“Molto mi è piaciuto sapere”, aggiunse l’Abate, “che in numerosi casi voi avete deciso per l’innocenza dell’accusato. Credo […] alla presenza costante del maligno nelle cose umane, […] ma credo anche che molte volte il maligno operi per cause seconde. E so che può spingere le sue vittime a fare il male in modo tale che la colpa ricada su di un giusto, godendo del fatto che il giusto venga bruciato in luogo del suo succubo.”1)Umberto Eco, Il nome della rosa (Bompiani: Milano, 2016 [1980]), 41.

In questo stralcio di conversazione, l’Abate di una non meglio precisata abbazia dell’alta Italia disquisisce con Guglielmo da Baskerville, protagonista del celebre romanzo di Umberto Eco Il nome della rosa. Parlando a proposito di frate Guglielmo, ex inquisitore, l’Abate ne loda non solo la sagacia, ma anche l’acume nel leggere indizi indecifrabili, che gli permettono di risolvere casi impossibili dimostrando “l’innocenza dell’accusato”. Mutatis mutandis, piùo meno nello stesso periodo storico – il romanzo di Eco è ambientato nel 1327 – dall’altra parte del globo un giudice cinese faceva luce su casi truccati e rendeva giustizia agli innocenti agendo con lo stesso acume che muoveva il frate francescano nel contesto del medioevo europeo.

Il sagace funzionario cinese a cui ci si riferisce è il celebre giudice Bao (Bao daizhi 包待制), e lo studio della sua figura, intesa come personaggio letterario, permette di proporre una riflessione sul senso di giustizia nella Cina tradizionale, quale emerge dall’analisi di alcuni libretti teatrali della dinastia Yuan 元 (1271-1368), i cosiddetti “drammi di varietà” (zaju 雜劇).

Nella cultura cinese classica, la visione tradizionale dell’idea di giustizia gravita attorno a due concetti fondamentali: retribuzione ed emendamento degli errori. Questi aspetti si ritrovano in molti libretti Yuan, dove la retribuzione avviene tramite la sentenza di un giudice saggio e incorruttibile o, per ironia del destino, attraverso l’intervento dei fuorilegge.2)Shih Chung-wen, The Golden Age of Chinese Drama: Yuan Tsa-chu (Princeton University Press: Princeton, 1976), 100. In questo contesto ci si focalizzerà sul primo aspetto, riproponendosi di dedicare a un ulteriore studio la questione del “farsi giustizia”così come tra i  fuorilegge.

Tribunali e corti di giustizia sono spesso stati un palcoscenico privilegiato per narrare di contenziosi, crimini e processi. Storie di casi irrisolti o truccati, risolti grazie alla sagacia di un incorruttibile funzionario, hanno radici profonde nella storia culturale e letteraria della Cina, soprattutto in quella non ufficiale di matrice popolare: si pensi ad alcuni proto-racconti zhiguai  志怪di epoca Han 漢 (206 a.C.-220 d.C.), ad alcune novelle chuanqi 傳奇 della dinastia Tang 唐 (618-907) o a certi huaben 話本, nello specifico nella categoria dei shuo gongan 說公案 (“racconti di casi giudiziari”) di epoca Song 宋(960-1279), nonché alcune ballate in prosa e in versi (shuochang cihua 說唱詞話).

Il genere dei drammi processuali si sviluppò sotto forma di rappresentazione teatrale a partire dalla dinastia Yuan, in virtù del fiorire del teatro in epoca mongola.3)Sulle ragioni della nascita e dello sviluppo del teatro in epoca Yuan, cfr. Liao Ben 廖奔, Liu Yanjun 刘彦君, Zhongguo xiqu fazhan shi 中国戏曲发展史 [Storia dell’evoluzione del teatro cinese] (Zhongguo xiju chubanshe: Beijing, 2013), vol. II, 3-13. Fra le numerose categorie dei drammi di varietà–il principe e letterato Zhu Quan 朱權 (1378-1448) arrivò a classificarne addirittura dodici4)Cfr. James Crump, “The Elements of Yüan Opera”, The Journal of Asian Studies, 17, 3, 1958, 417-434; 420. – il filone dei libretti di argomento processuale è assai produttivo, tanto da avere dato origine alla sezione di pièce denominate gong’an ju 公案劇, “drammi di casi giudiziari”. Il termine gongan 公案, in origine, indicava sia gli atti processuali sia il banco o scrittoio dietro cui sedeva il funzionario durante le udienze, mentre in seguito, per una sorta di metonimia, venne a indicare gli stessi contenziosi e crimini che dovevano essere risolti in tribunale.5)Cfr. Gudai Hanyu cidian 古代汉语词典 [Dizionario di lingua cinese classica] (Shangwu yinshuguan: Beijing, 2016), 434.

Il successo di queste opere, di natura popolare, si spiega anche come un atto di denuncia – velato, ma non troppo – contro il sistema politico vigente, che vedeva i governanti mongoli, una popolazione “barbara”, detenere i piùaltri gradi del potere. Questo aspetto critico si riscontra anche in rapporto al trattamento giuridico, specie a livello penale, dove un Cinese si ritrovava in una condizione decisamente sfavorevole rispetto a quella di un Mongolo.6)Sulla dinastia Yuan e sul suo sistema politico, cfr. John W. Dardess, “Storia politica e istituzionale della Cina dal 150 al 1850”, in Mario Sabattini, Maurizio Scarpari (a cura di),La Cina vol. II: L’età imperiale dai Tre Regni ai Qing (Einaudi: Torino, 2010) 5-115; 76-81. Sull’applicazione della legge al tempo degli Yuan, cfr. Michele Bernardini, Donatella Guida, I Mongoli. Espansione, imperi, eredità (Einaudi: Torino, 2012), 161-165. 

La lettura di questi libretti di casi giudiziari dimostra come, di norma, venga enfatizzato il divario fra i funzionari locali, considerati ingiusti e corrotti, e i giudici di alto livello, esaltati per il loro senso di giustizia e il loro valore morale. Questo rispecchia l’architettura narrativa con cui sono costruiti questi drammi: all’inizio viene commesso un crimine, palesato al pubblico; tale crimine viene giudicato, in modo ingiusto, in tribunale dal funzionario locale, di solito nel secondo atto. Il caso passa poi alla corte, di norma presso la prefettura di Kaifeng 開封府, dove un giudice di alto livello rivede il caso e, in base ai poteri conferitegli – possiede la spada della potestà e la tavoletta d’oro (shijian jinpai 勢劍金牌), simboli dell’autorità imperiale – nel quarto e ultimo atto rettifica l’erronea sentenza, punisce il colpevole (il malvagio antagonista) e ricompensa l’innocente (il retto protagonista).7)Cfr. George A. Hayden, Crime and Punishment in Medieval Chinese Drama: Three Judge Pao Plays (Harvard University Press:  Cambridge, 1990), 6-7. All’interno di questa cornice narrativa si colloca l’esaltazione per la figura dell’integerrimo giudice Bao che, non solo con la sua sagacia, ma anche con la sua sensibilità personale, imbevuta di moralità confuciana, nel finale scioglie l’intrigo risolvendo brillantemente casi truccati o irrisolti. Attraverso la punizione del colpevole e soprattutto la riabilitazione dell’eroe/eroina-protagonista ingiustamente accusato/a, lo spettatore partecipava al trionfo della giustizia e aveva la possibilità di provare un forte senso di fiducia nei confronti dell’apparato burocratico, di chiara matrice confuciana.

Sulla vita di Bao Zheng 包拯 (999-1062), funzionario realmente vissuto al tempo dei Song Settentrionali (960-1127), si hanno poche testimonianze reali, dal momento che il personaggio storico è, nelle fonti pervenuteci, indissolubile da quelle del suo mito letterario. Nel capitolo (juan 卷) 316 della Storia dei Song (Songshi 宋史, sezione “Biografie esemplari”, Liezhuan 列傳),8)Cfr. Tuo Tuo 脫脫, Songshi 宋史 [Storia dei Song] (Zhonghua shuju: Beijing, 1985), vol. LXXV, 10315-10318. viene tramandata una sua biografia, dove vengono elencate le varie cariche ottenute, ma poco viene detto a proposito della sua personalità, comunque sempre esaltata per la sua tempra e per le sue alte qualità morali. Ebbe una vita di successi, ma, contestualmente, fu sempre prossimo a cadere in disgrazia, dal momento che le sue incorruttibilitàe rettitudine mal si conciliavano con la bramosia e la cupidigia di funzionari debosciati e corrotti. La sua fama imperitura si deve alle sostanziali modifiche che apportò alle procedure giudiziarie: dal suo operato in poi, infatti, chiunque volesse sporgere denuncia avrebbe potuto rivolgersi direttamente al perfetto, bypassando così i funzionari locali, ritenuti irrimediabilmente corrotti e al soldo delle potenti famiglie;9)Cfr. Wilt L. Idema, Judge Bao and the Rule of Law: Eight Ballad-Stories from the Period 1250-1450 (World Scientific Publishing: Singapore, 2009), XII. questo garantiva maggiore interazione con gli imputati, i quali in precedenza dovevano rimanere non solo ben distanti ma anche prostrati dinanzi alla cattedra del giudice. Con questo si spiega il divario, rappresentato nei libretti, tra i burocrati di basso rango e i magistrati di livello elevato, a cui si accennava poco sopra. Per la sua integrità, si meritò l’appellativo di “funzionario puro” (qingguan 清官), che divenne un epiteto indissolubile dal suo personaggio, sia nei drammi teatrali che nelle novelle, delle epoche successive, a lui dedicate.

Nei libretti di epoca Yuan, il giudice Bao non riveste quasi mai il ruolo del protagonista (zhengmo 正末), bensì, di norma, quello del personaggio esterno (wai 外), eppure il suo intervento, quasi una sorta di deus ex machina, èfondamentale per ribaltare sentenze falsate e fare giustizia. Come ha sostenuto la critica, infatti, all’epoca circolavano almeno venticinque opere in cui compariva il personaggio di Bao Zheng, ma solo nel libretto Il giudice Bao risolve il caso del riso di Chenzhou (Bao daizhi Chenzhou tiaomi 包待制陳州糶米), di autore anonimo, egli risulta esserne il protagonista.10)Cfr. He Feng 何峰, “Lüelun Bao Zheng yu Zhongguo de qingguan wenhua” 略論包拯與中國的清官文化 [A proposito di Bao Zheng e della cultura del “funzionario puro” in Cina], Journal of Hefei University, 27, 2010, 28-32.

La sagacia, l’incorruttibilità, la lealtà indefessa nei confronti della legge imperiale – nonché la scaltrezza nell’aggirarla pur agendo sempre in conformità con il senso di giustezza – del “funzionario puro” si riscontrano in opere piùo meno celebri come Il sogno delle farfalle (Hudie meng 蝴蝶夢), Lesecuzione di Lu Zhailang (Lu Zhailang 魯齋郎), entrambe di Guan Hanqing 關漢卿 (1220? – 1307?) o Le memorie del cerchio di gesso (Huilan ji 灰藍記) di Li Xingdao 李行道(XIV sec.), che verranno ora analizzate in dettaglio.11)L’analisi dei drammi è stata condotta sul testo contenuto in Zang Maoxun 藏懋循, Yuanqu xuan 元曲選 [Selezione dei drammi cantati Yuan] (Zhonghua shuju chuban: Beijing, 1958 [1616]), 2 voll. Salvo dove diversamente specificato, le traduzioni sono a cura di chi scrive.

Il sogno delle farfalle

Questo dramma esemplifica le aspettative che il popolo riponeva nei giudici di alto livello i quali, difendendo i poveri e gli innocenti dalle angherie dei ricchi e potenti, ripristinavano la giustizia.

Un certo Vecchio Wang (王大), solo per uno screzio, viene brutalmente ucciso da un signorotto locale, tale Ge Biao 葛彪 (nel ruolo della canaglia, jing 淨). Quest’ultimo, consapevole della propria posizione sociale, si ritiene superiore alla legge, tanto da non avere paura di comparire in tribunale. Tuttavia, i tre figli di Vecchio Wang, tali Oro (Jin 金), Ferro (Tie 鐵) e Pietra (Shi 石), promettenti studenti che si preparano a superare i temuti esami imperiali, decidono di vendicare l’omicidio del padre uccidendo il malvagio Ge Biao. Così essi vengono immediatamente incolpati e imprigionati. Nel secondo atto, durante il processo, il giudice Bao decreta che uno dei tre figli debba pagare con la propria vita l’omicidio commesso: viene dunque applicata la legge della compensazione, changming 償命. Ognuno dei tre figli si assume la colpa dell’omicidio nel tentativo di salvare la vita degli altri due fratelli. Alla fine la madre, Donna Wang (王婆婆, nel ruolo del personaggio femminile principale, dan 旦), decide di sacrificare il figlio più giovane, quello naturale, con l’intento di salvare la vita degli altri due, adottivi. Ella perora la causa dei primi due figli elogiando le loro alte qualità morali. A questo punto il giudice sospetta che il più giovane dei figli, quello pronto a essere sacrificato dalla madre, sia stato adottato, ma quando scopre la verità, ovvero l’esatto contrario, rimane profondamente colpito dal gesto virtuoso della donna, che altrimenti sarebbe stata tacciata di essere “disumana”. Prima che l’udienza abbia inizio, il giudice Bao si adagia per un sonnellino nel quale sogna tre piccole farfalle intrappolate in una ragnatela. Una farfalla più grande, tuttavia, facendosi largo nella rete del ragno, riesce a salvare due delle farfalle, ignorando invece la terza e la più piccola, che suscita così la compassione del giudice, e che egli stesso libera dalla ragnatela. Svegliatosi, egli non comprende il senso di quel che ha sognato, ma durante il processo si rende conto che questo è stato un sogno premonitore per giudicare il caso con coscienza e salvare la vita del più giovane dei tre fratelli. Nel terzo atto, i fratelli Wang, dopo avere esposto la loro versione dei fatti e proclamato la loro innocenza, vengono incarcerati. Nel quarto atto la madre e i due figli più grandi, ormai scarcerati, vanno fuori dalla prigione a reclamare il corpo di Pietra ma, inaspettatamente, il ragazzo ricompare in scena; la madre è sconvolta, ma egli spiega che il giudice Bao ha fatto giustiziare un ladro di cavalli in vece sua per l’omicidio di Ge Biao. Nel finale, giustizia è fatta: il sagace giudice, facendo riferimento al sogno premonitore, segnala la madre virtuosa e i figli devoti all’imperatore, cosicché l’intera famiglia viene ricompensata con cariche e posizioni.

La sentenza emessa dal giudice Bao e il finale dell’opera meritano alcune riflessioni. Pur avendo commesso un omicidio, i tre fratelli vengono scagionati; è la loro condizione di promettenti studenti, dunque di futuri letterati-funzionari (shi 士) confuciani (ru 儒), che, in qualche modo, legittima la loro innocenza. I figli, in particolare Oro e Ferro, vengono presentati sin dall’inizio come modelli portatori dei valori della tradizione. Non a caso, la madre, per perorare la causa del figlio piùgrande, decanta fin da subito il suo grande senso di devozione filiale (xiaoxun 孝順), una delle massime virtù confuciane. Ancora, i due fratelli palesano di rifarsi pienamente ai valori della tradizione nel momento in cui, nel terzo atto, ormai condannati e imprigionati, chiedono alla madre di vendere le copie dei Quattro libri (Sishu 四書) e del Mengzi 孟子,12)I Quattro libri, che comprendono lo stesso Mengzi, assieme ai Cinque classici (Wujing五經), fanno parte del canone confuciano, e, per tutta la storia della Cina imperiale, la loro perfetta conoscenza era conditio sine qua non per superare gli esami imperiali e accedere alla carriera burocratica. su cui stavano studiando per prepararsi agli esami imperiali, rispettivamente per comprare carta moneta (Oro) e per officiare i sacrifici (Ferro) in favore del padre defunto. In questo modo i fratelli dimostrano di aderire perfettamente ai dettami imposti dal rito confuciano (li 禮) per il periodo di lutto. Pietra, il fratello più giovane, riveste il ruolo del buffone (chou 丑); esso si dimostra quindi scaltro e di battuta pronta. Questo si riscontra nel secondo atto, quando, interrogato dal giudice Bao su cosa stia facendo, egli, intento a infilarsi il giogo che lo immobilizzerà, risponde: “Dal momento che il fratello maggiore non pagherà con la propria vita, e neanche il secondo fratello, pare dunque che toccherà a me. Tanto vale che compia un nobile gesto” (大哥又不償命,二哥又不償命,眼見的是我了,不如早做個人情。), proponendosi dunque per sacrificarsi al posto di Oro e Ferro.

Donna Wang riveste il ruolo della protagonista all’interno dell’opera, e questo le consente di essere l’unica che possa intonare le arie all’interno del dramma: in questo modo risulta il personaggio piùcaratterizzato. Anche lei dimostra di essere intrisa di valori confuciani; questo emerge da molti versi cantati nelle varie arie, come quando, più volte, si appella al Cielo, apostrofandolo con espressioni come tiangong 天公 (“Signore del Cielo”), huangtian 皇天 (“Augusto Cielo”), qingtian 青天(“Cielo terso”), che considera giusto e benevolo nei confronti dell’essere umano, e a cui fa appello per dimostrare la buona fede con cui hanno agito i suoi figli nel vendicare l’ingiusta morte del padre. Tuttavia donna Wang palesa le sue alte qualità morali nel momento in cui accetta di sacrificare il figlio naturale al posto dei figli adottivi. Si diceva, poco sopra, che ha agito in questo modo per non essere considerata “disumana”, ovvero “priva di senso di umanità”, cioè priva di ren 仁, quella che è considerata la massima virtù confuciana. Come la madre stessa chiarisce più volte, ha agito in questo modo non solo per il timore del giudizio dei figli adottivi, ma anche, e forse soprattutto, per quello dei parenti e vicini di casa: si palesa qui un’altra componente della cultura cinese, ovvero quella della “faccia” (mian 面), della reputazione, e dell’idea che questa possa essere “persa” (diumian 丟面) rispetto al contesto sociale in cui si è calati.

Il giudice Bao, dal canto suo, si trova a dover risolvere un caso assai intricato: in questo frangente non si tratta di ribaltare una sentenza errata, causata da funzionari corrotti, ma è la legge stessa a essere “ingiusta”, e a dover quindi essere aggirata. L’espediente di eludere la legge per “fare la cosa giusta” è una prerogativa del giudice Bao, a cui egli ricorre spesso; su questa questione si ritornerà in seguito.

All’inizio, dopo che Ge Biao, un nobile, uccide Vecchio Wang, un uomo del popolo, afferma spavaldo: “Quando uccido una persona non devo pagare con la vita, al massimo andrò in prigione per questo!” (打死人不償命,時常的則是坐牢。) Pare dunque che la sua condizione di nobile lo esoneri dinanzi agli obblighi della legge. I figli del vecchio sono così costretti a farsi giustizia da soli e a punire la canaglia. Ma quando questi uccidono Ge Biao, vengono immediatamente arrestati e condannati a pagare con la propria vita l’omicidio commesso. Tuttavia, dal momento che il giudice Bao ritiene che sia ingiusto che sia il più giovane dei figli a morire, e consapevole che, facendo solo appello alla legge non potrà fare molto per salvarlo, decide di fare rapporto all’imperatore, presentando la famiglia come depositaria dei valori della tradizione confuciana. È dunque l’intercessione del favore imperiale, e non l’applicazione della legge tout court, che permette al giudice di agire con “senso di giustezza” ed emettere una sentenza che scagioni Pietra dall’accusa di omicidio. In ogni caso, la morte di Ge Biao, quasi per una sorta di compensazione, viene vendicata con l’esecuzione di un condannato, sebbene totalmente estraneo alla vicenda.

L’esecuzione di Lu Zhailang

 Se ne Il sogno delle farfalle il giudice Bao dimostra la sua grande sagacia, nonché la sua profonda sensibilità personale, in questo dramma, dalla trama non particolarmente avvincente, dà prova di grande acume e scaltrezza. In questo libretto, infatti, il giudice è chiamato a combattere la tracotanza dei potenti e a rendere giustizia fra la gente del popolo.

Lu Zhailang 魯齋郎 (nel ruolo dell’antagonista, chongmo 沖末), un potente che ha servito l’imperatore per molti anni alla corte imperiale, viene trasferito in una distante prefettura, dove conduce una vita dissoluta. Consapevole del suo grande potere, si appropria dei possedimenti, dei cavalli e delle donne del popolo a proprio piacimento. Un giorno nota la bella moglie di un argentiere di nome Li Si 李四, padre di due figli. Si reca così al suo negozio con un futile pretesto, ma poco dopo, senza mezzi termini, si fa consegnare la moglie dall’argentiere. A causa della sua condizione di uomo comune, quest’ultimo non può fare nulla; si presenta così al cospetto di Zhang Gui 張珪, un funzionario, ma questi gli consiglia di non fare accenno all’incidente in quanto Lu Zhailang ha grande potere e influenza, dunque nessun giudice o magistrato oserebbe mai mettersi contro di lui. Qualche giorno dopo, mentre Zhang Gui, sua moglie e i loro due figli stanno facendo visita alle tombe dei loro antenati, Lu Zhailang nota anche la moglie di questi e in segreto gli chiede che il giorno seguente la conduca a casa sua. Conclude inoltre con l’ammonizione: “Se tarderai, sconterai una doppia pena per questo.” (若來遲了,二罪俱罰。) L’indomani, Zhang Gui accompagna di gran fretta la moglie alla dimora di Lu Zhailang; quest’ultimo prende la moglie di Zhang Gui e in cambio gli offre quella di  Li Si, dicendo che ella è sua sorella. Così Zhang Gui, con il cuore straziato, non può fare altro che tornarsene a casa con la nuova madre per i suoi figli. In seguito, l’argentiere fa visita a casa di Zhang Gui e scopre che sua moglie si trova lì. Venendo a sapere chi è realmente quella donna, Zhang Gui la riconsegna al legittimo marito donandogli inoltre tutte le sue proprietà, dal momento che, disperato per la separazione dalla moglie e per la perdita dei figli – fuggiti dopo l’allontanamento della vera madre – è deciso a diventare un eremita daoista. Nell’ultimo atto sono ormai trascorsi molti anni. All’inizio, appare in scena il giudice Bao, il quale, assolutamente consapevole degli atti criminali compiuti da Lu Zhailang, in una sorta di flashback narra come è riuscito a condannarlo a morte. Lo scaltro giudice racconta di avere fatto rapporto all’imperatore a proposito di un certo Yu Qiji 魚齊即 che“vessava i buoni cittadini, insidiava le mogli e le figlie delle famiglie altrui e infrangeva la legge in vari modi” (苦害良民,強奪人家妻女,犯法百端). L’imperatore, furente, ordina immediatamente l’esecuzione di tale Yu Qiji. Il giorno seguente, lo stesso imperatore chiede di Lu Zhailang e viene così informato che questi è stato giustiziato; profondamente sconvolto, chiede spiegazioni. Il giudice allora risponde che è stato egli stesso a emettere la condanna a morte di Lu e gli mostra il decreto. Ai caratteri che compongono il nome Yu Qiji il giudice Bao aveva infatti aggiunto i pochi tratti mancanti per comporre il nome Lu Zhailang.13) In questo modo il decreto imperiale condannava a morte quest’ultimo per le malvagie azioni compiute. Nella scena finale, sempre per intercessione del giudice Bao, avviene la riunione delle famiglie separate: Li Si e la moglie ritrovano i figli, la moglie di Zhang Gui ritrova prima i figli e poi il marito. In questo modo viene celebrata la “felice riunione familiare”(datuanyuan 大團圓), ma soprattutto il saggio giudice libera il popolo dalla tracotanza di Lu Zhailang.

Allo stesso modo de Il sogno delle farfalle, anche in questo libretto il giudice Bao deve ricorrere a espedienti alternativi per giustiziare il malvagio. Consapevole non solo degli atti criminali da lui compiuti, ma anche e soprattutto della corruzione dilagante all’interno dell’apparato burocratico imperiale, che ossequia quasi con timore reverenziale prepotenti di quel calibro, il giudice ancora una volta non applica la legge, ma è costretto ad aggirarla per compiere il bene e rendere giustizia al popolo.

Sorge spontaneo domandarsi, a questo punto, come lo spettatore potesse continuare ad avere fiducia nelle istituzioni se, per ottenere giustizia, occorresse aggirare la legge. Questa apparente contraddizione, che si è già riscontrata nell’analisi del libretto precedente, si spiega prendendo in considerazione il presupposto che sottende il modo di emettere sentenze da parte del giudice Bao: egli infatti agiva mosso da quello che potremmo definire il senso di equità, ovvero un’idea di giustizia che non applica la legge in modo rigido, bensì questa è temprata da umana e indulgente considerazione dei casi particolari a cui la legge stessa si deve applicare. Questo spiega il favore di cui godeva il “funzionario puro” Bao Zheng, ma non spiega ancora la fiducia che poteva essere riposta nelle istituzioni. Questo ultimo punto si giustifica nella considerazione che un personaggio della caratura morale del giudice Bao era stato formato e selezionato dall’impero, il quale si attorniava di probi e valenti personaggi. Esaltare la figura di Bao Zheng implicava, in qualche modo, esaltare lo stesso apparato burocratico imperiale, per mano del quale i suoi funzionari agivano.13)Queste considerazioni trovano riscontro in quanto argomentato da Wilt Idema, che basa la sua analisi sulle ballate (shuochang cihua) di epoca Song. Cfr. Idema, Judge Bao and the Rule of Law, XXVIII. Alla luce di questi presupposti, è possibile comprendere come lo spettatore potesse rinsaldare la fiducia che riponeva nelle istituzioni, dal momento che le sentenze emesse con senso di equità dimostravano come le istituzioni stesse si occupassero dei soprusi e delle angherie subiti dalla gente del popolo.

Le memorie del cerchio di gesso

Nel dramma di Li Xingdao l’integerrimo giudice Bao riesce a fare giustizia su un caso di omicidio preterintenzionale per cui in primo appello, a causa di un processo truccato condotto da funzionari inetti e corrotti, era stata condannata a morte un’innocente. La vicenda è assai intricata e coinvolge parecchi personaggi:

Nel prologo, il patriarca dei Zhang 張 viene a mancare e la famiglia cade in disgrazia. Zhang Haitang 張海棠, la figlia, accetta di divenire la seconda moglie di Magnate Ma 馬員外 pur di salvare dalla miseria i suoi cari. Zhang Lin 張林, il fratello, deplora la sorella che scredita l’onore della famiglia. Nel primo atto, Haitang è divenuta concubina di Magnate Ma, e da questi ha avuto un figlio, Shoulang 壽郎, di ormai cinque anni. Un giorno Zhang Lin, ridotto in miseria, chiede alla sorella del denaro per andare a cercare fortuna, ma ella rifiuta. Tuttavia la prima moglie del magnate, con l’inganno, convince Haitang ad accettare la richiesta del fratello, prendendosene però non solo il merito, ma dicendo anche al marito che la seconda moglie ha un amante. Così Magnate Ma, roso dalla rabbia e dalla gelosia, si ammala; allora la prima moglie chiede alla concubina di preparare una zuppa, alla quale però, in segreto, aggiunge del veleno, e l’uomo muore. La prima moglie incolpa Haitang dell’omicidio, la quale però dichiara di non avere timore di comparire al cospetto di un giudice in quanto non è colpevole. Inizia così un acceso diverbio fra le due donne, in cui la prima moglie vuole cacciare via la seconda, senza neanche lasciarle il bambino, dicendo invece che quest’ultimo è suo figlio naturale. Haitang tuttavia le risponde che non potrà mai dimostrare questa falsità, in quanto è chiaro a tutti che il bambino è suo. La prima moglie allora compra il silenzio sulla verità di parenti e vicini di casa, si mette d’accordo con Burocrate Zhao 趙令史, suo amante, e insieme complottano di corrompere la corte. Nel secondo atto, La prima moglie e Haitang vanno in tribunale; il funzionario Su Shun 蘇順, un debosciato, delega Burocrate Zhao per risolvere il caso; quest’ultimo vuole fare confessare alla concubina di avere ucciso il marito e cospirato contro la prima moglie per sottrarle il figlio. Haitang inizia la sua difesa, ma non viene creduta, neanche quando chiama a testimoniare il figlio e questi afferma palesemente che ella è la sua vera madre. Dato che la donna continua a non confessare, Burocrate Zhao la fa torturare; sfinita dal dolore, ma anche per non perire sotto i colpi senza avere la possibilità in futuro di difendersi, confessa il crimine che non ha commesso. Così Burocrate Zhao la fa incatenare e scortare alla prefettura di Kaifeng per essere incriminata. Dopo che Haitang si è riconciliata con il fratello Zhang Lin, messo al corrente della verità, nel quarto atto avviene il processo, presieduto dal giudice Bao, il quale decide di fare luce su questa vicenda poco chiara. Egli mette in atto uno stratagemma ingegnoso per risolvere l’intricato caso. Dopo che Haitang ha raccontato nel dettaglio quanto accaduto nel primo processo, per dimostrare chi è la vera madre del bambino, il giudice chiede all’attendente Zhang Qian 張千 di tracciare un cerchio sul terreno e di porvi al suo interno il bambino. Secondo quanto proferito dal giudice, la donna che riusciràa tirare il bambino dalla  propria parte dimostrerà di essere la vera madre; così la prima moglie inizia a tirare con veemenza, mentre Haitang non tira; il giudice Bao, apparentemente, si spazientisce e chiede all’attendente di bastonare la donna. Dopo che questa è stata percossa, il giudice ordina di nuovo alle due donne di tirare il bambino, ma ancora una volta Haitang non acconsente; il giudice allora chiede di rincarare la dose di percosse. Così la madre, rivolgendosi in toni paternalistici, inizia un’accorata invocazione al giudice – che apostrofa con l’appellativo di yeye 爺爺, “padre” – spiegando le motivazioni per cui non acconsente a tirare il bambino. La donna dimostra di accettare di essere torturata, piuttosto che compiere un gesto empio e contro natura come quello di una madre che si accanisce sul corpo del proprio figlio. Il toccante monologo di Haitang, che affonda le radici nel piùprofondo senso di amore materno, permette al Giudice Bao, senza dover infierire sul corpo del bambino, di comprendere chi è la vera madre e dunque di risolvere il caso:

(包待制云)律意雖遠,人情可推。古人有言:視其所以,觀其所由,察其所安,人焉瘦哉!人焉瘦哉!你看這一個灰欄,倒也包藏著十分利害。那婦人本意要圖占馬均卿的家私,所以要強奪這孩兒,豈知其中真假,早已不辨自明瞭也。(詩云)本為家私賴子孫,灰欄辨出假和真。外相溫柔心毒狠,親者原來則是親。

GIUDICE BAO: Sebbene il senso della legge sia lontano, tuttavia i sentimenti delle persone possono essere dedotti. Gli antichi dicevano: “Osserva le sue azioni, analizza le sue motivazioni, considera quel che lo appaga. Come potrebbe dunque un uomo celare il suo carattere? Come potrebbe dunque un uomo celare il suo carattere?” Guarda questo cerchio di gesso, quali straordinarie meraviglie contiene. [Rivolto alla prima moglie:] L’intenzione originaria di quella donna era accaparrarsi i beni di Ma Junqing, per questo voleva afferrare quel bambino; forse ella non considerava che il vero e il falso presto o tardi vengono alla luce da sé, senza bisogno di discuterne.

(Declama:) Per i beni di famiglia, era disposta a imbrogliare figli e nipoti,/ Ma il cerchio di gesso è stato capace di discernere il falso dal vero./ La sua apparenza esterna è mite e innocua, ma il suo cuore è velenoso e crudele./ [Rivolto a Haitang:] Il vero genitore è lei, che ha agito come tale.

Così il bambino viene riconsegnato alla vera madre, ed entrambi vengono affidati alla tutela del fratello Zhang Lin, mentre tutti i colpevoli vengono puniti con pene piùo meno severe, in base al loro grado di colpevolezza. In questo modo viene fatta chiarezza sul processo truccato, rettificata l’erronea sentenza e risolto il caso: giustizia è fatta.

Haitang, eroina e ruolo principale (dan) dell’opera, è un personaggio positivo che incarna le virtù confuciane nella sua totalità: è una figlia intrisa di devozione filiale (xiao) che, alla morte del pater familias, accetta di divenire seconda moglie, dunque concubina, di un ricco mercante, pur di risollevare le sorti dei suo cari. La donna accetta questo destino per una questione connessa più con il dovere sociale che con la volontà personale. Haitang conferma l’alto valore morale del suo personaggio anche nel momento in cui non accetta di mettere in atto il volutamente empio stratagemma architettato dal giudice Bao per scoprire l’identità della vera madre, anche a costo di essere torturata. È nel palesare il proprio timore di procurare dolore fisico al bambino – pensiero che non sfiora neanche lontanamente la prima moglie, avida com’è di ricchezze – che la donna dimostra di essere la madre naturale di Shoulang.

Haitang dimostra inoltre la sua sincerità d’animo nella fiducia indefessa che ripone nelle istituzioni: non ha timore di comparire al cospetto del giudice perché è convinta che la corte (yamen 衙門) sarà in grado di discernere il vero dal falso, il giusto dallo sbagliato, e dunque di dimostrare la sua innocenza nell’omicidio del marito e soprattutto di essere la vera madre del bambino. Non a caso, al cospetto del giudice Bao, la donna deplora il modo in cui èstato condotto il processo dall’inetto funzionario Su Shun, che ha delegato l’interrogatorio dell’accusata e dei testimoni al corrotto burocrate Zhao, fino ad arrivare a sostenere che “Funzionari e burocrati non mi hanno mai domandato cosa fosse vero e cosa falso, cosa fosse onesto e cosa ingannevole” (官吏每再不問一個誰是誰非,誰信誰欺。).

In questo libretto il giudice Bao è il personaggio da cui prende avvio tutto il processo che ribalta la precedente sentenza con cui Haitang era stata condannata, e ripristina l’ordine. Come già nei casi giudiziari analizzati in precedenza, il giudice dimostra di fare affidamento più sulla propria arguzia e sagacia, nonché sensibilità personale, che sull’applicazione della legge sensu lato per risolvere il caso.

Il verdetto emesso dal giudice, che, sotto molti aspetti, richiama quello pronunciato dal saggio re Salomone nel racconto veterotestamentario riportato nel Primo libro dei Re (3:16-28),14)Su questo punto, cfr. Paul G. Brewster, “Salomon’s Judgment, Mahosadha, and the Hoei-kan-li”, Folklore Studies 21 (1962): 236-240; 237. Inoltre il libretto cinese, tramite la traduzione francese di Stanislas Julien del 1832 (Hoei-lan-ki ou l’histoire du cercle de craie), ispirò il dramma di Bertolt Brecht Der kaukasiche Kreidekreis, composto tra il 1944 e il 1945, dove tuttavia il giudice sentenzia in favore della balia che aveva allevato il bambino e non della madre naturale che l’aveva abbandonato. Sui riadattamenti di questo libretto, cfr. Du Wenwei, “The Chalk Circle Comes Full Circle: From Yuan Drama Through the Western Stage to Peking Opera”, Asian Theatre Journal 12, 1995: 307-325. si innesta su un sistema di valori che, ancora una volta, rispecchia la morale confuciana. Per esempio, nella sua sentenza, celandolo dietro l’espressione “Gli antichi dicevano”(guren youyan 古人有言), egli riporta alla lettera un passo tratto dai DialoghiLunyu 論語) di Confucio:

子曰:視其所以,觀其所由,察其所安,人焉瘦哉!人焉瘦哉!

Il Maestro disse: “Osserva le sue azioni, analizza le sue motivazioni, considera quel che lo appaga. Come potrebbe dunque un uomo celare il suo carattere? Come potrebbe dunque un uomo celare il suo carattere?”(II.10)15)Cfr. Confucio, Dialoghi, a cura di Tiziana Lippiello (Einaudi: Torino, 2003), 15.

Ancora, nella chiusa del suo verdetto, il giudice Bao, riferendosi ad Haitang, afferma: “Il vero genitore è lei, che ha agito come tale” (親者原來則是親。) In questa sentenza pare di cogliere un riferimento alla teoria della “rettifica dei nomi” (zhengming 正名) dello stesso Confucio, in cui il Maestro invitava ad adeguare i nomi alla realtà che sono chiamati a designare, in modo che ognuno si comporti in base al ruolo che ricopre (Dialoghi, XII.11): solo Haitang, che acconsente ad essere torturata pur di non vedere martoriato il corpo del figlio, puòessere la vera madre.

Il giudice Bao, che opera non solo con arguzia e sagacia, ma anche con senso di giustezza (yi 義), altra virtù confuciana, un concetto molto vicino all’idea di equità a cui si è accennato in precedenza, applica dunque la legge facendo affidamento più sulla componente naturale insita in sé che non su quella giuridica in senso stretto. Questo ovviamente non implica che non faccia riferimento alla legge in base all’applicazione del codice penale: lo si deduce dalle varie pene (xing 刑) che infligge ai colpevoli, dalle bastonate e dall’intercessione alle cariche pubbliche all’esilio fino alla condanna a morte.

Il modo di applicare la legge ed emettere sentenze da parte del giudice Bao ricorda per molti aspetti il passo dei Dialoghi in cui Confucio disquisisce a proposito del sovrano che governa facendo affidamento sul de 德, la forza morale intrinseca o il carisma naturale, piuttosto che sul fa 法 o zheng 政, la legge scritta, a cui invece si appellavano i sostenitori della scuola legista (fajia 法家):

子曰:道之以政,齊之以刑,民免而無恥。道之以德,齊之以禮,有恥且格。

Il Maestro disse: “Se si governa con le leggi e si mantiene l’ordine infliggendo punizioni, il popolo cercherà di evitarle ma non proverà alcun senso di vergogna. Ma se si governa con l’eccellenza morale e si mantiene l’ordine mediante l’osservanza delle norme rituali, allora nel popolo si radicheranno senso di vergogna e disciplina.” (II.3)16)Cfr. Confucio, Dialoghi, 11.

Nel passo in questione Confucio argomenta a proposito dell’arte del buon governo; con i vari distinguo, la teoria proposta risulta applicabile anche al modo in cui il giudice Bao emette la sua sentenza e ripristina l’ordine.

Può suscitare stupore il modus operandi del “funzionario puro” nel rendere giustizia: nei tre libretti analizzati si sono riscontrate una serie di pratiche decisamente poco ortodosse per dimostrare la verità sui fatti narrati. Tuttavia, come ha messo in luce la critica, nei libretti Yuan di drammi processuali il drammaturgo suscita il desiderio del pubblico per una risoluzione del caso su un piano etico ed emotivo piuttosto che razionale o intellettuale.17)Cfr. Hayden, Crime and Punishment in Medieval Chinese Drama, 4. Questo accade nel momento in cui si verifica uno scollamento tra l’applicazione della legge e la resa della giustizia; in una tale situazione, per “fare la cosa giusta” non si può che ricorrere al principio dell’equità o al senso di giustezza (yi).

 L’ingiustizia subita da Dou E

 Quando la giustizia umana non riesce ad assolvere al proprio compito, all’eroe, oppresso da una sorte avversa, non resta che fare appello alla giustizia celeste per riscattare la propria misera condizione. È questo il caso del celebre dramma Lingiustizia subita da Dou E (Dou E yuan 竇娥冤) di Guan Hanqing, in cui l’omonima protagonista, condannata a morte per un crimine che non ha commesso, consapevole che la giustizia umana – in un mondo corrotto – non è in grado di provare la sua innocenza, rivolge un’accorata invocazione al Cielo e alla Terra (Tian Di 天地), affinché dimostrino ciò che la legge degli uomini non è in grado di dimostrare. Il dramma è molto celebre, anche in virtù del fatto che la critica cinese tradizionale a inizio del secolo scorso lo annoverò fra le sette autentiche “tragedie cinesi” (Zhongguo beiju 中國悲劇).18)Cfr. Wang Guowei 王国維, Song Yuan xiqu shi 宋元戲曲 [Storia del teatro di epoca Song e Yuan] (Zhongguo Heping chubanshe: Beijing, 2014 [1915]), 118. Su questo dramma come “tragedia cinese”, cfr. Alessandro Tosco, “Like ‘an Apturned Basin’: the Death of the Heroine in the Drama Dou E yuan”, in Italian Association for Chinese Studies. Selected Papers 2, edited by Giorgio Trentin and Tommaso Pellin (Cafoscarina: Venezia, 2018), 149-159.

Nel prologo, il letterato Dou Tianzhang 竇天章, dopo aver perso la moglie, si indebita con una vecchia usuraia di nome Madama Cai 蔡婆婆. Per estinguere il suo debito, le affida la figlia Dou Duanyun 竇端云di sette anni, affinché un giorno sposi suo figlio e diventi dunque sua nuora. Così Dou Tianzhang parte per la capitale al fine di sostenere gli esami imperiali. Nel primo atto, tredici anni più tardi, Dou Duanyun, che ha preso il nome di Dou E 竇娥, è divenuta vedova. Nel frattempo, Dottor Lu l’Impareggiabile 賽盧醫, indebitato con Madama Cai, tenta di strangolarla, ma costei viene salvata da due balordi di passaggio, Vecchio Zhang 老張 e suo figlio Asino Zhang 張鱸兒; come ricompensa, costoro chiedono di poter sposare rispettivamente la signora e sua nuora Dou E, ma quest’ultima, fedele al rispetto della vedovanza prescritto dal rito, rifiuta categoricamente di contrarre nuove nozze. Nel secondo atto, Asino Zhang escogita un piano per avvelenare Madama Cai, al fine di costringere Dou E a sposarlo; approfittando della malattia della signora, costui versa nella zuppa preparata dalla giovane del veleno comprato da Dottor Lu l’Impareggiabile. Tuttavia, per eventi fortuiti, Madama Cai fa mangiare la zuppa a Vecchio Zhang, il quale muore all’istante. Asino Zhang allora intima Dou E di sposarlo, dicendo che altrimenti la denunceràcome colpevole della morte di suo padre. La donna, fiduciosa nelle istituzioni e nella legge che dimostrerannola sua innocenza, non cede al suo ricatto. Così Asino Zhang la trascina in tribunale, dove il prefetto Tao Wu 桃杌太守 la fa frustare per tre volte, senza prestare ascolto alle sue dichiarazioni di innocenza. Solo dopo che il prefetto ordina di torturare Madama Cai, Dou E, per evitare che la suocera subisca questo terribile patimento, confessa il crimine. Viene così condannata alla pena capitale. Nel terzo atto, dinanzi al patibolo, poco prima dell’esecuzione, la pia donna, invocando il Cielo, annuncia tre profezie atte a dimostrare la sua innocenza: che il suo sangue, invece di colare sul suolo, schizzi sugli stendardi bianchi che delimitano il luogo dell’esecuzione; che, sebbene sia la stagione più torrida dell’anno, una coltre di neve cada dal Cielo e ricopra il suo cadavere; che tutta la regione venga colpita da una pesante siccità della durata di tre anni. Il boia non ha ancora sferrato il colpo mortale, che le tre profezie iniziano ad avverarsi. Nel quarto atto, il padre di Dou E, ormai divenuto un alto funzionario con l’incarico di revisore dei processi, fa ritorno dopo molti anni di assenza. Così Dou E gli appare sotto forma di spirito (hun 魂) per chiedergli di fare luce sul suo caso e di dimostrare la sua innocenza. In questo modo Asino Zhang e gli altri coinvolti nella vicenda vengono puniti per i reati commessi.

A differenza di Haitang, protagonista del dramma di Li Xingdao, Dou E, vittima di un sistema malato gestito da giudici corrotti e incompetenti, paga con la propria vita un crimine che non ha commesso. Cosìcome Burocrate Zhao e il funzionario Su Shun, il prefetto Tao Wu, chiamato a deliberare sul caso della pia vedova, si lascia tentare da bustarelle e tangenti; questo lo palesa nel secondo atto, quando entra in scena e declama:

我做官人勝別人,告狀來的要金銀。若是上司當刷卷,在家推病不出門。

Sono il giudice migliore di chiunque altro,/ Da uno che viene a intentare una causa, io pretendo oro e argento./ Se un funzionario superiore verrà a fare un’ispezione,/ Io me ne starò a casa, dandomi per malato, così da non dover uscire.

E ancora poco dopo, quando Asino Zhang e Dou E, arrivati in tribunale, si prostrano alla sua presenza, anche lui si inginocchia. Interrogato dal suo attendente sul perchési prostri davanti a un querelante e una querelata, egli così risponde:

你不知道,但來告狀的,就是我衣食父母。

Tu non lo sai, ma coloro che vengono a intentare una causa, per me sono come mio padre e mia madre che provvedono al mio nutrimento e al mio vestiario.

Davanti a siffatta dilagante corruzione, Dou E non può che confessare di avere avvelenato Vecchio Zhang; la sua ammissione di colpevolezza avviene come atto di estrema devozione nei confronti della vecchia suocera, per evitare che costei venga torturata, fino a perire. In questo modo la pia nuora dimostra di rifarsi ai dettami delle “tre obbedienze e quattro virtù” (sancong side 三從四德),19)L’espressione fa riferimento al codice etico a cui doveva attenersi una donna virtuosa – inteso nel senso confuciano del termine – sia nella famiglia di origine sia in quella in cui sarebbe entrata come sposa. aderendo perfettamente ai precetti confuciani di comportamento femminile.

Schiacciata da un destino ingrato, Dou E constata come la malvagità umana possa infierire su un essere umano – una donna, dettaglio non trascurabile – solo e indifeso, arrivando ad affermare che il mondo può divenire “un bacile capovolto il cui interno non è rischiarato dalla luce del sole” (复盆不照太阳辉), ovvero che un individuo retto e onesto possa venire violato da suoi simili corrotti e senza scrupoli.

Nel momento in cui realizza che nel mondo degli uomini non può trovare giustizia, alla donna non rimane che intonare un’accorata invocazione al Cielo e alla Terra affinché intervengano in sua difesa e dimostrino la sua innocenza. Il canto sembra esprimere una sorta di sfiducia dell’eroina nei confronti di questi che l’hanno abbandonata al proprio destino, tuttavia non si scaglia mai contro queste entitàcon parole dure e violente e non dimostra neppure l’intenzione di volere apertamente entrarvi in conflitto:

有日月朝暮懸,有鬼神掌著生死權,天地也,只合把清濁分辨,可怎生糊突了盜蹠、顏淵?為善的受貧窮更命短,造惡的享富貴又壽延。天地也,做得個怕硬欺軟,卻元來也這般順水推船。地也,你不分好歹何為地?天也,你錯勘賢愚枉做天!哎,只落得兩淚漣漣。

Sole e luna sono sospesi di giorno e di notte,/ Spiriti e divinità tengono in pugno il diritto di vita e di morte./ Il Cielo e la Terra dovrebbero discernere il limpido dal torbido,/ Com’è possibile che confusamente scambino Dao Zhi con Yan Yuan?20)Dao Zhi 盜蹠 e Yan Yuan 顏淵 sono due personaggi vissuti al tempo delle Primavere e Autunni 春秋 (770-454 a.C.). Il primo era un feroce bandito, in seguito divenuto il cattivo per antonomasia. Il secondo invece, meglio conosciuto come Yan Hui 顏回 (521-481 a.C.) era uno dei discepoli favoriti di Confucio; era un uomo nobile di animo che visse sempre nel rispetto della morale. / Chi opera il bene soffre la povertà e in più vive una vita breve,/ Chi compie il male gode di ricchezze e inoltre ha un destino longevo./ O’ Cielo, o’ Terra,/ Agite come se temeste i forti e vessaste i deboli,/ Così facendo, spingete la barca seguendo la corrente./ O’ Terra,/ Non distingui il bene dal male, come puoi essere la Terra!/ O’ Cielo,/ Erroneamente confondi il saggio con lo stolto, invano sei chiamato Cielo!/ Oh! Mi rimangono solo due rivoli di lacrime che colano copiose.

In questo canto, cosìcome nell’evocativa immagine del bacile capovolto, è possibile cogliere un grido di dolore causato dalla scoperta non solo dell’ingiustizia subita (yuan 冤), ma addirittura del male stesso. In questi versi Dou E esprime il proprio scoramento nel constatare di vivere in un mondo ormai sprofondato nelle tenebre. Non solo questo mondo è stato abbandonato dalle entità celesti, ma le entità celesti stesse sembrano cospirare con il male contro il bene, dove vero e falso, giusto e sbagliato si confondono e non è più possibile discernere il limpido dal torbido. Inseriti all’interno del sistema di valori tradizionali cinesi, questi versi desolati appaiono poco convenzionali.

Cielo e Terra, ovviamente, non possono permettere che un’innocente subisca questa grave ingiustizia e vengono in soccorso della pia donna; nel terzo atto, nel momento in cui il boia è intento a brandire la scure per sferrare il colpo mortale, il funzionario supervisore delle esecuzioni capitali, sconcertato, esclama: “Ah! Sta veramente nevicando, che strano fenomeno!” (呀, 真個下雪了, 有這等異事!). Sarebbe ancora in tempo per risparmiarle la vita, ma pochi secondi dopo la testa dell’accusata cade. Il Cielo si fa quindi testimone dell’innocenza della donna, esaudendo fin da subito la prima delle tre profezie.

Nell’ultimo atto avviene la riabilitazione della protagonista. Lo spirito di Dou E ritorna in scena e appare al padre; dopo essersi riconosciuti, la figlia, in una scenetta che trascolora quasi nel comico – che stride col tono gravoso di tutta l’opera –, chiede al genitore di fare chiarezza sul suo caso e ripristinare il suo onore. Così avviene. Egli emette una nuova sentenza21)Come Dou Tianzhang afferma appena entra in scena nel quarto atto, egli non solo possiede “la spada della potestà e la tavoletta d’oro” (shijian jinpai), ma ha anche ottenuto il mandato per “prima giustiziare [un colpevole] e poi fare rapporto all’autorità imperiale” (xian zhan you zhou 先斬後奏), che palesa il grande potere che detiene e il favore di cui gode a corte.. con la quale decreta che Asino Zhang, il vero colpevole, venga condannato a una morte atroce per smembramento e Dottor Lu l’Impareggiabile venga punito con l’esilio in una landa desolata costretto ai lavori forzati: l’onore di Dou E è dunque riscattato. È la messa in atto della legge della retribuzione (baoying 報應), ovvero della retribuzione secondo i propri meriti, un principio di chiara tradizione buddhista sovente utilizzato nei libretti Yuan come espediente narrativo anche per sciogliere l’intrigo. In questo modo, attraverso un sistema di valori che si innesta non solo sulla morale confuciana ma anche sulla religiosità daoista e buddhista, lo spettatore viene rinfrancato dalla consapevolezza di poter fare affidamento sulla intellegibile benevolenza dell’Universo.

La breve analisi di alcuni drammi Yuan ivi presentata ha cercato di mostrare vari modelli narrativi con cui è stata portata in scena l’idea di giustizia, quale emerge dall’immaginario collettivo del popolo cinese che la esperiva filtrata attraverso  il prisma della morale confuciana.

Nell’architettura narrativa di queste opere, dove la giustizia viene applicata in modi differenti portando quindi a esiti differenti, è possibile scorgere un nucleo centrale che le accomuna: i protagonisti sono sempre personaggi nobili di animo (junzi 君子), nel senso confuciano del termine, costretti a subire i soprusi degli uomini dappoco (xiaoren 小人). Agli eroi e alle eroine, autentici junzi, a volte non restava che ricorrere ai tribunali e alle corti di giustizia per denunciare le angherie subite e fare valere i propri diritti, ma spesso questi luoghi erano amministrati da quegli stessi xiaoren che si voleva incriminare. In questo si palesa la carica di denuncia trasmessa da questi libretti, anche in relazione ai conquistatori mongoli oppressori.22)Il primo letterato ad avvalorare questa teoria fu Zheng Zhenduo 鄭振鐸 nel 1934, condivisa da molti altri studiosi. Cfr. Zheng Zhenduo, “Yuandai gong’an ju chansheng de yuanyin ji qi tezhi 元代公案劇產生的原因及其特質” [Le ragioni della produzione dei drammi di casi giudiziari di epoca Yuan e le loro caratteristiche], in Zheng Zhenduo, Zhongguo wenxue yanjiu 中國文學研究 [Studi sulla letteraura cinese] (Zuojia chubanshe: Beijing, 1957), vol. II, 511-534. Al di là degli eventi storici contingenti e del mero fine della denuncia sociale, tuttavia, è possibile supporre che la fruizione di questi drammi offrisse allo spettatore, in qualche modo, una possibilità catartica, sulla scia di quanto teorizzato dal filosofo Aristotele. In questo modo l’arte restituiva un mondo giusto negato alla realtà.  

Sebbene gli uomini dappoco, di norma ricchi e potenti, cercassero di prevalere sui più deboli, facendo affidamento sul loro status sociale, alla fine la giustizia, intesa come principio, trionfava sempre tramite l’operato di “funzionari puri”, uomini nobili di animo che agivano mossi da un senso di equità. D’altro canto, come ha messo in luce la critica, queste figure di magistrati e prefetti integerrimi sono stati considerati, tanto nella Cina classica quanto in quella moderna, gli strenui difensori dei più alti valori morali e spirituali della tradizione cinese.23)A riguardo, cfr. Yu Tieqiu 于铁丘, Qingguan chongbai tan: Cong Bao Zheng dao Hai Rui 清关崇拜谈从包拯到海瑞 [Sulla venerazione del “funzionario puro”: da Bao Zheng a Hai Rui] (Ji’nan chubanshe: Ji’nan, 2004). Quando il solo operato dei funzionari moralmente integri ancora non era sufficiente, allora si faceva appello al Cielo, che puntualmente si mostrava benevolo verso chi subiva una palese ingiustizia.

In questo modo lo spettatore aveva la possibilità di entrare in empatia nei confronti dell’apparato burocratico imperiale, comprendendo che questo, perseguendo la giustizia e operando con equità, agiva in favore del popolo, con lo stesso acume con cui quel frate Guglielmo di cui si parlava all’inizio indagava per dimostrare l’“innocenza dell’accusato”.

Tosco, Discernere il limpido dal torbido PDF

Immagine: Attori nell’epoca Yuan, da Wikimedia Commons

Alessandro Tosco, dottore di ricerca in Studi Euro-asiatici presso l’Università di Torino, ha approfondito lo studio della lingua cinese presso la Beijing Language and Culture University e la East China Normal University of Shanghai. Attualmente è ricercatore di Lingua e Letteratura Cinese presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”. Il suo campo di ricerca riguarda la letteratura cinese classica, con particolare attenzione per la produzione teatrale di epoca mongola. Su questo argomento ha recentemente pubblicato l’edizione critica del dramma L’autunno nel palazzo degli Han di Ma Zhiyuan (Aracne, Roma, 2018).

 

References
1 Umberto Eco, Il nome della rosa (Bompiani: Milano, 2016 [1980]), 41.
2 Shih Chung-wen, The Golden Age of Chinese Drama: Yuan Tsa-chu (Princeton University Press: Princeton, 1976), 100.
3 Sulle ragioni della nascita e dello sviluppo del teatro in epoca Yuan, cfr. Liao Ben 廖奔, Liu Yanjun 刘彦君, Zhongguo xiqu fazhan shi 中国戏曲发展史 [Storia dell’evoluzione del teatro cinese] (Zhongguo xiju chubanshe: Beijing, 2013), vol. II, 3-13.
4 Cfr. James Crump, “The Elements of Yüan Opera”, The Journal of Asian Studies, 17, 3, 1958, 417-434; 420.
5 Cfr. Gudai Hanyu cidian 古代汉语词典 [Dizionario di lingua cinese classica] (Shangwu yinshuguan: Beijing, 2016), 434.
6 Sulla dinastia Yuan e sul suo sistema politico, cfr. John W. Dardess, “Storia politica e istituzionale della Cina dal 150 al 1850”, in Mario Sabattini, Maurizio Scarpari (a cura di),La Cina vol. II: L’età imperiale dai Tre Regni ai Qing (Einaudi: Torino, 2010) 5-115; 76-81. Sull’applicazione della legge al tempo degli Yuan, cfr. Michele Bernardini, Donatella Guida, I Mongoli. Espansione, imperi, eredità (Einaudi: Torino, 2012), 161-165. 
7 Cfr. George A. Hayden, Crime and Punishment in Medieval Chinese Drama: Three Judge Pao Plays (Harvard University Press:  Cambridge, 1990), 6-7.
8 Cfr. Tuo Tuo 脫脫, Songshi 宋史 [Storia dei Song] (Zhonghua shuju: Beijing, 1985), vol. LXXV, 10315-10318.
9 Cfr. Wilt L. Idema, Judge Bao and the Rule of Law: Eight Ballad-Stories from the Period 1250-1450 (World Scientific Publishing: Singapore, 2009), XII.
10 Cfr. He Feng 何峰, “Lüelun Bao Zheng yu Zhongguo de qingguan wenhua” 略論包拯與中國的清官文化 [A proposito di Bao Zheng e della cultura del “funzionario puro” in Cina], Journal of Hefei University, 27, 2010, 28-32.
11 L’analisi dei drammi è stata condotta sul testo contenuto in Zang Maoxun 藏懋循, Yuanqu xuan 元曲選 [Selezione dei drammi cantati Yuan] (Zhonghua shuju chuban: Beijing, 1958 [1616]), 2 voll. Salvo dove diversamente specificato, le traduzioni sono a cura di chi scrive.
12 I Quattro libri, che comprendono lo stesso Mengzi, assieme ai Cinque classici (Wujing五經), fanno parte del canone confuciano, e, per tutta la storia della Cina imperiale, la loro perfetta conoscenza era conditio sine qua non per superare gli esami imperiali e accedere alla carriera burocratica.
13 Queste considerazioni trovano riscontro in quanto argomentato da Wilt Idema, che basa la sua analisi sulle ballate (shuochang cihua) di epoca Song. Cfr. Idema, Judge Bao and the Rule of Law, XXVIII.
14 Su questo punto, cfr. Paul G. Brewster, “Salomon’s Judgment, Mahosadha, and the Hoei-kan-li”, Folklore Studies 21 (1962): 236-240; 237. Inoltre il libretto cinese, tramite la traduzione francese di Stanislas Julien del 1832 (Hoei-lan-ki ou l’histoire du cercle de craie), ispirò il dramma di Bertolt Brecht Der kaukasiche Kreidekreis, composto tra il 1944 e il 1945, dove tuttavia il giudice sentenzia in favore della balia che aveva allevato il bambino e non della madre naturale che l’aveva abbandonato. Sui riadattamenti di questo libretto, cfr. Du Wenwei, “The Chalk Circle Comes Full Circle: From Yuan Drama Through the Western Stage to Peking Opera”, Asian Theatre Journal 12, 1995: 307-325.
15 Cfr. Confucio, Dialoghi, a cura di Tiziana Lippiello (Einaudi: Torino, 2003), 15.
16 Cfr. Confucio, Dialoghi, 11.
17 Cfr. Hayden, Crime and Punishment in Medieval Chinese Drama, 4.
18 Cfr. Wang Guowei 王国維, Song Yuan xiqu shi 宋元戲曲 [Storia del teatro di epoca Song e Yuan] (Zhongguo Heping chubanshe: Beijing, 2014 [1915]), 118. Su questo dramma come “tragedia cinese”, cfr. Alessandro Tosco, “Like ‘an Apturned Basin’: the Death of the Heroine in the Drama Dou E yuan”, in Italian Association for Chinese Studies. Selected Papers 2, edited by Giorgio Trentin and Tommaso Pellin (Cafoscarina: Venezia, 2018), 149-159.
19 L’espressione fa riferimento al codice etico a cui doveva attenersi una donna virtuosa – inteso nel senso confuciano del termine – sia nella famiglia di origine sia in quella in cui sarebbe entrata come sposa.
20 Dao Zhi 盜蹠 e Yan Yuan 顏淵 sono due personaggi vissuti al tempo delle Primavere e Autunni 春秋 (770-454 a.C.). Il primo era un feroce bandito, in seguito divenuto il cattivo per antonomasia. Il secondo invece, meglio conosciuto come Yan Hui 顏回 (521-481 a.C.) era uno dei discepoli favoriti di Confucio; era un uomo nobile di animo che visse sempre nel rispetto della morale.
21 Come Dou Tianzhang afferma appena entra in scena nel quarto atto, egli non solo possiede “la spada della potestà e la tavoletta d’oro” (shijian jinpai), ma ha anche ottenuto il mandato per “prima giustiziare [un colpevole] e poi fare rapporto all’autorità imperiale” (xian zhan you zhou 先斬後奏), che palesa il grande potere che detiene e il favore di cui gode a corte..
22 Il primo letterato ad avvalorare questa teoria fu Zheng Zhenduo 鄭振鐸 nel 1934, condivisa da molti altri studiosi. Cfr. Zheng Zhenduo, “Yuandai gong’an ju chansheng de yuanyin ji qi tezhi 元代公案劇產生的原因及其特質” [Le ragioni della produzione dei drammi di casi giudiziari di epoca Yuan e le loro caratteristiche], in Zheng Zhenduo, Zhongguo wenxue yanjiu 中國文學研究 [Studi sulla letteraura cinese] (Zuojia chubanshe: Beijing, 1957), vol. II, 511-534.
23 A riguardo, cfr. Yu Tieqiu 于铁丘, Qingguan chongbai tan: Cong Bao Zheng dao Hai Rui 清关崇拜谈从包拯到海瑞 [Sulla venerazione del “funzionario puro”: da Bao Zheng a Hai Rui] (Ji’nan chubanshe: Ji’nan, 2004).