La relazione tra autorità centrale e minoranze periferiche in Cina è essenzialmente una relazione spaziale, dove la distanza dal centro misura il grado di civiltà dei popoli che abitano lo spazio sotto il cielo. La frontiera, in quanto luogo lontano, è percepita come intrinsecamente fragile e instabile e dunque, bisognosa di essere “civilizzata”, o meglio “trasformata”, come la parola “cultura” (wenhua 文化) suggerisce.1)Stevan Harrell (a cura di), Cultural Encounters on China’s Ethnic Frontiers (University of Washington Press: Seattle, WA, 1995), 7.
Dopo la Rivoluzione Culturale (1966-1976) e, ancor più, dopo il crollo dell’URSS (1991), la civilizzazione della frontiera cinese ha coinciso con la sua modernizzazione, intesa sia come sviluppo tecnologico-infrastrutturale, sia come arginamento dei separatismo etnico-religioso, in particolare quelli tibetano e uiguro.
Sotto la leadership di Xi Jinping (2012-), il messaggio armonizzante di una Cina coesa e multietnica è stato proiettato non solo attraverso una propaganda interna, incentrata sulla solidarietà etnica (minzu tuanjie 民族团结) su cui poggerebbe l’unione dei 56 popoli della RPC nella comune lotta (fendou 奋斗) per il progresso nazionale, ma anche attraverso una progressiva turisticizzazione etnicizzante dello spazio pubblico, ad uso e consumo tanto dei visitatori forestieri, quanto delle minoranze, queste ultime insieme oggetto e agenti del nascente mercato turistico.
In contesti periferici dove l’identità etnica è definita principalmente dalla pratica religiosa – come nel caso delle province nordoccidentali della Cina o dello Yunnan, dove i musulmani “etnici” sono culturalmente dominanti – la religione ha trovato nuova legittimità attraverso iniziative dalle designazioni laiche di “tradizione”, “turismo”, o meglio, “patrimonio”, inteso sia come cultura materiale che ‘intangibile’ (feiwuzhi wenhua yichan 非物质文化遗产) – dal matrimonio salar, alla danza del falco dei tagiki, alle canzoni Hua’er degli hui – protette dai ministeri delle Finanze e della Cultura, in seguito all’adesione della Cina all’appello per la protezione delle tradizioni umane mondiali, orali e non-materiali, lanciato dall’Unesco nell’ottobre del 2003.2)Francesca Rosati, L’Islam in Cina (L’Asino d’Oro: Roma 2017), 240.
D’altro canto, sotto la guida totalizzante di Xi Jinping, il Partito usa la turisticizzazione etnica anche come mezzo per accelerare il progetto di sinificazione (zhongguohua 中国化) delle culture periferiche. Per ciò che concerne l’Islam, a partire dal lancio della Nuova via della seta nel 2013 e dall’approvazione del Tredicesimo piano quinquennale (2016-2020) adottato nel marzo 2016 dall’Assemblea nazionale popolare cinese – il controllo esercitato sulla pratica religiosa si è fatto più massiccio, andando ben oltre il sovente citato Xinjiang, per allargarsi, seppur meno aggressivamente, al resto del nordovest (Xibei 西北) del paese. Il PCC si propone di reprimere quelle che nel gergo socialista “con caratteristiche cinesi” sono indicate come le “tre tendenze e le due febbri” (san hua, liang re 三化,两热), accusate didisturbare l’armonia etnica e l’unità nazionale:l’arabizzazione, la sa’udizzazione e la pan-halalizzazione (cioè, ogni espressione estetica e linguistica percepita come “imitante” il Medioriente a scapito della tradizione islamica “cinese”, oltre che un uso esasperato del ‘marchio’ halal sconfinante in domini non alimentari), nonché il compimento dello hajj e l’edificazione di moschee.
Lo sviluppo dei percorsi terrestri della nuova via della seta che dal Xibei collegano la Cina con l’Eurasia e la riforma del sistema economico e strutturale del paese, di cui il Nord-Ovest rappresenta la parte più arretrata, è, dunque, una chance e insieme una conditio sine qua non per il Partito di mitigare il fervore religioso locale.
Lungi dal considerare le minoranze etniche come ricettacoli passivi di politiche preconfezionate dall’alto, ma tenendo bene a mente il rapporto gerarchico che regola la relazione tra Partito centrale e minoranze, questo breve saggio cercherà di offrire spunti di riflessione sulle implicazioni delle politiche di sviluppo del turismo nelle zone ad alta densità musulmana, attraverso la descrizione del quartiere “otto rioni e tredici vicoli” nel cuore della città di Linxia, la “Piccola Mecca cinese”, situata nel Gansu sudoccidentale.
Linxia, l’Islam, il Partito e il turismo. Un’introduzione
Incastonata nella valle del fiume Daxia – tributario del Fiume Giallo – tra l’altopiano tibetano e quello del Loess su un’area di circa 88.6 km², Linxia 临夏, è la città-contea capoluogo dell’omonima Prefettura Autonoma Hui del Gansu, sita a sudovest di Lanzhou, capoluogo provinciale, da cui dista circa due ore di macchina. Nota con il nome di “Hezhou” 河州 (“la divisione amministrativa lungo il fiume”) fino al 1928, fu sin dall’antichità crocevia dei traffici commercialiche si snodavano lungo il corridoio dello Hexi, storico passaggio di merci e spezie, del commercio di tè e cavalli, del tratto meridionale dell’antica via della seta che collegava Samarcanda a Xi’an.
Terra di scontri dottrinali e di sanguinose battaglie durante le rivolte anti-mancesi tra il XVIII e la seconda metà del XIX secolo, e quartier generale di alcuni membri dei potenti clan musulmani “Ma” che dominarono il Nord-Ovest del paese prima dell’avvento comunista, Linxia è conosciuta nelle cronache di viaggio e nelle guide turistiche come la “Piccola Mecca cinese” (Zhongguo de xiao maijia 中国的小麦加), essendo uno dei maggiori centri islamici e luoghi sacri del Sunnismo hanafita cinese compreso nella “cintura coranica”3)Raphael Israeli & Adam Gardner-Rush, “Sectarian Islam and Sino-Muslim Identity in China”, The Muslim World, 90, 2000, 451. che attraversa le province nordoccidentali del paese (Gansu, Ningxia, Qinghai e Xinjiang).
Su una popolazione totale di quasi 300.000 individui,4)[1]http://www.citypopulation.de/en/china/gansu/admin/l%C3%ADnxi%C3%A0_hu%C3%ADz%C3%BA_z%C3%ACzh%C3%ACzh%C5%8D/622901__l%C3%ADnxi%C3%A0/ la città è abitata per oltre il 50% da musulmani “etnici”, che costituiscono quattro delle dieci minoranze di fede islamica identificate con la “classificazione etnica” (minzu shibe 民族识别) implementata in Cina dal Partito tra il 1953 ed il 1979: i sinofoni Hui (45.03%), i mongolofoni Dongxiang (5.01%) e Bonan e i turcofoni Salar (i due, sommati, meno dell’ 1%)5)Zhonggong Linxiazhou wei tongzhanbu, 中共临夏州委统战部, et al., 临夏回族自治州民族团结进步教育读本 Linxia huizu zizhizhou minzu tuanjie jingpu jiaoyu duben [Quaderni di studio per il progresso dell’unità nazionale della Prefettura Autonona Hui di Linxia](Gansu renmin chubanshe: Lanzhou, 2010), 5; 28; 33; 35; 37.
A differenza dei contesti sociali come quello dello Xinjiang, dove le tensioni tra la maggioranza Han e i musulmani Uyguri e Kazaki assumono una connotazione marcatamente etnica (Byler),6)Diversi scritti di Darren Byler affrontano il tema, per una bibliografia parziale si veda: https://supchina.com/author/darrenbyler/. nella “Piccola Mecca” è l’affiliazione religiosa più che lo status etnico (minzu shenfen 民族身份) a differenziare i musulmani gli uni dagli altri, e a farli riconoscersi come “comunità di credenti” rispetto alle altre minoranze – tibetani e Tu – che praticano il taoismo (21.8%), il buddismo (5.3%), il cristianesimo (0.5%),7)Calcolo basato sui monumenti presenti sul territorio e non sui fedeli, nell’anno 2005. Linxiashi difangzhi bianzuan weiyuanhui 临夏市地方志编纂委员会 [Comitato editoriale degli Annali della Città di Linxia]: Annali della Città di Linxia, Lincia shizhi 临夏市志 1995-2005, (Gansu renmin chubanshe: Lanzhou, 1995), 749. ma soprattutto rispetto alla “grande massa” (dazhong) Han (48%), grande consumatrice di carne di maiale.
Acquisita alla nascita, per matrimonio esogamico o per scelta individuale, l’affiliazione a specifici gruppi islamici si esprime attraverso pratiche religiose dottrinalmente distintive di ciascun gruppo raccolto attorno ad una moschea o a un mausoleo-monastero sufi.
D’altro canto, è lo status etnico a garantire ai musulmani locali il diritto a un parziale autonomia amministrativa (zizhi 自治) in quanto minoranze numericamente importanti della Prefettura Autonoma Hui della Regione di Linxia (stabilita nel 1956). Tuttavia, benché i governatori prefetturali siano solitamente membri del gruppo etnico maggioritario locale – gli Hui – l’autorità resta nelle mani dei dirigenti del PCC, posizione tradizionalmente riservata ai funzionari Han; infatti se l’attuale governatore delle prefettura di Linxia, Ma Xiangzhong, (1954) è di etnia Hui, il segretario del Partito, Guo Heli (1964), è Han.
Il PCC rimane dunque, referente unico e arbitro delle politiche religiose, che dirama localmente attraverso una fitta rete di associazioni islamiche e di agenzie delle politiche etnico-religiose, coordinate dall’Ufficio degli Affari Religiosi, dipendente a sua volta dal Fronte Centrale Unito.
Il suo controllo non si estende solo alla religione in senso stretto –formando cioè imam “patriottici”, limitando la circolazione dei testi religiosi e innalzando alla maggiore età l’iscrizione alle madrase – ma riguarda anche un altro aspetto ancora poco trattato dagli studi accademici: la pianificazione e gli ampliamenti dello spazio sacro e di quello pubblico, attraverso una periodica diramazione di regolamenti su progetti di urbanizzazione che rivelano via via visioni politico-economiche aggiornate sul rapporto tra potere centrale e minoranze periferiche, anche in chiave turistica.
Le politiche di “riforma e apertura” promosse da Deng Xiaoping all’inizio degli anni ’80 segnarono il passaggio dall’economia pianificata a quella socialista di mercato, aprendo la Cina agli stranieri e al contempo, innescando la “febbre culturale” (wenhua re 文化热) del turismo ‘interno’ verso le regioni di frontiera.8)Zang Xiaowei, Ethnicity in China (Polity: Cambridge, 2015), 38. Dopo gli anni bui della Rivoluzione Culturale (1966-1976), i cinesi scoprivano il paesaggio, il patrimonio artistico e le culture dei popoli non-Han, ora considerati “esotici” anziché arretrati; il turismo no-profit, concepito solo a uso governativo e diplomatico nel periodo maoista, diventava ora un fattore strategico per lo sviluppo economico del paese.9)Honggen Xiao, “The discourse of power: Deng Xiaoping and tourism development in China”, Tourism Management, 27, 5, 2006, 803-814. Per tutti gli anni ’80 e ’90 tuttavia, il Nord-Ovest rimase marginale nel quadro delle riforme economiche denghiste, rispetto alla Cina sudorientale, aperta agli investimenti stranieri e più ricca di infrastrutture.10)Michael Dillon, Xinjiang – China’s Muslim Far Northwest (Routledge: London& NY, 2004), 47.
Un cambiamento significativo vi fu con il “Grande sviluppo dell’Ovest” (xibu dakaifa 西部大开发), un piano lanciato da Jiang Zemin nel 1999 per la modernizzazione delle province nordoccidentali.
Sull’onda di questi nuovi impulsi, nel 2000 a Linxia fu creato l’ufficio per il turismo, cui seguì, nel 2002, l’approvazione di un piano per la promozione del settore turistico locale con la riqualificazione degli spazi pubblici, la valorizzazione della cucina etnica e delle industrie tessile e manifatturiera. Questi sforzi fruttarono circa 5.800.000 yuan nel 2001 (circa 700.500 euro), e oltre 34 mila 300 milioni nel 2005 (oltre 3 milioni di euro). Tuttavia, la mancanza di adeguate infrastrutture, dal settore alberghiero a quello dei trasporti, restava un grande handicap che rifletteva la situazione generale dell’arretrata provincia del Gansu, con un PIL tra i più bassi del paese.11)CEIC, Gross domestic product per-capita.
La promozione dell’industria turistica in Gansu ha subìto una grande accelerazione con il lancio dell’iniziativa dell’iniziativa one belt, one road (abbr. OBOR; yidai yilu 一带一路) annunciata da Xi Jinping nel 2013, che ha riconosciuto al Gansu il suo ruolo chiave di accesso all’Asia Centrale sfruttando il potenziale delle sue bellezze paesaggistiche, artistiche e culturali.
Sull’onda di questo nuovo impulso, l’assetto urbanistico e territoriale della città di Linxia è cambiato, nell’ambito di un piano di sviluppo economico che aveva per obiettivo –anche attraverso il potenziamento del settore turistico – il raggiungimento della “società moderatamente prosperosa” (xiaokang shehui 小康社会)– ovvero dell’innalzamento della ricchezza pro capite locale – entro il 2020.
Tra il 2015 e il 2016, in previsione dei giochi sportivi provinciali del Gansu del 2018, lo stato ha investito 850 milioni di yuan (pari a quasi 108 milioni, 900 mila euro) per la costruzione di grandi opere, in primis, uno stadio, un museo e il maestoso teatro ispirato alla cupola della moschea del venerdì di Nizwa (Oman). Grazie a queste iniziative, aggiuntesi alla tradizionale passeggiata lungo il “viale delle peonie”, al rifacimento dei vari parchi del suo circuito urbano, e alla presenza dei suoi meravigliosi mausolei sufi, nel 2018 Linxia ha accolto 7.648.500 turisti, per un profitto di 3.412 miliardi di yuan (circa 437 miliardi di euro), qualificandosi a buon diritto tra le mete ambite lungo il corridoio dello Hexi, accanto a Dunhuang, Lanzhou e Xiahe.12)Linxiashi renmin zhengfuwang 临夏市人民政府门户网 [Sito del governo popolare della città di Linxia],2018,Linxiashi ba lüyou dajuan xiezai renmin xinkan shang 临夏市把旅游答卷写在人民心坎上 [La città di Linxia ].
Dal punto di vista dell’organizzazione socio-spaziale, l’edificazione di grandi edifici moderni destinati a ospitare eventi di massa nell’area nordorientale della città ha contribuito a ‘secolarizzare’ il paesaggio urbano, creando un divario evidente rispetto alla parte sudoccidentale, dove si concentra la popolazione di fede islamica e i suoi luoghi di culto.
Come si evince, per esempio, dai theme parksdel tipo del Chinese Hui Culture Park nel Ningxia o dell’insediamento musulmano di Shadian, nello Yunnan, dove la moschea è tra le principali attrazioni del complesso turistico, anche in Cina, la turistificazione ha fagocitato lo spazio tradizionalmente riservato al rituale religioso.13)Tommaso Previato, “Le minoranze musulmane nel quadro delle relazioni sino-arabe. Vecchi e nuovi processi di inclusione”, Sinosfere, Potere, aprile 2019. Tuttavia, mentre a Shadian i musulmani locali vedevano nella visita dei turisti alla moschea un’occasione di proselitismo,14)Masashi Nara, “A Change in the Ethnicity/Religiosity of the Hui people and Tourism Development. A Case Study of Hui Muslim Society in Yunnan Province, China”, Paper presentato all’International Symposium “Ethnicities in China and their Interaction with Global Society in the era of OBOR”. Waseda University, Tokyo, 22/11/2018. a Linxia invece, ancora oggi, le moschee e i mausolei-monasteri locali sono piuttosto refrattari alla commercializzazione del luogo di culto, che rende poroso il confine tra funzione religiosa e “funzione turistica”.15)Marco d’Eramo, Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo (Feltrinelli: Milano, 2017), 84 (ebook).
Tuttavia, è innegabile che anche la “Piccola Mecca” si stia volente o nolente aprendo al turismo etno-folklorico, come si evince dal recente rifacimento del quartiere “otto rioni e tredici vicoli”.
Il quartiere turistico “otto rioni e tredici vicoli” nel cuore della “Piccola Mecca cinese”
Nonostante i musulmani siano sparsi per le quattro “circoscrizioni municipali” (zhen 镇), i 41 villaggi amministrativi (cun 村) e i sei quartieri residenziali (banshichu 办事处) in cui Linxia fu suddivisa tra gli anni ’50 e gli anni ’80,16)Linxia Shizhengfu wang, linxia shi jianjie. il divario spazio-culturale con i residenti han è evidente. Benché gli Han siano clienti abituali dei ristoranti halal che predominano in città, e sebbene Hui e Han lavorino negli stessi uffici fianco a fianco – i matrimoni misti sono rari.
Anche la distribuzione della popolazione cittadina racconta questo divario: gli Han vivono soprattutto nei quartieri anticamente intra muros,che oggi ospitano centri commerciali, karaoke, caffè, bordelli e uffici governativi, mentre i musulmani si concentrano nella parte sudoccidentale della città, dove abbondano moschee, trattorie halal e piccole botteghe.17)M.S. Erie, China and Islam: the prophet, the party, and law (Cambridge University Press: Cambridge 2016), 17; 98.
Conosciuta come Bafang 八坊, letteralmente ‘il quartiere degli otto fang” – perché sorta intorno a 8 (poi divenute 12) moschee-comunità (fang 坊) nella Cina imperiale, la più antica delle quali data all’anno 1273 –18)Wang Ping 王平, Linxia Bafang: yige chuantong yu xiandai huizu shequ de jiangou 临夏八坊 - 一个传统与现代回族社区的建构 [Bafang di Linxia, la struttura antica e moderna di una comunità Huizu] (Minzu chubanshe: Pechino 2012), 43. questa parte della città copre una superficie di appena 1.24 km².
Fino alla seconda decade degli anni 2000, Bafang è rimasto un quartiere popolare tra i più poveri e degradati della città, seppur pittoresco, con i suoi vicoli polverosi e labirintici, tra una moschea e l’altra, e i suoi siheyuan affacciati su cortili ornati con alberi da frutta e rose.
A partire dal 2013, anno del lancio della OBOR, molta dell’architettura residenziale tradizionale di Linxia è stata rasa al suolo per far posto a palazzoni di 30 piani e più. Negozi scintillanti con insegne trilingue –cinese, arabo e inglese– si affacciavano su impeccabili strade asfaltate. Questa “febbre” del restyling urbano aveva colto anche molte moschee locali, in una gara autofinanziata a chi avesse i minareti più svettanti, realizzati in una profusione di varianti dello stile “mediorientaleggiante” molto in voga in Cina, che poco conserva del tradizionale assetto “islamo-tao-buddista-confuciano” ancora perfettamente adatto, invece, a rappresentare la simbologia mistico-esoterica dei monasteri Sufi locali.
Nonostante tutto, allora, il cambiamento del paesaggio urbano non aveva intaccato i vicoli dell’antico borgo “sacro” di Bafang, che si potevano ammirare dalle finestre dei grattaceli circostanti.
Le cose cambiarono a partire dal 2015, con il lancio del “piano quindicennale per la città di Linxia e per le aree urbane della contea di Linxia” (临夏市临夏县城市总体规划 2015-2030), che prevedeva una riforma strutturale ed economica senza precedenti, per il rilancio dell’economia e del “turismo culturale” (wenhua lüyou 文化旅游) lungo la cintura economica della Nuova via della seta.19)临夏市临夏县城市总体规划 2015-2030, Linxiashi Linxiaxian chengshi zongti guihua, 2015-2030 [Piano urbanistico generale della città di Lincia e della contea di Linxia].
Allora, il governo locale di Linxia diramò dei questionari tra le famiglie di Bafang – o meglio di quel nucleo centrale di 0,41 km2 ribattezato “gli otto rioni e i tredici vicoli (Bafang shisanxiang 八坊十三巷)”, corrispondente alla parte più antica del Bafang storico,i cui confini restano topograficamente imprecisati poiché il Partito frammentò l’assetto spaziale del primo periodo repubblicano, per annientare il potere carismatico, economico e politico dei leader musulmani cui era subentrato negli anni ’50.
Dopo un periodo di negoziazione con le 1.954 famiglie residenti (8.668 persone, 98% musulmani) – allarmate dal rischio di demolizioni arbitrarie e forzate – nel 2016 si aprirono i lavori,20)吳志雲, 城中村變身新地標—甘肅臨夏“八坊十三巷”保護改造, 新時代報告文學. per cui furono investiti 340 milioni di yuan (circa 46.260.000 euro).[21]
In questa nuova fase, il governo abbandonò la strategia del demolire per costruire ex novo, preferendo restaurare nel rispetto della tradizione locale, ovvero, “preservare l’antico”, “restaurare l’antico”, “creare l’antico” (cungu, fugu, chuanggu 存古、复古、创古 )21)Linxiashi dianshitai, 临夏市电视台, cit. anche per evitare l’onere economico e lo shock culturale della ricollocazione degli sfollati e utilizzare manodopera locale.
Il risultato finale ricorda quello dell’antico quartiere “tre rioni e sette vicoli” della città di Fuzhou, (Fujian, Cina meridionale): la sequenza architettonica lungo la quale s’incammina il turista è un percorso guidato “meta-spaziale” – nel tempo e nel luogo, cioè, depositari della memoria collettiva locale – distribuito in un circuito chiuso e autosufficiente, secondo l’immagine del “villaggio dentro la città” (chengzhong cun 城中村), lontano dal caos metropolitano benché nel cuore della metropoli. Abitazioni tradizionali, residenze storiche, aree museali, negozi, caffetterie e trattorie tipiche –costruiti secondo materiali e stilemi artistici locali – si susseguono mescolando cultura e consumismo. Ognuno dei tredici vicoli che si diramano negli otto rioni presenta al visitatore un’esperienza diversa (yi xiang yi tese 一巷一特色), da quella religiosa a quella culinaria, in una “mise en scene” ad uso e consumo del turista, tipica della museificazione dello spazio urbano che mischia l’attività quotidiana dei residenti con il “riassunto” del loro passato, scritto sulle leggende esplicative appese ai muri.
A tal proposito, a differenza dei “tre rioni e dei sette vicoli” di Fuzhou – dove importanti esponenti della storia cinese che vi risiedettero sono riprodotti in busti e statue commemorativi – la passeggiata degli “otto rioni e tredici vicoli” a Linxia abbonda di statue bronzee che immortalano anonimi avi dei contemporanei hui intenti a svolgere diverse attività manifatturiere o mercantili, e di manichini in silicone a grandezza naturale indaffarati in attività domestiche, installati all’interno di sale espositive che riproducono gli interni delle dimore tradizionali.
Questa banalizzazione della cultura locale fonde indistintamente storia e presente dei musulmani etnici di Linxia, in una sorta di “tassidermia culturale”22)S.Harrell, Cultural Encounters, 167. che li rende nel contempo agenti e oggetti delle politiche per lo sviluppo del turismo, nel molteplice ruolo di residenti, imprenditori (ristoratori, negozianti, locandieri), turisti, e copie inanimate di se stessi.
Viene da chiedersi quanto potenti saranno gli effetti stranianti di questa turisticizzazione etno-folklorica di Stato sull’autopercezione dei musulmani linxianensi, e più in generale, perché (e per chi) occorra “creare la tradizione” (chuanggu), oltre a preservarla. Questi interrogativi sembrano più pressanti se si considera che “otto rioni e tredici vicoli” si trova nel cuore di Bafang, a sua volta, centro pulsante della memoria e dell’identità collettiva della “Piccola Mecca”.
Qui oggi, non solo lo spazio “profano” dello svago ricreativo ma anche quello “sacro” della moschea, è oggetto del processo di “ritorno” alla tradizione cinese, un processo che forza un’inversione di tendenza rispetto al restyling mediorientaleggiante degli anni passati, ora percepito dal Partito come il segno di un’“arabizzazione” incontrollata dei costumi locali che perturba l’armonia etnica e l’unità nazionale, poiché, si desume, riveli una propensione verso modelli sociali e politici dei paesi a maggioranza Islamica.
Ancor prima che l’emergenza del Sars Covid-19 proibisse gli assembramenti nei luoghi di culto, dunque, la pratica religiosa dei musulmani di Linxia stava già subendo diverse restrizioni, soprattutto inseguito alla dichiarazione del primo ministro Li Keqiang durante l’Assemblea Nazionale sul Lavoro Religioso nel 2016, su Linxia come una delle aree esposte al rischio di estremismo islamico, accanto allo Xinjiang e al Ningxia.23)Vedi Francesca Rosati, tema trattato in una imminente pubblicazione in lingua inglese per la casa editrice University of Hawaii Press. Tuttavia, se fino a pochi mesi fa ci si era limitati a far togliere gli altoparlanti per lo adhan, a rimuovere le scritte e le insegne in lingua araba nei luoghi laici e a inasprire i criteri per l’accesso dei giovani alle scuole coraniche e per lo Hajj, recentemente la riqualificazione dello spazio urbano ha implicato anche la rimozione progressiva di cupole e minareti “arabeggianti”, da sostituire con forme più consone all’architettura locale.24)Min Junqing 敏俊卿, Qingzhensi jiangzhu fengge yanjiuhui zai Xi’an zhaokai 清真寺建筑风格研讨会在西安召开 [Il forum sullo stile architettonico della moschea (cinese) si apre a Xi’an].
Conclusioni
La museificazione dello spazio pubblico in chiave etno-folklorica nel Nord-Ovest musulmano sta forse fagocitando lo spazio religioso e favorendo la censura della pratica rituale? Anche se qualsiasi risposta a questo interrogativo sarebbe prematura, è bene tener a mente che la percezione delle politiche etnico-religiose del PCC non è uniforme ma cambia a seconda della posizione sociale e culturale dei cittadini. Se molti linxianensi non saranno contenti di vedere chiassosi avventori passeggiare accanto, o addirittura dentro, le loro moschee, d’altro canto, l’aumento dei turisti ha creato nuovi posti di lavoro, nel commercio e nella ristorazione, togliendo molti da una condizione di povertà il cui tasso nel 2013 riguardava il 27.83% della popolazione.25)Gansu Ribao 甘肃日报,摆脱贫困决胜小康—关注贫困县脱贫摘帽之临夏市篇 (Sbarazzarsi della povertà – Concentrarsi nelle contee colpite dalla povertà della città di Linxia). Tra il 2018 – anno in cui gli “otto rioni e tredici vicoli” sono stati promossi ad attrazione turistica 4A (più di 500.000 turisti l’anno) – e il 2019, il quartiere ha accolto oltre 4,8 milioni di turisti per un guadagno complessivo di oltre 390 milioni di yuan (oltre 50 milioni di euro).26)Gansu Ribao 甘肃日报,Wenhua wei xian, limin wei ben, Linxiashi bafang shisan xiang baohu gaizao jishi 文化为先利民为本—临夏市“八坊十三巷”保护改造纪实(La cultura prima di tutto e il beneficio della gente prima di tutto – il documentario sulla protezione e ricostruzione di “Baifang Thirteen Alleys” a Linxia).
Inoltre, dal punto di vista del conflitto etnico tra hui e han, sovente alimentato dal pregiudizio degli internauti han verso l’Islam, la museificazione della cultura tradizionale dei musulmani etnici di Linxia, servirà a popolarizzarla positivamente e a renderla meno ostica agli occhi dei non-musulmani.
La storia narrata nelle sale museali di “otto rioni e tredici vicoli” pone l’accento sulla convivenza armonica di Han e Hui, e sul ruolo chiave che questi ultimi hanno giocato nelle file del PCC e nella costruzione della nazione cinese, inoltre, le bacheche affisse nelle sale raccontano la vicenda dell’Islam a Linxia e la storia delle comunità islamiche della “Piccola Mecca” plasmando un’idea di Islam più radicato nella tradizione cinese e dunque più “patriottico”.
Tenendo a mente che il turismo e la turisticizzanione dei luoghi non è mai solo svago o profitto fine a se stesso, ma è anche una questione di prospettiva e di rappresentazione,27)Jenny Chio, A Landscape of Travel: The Work of Tourism in Rural Ethnic China (University of Washington Press: Seattle and London, 2014), xviii. il quartiere turistico “otto rioni e tredici vicoli” ci appare come un laboratorio nel quale si creano nuove narrative del passato, attraverso un’interpretazione selettiva della storia, a ricordarci che, nell’era della Nuova Via della Seta, la modernizzazione infrastrutturale della periferia passa non solo per strade e per rotaie, ma anche per la produzione di “culture costruite” o “tradizioni calcolate” come assetto dello spazio urbano.28)Nobukiyo Eguchi (a cura di), “Ethnic Cultural Theme Parks in China and Japan: Toward an Anthropology of Intentional Tradition”, in Tourism as a Complex Phenomenon (Koyoshobo: Kyoto 2004).
Rosati, Minoranze islamiche PDF
Immagine: Gli otto rioni e i tredici vicoli (foto di Francesca Rosati)
Francesca Rosati è dottoranda in Area Studies presso il LIAS dell’università di Leiden in cotutela con la facoltà di Sociologie della EHESS, con una tesi sulle scuole coraniche femminili della città di Linxia. Nel 2017 ha pubblicato un libro con L’Asino D’Oro intitolato L’Islam in Cina. Dalle origini alla Repubblica popolare.
↑1 | Stevan Harrell (a cura di), Cultural Encounters on China’s Ethnic Frontiers (University of Washington Press: Seattle, WA, 1995), 7. |
---|---|
↑2 | Francesca Rosati, L’Islam in Cina (L’Asino d’Oro: Roma 2017), 240. |
↑3 | Raphael Israeli & Adam Gardner-Rush, “Sectarian Islam and Sino-Muslim Identity in China”, The Muslim World, 90, 2000, 451. |
↑4 | [1]http://www.citypopulation.de/en/china/gansu/admin/l%C3%ADnxi%C3%A0_hu%C3%ADz%C3%BA_z%C3%ACzh%C3%ACzh%C5%8D/622901__l%C3%ADnxi%C3%A0/ |
↑5 | Zhonggong Linxiazhou wei tongzhanbu, 中共临夏州委统战部, et al., 临夏回族自治州民族团结进步教育读本 Linxia huizu zizhizhou minzu tuanjie jingpu jiaoyu duben [Quaderni di studio per il progresso dell’unità nazionale della Prefettura Autonona Hui di Linxia](Gansu renmin chubanshe: Lanzhou, 2010), 5; 28; 33; 35; 37. |
↑6 | Diversi scritti di Darren Byler affrontano il tema, per una bibliografia parziale si veda: https://supchina.com/author/darrenbyler/. |
↑7 | Calcolo basato sui monumenti presenti sul territorio e non sui fedeli, nell’anno 2005. Linxiashi difangzhi bianzuan weiyuanhui 临夏市地方志编纂委员会 [Comitato editoriale degli Annali della Città di Linxia]: Annali della Città di Linxia, Lincia shizhi 临夏市志 1995-2005, (Gansu renmin chubanshe: Lanzhou, 1995), 749. |
↑8 | Zang Xiaowei, Ethnicity in China (Polity: Cambridge, 2015), 38. |
↑9 | Honggen Xiao, “The discourse of power: Deng Xiaoping and tourism development in China”, Tourism Management, 27, 5, 2006, 803-814. |
↑10 | Michael Dillon, Xinjiang – China’s Muslim Far Northwest (Routledge: London& NY, 2004), 47. |
↑11 | CEIC, Gross domestic product per-capita. |
↑12 | Linxiashi renmin zhengfuwang 临夏市人民政府门户网 [Sito del governo popolare della città di Linxia],2018,Linxiashi ba lüyou dajuan xiezai renmin xinkan shang 临夏市把旅游答卷写在人民心坎上 [La città di Linxia ]. |
↑13 | Tommaso Previato, “Le minoranze musulmane nel quadro delle relazioni sino-arabe. Vecchi e nuovi processi di inclusione”, Sinosfere, Potere, aprile 2019. |
↑14 | Masashi Nara, “A Change in the Ethnicity/Religiosity of the Hui people and Tourism Development. A Case Study of Hui Muslim Society in Yunnan Province, China”, Paper presentato all’International Symposium “Ethnicities in China and their Interaction with Global Society in the era of OBOR”. Waseda University, Tokyo, 22/11/2018. |
↑15 | Marco d’Eramo, Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo (Feltrinelli: Milano, 2017), 84 (ebook). |
↑16 | Linxia Shizhengfu wang, linxia shi jianjie. |
↑17 | M.S. Erie, China and Islam: the prophet, the party, and law (Cambridge University Press: Cambridge 2016), 17; 98. |
↑18 | Wang Ping 王平, Linxia Bafang: yige chuantong yu xiandai huizu shequ de jiangou 临夏八坊 - 一个传统与现代回族社区的建构 [Bafang di Linxia, la struttura antica e moderna di una comunità Huizu] (Minzu chubanshe: Pechino 2012), 43. |
↑19 | 临夏市临夏县城市总体规划 2015-2030, Linxiashi Linxiaxian chengshi zongti guihua, 2015-2030 [Piano urbanistico generale della città di Lincia e della contea di Linxia]. |
↑20 | 吳志雲, 城中村變身新地標—甘肅臨夏“八坊十三巷”保護改造, 新時代報告文學. |
↑21 | Linxiashi dianshitai, 临夏市电视台, cit. |
↑22 | S.Harrell, Cultural Encounters, 167. |
↑23 | Vedi Francesca Rosati, tema trattato in una imminente pubblicazione in lingua inglese per la casa editrice University of Hawaii Press. |
↑24 | Min Junqing 敏俊卿, Qingzhensi jiangzhu fengge yanjiuhui zai Xi’an zhaokai 清真寺建筑风格研讨会在西安召开 [Il forum sullo stile architettonico della moschea (cinese) si apre a Xi’an]. |
↑25 | Gansu Ribao 甘肃日报,摆脱贫困决胜小康—关注贫困县脱贫摘帽之临夏市篇 (Sbarazzarsi della povertà – Concentrarsi nelle contee colpite dalla povertà della città di Linxia). |
↑26 | Gansu Ribao 甘肃日报,Wenhua wei xian, limin wei ben, Linxiashi bafang shisan xiang baohu gaizao jishi 文化为先利民为本—临夏市“八坊十三巷”保护改造纪实(La cultura prima di tutto e il beneficio della gente prima di tutto – il documentario sulla protezione e ricostruzione di “Baifang Thirteen Alleys” a Linxia). |
↑27 | Jenny Chio, A Landscape of Travel: The Work of Tourism in Rural Ethnic China (University of Washington Press: Seattle and London, 2014), xviii. |
↑28 | Nobukiyo Eguchi (a cura di), “Ethnic Cultural Theme Parks in China and Japan: Toward an Anthropology of Intentional Tradition”, in Tourism as a Complex Phenomenon (Koyoshobo: Kyoto 2004). |