni collettive definendole come eversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Sotto la NSL, il popolare slogan di protesta “Liberate Hong Kong! Revolution of our time!” è stato reso illegale. Dalla sua implementazione, la legge è stata usata per perseguire attivisti pro-democrazia di alto profilo e politici e per scoraggiare la libertà di stampa e di assemblea. La NSL prevede lunghe condanne per chiunque la violi (da tre anni all’ergastolo), ma è volutamente vaga e ampia per creare timore. Alla fine del 2020 gli abitanti di Hong Kong hanno continuato a protestare in modi creativi, per aggirare la NSL, ma la repressione e la persecuzione politica si intensificano e alcuni sono diventati come instupiditi e rassegnati. Come notano i giornalisti del notiziario locale indipendente Stand News, nonostante le ulteriori violazioni e la soppressione della democrazia da parte di Pechino, la maggior parte degli abitanti di Hong Kong non provano più emozioni forti. Essi piuttosto borbottano con se stessi, “Amen. È comunque tutto nelle mani di Pechino”.

Le libertà civili e la libertà di parola

Dall’approvazione della NSL, il governo di Hong Kong ha intensificato la repressione su ogni azione politica pro-democrazia, incluse le marce e le assemblee pacifiche. Oltre a condurre arresti di massa e controlli diffusi, la polizia di Hong Kong ha anche lanciato una linea telefonica con cui i cittadini possono denunciare anonimamente chiunque essi sospettano stia violando la NSL. Per questo, molti a Hong Kong esitano a far conoscere le proprie idee politiche. Alcuni hanno paragonato la Hong Kong post-NSL a una “Rivoluzione culturale 2.0”, per quanto l’ambiente è diventato repressivo.

All’inizio del 2021, il governo di Hong Kong ha annunciato che i 180.000 dipendenti pubblici devono decidere entro un mese se giurare la propria lealtà al Capo dell’esecutivo e al governo di Hong Kong. Quelli che hanno rifiutato di firmare potrebbero perdere il lavoro. Il giuramento è stato molto controverso poiché, con la NSL e i termini del giuramento, il solo criticare le politiche del governo potrebbe essere considerato come una violazione della lealtà. Diverse centinaia di dipendenti hanno rifiutato di firmare il giuramento e molti hanno deciso di dimettersi dalle loro funzioni. Durante la protesta del 2019, i dipendenti pubblici avevano organizzato e partecipato a marce e assemblee pro-democrazia, con grande disappunto del governo di Hong Kong e di Pechino. Il giuramento, quindi, ha l’obiettivo di limitare la libertà di parola dei dipendenti pubblici, imponendo loro di autocensurarsi per mantenere i loro impieghi.

Libertà di stampa

Oltre alla libertà di parola dei singoli cittadini, la NSL ha avuto anche un impatto importante sulla libertà di stampa a Hong Kong e a livello internazionale. Poco dopo l’approvazione della NSL, il New York Times ha spostato le proprie operazioni da Hong Kong a Seul, a causa delle incertezze create dalla nuova legge. A livello locale, i giornalisti ora affrontano grandi difficoltà e rischi se si occupano di argomenti politici. A settembre 2020, la polizia di Hong Kong ha annunciato senza alcuna consultazione con il pubblico che non avrebbe più riconosciuto le credenziali di giornalisti di media locali, tra i quali centinaia di giornalisti accreditati dalla Hong Kong Journalists Association e dalla Hong Kong Press Photographers Association. Solo ai media stranieri conosciuti a livello internazionale e a quelli registrati presso il governo sarebbe stato permesso di assistere alle conferenze stampa e alle operazioni della polizia.

Durante le proteste del 2019, molti atti di violenza della polizia furono documentati e trasmessi in diretta da giornalisti di notiziari indipendenti locali. Quando il governo ha tentato di riscrivere la storia, cancellando gli incidenti di polizia e la violenza di gang assistite dalla polizia, i giornalisti in prima linea hanno rapidamente smentito le loro false narrazioni. Recentemente, il giornalista Bao Choy è stato arrestato e denunciato per aver condotto un’investigazione sulla cattiva condotta della polizia. La stessa settimana, altri due giornalisti sono stati accusati di aver resistito e ostacolato la polizia mentre filmavano. Alla luce della intensa repressione della polizia e dell’autocensura a cui si sottopongono i notiziari, alcuni giornalisti hanno deciso di lasciare il proprio lavoro. Perseguitando i giornalisti che osano investigare, dire la verità e chiedere conto a governo e polizia, il governo di Hong Kong sta creando un vuoto in cui possono circolare solo le narrazioni e le “realtà” consentite dallo stato.

Istruzione

Mentre la protesta del 2012, guidata da famosi giovani attivisti come Joshua Wong e Agnes Chow, riuscì a costringere il governo di Hong Kong a rinunciare alla sua legge sull’educazione morale e nazionale obbligatoria, nel 2020, dopo l’approvazione della NSL, il governo raddoppia, reprimendo la libertà accademica e la libertà di parola negli spazi scolastici. Alle scuole è ora richiesto di insegnare agli studenti l’importanza di rispettare la NSL senza protestare. Inoltre, il governo ha raccomandato agli editori di libri di testo di omettere informazioni e immagini sul massacro di Tienanmen, sulla disobbedienza civile e sul Movimento degli Ombrelli, censurando così in pratica questi importanti eventi e argomenti. Mentre le proteste pacifiche a scuola erano frequenti nel 2019, sotto la NSL agli studenti non è più consentito cantare canzoni di protesta o mostrare slogan di protesta. Uno studente di scuola secondaria è stato sospeso perché aveva un banner di protesta come immagine del suo profilo su Microsoft Teams, perché la scuola ha ritenuto quell’immagine come sediziosa, sotto la NSL.

Se gli studenti si preoccupano di poter essere sanzionati dalle loro scuole e dai loro professori per le loro opinioni e idee politiche, anche i docenti sono preoccupati per eventuali denunce da parte di genitori, studenti e amministratori scolastici pro-Pechino. All’inizio del 2021, il governo di Hong Kong ha diffuso una nota a tutte le amministrazioni scolastiche: oltre a richiedere alle scuole di fare in modo che gli studenti non partecipassero a nessuna attività politica, la nota chiedeva loro anche di monitorare i comportamenti del corpo docente e i loro materiali pedagogici. Un docente ha perso la propria autorizzazione all’insegnamento per aver chiesto agli studenti di riflettere su questioni riguardanti la libertà di parola e l’indipendenza. Secondo le linee guida del governo, i docenti dovrebbero rispondere “Non lo so” ogni volta che uno studente fa una domanda politica. La NSL ha trasformato le aule da spazi di apprendimento a spazi pieni di paura e sfiducia reciproca tra insegnanti e docenti.

Nel campo dell’educazione superiore, Hong Kong è scesa da C a D nell’Academic Freedom Index del 2021, poiché alcuni professori sono stati accusati in base alla NSL, mentre ad altri è stato negato l’incarico a causa del loro attivismo e delle loro opinioni politiche. Anche gli studenti dei college e le organizzazioni studentesche non sono al sicuro nei campus universitari. Alla fine del 2020 vari studenti dell’Università di Hong Kong sono stati arrestati dalla polizia di sicurezza nazionale per aver declamato slogan di protesta durante la cerimonia di laurea. Pochi mesi dopo, il consiglio del sindacato degli studenti della stessa università, appena eletto, è stato privato dei fondi perché l’amministrazione universitaria lo ha paragonato a “comportamenti che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale”.

Riforma elettorale

Il 30 marzo 2021, Pechino ha varato una revisione drastica del sistema elettorale di Hong Kong che darebbe ai lealisti pro-Pechino un vantaggio incolmabile nella selezione dei legislatori e del Capo dell’esecutivo della Regione Amministrativa Speciale. La riforma altererà drasticamente la composizione del Consiglio Legislativo. Con la nuova struttura, gli elettori eleggeranno solo il 22%, e non più il 50%, dei legislatori. Il resto dei seggi verrà assegnato a persone che sono selezionate da un comitato pro-Pechino e da gruppi d’affari con interessi speciali. La nuova riforma sancisce anche chi può presentarsi alle elezioni locali: i candidati potenziali verranno esaminati dalla polizia di sicurezza nazionale e solo quelli che sono considerati “patrioti” e leali a Pechino potranno candidarsi.

Le notizie sulle nuove regole elettorali sono arrivate poco dopo che il governo di Hong Kong ha accusato di eversione 47 attivisti e politici pro-democrazia, per aver partecipato l’anno scorso a elezioni primarie democratiche non ufficiali. Sotto la NSL, che è stata implementata per soffocare le proteste, tutti i 47 accusati rischiano l’ergastolo se condannati. Come ha affermato il titolo del Washington Post di quel giorno: “Con le nuove detenzioni di massa, tutti gli attivisti più in vista di Hong Kong sono in prigione o in esilio”. Assieme agli arresti e alla repressione da parte del governo sugli attivisti politici e sui dissidenti, questa riforma elettorale probabilmente produrrà un corpo legislativo e un governo che non ospiteranno voci di dissenso.

Conclusioni: sostenere il lungo arco della Resistenza

Anche se i governi di Pechino e Hong Kong hanno efficacemente armato la sicurezza nazionale per schiacciare il dissenso e sopprimere le libertà politiche, la rivolta del 2019 non dovrebbe essere considerata un fallimento. Il movimento ha ispirato gli abitanti di Hong Kong di differenti gruppi sociali a riflettere e a lavorare verso un futuro politico più democratico. Le grandi manifestazioni e assemblee non sono più consentite sotto la NSL, ma molti attivisti hanno deciso di dedicarsi maggiormente all’organizzazione di comunità e di sindacati sui luoghi di lavoro, per ampliare lo spirito della resistenza. A livello internazionale, le tattiche di protesta usate dagli abitanti di Hong Kong nel 2019 hanno ispirato attivisti di base in paesi come la Tailandia, la Bielorussia e gli Stati Uniti. Gli abitanti di Hong Kong non sono soli nella lunga lotta contro l’autoritarismo e per affermare il diritto alla autodeterminazione.

Traduzione di Mimmo Perrotta.

Articolo pubblicato su Gli Asini, Agosto-Settembre 90-91 2021.

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