Prefazione

Nei circoli accademici si è parlato molto del cosiddetto “Modello Cina” (Zhongguo moshi 中国模式), nonché del “Modello di Hong Kong”. Il “consenso di Pechino”, meglio noto nella sua forma inglese Beijing consensus e identificato anche come “Modello cinese (di sviluppo)”, è stato definito dal politologo Barry Naughton come un ossimoro, data l’importanza di capire “l’unicità delle condizioni di partenza della Cina”.1)Barry Naughton, “China’s Distinctive System: Can it be a Model for Others?”, Journal of Contemporary China, 19, 65, 2010, 437-460 (p. 438). Secondo Naughton, solo decostruendo il “modello” nelle caratteristiche e circostanze situazionali fondamentali alla base del sistema cinese, si può comprendere appieno il carattere distintivo della Cina, ovvero l’essere un sistema politico autoritario evolutosi nel periodo post-maoista in concomitanza con lo sviluppo di un’economia di mercato. In aggiunta a questo dibattito, il politologo Scott Kennedy ha negato l’assioma secondo cui il “Beijing consensus” e il “Modello Cina” siano una ricetta di successo, argomentando che la loro importanza non dovrebbe essere sovrastimata. Ciò nonostante, Kennedy vede il “modello” come “uno strumento di paragone utile ad analizzare l’evoluzione dei paradigmi di sviluppo, fare comparazioni tra esperienze diverse e valutare il suo significato per le prospettive di sviluppo di altri Paesi e nelle relazioni internazionali”.2)Scott Kennedy, “The Myth of the Beijing Consensus”, Journal of Contemporary China, 19, 65, 2010,461-477.

Il discorso relativo al “Modello Hong Kong” appare più lineare poiché si riferisce al principio “un Paese, due Sistemi” che identifica il sistema politico della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (HKSAR) affermatosi dopo il primo luglio 1997, data del passaggio o “ritorno” alla madrepatria (Repubblica Popolare Cinese, RPC).3)Byron S. J. Weng, “The Hong Kong Model of ‘One Country, Two Systems’: Promises and Problems”, Asian Affairs, 14, 4, 1987, 193-209. Cfr. gli altri articoli pubblicati nel Simposio 1987: Riunificazione della Cina: Problemi ed Ostacoli (“1987 Symposium: China’s Reunification: Problems and Obstacles”). Negli ultimi sette anni, ovvero a partire dalla “rivoluzione degli ombrelli” che ebbe luogo tra il 28 settembre e il 15 dicembre 2014, si è comunque dimostrata la fallacia dei presupposti sui quali il “modello” dovrebbe basarsi. È infatti emerso uno spirito antagonista nei riguardi della Dichiarazione congiunta sino-britannica sulla questione di Hong Kong (1984) e della Legge Fondamentale della HKSAR (1990), a cui si sommano rilevanti problemi relativi alla identità di Hong Kong.

Questo articolo si propone di offrire una prospettiva alternativa a quella propugnata dai modelli sopramenzionati: in continuità con il mio impegno a sviluppare concetti quali “storia dal basso” e “sostenibilità dal basso”, nonché con la ricerca di “percorsi alternativi tesi alla prosperità socio-ecologica” (e non solo economica), il presente studio si focalizza sul “modello urbano cinese di Hong Kong”. Questo contributo è parte di un più ampio progetto di ricerca sulla urban governance nella Hong Kong coloniale-globale, che si basa, appunto, su un approccio orizzontale e “dal basso” in contrapposizione a uno verticale e gerarchico (“dall’alto al basso”). La ricerca intende contribuire al dibattito accademico sulle politiche socio-spaziali di riqualificazione territoriale e dislocamento a Hong Kong, prestando particolare attenzione all’accelerazione di processi e pratiche collegati a ciò che definisco come logiche urbanistiche di “disciplina, sanificazione e normazione” che hanno preso piede a seguito del trasferimento della sovranità di Hong Kong alla RPC il primo luglio del 1997. Questa logica urbanistica è propriamente definita “modello urbano cinese di Hong Kong”.

Il progetto analizza da un punto di vista critico l’ideologia dominante relativa alla prosperità economica – definita da Wing-Shing Tang “egemonia con ricostruzione alienante” –,4)Wing-Shing Tang, Joanna Wai Ying Lee, Mee Kam Ng, “Public Engagement as a Tool of Hegemony; The Case of Designing the New central Harbourfront  in Hong Kong”, Critical Sociology, 38, 1, 2011, 89-106. Wing-Shing Tang, “Beyond Gentrification: Hegemonic Redevelopment in Hong Kong” International Journal of Urban and Regional Research, 41, 3, 2017, 487-499. da una parte attraverso lo studio dell’impatto che la ricostruzione urbana disciplinata dall’alto ha sulla vita quotidiana dei residenti e, dall’altra, l’analisi delle forme di resistenza emerse contro le politiche di pianificazione urbana e le relative pratiche, che hanno portato a una trasformazione sia fisica che socio-economica delle strutture abitative e di vendita e, in ultima analisi, hanno intaccato le pratiche di vita quotidiana a Hong Kong. Il focus principale è la progressiva rimozione dei mercati di strada per fare spazio ad alti edifici ultramoderni e di lusso che si conformano al nesso visione politica/politiche concrete del governo cinese, dominato dalla logica di una implementazione cieca dei discorsi dello Stato sull’igiene, modernità e urbanismo disciplinato sulla spazio-temporalità concreta del vivere quotidiano. La logica urbanistica si incarna nella trasformazione dei mercati di prodotti alimentari di Hong Kong che sono (o meglio, erano) tradizionalmente al centro delle pratiche di vita dei cittadini. I mercati di strada si offrono come uno spaccato unico per investigare sia i discorsi politici relativi all’urbano sia i processi di negoziazione tra strategie verticali di riqualifica etattiche orizzontali di resistenza urbana.5)Henri Lefebvre, La révolution urbaine (Paris: Gallimard, 1970) [English Trans. Minnesota U.P., 2003]. “L’urbano”, per Lefebvre, include l’ambiente costruito, il fenomeno urbano, lo spazio e il paesaggio urbani, la pratica urbana e infine l’ideologia urbana. In questo articolo, il termine “urbano” è così inteso per indicare “qualcosa di più della città”, e la complessità del campo di investigazione in relazione a ciò che qui è definito “il modello urbano cinese di Hong Kong”. Essi sono il barometro per misurare equità, sviluppo economico e socialità collettiva, e altri indicatori quali sostenibilità, patrimonio vivente, prosperità socio-ecologica e coesione della comunità.6)Robert J. Shepherd, When Culture Goes to Market: Space, Place, and Identity in an Urban Marketplace (New York: Peter Lang, 2009); Joel Stillerman, “The Politics of Space and Culture in Santiago, Chile’s Street Markets”, Qualitative Sociology 29, 4, 2006, 507–30; Sophie Watson and Karen Wells, “Spaces of Nostalgia: The Hollowing Out of a London Market”, Journal of Social and Cultural Geography, 6, 1, 2005, 7–30; Maurizio Marinelli, “From Street Hawkers to Public Markets: Modernity and Sanitisation Made in Hong Kong”, in Yves Cabannes, Michael Douglass, Rita Padawangi (a cura di), Cities in Asia by and for the People (Amsterdam: Amsterdam University Press, 2018), 229-257. I mercati di Hong Kong incarnano il senso della resistenza e poiché contribuiscono al capitale sociale – essendo spazi di produzione dello stesso – essi sono diventati luoghi di conflitto e compromesso, vibrante espressione dell’identità collettiva.

Oltre la facciata verticale: divisioni sociali ad Hong Kong

Fig. 1: Event Horizon di Anthony Gormley, 2016.

Il 26 marzo 2017 la candidata appoggiata da Pechino ed ex-Primo Segretario, Carrie Lam Cheng Yuet-ngor, è stata “eletta” capo esecutivo di Hong Kong. In assenza di suffragio universale, questa “elezione” non è il prodotto del voto dei 7,3 milioni di abitanti della SAR, bensì il frutto di un complesso meccanismo dove si presuppone che i 1.194 membri del “comitato elettivo” raccolgano rappresentanti appartenenti a quattro settori: 1) le professioni, 2) l’imprenditoria, 3) i gruppi religiosi, sociali e sindacali, 4) politici e amministrazione locale. Il governo di Carrie Lam si è insediato il primo luglio 2017dopo l’uscita di scena del suo predecessore Leung Chun-ying, figura alquanto impopolare, che ha governato per un solo mandato (2012-17). La data racchiude una forte carica simbolica in quanto marca il ventesimo anniversario della restituzione di Hong Kongall’“abbraccio della madrepatria” (i.e. “il ritorno della sovranità cinese”) dopo 150 anni di dominio coloniale britannico. Stando alla nota del portavoce del ministro degli Esteri Lu Kang, il ventesimo anniversario ha segnato la fine di ogni significato possibilmente attribuibile alla Dichiarazione congiunta sino-britannica.7)Cora Chan, Albert H. Y. Chen, “Yash Ghai and the Constitutional Experiment of ‘One Country, Two Systems’ in Hong Kong”, University of Hong Kong Faculty of Law Research Paper No. 2020/022.

Nel suo discorso di insediamento, la prima capo esecutivo donna di Hong Kong ha promesso di porre rimedio all’ampia forbice sociale e ha enfatizzato come “Hong Kong, la nostra terra, stia soffrendo a causa di tensioni serie e abbia accumulato molte frustrazioni. Le mie priorità saranno quelle di alleviare il divario socio-economico e alleggerire il senso di frustrazione, unificando così la nostra società per andare avanti.”8)Ng Kang-Chung, “Carrie Lam Pledges to Heal Hong Kong’s divide”, South China Morning Post, 26 marzo 2017. Il nuovo Capo Esecutivo non menziona il suffragio universale, uno degli elementi chiave del Movimento degli Ombrelli (2014), ma aggiunge: “Desidero anch’io più democrazia a Hong Kong, ma Hong Kong sta affrontando diversi problemi. Perché non iniziamo invece da quelli più semplici?”9)Ng Kang-Chung, “Carrie Lam Pledges to Heal Hong Kong’s divide”.

Il divario socio-economico è la caratteristica più evidente del modello di urbanismo disciplinato di Hong Kong, ed è certamente uno di quei problemi storici della SAR che le impediscono di “procedere” come una società unita. È opportuno evidenziare che questa non è di certo una delle “questioni più semplici”, soprattutto se analizzata in ottica bottom-up (dal basso verso l’alto), dove si cerca di problematizzare l’apparenza della prosperità economica e di cercare vie alternative per una prosperità socio-ecologica sostenibile. Spostando il focus verso il livello orizzontale, in questo studio si sostiene che l’analisi della trasformazione dei mercati di strada possa offrire alcuni approfondimenti significativi in merito alle ramificazioni del divario socio-economico e spaziale.

La storia di Hong Kong coloniale-globale è caratterizzata da una forte disuguaglianza. Il paesaggio urbano di Hong Kong è emblema della logica egemonica della “città per il profitto” che reprime quella della “città per le persone”.10)Neil Brenner, Peter Marcuse, and Margit Mayer, “Cities for people, not for profit”, City, 13, 2-3, 2009, 173-181. Cfr. l’intera Edizione Speciale. L’ideologia dominante del benessere economico si incarna nella costruzione urbana ed è regolata dalle politiche socio-spaziali di riqualificazione del territorio e di dislocamento. Questi due fattori hanno progressivamente creato una sorta di paralisi sociale.

A livello macro-economico, la paralisi si manifesta chiaramente nella disomogenea distribuzione della ricchezza: il coefficiente GINI (un metro di analisi della disparità economica – e quindi della disuguaglianza socio-economica – basato sugli introiti per nucleo familiare),11)Stephen W.K. Chiu, “Testing the Global City-Social Polarisation Thesis: Hong Kong since the 1990s”, Urban Studies, 41, 10, 2004, 1863-1888; Ray Forrest, Adrienne La Grange, Ngai-ming Yip, “Hong Kong as a Global City? Social Distance and Spatial Differentiation”, Urban Studies, 41, 1, 2004, 207-227. è arrivato a Hong Kong a 0,539 (su scala 0:1 dove 1 indica disuguaglianza assoluta). Questo dato è il più alto tra quelli registrati negli ultimi quarant’anni, e il più alto in assoluto tra le economie sviluppate.12)Gini Coefficient by Country 2021 (worldpopulationreview.com) Accesso 7 aprile 2021.

Durante “l’autunno caldo” del 2014, quando grazie ai media i riflettori erano puntati sulle strade della penisola attraversate dal movimento di occupazione pacifica di Hong Kong, il fatto che esso non riguardasse solo il suffragio universale sembra sia passato quasi totalmente inosservato. Negli ultimi anni con l’aumento delle disuguaglianze salariali, la qualità di vita è peggiorata: l’1% della popolazione continua ad arricchirsi, mentre 1,3 milioni di persone (il 20% della popolazione) vive sotto la soglia di povertà.

A livello locale, la paralisi emerge in modo ancor più evidente dallo studio dei “progetti di rinnovamento urbano”, come quelli eseguiti nei mercati di strada. In questo articolo ci si concentra sul mercato più antico di Hong Kong, Graham Street Market (嘉咸街市集), per far luce sulla paralisi esistente e sui processi di urbanismo disciplinato che caratterizzano il “modello urbano cinese di Hong Kong”. L’Autorità per la Riqualificazione Urbana (“Urban Renewal Authority”, URA) è l’istituzione fondata nel 2001 dal governo di Hong Kong per promuovere e realizzare la ricostruzione. A partire dal 2007, il termine “progetto” è usato per indicare la trasformazione (o meglio, distruzione) dell’originale mercato in Graham Street. L’URA giustifica così il piano: “Gli ambienti abitativi e costruiti verranno migliorati per facilitare la rigenerazione della vivacità del quartiere e al tempo stesso, preservare l’identità del luogo”.13)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx

Nonostante la premessa, la ristrutturazione del quartiere non va necessariamente a favore degli abitanti, dei venditori dei chioschi nel mercato o dei lavoratori dei negozi: la maggior parte di essi, infatti, fu invitata ad accettare un risarcimento e traslocare durante il processo di riqualifica, cosa che si è poi verificata. Questo fenomeno giustifica l’uso del termine “paralisi sociale”, qui indagato non nella “Hong Kong verticale” bensì nella sua orizzontalità: il cambiamento radicale dell’identità dei mercati di strada ci permette di carpire gli effetti della logica urbanistica disciplinata in un luogo come Hong Kong che è caratterizzato da una profonda dicotomia urbana “tra splendore e ruggine”.

Mercati di strada e identità comunitaria ad Hong Kong

Nel suo studio The New Urban Question, Merrifield spiega la necessità di riprendere e riformulare il concetto di “diritto alla città” di Henri Lefebvre. Egli propone che le politiche dell’incontro intercettino “la dialettica tra esseri viventi e struttura storica del mondo”;14)Andy Merrifield, “The Right to the City and Beyond. Notes on a Lefebvrian Re-conceptualization”, City, 15, 3-4, 2010, 473-481. insiste inoltre sul fatto che l’incontro avviene sempre in un “luogo di condivisione spaziale”:15)Merrifield, “The Right to the City and Beyond”475. “È sempre un luogo di incontro non autorizzato tra legami umani e solidarietà, una topografia virtuale, emozionale e materiale dove qualcosa prende piede, disgrega e interviene nel parallelismo, nella paralisi.”16)Merrifield, “The Right to the City and Beyond”, 475. Partendo da queste considerazioni, i mercati di strada possono essere visti come paesaggi urbani temporali dove il diritto alla città e le politiche dell’incontro si fondono, trovano rinnovati modi di articolazione e rinegoziano la loro validità. I mercati di strada offrono la possibilità non solo di rivelare, ma anche mettere in discussione la paralisi determinata dal divario sociale. Infine, potrebbero anche indicare nuovi sentieri verso la prosperità attraverso esperienze in cuile persone non “creano il luogo” bensì lo “plasmano”. Attraverso le interazioni e gli scambi umani diretti (faccia-a-faccia), un mercato di strada può essere una piattaforma per testare metodi di coesione in una comunità residenziale, dove vi è una possibile condivisione di un senso comune di appartenenza basato su aspetti connettivi condivisi quali, ad esempio, la prossimità geografica dettata dal vivere nello stesso quartiere, interessi comuni, esperienze condivise, e magari caratteristiche socio-demografiche simili o legami emotivi.

La geografia psicologica dei mercati di strada origina da una rete di relazioni incontri, offrendo terreno fertile allo studio delle narrazioni relative al come e perché le persone stanno insieme come esseri umani, e come e perché attività, abitudini e strategie comuni avvengano e si sostengano spazialmente, nel cosiddetto luogo di incontro spaziale. Rifacendosi al lavoro di Merrifield, lo studio sostiene che a Hong Kong sono soprattuttoi mercati di strada che possono essere visti come incarnazione di questi luoghi di incontro socio-spaziale che ci permettono, stando l’uno accanto all’altro, di “sperimentare con la realtà”, la realtà di incontri multipli e pluralistici all’interno della società urbana.17)Merrifield, “The Right to the City and Beyond”. Nel microcosmo del mercato di strada lo spazio nella sua forma mercificata e il valore sociale del luogo si uniscono, implodono e assumono nuova forma non solo grazie alla specificità politico-economica del mercato ma anche grazie alla sua atmosfera emozionale vivibile in diverse ore del giorno e della notte. Riprendendo la terminologia di Merrifield, si può descrivere il mercato di strada come “un mosaico di strepitose complessità” con risonanti “nodi di intensità”. Merrifield afferma che “l’urbano non ha altro fine né realtà all’infuori di quella umana, dello scambio e dell’unione, della prossimità e del cingersi umano, dell’incontro e dell’intensità”.18)A. Merrifield, ‘Whither Urban Studies?’ | cities@manchester (wordpress.com). Queste sono tutte caratteristiche intrinseche ai mercati di strada, i quali misurano il cambiamento sociale e il benessere. La sociologa urbana Sophie Watson nella sua ricerca relativa ai mercati di strada del Regno Unito, enfatizza come il luogo del mercato rappresenti “uno spazio pubblico e sociale significante per diversi gruppi a livello locale, sia come sito di incontri sociali vivaci che per l’inclusione sociale e la cura degli altri, per interagire con tolleranza e mediare le differenze.”19)Sophie Watson, ‘The Magic of the Marketplace: Sociality in a Neglected Public Space”, Urban Studies, 46, 2009, 1577-1591. L’immaginario evocato dall’interazione tollerante (lett. “strofinarsi”, essere a stretto contatto), ben si presta a essere applicato ai mercati di strada di Hong Kong dove vicoli stretti con file di bancarelle su entrambi i lati aumentano la qualità multi-sensoriale e di coinvolgimento, in contrapposizione a quei non-luoghi sanificati e disciplinati quali sono i centri commerciali.20)Marc Augé, Non-Lieux, Introduction à une anthropologie de la surmodernité (Paris:Le Seuil, 1992). Sulle politiche dell’incontro, Merrifield conclude efficacemente che “la nozione dell’incontro, dopotutto, è una narrativa che guarda a come le persone si relazionano come esseri umani, perché si formano collettività e come la solidarietà in qualche modo prenda piede, si formi e si strutturi.”21)Merrifield, “The Right to the city”, 473. Le sfide della progressiva sanificazione e normatività imposte ai mercati di strada hanno ripercussioni significative sulla prosperità socio-ecologica di Hong Kong. Il rischio è il venir meno delle esperienze e delle loro identità locali nella collettività. L’urbanismo disciplinato può portare alla morte del locale.

Fig. 2. Sam in “Uovo Locale” (Foto dell’autore dal poster).

Nel film distopico Ten Years (Dieci Anni), il quinto e ultimo segmento intitolato Uovo Locale (titolo originale: Boondehdan o Bendidan in cinese mandarino) diretto da Ng Ka-leung, attraverso la sua satira incentrata sulla (s)correttezza politica di Sam (l’attore Liu Kai-chi), offre significativi spunti di riflessione. Dopo il passaggio da venditore ambulante a proprietario di un piccolo negozio di alimentari, Sam vende le ultime “uova locali” prodotte nella penisola (Fig. 2). È interessante notare come il segmento inizi con la notizia che nel 2025 non ci saranno più prodotti da pollame “locale”. Il venditore Sam etichetta le sue uova come “locali”, e per questo riceve le critiche di alcuni bambini in tenuta da Guardie Rosse che si comportano come una polizia segreta. Maggie Lee evidenzia come il film sia un tributo al “manifesto di Haruki Murakami riguardante l’uovo che si infrange contro le mura, metafora dello scontro tra individuo e società”.22)Maggie Lee, “Film Review of Ten Years”, 19 aprile 2016. Il film fa eco anche alle proteste del 2012 “contro la proposta di inserire ‘l’educazione morale e nazionale’ nelle scuole”, e ricorda inoltre “la misteriosa ‘sparizione’ di cinque librai nel 2015 per la vendita di libri scandalistici sulla classa dirigente (della Cina continentale)”.23)Maggie Lee, “Film Review of Ten Years”.

Ai fini di questa ricerca, è interessante il fatto che Sam può essere visto come l’epitome del venditore nel mercato di strada, colui che sta cercando di preservare la dimensione “locale” del suo operato, essendo essa una parte fondamentale della sua identità e la fonte della sua prosperità e benessere. Il problema sorge dal fatto che nel passato prossimo e nel futuro anteriore del paesaggio temporale di Hong Kong proiettata nel 2025, la parola “locale” sia diventata un tabù. Sam non può dichiarare l’identità “locale” delle uova del suo negozio: questa impossibilità assume un tono elegiaco per la sparizione dell’identità locale di Hong Kong. Ten Years si chiude con una citazione biblica dal Libro dei Giudici (16:28-30), dove Sansone, ormai cieco e umiliato, insegna con il sacrificio della vita che “non è mai troppo tardi per volgere lo sguardo a Dio”. La citazione finale dialoga con la situazione paradossale che è esplicitamente rappresentata in questi cinque pseudo-documentari. Potrebbe non essere “troppo tardi” nonostante l’apparenza. Infatti, si contro-argomenta che “non è mai troppo tardi” per salvare le radici storiche e culturali di Hong Kong.

Intervistato nell’ottobre 2016 alla presentazione del film al London Film Festival, il regista Jevons Au (che ha diretto il segmento intitolato “Dialetto” riguardante la sparizione del cantonese sotto il peso dell’egemonia linguistica colonizzatrice del cinese mandarino), insiste sulla fiera presa di posizione dei cinque registi che condividono l’idea secondo cui Hong Kong abbia subìto drammatici cambiamenti a partire dal 1997. Una progressiva e inesorabile cancellazione della storia della penisola così come un accelerato declino dei comuni valori cardine, hanno portato a una esasperazione della violenza e dell’odio. Au menziona i disordini civili e la violenza al mercato di strada di Mong Kong (8 febbraio 2016), durante il capodanno cinese, che furono classificati dal governo locale come “sommossa” (旺角暴動), mentre i media scelsero l’espressione “Rivoluzione delle Fishballs” (N.d.T. “palline di pesce finemente tritato e unito ad altri ingredienti, servite nei mercati asiatici e del Sud-Est asiatico”). Durante l’intervista, Au discute di come i recenti cambiamenti drammatici siano fortemente interrelati alla perdita di un senso di appartenenza, di una identità collettiva in fieri e di un senso del luogo che è al tempo stesso fisico, storico, socio-economico e in ultima analisi, politico. Au continua spiegando come Ten Years sia stato soprannominato “Quest’anno” (gam nin in cantonese), dato che la rappresentazione socio-politica apparentemente distopica del paesaggio urbano di Hong Kong riflessa nei cinque segmenti è molto più attuale e verosimile che non la sua proiezione in un ipotetico anno 2025. Au insiste sulla responsabilità intellettuale derivata dal riconoscere che i cittadini di Hong Kong “non possono rinunciare alla loro casa, alla loro famiglia, ai loro amici e figli, e alla loro comunità”.24)Intervista personale, 8 ottobre 2016.

Dal punto di vista temporale, questa ricerca si posiziona all’interno del quadro di drammatici cambiamenti avvenuti ad Hong Kong dal 1997: i mercati di strada si impongono come luoghi distintivi che ci permettono di esplorare non solo specifici modi di affermare un senso di appartenenza, ma anche i rischi di una progressiva perdita di quella stessa identità collettiva. I prossimi tre paragrafi si concentreranno su uno dei più importanti mercati storici di Hong Kong per far luce su questi temi.

Il Graham Street Market nel contesto di sviluppo dei luoghi di mercato

Considerando che i venditori ambulanti e i mercati di strada sono storicamente parte di un più ampio sistema socio-economico, politico e culturale, questo caso studio si concentra su storie di sopravvivenza, resistenza e metamorfosi del “vibrante passato ancora vivente” del mercato di Graham Street (Figg. 3, 4). Con i suoi centocinquanta anni di storia, questo vecchio mercato è un eloquente esempio di patrimonio vivente minacciato negli ultimi vent’anni circa dalla logica neoliberale in stile coloniale-globale della penisola, basata sulla riqualificazione del territorio e sul modello di urbanismo normativo.

Fig. 3. Graham Street Market (嘉咸街市集 pronunciato Gayanggai in cantonese).

Storicamente, il lavoro di venditore ambulante ricopriva il gradino più basso della scala economica a Hong Kong ed era svolto dai nuovi arrivati dalla Cina continentale: negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento vi fu un notevole aumento del numero di venditori, da circa 13.000 a più di 70.000. Dagli anni Settanta e ancor più a partire dal 1989, il governo coloniale si attivò per disciplinare lo spazio pubblico: nel 1973 bloccò l’autorizzazione a nuove licenze per gli ambulanti e successivamente negli anni Ottanta, mosso da necessità di “progresso e salute pubblica”, trasformò i mercati di strada in mercati pubblici. Nonostante il danno tutt’altro che secondario legato all’annichilimento del patrimonio vivente, il risultato è stato lo sviluppo di spazi urbani ritenuti “moderni, più civilizzati e igienici”. Si definisce qui “patrimonio vivente” l’insieme di attività sociali e pratiche culturali informali che caratterizzano la vita quotidiana e la coesistenza in un luogo specifico, partendo dall’enfasi sulla interconnessione tra patrimonio vivente e pratiche socio-culturali in continua evoluzione, espressa da Lenzerini.25)Federico Lenzerini, “Intangible Cultural Heritage: The Living Culture of the Peoples”, The European Journal of International Law, 32, 2011, 101-120. Questa definizione differisce perciò dal quadro concettuale UNESCO dove il patrimonio vivente è parte del patrimonio culturale intangibile (IHC), e si riferisce cioè al patrimonio immateriale delle singole culture. Superando la dicotomia della definizione cartesiana proposta dall’UNESCO, si vuole quindi ribadire come gli abitanti abbiano un ruolo nel plasmare e praticare il patrimonio culturale. In questo modo, esso diviene fortemente materiale, includendo le relazioni sociali e le pratiche culturali nella loro corporalità che acquistano significato grazie alla coesistenza delle loro collettività nel mercato di strada. In opposizione ai centri commerciali o ai negozi di beni di lusso, i mercati di strada sono qui definiti come un esempio perfetto di patrimonio vivente: mantenerli vivi e dinamici è la condizione fondamentale per continuare ad aggregare i più disparati gruppi sociali, etnici e generazionali, e incarnare così un senso di unità sociale a partire dai residenti della comunità.

Il governo coloniale di Hong Kong rase al suolo gli insediamenti abusivi per fare spazio alla popolazione in aumento già dagli anni 1920-30, ovviando quindi alla pressione sullo sviluppo del territorio. Inoltre, dopo numerosi ritardi e proprio in conseguenza dell’incendio della baraccopoli di Shek Kip Mei (石硤尾大火) il 25 dicembre 1953, che lasciò senza tetto 53.000 immigrati dalla Cina continentale, dal 1954 istituì un programma di edilizia pubblica.26)Laura Madokoro, Elusive Refuge (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2016), 48. Al fine di “rinnovare” la vecchia struttura urbana, nel 1988 fu creata la Corporazione per lo Sviluppo del Territorio (Land Development Corporation, LDC) come ente ufficiale del governo, sostituita nel 2001 dall’URA. Entrambi questi organi sono stati accusati di essere “ladri di terreno” che “sfregiano e bruciano” i vecchi quartieri.27)Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production of Space in the Urban Renewal Process in Hong Kong and Taipei”, Planning Theory & Practice, 15, 1, 2014, 77-92. Il moto di riqualificazione e la rimozione di negozi locali e case popolari per fare spazio ad edifici “di lusso” da destinare al mercato immobiliare, hanno portato a crescenti movimenti di resistenza a livello di comunità, specialmente tra i più giovani che si sentono frustrati dal lento processo di democratizzazione e dalla sempre più veloce polarizzazione sociale visibile nella città.28)Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production of Space”.

Nel suo studio del 2001, Kinoshita pone al centro la domanda cruciale: “Quando muore un mercato di strada?”, e identifica cinque fasi: 1) apparizione degli ambulanti lungo una strada popolare; 2) formazione graduale di due file su entrambi i lati; 3) spostamento di molti venditori di carne fresca e pesce dalla strada ad edifici bassi dediti al mercato (tra gli anni Trenta e Settanta del Novecento); 4) costruzione di edifici temporanei per gli ambulanti; 5) “Dagli anni Ottanta, interi mercati di vendita al dettaglio sono stati trasferiti in edifici al chiuso, lasciando pochi ambulanti sulla strada.”29)Hikaru Kinoshita, ‘The Street Market as an Urban Facility in Hong Kong’. In Pu Miao (a cura di), Public Places in Asia Pacific Cities (Dordrecht, The Netherlands: Kluwer, 2001), 71-86. Tuttavia, è importante osservare come Graham Street Market passò dallo stadio due-tre alle fasi quattro e cinque solo nel 2007 con il “progetto di rinnovamento” avanzato dall’URA.

Fig. 4. Fotografia storica di Graham Street Market (foto riprodotta dall’autore).

La storia di Graham Street Market e l’approvazione del “progetto di rinnovamento”

 Peel Street è una parallela di Graham Street. Entrambe costruite negli anni Quaranta del XIX secolo, all’inizio dell’era coloniale, queste strade videro l’arrivo dei primi ambulanti nel 1841 quando il mercato divenne popolare col nome di “Middle Bazaar” (Fig. 4). A causa della segregazione razziale vigente all’epoca, ai cinesi era concesso vivere solo nella parte occidentale della città che allora era chiamata “Victoria”, la quale aveva come centro quello che è oggi noto come “Central” e si estendeva dalle attuali Kennedy Town, Shek Tong Tsui e Sai Ying Pun fino a Wan Chai.30)John Mark Carroll, A Concise History of Hong Kong (Lamham, MD: Rowman &Littlefield, 2007), 74-75. Come rilevato da Mee-Kam Ng, “la Chinatown dell’epoca situata ad ovest del CBD (Central Business District) pullulava di mercati di strada”; “l’area di Graham e Peel Street divenne uno dei primi luoghi di insediamento della comunità cinese, ed era anche centro di scambio per i mercanti parsi ed indiani.”31)Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production”, 83. Tuttavia, è significativo il fatto che le prime licenze furono formalmente concesse nel 1946 e l’ultima nel 1980, sebbene le direttive governative avessero bloccato le applicazioni per nuove licenze dal 1973.32)Questo dato è basato sugli annali del Dipartimento per l’Igiene di Cibo e Ambiente (Food and Environmental Hygiene Department, FEHD), consultati nel luglio 2016. Nel corso degli anni Ottanta e Novanta, i venditori ambulanti continuarono a lavorare parallelamente ai venditori al dettaglio del mercato interno e agli altri negozi più formali presenti nella zona. Solamente dopo il ritorno alla Cina, e precisamente nel febbraio 1999, LDC ha visto l’approvazione del Piano per lo schema di riqualificazione (“Development Scheme Plan”), che prevede la riqualifica totale dei tre isolati dove si trova Graham-Peel Street Market. Lo scopo è quello di “eliminare elementi di disturbo per l’ambiente, quali i venditori ambulanti”.33)LDC, 1998, paragrafo 3, citato in Ng, “Intellectuals and the Production”,  83. Mee-Kam Ng osserva che “similmente ad altri progetti di riqualifica portati avanti da LDC, lo scopo era di produrre più spazio per aumentare il valore di scambio”.34)Ng, “Intellectuals and the Production”,  80.

Fig. 5. Graham Street Market: ipotetica ricostruzione temporale 1841-2015.

Nel gergo URA si parla di “progetto”. Uno dei punti cruciali è stabilire se questo “progetto” riguarda un vivace mercato, una comunità dal “patrimonio vivente”, oppure un bassofondo che deve essere eliminato perché visto come una perdita collaterale al modello urbano cinese di Hong Kong basato su progresso e urbanismo disciplinato.

Nel 2007, l’URA dichiara l’area del Graham Street Market, dove operavano 823 commercianti e vivevano 1.120 persone (Fig. 5), un “bassofondo” e annuncia successivamente la sua progressiva eliminazione per riqualificare la zona situata “tra i distretti Centrale e Occidentale, delimitata da Peel Street, Graham Street, Gage Street, Wellington Street, Cochrane Street, Gutzlaff Street, Staveley Street e Kin Sau Lane”.35)vedi http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx L’area è stata ricostruita, sanificata, “modernizzata” e disciplinata sotto la supervisione dell’URA, apparentemente in accordo con la missione di “promuovere e implementare la ristrutturazione urbana ad Hong Kong”.[36]

Fig. 6. Mappa del 2008.

Nel gennaio 2008, SEE Network, il Comitato collettivo dei distretti Centrale e Occidentale (Central and Western Community Concern Groups, CWCCG, 中西區關注組), e l’Associazione per la conservazione del patrimonio (Conservancy Association Centre for Heritage, CACH), pubblicano e distribuiscono un opuscolo di dodici pagine dal titolo Graham Street Market: La nostra viva e vibrante storia (in inglese, Graham Street Market: Our Vital Living Past; cfr. Fig. 6).36)Da qui in Avanti, cfr. Mappa 2008 (Fig. 6). L’opuscolo è una poderosa e simbolica dichiarazione politico-civile velata dalla giocosa apparenza della mappa in stile cartoon. Al momento della pubblicazione, gli autori sostengono che il “progetto” URA è puramente teso al profitto e che avrebbe trasformato l’intera area tra Gage Street, Peel Street e le viuzze Gutzlaff e Staveley Streets in un cantiere polveroso per almeno dieci anni (l’URA aveva inizialmente stimato la fine dei lavori nel 2017).37)Peel Street prende il nome dal Primo Ministro inglese Sir Robert Peel (1788-1850). Il mercato preesistente sarebbe stato quindi progressivamente ma inesorabilmente eliminato. In effetti, nel luglio 2007 l’URA annuncia i suoi piani di demolizione dei tong lau (唐楼), gli edifici a due-quattro piani in Graham e Peel Streets e, de facto, la distruzione di Graham Street Market.38)Costruiti tra la fine del XVIII secolo e fino al 1964 per i cinesi residenti nella penisola, questi caseggiati erano pianificati sia per usi residenziali (piani superiori) che commerciali, soprattutto per la vendita di cibo (piano terra). Stando al conteggio URA, 37 edifici sarebbero stati interessati (360 proprietà e 78 negozi), per un totale di 823 persone. In un’area di 5.330 metri quadri, la riqualifica avrebbe permesso la trasformazione della superficie al suolo (ground floor area, GFA) da 20.219 metri quadri a 68.533 metri quadri, di cui 44.575 m² a uso commerciale e 293 nuovi appartamenti. Era prevista inoltre l’apertura di ampi spazi (2.060 m²), “una accentuata dorsale aperta a piazze e cortili”.

Lo scopo ultimo della riprogettazione di questo spazio urbano collettivo è quello di costruire un immenso complesso di lusso, inserendo una combinazione di quattro nuovi palazzi eleganti (Figg. 5, 7): due isolati residenziali con 293 appartamenti di lusso (sitiA e B); un hotel di ventisei piani e circa 8.919 metri quadri; un palazzo per uffici di trentadue piani e 37.161 metri quadri di spazio in vendita; un parcheggio sotterraneo (sito C). Tutto questo lusso è pianificato sulle macerie dei banchi del mercato. Nel rendering 3D del piano URA vi è inoltre un “Vecchio Mercato Rionale” (Old Market Street). Tuttavia, il fascino suggestivo suggerito dall’aggettivo “vecchio” si infrange su una attrazione turistica completamente rifatta ed artificiale, l’inquietante trionfo del falso dopo la distruzione del vecchio mercato autentico.

Il costo complessivo della riqualifica urbana in chiave di mercato è stato stimato nel 2007 nella controversa cifra di 487 milioni di HK$ (circa 52 milioni EUR),39)“URA commences Peel Street/Graham Street project”, Urban Renewal Authority, 19 luglio 2007. Mabel Sieh, “Hong Kong’s Heartbeat”, South China Morning Post, 21 settembre 2012. per snaturare o, per meglio dire, parafrasando Mabel Sieh, decretare la fine del cuore pulsante di uno dei più antichi quartieri della penisola nel nome del progresso, della modernità, dell’avanzamento e, in ultima analisi, del carattere disciplinante-prescrittivo dell’azione governativa nell’urbano.40)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. Accesso 10 settembre 2020.

Dopo numerose segnalazioni e contestazioni da parte di CWCCG, l’URA ha promesso una “riqualifica scaglionata” incentrata inizialmente sulle demolizioni nell’area del “Sito B” e, allo stesso tempo, sulla costruzione di un nuovo complesso a due piani come “nuovo mercato” ai fini della rilocazione dei negozianti colpiti dal progetto. L’URA ha ostentato la volontà di “creare sinergia con il mercato di strada già esistente”, impegnandosi solo in seguito a lavorare agli altri due siti (A e C).41)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. L’organo si è impegnato inoltre ad adottare “un approccio sensibile e sostenibile” per “migliorare l’ambiente abitativo-lavorativo, offrendo al contempo l’opportunità di mantenere le caratteristiche storico-culturali e la rete sociale del distretto.”42)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. Per fare ciò, l’URA ha argomentato che “oltre al progetto e alla pianificazione della riqualifica in generale, sarebbero state implementate misure intermedie per rafforzare la vivacità del mercato rionale quali la ricostruzione a fasi per la ricollocazione temporanea degli interessati dal Sito B ai Siti A e C e la concessione della rete elettrica agli ambulanti”.43)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx L’URA si è sapientemente appropriata sia del linguaggio che del discorso pubblico-politico dei suoi critici come strategia per invalidare e demolire le argomentazioni contrarie. Tuttavia, in quel momento, il riconoscimento della necessità di procedere per fasi e la promessa dell’URA sono state viste come un piccolo, seppur temporaneo, “successo”, specialmente se confrontato con il progetto originale di demolizione totale del mercato. L’impegno preso dall’URA andava di pari passo con la campagna “Hong Kong: la nostra casa” (“Hong Kong Our Home”), promossa dal governo, nella quale apparivano molti venditori ambulanti. Poco dopo è diventato però chiaro che il nuovo spazio chiuso promesso per il mercato avrebbe ospitato meno della metà dei commercianti, avendo disponibili infatti solo dieci spazi ad uso esclusivo dei venditori di alimenti freschi (e.g. frutta e verdura, carne e pesce). Un’altra questione riguardava la mensilità di affitto dopo i tre anni di blocco dei prezzi promesso dall’URA.44)Yannie Chan, “The Future of Graham Street Market”, 31 ottobre 2013.

In una intervista concessami nel marzo 2016, il direttore dell’URA, Michael Ma, alla domanda: “Il ‘progetto di riqualifica’ non rischia di distruggere un importante esempio di patrimonio vivente di Hong Kong?” ha risposto in modo apparentemente incoraggiante. Infatti, la sua interpretazione di “patrimonio” è stata la seguente: “Il patrimonio con il suo paesaggio urbano è una manifestazione dei valori culturali e sottoculturali di una comunità”.45)Incontro personale con URA, 20 marzo 2016. Tuttavia, Ma ha successivamente chiarito che mentre la storia coloniale di Hong Kong è stata “molto breve”, il periodo precoloniale ha avuto invece una durata di migliaia di anni”.46)Incontro personale con URA

Da qui sorge la domanda: “Cosa qualifica il patrimonio a Hong Kong? È cinese? Coloniale? Oppure è legato a una identità peculiare della penisola?” L’Amministratore dell’URA sostiene che la millenaria eredità cinese preesistente è stata spazzata via dal giogo coloniale britannico. Stando al caso studio, ovvero il patrimonio vivente di Graham Street Market, è chiaro invece come LDC abbia portato avanti il Piano di Sviluppo per ricostruire l’area col presunto scopo di “migliorare l’ambiente […] attraverso l’eliminazione di agenti di disturbo quali i venditori ambulanti […]”.47)Land Development Cooperation, Draft Land Development Cooperation Peel Street/Graham Street Development Scheme Plan No. S/H3/LDC4/1. Paragrafo 3, 1998. Il Consiglio per la Pianificazione Urbana approva il Piano nel 1999 senza però implementarlo. Dopo la metamorfosi di LDC in URA nel 2001, viene presentata una revisione del Piano generale di riqualifica che contiene il “progetto” dei quattro palazzi. L’approvazione da parte del Consiglio per la Pianificazione Urbana giunge nel maggio 2007.

Graham Street Market e le sfide al benessere sociale

 La ricostruzione di Graham Street Market è divenuta negli anni una delle più controverse progettazioni dell’URA, anche a causa del sito del progetto. Vista l’importanza strategica del Distretto Centrale, di cui il governo è pienamente cosciente, era impellente il bisogno di rendere più accessibile – in termini di connettività sia locale che globale – la sua parte più congestionata, dove si trova il mercato.

Il 28 luglio 2008, a seguito della riunione del Consiglio dell’URA, la conferenza stampa convocata per annunciare i dettagli pratici della “Ristrutturazione del Graham Street Market” vide l’allora presidente dell’URA, Barry Cheung Chun-yuen, proclamare con enfasi l’adozione di “misure tattiche” per mantenere intatto il secolare mercato ed esaltarne la vivacità”.48)http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. Accesso 10 settembre 2020. Si evidenzia ancora una volta come l’URA si appropri del linguaggio dei gruppi interessati della comunità. L’analisi del discorso pronunciato da Cheung mette in luce come si cerchi di distinguere tra “il progetto architettonico” e “l’area del mercato”. Cheung afferma che “il progetto” riguarderà e intaccherà solo un’area specifica da cui il mercato risulta estraneo: “Stando ai fatti, il mercato si trova fuori dal progetto riguardante Peel Street e Graham Street. Tuttavia, l’URA considera [il progetto] una opportunità unica per migliorare l’ambiente abitativo dei residenti che vivono in edifici fatiscenti, nonché per contribuire a salvare il mercato da un ulteriore ridimensionamento”.49)http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Accesso 10 settembre 2014. Corsivo dell’autore. Il paradosso è evidente in quanto chiunque ha familiarità con le dimensioni del mercato e con l’inserimento dei venditori ambulanti nel perimetro del “progetto” non può non percepire perlomeno la malafede intrinseca al conferire al progetto lo stesso nome con cui il mercato è conosciuto da decenni, ma anche la falsità nel sostenere che il mercato si trovasse fuori dall’area oggetto di riqualifica. Cheung insiste che le “misure tattiche” sarebbero state “dirette ad assicurare che gli affari potessero procedere come sempre nel mercato durante la realizzazione del progetto e prevenire una suo ulteriore contrazione dovuta al processo naturale di gentrificazione già in atto nella zona”.50)http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Corsivo dell’autore.

L’URA appare giustificarsi col fatto che ha provveduto a tracciare un “piano comprensivo per andare incontro a necessità e requisiti dei negozi e delle bancarelle attive nel mercato”. L’URA promette pertanto che “i lavori di costruzione verranno portati avanti a fasi per minimizzare gli inconvenienti agli operatori delle bancarelle e ai fruitori”, grazie alla propria capacità di ascoltare “le voci della comunità che chiedevano il mantenimento del mercato” quando il “progetto” era stato annunciato nel 2007.51)http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Corsivo dell’autore. Due fotografie scattate a distanza di dieci anni (2007-2017) mostrano un’altra realtà (Figg. 10, 11).

Fig. 7. “Progetto” di URA per il mercato in Graham Street nel 2007.

Katty Law, nata nel Distretto Centrale di Hong Kong e co-fondatrice di CWCCG insieme all’architetto e critico d’arte australiano John Batten, nel gennaio 2008 aveva già posto interrogativi sulla veridicità delle affermazioni fatte dall’URA rispetto al “progetto” di riqualificazione di Graham Street.52)Katty Law è “la figlia di un antiquario di Hollywood Road. È cresciuta in Caine Road negli anni Settanta, trascorrendo la sua intera vita nel Distretto Centrale”. Cfr. Christopher DeWolf, “Rethinking Urban Development in Hong Kong”, Muse, luglio 2010. Law contestava che le dichiarazioni dell’URA fossero deliberatamente “fuorvianti”, ovvero che l’URA non avesse intenzione di salvaguardare i bisogni e desideri dei venditori ambulanti e dei membri della comunità.53)Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”, South China Morning Post, 27 gennaio 2008. In aggiunta, Law poneva enfasi sul fatto che il progetto stava trascurando dei fattori importanti legati alla ricostruzione, che avrebbero impattato negativamente sulla vita degli ambulanti: la perdita di lavoro, la rimozione di trenta bancarelle di cibo, la demolizione di 37 edifici, nonché i pericoli legati alla sicurezza. Law lamentava inoltre che l’URA non fosse stata onesta e trasparente.

Sin dalla presentazione al pubblico del modello 3D del progetto, che vedeva i centri commerciali lungo la cosiddetta “Vecchia Via dei Negozi” (Old Shop Street) disposti solo su tre piani, mentre erano assenti le torri residenziali, i membri della comunità locale hanno chiesto ripetutamente all’URA di presentare un quadro completo e veritiero del piano di riqualifica. Alla richiesta di mostrare il modello presentato al Consiglio per la Pianificazione urbana, l’URA ha risposto che a causa di danneggiamenti il modello era stato spedito a Shenzhen per essere riparato. A quante pare, non fu mai restituito. La domanda di Law sorge quindi legittima: “Per quale motivo l’URA è così restia a mostrarci il vero quadro finale?”54)Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”. Questa parte trae spunto anche dalle interviste personali condotte con Katty Law nel 2017-17.

La mancanza di dialogo e consultazione con la sfera pubblica ha accentuato il senso di vulnerabilità e precarietà dei venditori, aumentando la paura per “ciò che accadrà realmente dopo la riqualifica”.55)Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”. Il nodo cruciale relativo al Mercato di Graham Street è la relazione tra spazio pubblico e interessi privati legati alla ricostruzione del Distretto Centrale di Hong Kong. Il discorso urbanistico che disciplina “cosa deve essere” in base al Piano generale è dominato dalla logica di aumento del valore di scambio, a detrimento degli interessi della comunità per il valore d’uso del luogo di mercato. Questa logica è fortemente connessa a ciò che Harvey definisce una “accumulazione grazie all’espropriazione” di risorse pubbliche.56)David Harvey, ‘The “New” Imperialism: Accumulation by Dispossession’, Socialist Register, 40, 2004, 63-87. Per Butler, il conseguente aggravarsi delle posizioni di instabilità è “una condizione di precarietà portata ai massimi livelli e indotta per via apolitica”.57)Judith Butler, Frames of War: When is Life Grievable? (New York: Verso, 2009), 25-26. Butler sottolinea come “l’aggressione fornisce ininterrottamente la materia per le battaglie etiche”; rifacendosi a Levinas, riconosce la possibilità che “per arrestare un frammento di precarietà della vita, si possa e si debba interferire sulle forme dominanti di rappresentazione”.58)Judith Butler, Precarious Life: The Powers of Mourning and Violence (New York: Verso, 2004), xviii. In tal senso, questa ricerca avanza l’ipotesi che lo svelamento della narrativa dominante sostenuta dall’URA negli anni 2007-08 abbia creato uno spazio per l’articolazione di opinioni critiche verso le pratiche di governo, accompagnato dall’emergere di una cultura civica collettiva. Nel 2007, l’attivista Chu Hoi-dick – già protagonista tenace della battaglia per preservare il traghetto “Star Ferry” e il “Molo della Regina” (Queen’s Pier) tra dicembre 2006 e aprile 2007 – critica il modus operandi caratterizzato dall’approccio “top-down” del governo. Chu afferma che l’attivismo per la preservazione del patrimonio di Hong Kong ha messo in luce la mancanza di pratiche democratiche: “Non nego che questo sia solo l’inizio di un nuovo movimento politico. È un movimento teso a rifondare l’identità della popolazione di Hong Kong, libera dal controllo sia degli inglesi che di Pechino.”59)Citato da James Pomfret, “Heritage Preservation Grips Hong Kong amid Building Boom”, Reuters, 9 settembre 2007. Si potrebbe sviluppare la discussione affermando che la battaglia per salvare il patrimonio vivente dei mercati di strada della penisola ha anticipato la “rivoluzione degli ombrelli” del 2014.

Il 7 agosto 2008, l’URA convocò una riunione del gruppo di lavoro nel Distretto Centrale. Un portavoce URA dichiarò: “Fin dal 2005 abbiamo ricercato le opinioni della comunità sulla pianificazione del progetto ‘Peel Street/Graham Street’. Anche se la bozza del Piano generale fu approvata nel maggio 2007 dal Consiglio per la Pianificazione urbana, l’URA dà grande importanza alla preservazione delle caratteristiche e peculiarità locali entro l’area di progetto di Peel Street/Graham Street e nelle sue vicinanze.”60)http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080804.aspx. Accesso 22 ottobre 2020. Uno dei risultati emersi dall’incontro è stata la formazione del Comitato consultivo di preservazione (Conservatory Advisory Panel), che includeva anche i rappresentanti dei venditori ambulanti e dei residenti, in aggiunta ai membri del Consiglio di Distretto. Lo scopo era quello di “risolvere questioni legate a elementi di conservazione concernenti la nostra area di progetto”.61)http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080804.aspx. Purtroppo le dichiarazioni programmatiche dell’URA si sono rivelate di pura facciata.

Figg. 8 e 9. Resa architettonica proposta da URA per la ‘Nuova’ ‘centenaria via del mercato’ ovvero il ‘nuovo’ Graham Street Market.

 

Durante le numerose interviste condotte negli anni, si è interloquito con venditori ambulanti, collettivi di interesse locale e funzionari governativi. Tra questi, Paul Zimmermann, CEO di Designing Hong Kong e politico locale, e l’architetto australiano John Batten hanno sottolineato che nella primavera del 2010, dopo meno di due anni dalla riunione del gruppo di lavoro (2008), il fondo immobiliare venne venduto a LINK, una compagnia gestionale creata nel 2008 e “fluttuante” nel mercato azionario. Secondo Batten, questa compagnia non è assolutamente impegnata sul tema della responsabilità aziendale nel sociale: “È una specie di cuscinetto per il Governo che in questo modo non si fa coinvolgere direttamente”.62)Intervista personale, 22 maggio 2012. Dietro il pretesto delle “ristrutturazioni”, LINK mette mano anche su parcheggi e spazi commerciali afferenti ai complessi residenziali che erano stati voluti dall’Autorità edilizia (“Housing Authority”). Tuttavia, “la motivazione finale della ristrutturazione è di generare ricavi più alti, in quanto al termine dei lavori, gli affitti aumenteranno”.63)Ibid. Batten affermava che questo è esattamente il processo in corso a Graham Street Market: “il Governo vuole massimizzare spazio pavimentato e ricavi. Da qui la preferenza per palazzi di lusso”.64)Intervista personale, 22 maggio 2012. In altre parole, si punta all’aumento del valore di scambio a scapito del valore d’uso. Osservando una serie di edifici in stile tong lau, Batten ha spiegato come essi verranno sostituiti da un hotel di lusso di ventisei piani. L’attivismo di Batten e Law scaturisce dal desiderio di prevenire l’annichilimento totale del patrimonio ancora vivente: “Il problema è che l’URA vuole impossessarsi dello spazio pubblico. Avrà il monopolio sul diritto di possesso del luogo, ovvero ci sarà solamente un unico proprietario terriero: in questo modo, l’URA avrà controllo assoluto su questo spazio precedentemente pubblico”.65)Intervista personale.

Batten, in qualità di architetto, e Zimmermann, in qualità di uomo d’affari e politico-ambientalista, sostengono che sia essenziale sviluppare “un approccio olistico per una buona pianificazione territoriale. Ciò dovrebbe garantire i flussi di camminamento, l’esistenza di spazio pubblico e costruzioni adeguate che consentano la circolazione dell’aria e l’esposizione alla luce”.66)Intervista personale, 22 maggio 2012. Stando a questo assunto, la battaglia per salvare Graham Street Market ha trasformato questo vivace spazio storico in una officina per la preservazione di forme abitative salutari e sostenibili, e per la formazione di un senso di appartenenza alla comunità. Forse ci si potrebbe spingere ad affermare che punti anche a sviluppare pratiche di democratizzazione dal basso. Ciò nonostante, il radicale mutamento e lo smantellamento del vecchio mercato sembrano indicare che il modello di urbanismo disciplinato abbia vinto ad Hong Kong, determinando un aumento dei livelli di precarietà, incertezza e vulnerabilità.

 

Figg. 10 e 11. Progressiva sparizione di Graham Street Market (fotografie dell’autore, 2015-16).

Conclusioni

 Gli intensi dibattiti concernenti “cosa sia l’urbano” richiedono indagini concrete basate su approcci dal basso, per capire la tangibilità delle nostre esperienze quotidiane nell’urbano e dell’urbano.67)N. Brenner e C. Schmid, “Towards a New Epistemology of the Urban?”, City, 19, 2-3, 2015, 151-182; A.J. Scott e M. Storper, “The Nature of Cities: The Scope and Limits of Urban Theory”, International Journal of Urban and Regional Research, 39, 1, 2015, 1-15; J. Peck, “Cities beyond Compare?”, Regional Studies, 49, 1, 2015, 160-182. Questa questione colpisce anche i discorsi relativi all’urbanismo. Per architetti e pianificatori urbani il perno dovrebbe essere sulla forma e sulla struttura costruita, mentre storici e geografi spingono sulla necessità di prestare attenzione a schemi di crescita urbana e processi trasformativi. Questo articolo invoca un cambio epistemologico per includere nel discorso la sensibilità verso l’interazione sociale dei residenti, il loro senso identitario e la costruzione delle comunità all’interno dei contesti urbani.

In questa ricerca si abbraccia l’assunto di Merrifield secondo cui il principale tema politico nella modalità in cui l’urbanismo contemporaneo si presenta dovrebbe essere il cambio di passo “dal diritto della città alle politiche dell’incontro”.68)Merrifield, 2013: xvii. A livello empirico, i venditori ambulanti sono un punto d’accesso privilegiato per capire se e fino a che punto si producano e si vivano una urbanità e una vita urbana sostenibili dal punto di vista eco-sociale. È ciò che Lefebvre definisce “una ontologia dell’urbano”, in riferimento all’ontologia sociale della quotidianità.69)Lefebvre, 2003 [1970].

I mercati rionali sono spazi critici a supporto della vita dei residenti urbani; ricoprono un ruolo cruciale perché rendono possibili gli incontri quotidiani tra residenti urbani, e tra persone e cose.

La riqualificazione globale dello spazio urbano di stampo neoliberale fa emergere questioni fondamentali relative ai diritti e alle pratiche necessari a creare e preservare le comunità e il loro patrimonio vivente.70)L. Lees, T. Slater, e E. Wyly, Gentrification (London: Routledge, 2008). I mercati di strada ci permettono di scavare più in profondità dentro le traiettorie conflittuali e alle dinamiche comparative insite nei quartieri gentrificati o in fase di gentrificazione.

Per questo motivo, aprire alla analisi dei mercati di strada risponde all’appello avanzato dai gentrification studies a schierarsi criticamente per “osservare la più grave delle conseguenze della gentrificazione – il dislocamento – ‘dal basso’, ovvero da parte di coloro che lo subiscono”.71)Tom Slater, “Gentrification of the City”, in Gary Bridge, Sophie Watson (a cura di), The New Blackwell Companion to the City (London: Blackwell, 2012), 571-585; T. Slater, Winifred Curran, Loretta Lees, “Gentrification Research: New Directions and Critical Scholarship”, Environment and Planning, A. 36., 2004, 1141-1150; L. Lees, Hyun-Bang Shin, Ernesto López-Morales, Planetary Gentrification (Cambridge: Polity Press, 2016). Questo focus permette di scandagliare le dinamiche micro-politiche dell’urbano, ponendo i riflettori sui processi materiali della quotidianità, cruciali per una indagine più approfondita del nesso ontologico tra le pratiche e le relazioni più disparate che modellano l’urbano. Inoltre, questo focus ci porta ad esplorare questioni legate alla prosperità sociale sostenibile e alla coesione sociale, con la possibilità di offrire nuovi modi di (ri)pensare l’ordinario adottando le prospettive della “storia dal basso” e della “sostenibilità dal basso”, così da comprendere meglio la crescente condizione di precarietà indotta dalle condizioni socio-politiche.72)J. Butler, Frames.

In questo articolo mi sono concentrato sui mercati di strada per capire dal basso la connessione tra politica e dettami politici che caratterizzano il “modello urbano cinese di Hong Kong”.

In una precedente ricerca sulla trasformazione urbana dell’ex quartiere delle concessioni straniere a Tianjin, ho sostenuto che l’urbanismo “globalizzante” cinese ha un determinato carattere prescrittivo che preclude l’emergere di spazi di contro-discorso.73)M. Marinelli, “Domesticating Italy’s Foreignness in China: The Transcultural Politics of the Copy and the Real”, Modern Italy, 24, 4, 2019,417-436 (p. 426). Nella Hong Kong coloniale-globale, i mercati di strada possono essere visti come siti di formulazione di contro-discorsi, ma è qui che la logica dell’urbanismo disciplinato raggiunge il suo apice: il “cosa deve essere” ha soppresso ogni possibilità per “ciò che avrebbe potuto conservarsi, essere preservato e valorizzato”.

Osservando le cose a partire dalla progressiva frantumazione dei mercati di strada e dai conseguenti cambiamenti drammatici nelle pratiche di vita quotidiana, si ravvisa che la tattica della cittadinanza per far fronte alla rete di politiche e direttive pratiche consiste nel progredire verso un modello urbano sino-hongkonghese. Questo modello è sempre più normativo, disciplinante e disciplinato. Il capitale privato e pubblico esercita forme di potere implacabili per la regolamentazione e la riscrittura del tessuto urbano. Sul piano orizzontale, l’incertezza e la precarietà cronica sono ben saldate tra loro, snaturando il senso di identità collettiva tra gli abitanti di Hong Kong e contrapponendosi a possibili percorsi che portino a forme eterotopiche di prosperità eco-socialmente sostenibile. Il mercato di Graham Street è un tipico esempio di come la logica urbanistica normativa e prescrittiva di “modernizzare, sanificare e disciplinare” tanto lo spazio pubblico quanto coloro che vi abitano non può accettare ciò che viene considerato fuori dalla norma, ovvero quella informalità urbana che, come sottolineato da Kim Dovey, coinvolge “complesse forme adattabili di assemblaggio”.74)K. Dovey, “Informal Settlement and Complex Adaptive Assemblage”, International Development Planning Review, 34, 3, 2012, 371-90. In quanto utenti differenziati dello spazio pubblico e non generici soggetti urbani, i commercianti e gli acquirenti di Graham Street Market erano “fuori dalla norma”. Il senso di appartenenza e l’identità collettiva derivati dai processi storici e dagli schemi sociali dell’abitare in quel luogo non erano allineati al presunto carattere universale che l’urbanismo disciplinato presuppone e sottintende. La natura dello Stato e gli organi statutari predisposti contemplano una strategia dell’urbano basata sulla norma. Essi hanno così stabilito in via meccanicistica il “cosa deve essere”, e hanno presentato il piano d’azione in modo deterministico in termini di “progetto”, allo scopo di aumentare il valore di scambio e ignorare il valore d’uso dello spazio pubblico. Ne consegue che, nel processo di creazione di “cosa deve essere”, Graham Street Market non sia stato visto come un “luogo di vivaci incontri sociali” ma semplicemente come una perdita di secondaria importanza.75)Watson, “The Magic” (2009), 1580.

Traduzione di Michela Bonato

Marinelli, Il modello urbano cinese di Hong Kong PDF

Immagine: Resa architettonica del “nuovo” Graham Street Market

Maurizio Marinelli è Professor of Global China e co-direttore dell’Asia Centre presso la University of Sussex, nonché Honorary Professor presso l’Institute for Global Prosperity dello University College of London. La sua ricerca si incentra sullo studio della storia, della politica e della società cinese. Per molti anni ha condotto degli studi sulle trasformazioni di Tianjin, dall’epoca delle concessioni straniere (1860-1945) a oggi, guidando quand’era alla University of Bristol (2005-2010) un progetto di ricerca finanziato dallo UK-Economic and Social Research Council. Su questo tema ha pubblicato numerosi articoli e due monografie, Italy’s Encounter with Modern China: Imperial Dreams, Strategic Ambitions, curato con G. Andornino (Palgrave, 2014), e China: A Historical Geography of the Urban, curato assieme a Zhang Xiaohong e Ding Yannan (Palgrave, 2018). I suoi studi sono stati pubblicati in numerose riviste, fra cui Theory and Society;  Emotion, Space and Society; China Information; Urban History; China Heritage Quarterly; Cultural Studies Review; Journal of Postcolonial Studies; e il Journal of Chinese Political Science. Attualmente sta lavorando a un volume intitolato Hong Kong: Markets, Street Hawkers and the Fight against Gentrification (Bloomsbury Press, 2022).

 

References
1 Barry Naughton, “China’s Distinctive System: Can it be a Model for Others?”, Journal of Contemporary China, 19, 65, 2010, 437-460 (p. 438).
2 Scott Kennedy, “The Myth of the Beijing Consensus”, Journal of Contemporary China, 19, 65, 2010,461-477.
3 Byron S. J. Weng, “The Hong Kong Model of ‘One Country, Two Systems’: Promises and Problems”, Asian Affairs, 14, 4, 1987, 193-209. Cfr. gli altri articoli pubblicati nel Simposio 1987: Riunificazione della Cina: Problemi ed Ostacoli (“1987 Symposium: China’s Reunification: Problems and Obstacles”).
4 Wing-Shing Tang, Joanna Wai Ying Lee, Mee Kam Ng, “Public Engagement as a Tool of Hegemony; The Case of Designing the New central Harbourfront  in Hong Kong”, Critical Sociology, 38, 1, 2011, 89-106. Wing-Shing Tang, “Beyond Gentrification: Hegemonic Redevelopment in Hong Kong” International Journal of Urban and Regional Research, 41, 3, 2017, 487-499.
5 Henri Lefebvre, La révolution urbaine (Paris: Gallimard, 1970) [English Trans. Minnesota U.P., 2003]. “L’urbano”, per Lefebvre, include l’ambiente costruito, il fenomeno urbano, lo spazio e il paesaggio urbani, la pratica urbana e infine l’ideologia urbana. In questo articolo, il termine “urbano” è così inteso per indicare “qualcosa di più della città”, e la complessità del campo di investigazione in relazione a ciò che qui è definito “il modello urbano cinese di Hong Kong”.
6 Robert J. Shepherd, When Culture Goes to Market: Space, Place, and Identity in an Urban Marketplace (New York: Peter Lang, 2009); Joel Stillerman, “The Politics of Space and Culture in Santiago, Chile’s Street Markets”, Qualitative Sociology 29, 4, 2006, 507–30; Sophie Watson and Karen Wells, “Spaces of Nostalgia: The Hollowing Out of a London Market”, Journal of Social and Cultural Geography, 6, 1, 2005, 7–30; Maurizio Marinelli, “From Street Hawkers to Public Markets: Modernity and Sanitisation Made in Hong Kong”, in Yves Cabannes, Michael Douglass, Rita Padawangi (a cura di), Cities in Asia by and for the People (Amsterdam: Amsterdam University Press, 2018), 229-257.
7 Cora Chan, Albert H. Y. Chen, “Yash Ghai and the Constitutional Experiment of ‘One Country, Two Systems’ in Hong Kong”, University of Hong Kong Faculty of Law Research Paper No. 2020/022.
8 Ng Kang-Chung, “Carrie Lam Pledges to Heal Hong Kong’s divide”, South China Morning Post, 26 marzo 2017.
9 Ng Kang-Chung, “Carrie Lam Pledges to Heal Hong Kong’s divide”.
10 Neil Brenner, Peter Marcuse, and Margit Mayer, “Cities for people, not for profit”, City, 13, 2-3, 2009, 173-181. Cfr. l’intera Edizione Speciale.
11 Stephen W.K. Chiu, “Testing the Global City-Social Polarisation Thesis: Hong Kong since the 1990s”, Urban Studies, 41, 10, 2004, 1863-1888; Ray Forrest, Adrienne La Grange, Ngai-ming Yip, “Hong Kong as a Global City? Social Distance and Spatial Differentiation”, Urban Studies, 41, 1, 2004, 207-227.
12 Gini Coefficient by Country 2021 (worldpopulationreview.com) Accesso 7 aprile 2021.
13 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx
14 Andy Merrifield, “The Right to the City and Beyond. Notes on a Lefebvrian Re-conceptualization”, City, 15, 3-4, 2010, 473-481.
15 Merrifield, “The Right to the City and Beyond”475.
16 Merrifield, “The Right to the City and Beyond”, 475.
17 Merrifield, “The Right to the City and Beyond”.
18 A. Merrifield, ‘Whither Urban Studies?’ | cities@manchester (wordpress.com).
19 Sophie Watson, ‘The Magic of the Marketplace: Sociality in a Neglected Public Space”, Urban Studies, 46, 2009, 1577-1591.
20 Marc Augé, Non-Lieux, Introduction à une anthropologie de la surmodernité (Paris:Le Seuil, 1992).
21 Merrifield, “The Right to the city”, 473.
22 Maggie Lee, “Film Review of Ten Years”, 19 aprile 2016.
23 Maggie Lee, “Film Review of Ten Years”.
24 Intervista personale, 8 ottobre 2016.
25 Federico Lenzerini, “Intangible Cultural Heritage: The Living Culture of the Peoples”, The European Journal of International Law, 32, 2011, 101-120.
26 Laura Madokoro, Elusive Refuge (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2016), 48.
27 Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production of Space in the Urban Renewal Process in Hong Kong and Taipei”, Planning Theory & Practice, 15, 1, 2014, 77-92.
28 Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production of Space”.
29 Hikaru Kinoshita, ‘The Street Market as an Urban Facility in Hong Kong’. In Pu Miao (a cura di), Public Places in Asia Pacific Cities (Dordrecht, The Netherlands: Kluwer, 2001), 71-86.
30 John Mark Carroll, A Concise History of Hong Kong (Lamham, MD: Rowman &Littlefield, 2007), 74-75.
31 Mee-Kam Ng, “Intellectuals and the Production”, 83.
32 Questo dato è basato sugli annali del Dipartimento per l’Igiene di Cibo e Ambiente (Food and Environmental Hygiene Department, FEHD), consultati nel luglio 2016.
33 LDC, 1998, paragrafo 3, citato in Ng, “Intellectuals and the Production”,  83.
34 Ng, “Intellectuals and the Production”,  80.
35 vedi http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx
36 Da qui in Avanti, cfr. Mappa 2008 (Fig. 6).
37 Peel Street prende il nome dal Primo Ministro inglese Sir Robert Peel (1788-1850).
38 Costruiti tra la fine del XVIII secolo e fino al 1964 per i cinesi residenti nella penisola, questi caseggiati erano pianificati sia per usi residenziali (piani superiori) che commerciali, soprattutto per la vendita di cibo (piano terra). Stando al conteggio URA, 37 edifici sarebbero stati interessati (360 proprietà e 78 negozi), per un totale di 823 persone. In un’area di 5.330 metri quadri, la riqualifica avrebbe permesso la trasformazione della superficie al suolo (ground floor area, GFA) da 20.219 metri quadri a 68.533 metri quadri, di cui 44.575 m² a uso commerciale e 293 nuovi appartamenti. Era prevista inoltre l’apertura di ampi spazi (2.060 m²), “una accentuata dorsale aperta a piazze e cortili”.
39 “URA commences Peel Street/Graham Street project”, Urban Renewal Authority, 19 luglio 2007. Mabel Sieh, “Hong Kong’s Heartbeat”, South China Morning Post, 21 settembre 2012.
40 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. Accesso 10 settembre 2020.
41 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx.
42 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx.
43 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx
44 Yannie Chan, “The Future of Graham Street Market”, 31 ottobre 2013.
45 Incontro personale con URA, 20 marzo 2016.
46 Incontro personale con URA
47 Land Development Cooperation, Draft Land Development Cooperation Peel Street/Graham Street Development Scheme Plan No. S/H3/LDC4/1. Paragrafo 3, 1998.
48 http://www.ura.org.hk/en/projects/redevelopment/central/peel-street-graham-street-development-scheme.aspx. Accesso 10 settembre 2020.
49 http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Accesso 10 settembre 2014. Corsivo dell’autore.
50 http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Corsivo dell’autore.
51 http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080728.aspx. Corsivo dell’autore.
52 Katty Law è “la figlia di un antiquario di Hollywood Road. È cresciuta in Caine Road negli anni Settanta, trascorrendo la sua intera vita nel Distretto Centrale”. Cfr. Christopher DeWolf, “Rethinking Urban Development in Hong Kong”, Muse, luglio 2010.
53 Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”, South China Morning Post, 27 gennaio 2008.
54 Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”. Questa parte trae spunto anche dalle interviste personali condotte con Katty Law nel 2017-17.
55 Katty Law, “Impossible to See how Renewal Plan will not Affect Graham Street Market”.
56 David Harvey, ‘The “New” Imperialism: Accumulation by Dispossession’, Socialist Register, 40, 2004, 63-87.
57 Judith Butler, Frames of War: When is Life Grievable? (New York: Verso, 2009), 25-26.
58 Judith Butler, Precarious Life: The Powers of Mourning and Violence (New York: Verso, 2004), xviii.
59 Citato da James Pomfret, “Heritage Preservation Grips Hong Kong amid Building Boom”, Reuters, 9 settembre 2007.
60 http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080804.aspx. Accesso 22 ottobre 2020.
61 http://www.ura.org.hk/en/media/press-release/2008/20080804.aspx.
62 Intervista personale, 22 maggio 2012.
63 Ibid.
64 Intervista personale, 22 maggio 2012. In altre parole, si punta all’aumento del valore di scambio a scapito del valore d’uso.
65 Intervista personale.
66 Intervista personale, 22 maggio 2012.
67 N. Brenner e C. Schmid, “Towards a New Epistemology of the Urban?”, City, 19, 2-3, 2015, 151-182; A.J. Scott e M. Storper, “The Nature of Cities: The Scope and Limits of Urban Theory”, International Journal of Urban and Regional Research, 39, 1, 2015, 1-15; J. Peck, “Cities beyond Compare?”, Regional Studies, 49, 1, 2015, 160-182.
68 Merrifield, 2013: xvii.
69 Lefebvre, 2003 [1970].
70 L. Lees, T. Slater, e E. Wyly, Gentrification (London: Routledge, 2008).
71 Tom Slater, “Gentrification of the City”, in Gary Bridge, Sophie Watson (a cura di), The New Blackwell Companion to the City (London: Blackwell, 2012), 571-585; T. Slater, Winifred Curran, Loretta Lees, “Gentrification Research: New Directions and Critical Scholarship”, Environment and Planning, A. 36., 2004, 1141-1150; L. Lees, Hyun-Bang Shin, Ernesto López-Morales, Planetary Gentrification (Cambridge: Polity Press, 2016).
72 J. Butler, Frames.
73 M. Marinelli, “Domesticating Italy’s Foreignness in China: The Transcultural Politics of the Copy and the Real”, Modern Italy, 24, 4, 2019,417-436 (p. 426).
74 K. Dovey, “Informal Settlement and Complex Adaptive Assemblage”, International Development Planning Review, 34, 3, 2012, 371-90.
75 Watson, “The Magic” (2009), 1580.