Il rapporto tra la storia e il presente è sempre indissolubile, e così anche la mia più profonda riflessione sulla storia scaturisce da problematiche attuali.1)Il saggio, pubblicato originariamente sulla rivista Shehui Kexue Bao nel settembre 2013, è reperibile sul sito Aisixiangalla pagina http://www.aisixiang.com/data/68654.html. Alla traduzione hanno partecipato, sotto la supervisione di Marco Fumian, gli studenti del corso di Lingua Cinese 2 Magistrale dell’Università Orientale di Napoli, 2018-19, fra i quali, in particolare: Chiara Ghezzi, Valeria Salato, Eleonora Guerra, Rossana Carotenuto, Elsa Pelullo, Orlando Tessitore, Lorenzo Bianchi, Raffaella Bisogni, Arianna Apicella. Oggi, che si promuovano la democrazia o il governo della legge,2)Si è solitamente preferita in questa traduzione l’espressione “governo della legge” a quella più comune in italiano di “stato di diritto”, perché più aderente alla dizione e all’uso del corrispondente concetto cinese fazhi 法治, modellato sull’inglese rule by law. occorre necessariamente partire dalle condizioni nazionali della Cina, fra le quali un posto molto importante è occupato dalla tradizione storico-culturale.
Il programma di Riforma e Apertura, in atto da oltre trent’anni, è stato un processo di sviluppo complessivo che ha riguardato la società, l’economia, la politica e la cultura; esso non ha prodotto soltanto risultati economici, ma anche molti progressi in campo politico. Per esempio, al suo interno abbiamo stabilito l’obiettivo di costruire un paese socialista governato dalla legge, o quello di considerare la democrazia popolare come l’anima del socialismo, eccetera… l’avere stabilito questi obiettivi è stata senz’altro una cosa straordinaria. Nondimeno, ci sono ancora molti fenomeni che generano scontento, come la corruzione dei gruppi privilegiati, e inoltre il “funzionariocentrismo”.3)Il sostantivo “funzionariocentrismo”, insieme all’attributo “funzionariocentrico” da esso derivato, è stato coniato per tradurre la locuzione cinese guan benwei 官本位, riferita alla pratica di considerare i funzionari (guan 官) come i legittimi detentori della “posizione fondamentale” (benwei 本位), anche sul piano simbolico, mella società cinese, e per tradurre il composto guanbenzhuyi 官本主义, che si riferisce alla stessa pratica intendendola come dottrina o ideologia. In teoria più una società progredisce, e più in particolare progrediscono la democrazia e il governo della legge, più il funzionariocentrismo dovrebbe indebolirsi. Quest’ultimo, tuttavia, lungi dall’essersi indebolito, negli ultimi anni si è diffuso come edera in ogni ambito della società. L’ambito accademico, per esempio, dovrebbe essere l’ultimo a essere caratterizzato da un simile atteggiamento: i professori, logica vorrebbe, dovrebbero essere valutati in base alla qualità dei loro articoli. Invece, ciò che vediamo nella pratica accademica è che le pubblicazioni vengono a distinguersi per rango, dividendosi in nazionali, provinciali, e ora perfino di prefettura: è la logica del funzionariocentrismo che ha colpito, ormai, anche l’accademia.
La società cinese tradizionale è sempre stata complessa e mutevole, ma c’è sempre stata, in essa, una sostanza che non è mai mutata: il fatto che il dominio sia sempre stato basato sul potere, che essa sia sempre stata un sistema “funzionariocentrico” incentrato sul potere. Il potere, in tale sistema, era il metro fondamentale per misurare il valore sociale dell’individuo, il fattore decisivo che ne influenzava lo status sociale e la categoria sociale di appartenenza. In questo sistema il potere controllava la distribuzione di tutte le risorse sociali, comprese quelle materiali e culturali; chi deteneva il potere, al suo interno, poteva facilmente ottenere tutte le risorse sociali. Nel sistema funzionariocentrico, chi possedeva denaro e proprietà non necessariamente deteneva il potere, ma al contrario chi deteneva il potere politico necessariamente poteva godere di privilegi economici, che erano direttamente convertibili, se solo questi lo avesse voluto, in denaro e proprietà personali.

Un sistema sociale gerarchico: Il rango dei funzionari come misura dello status sociale

La società deve sempre avere una gerarchia, pena il rischio di cadere nel caos. La burocratizzazione, d’altra parte, è la logica della politica moderna. In Cina, però, è stata tutta la società tradizionale a essere inglobata nel sistema gerarchico funzionariocentrico, e tutta la gerarchia sociale, in essa, si è sempre fondata sulla centralità del potere. In tale società, chiunque entrava nel sistema ufficiale veniva inquadrato in una miriade di categorie gerarchiche, che risultavano tutte assimilabili, alla fin fine, a un grado funzionariale. Chiunque, a meno che non decidesse di vivere ai margini della società, era obbligato a entrare nel sistema. E chiunque, trovandosi all’interno del sistema, poteva misurare lo status sociale altrui sulla base della gerarchia funzionaria.
Questo sistema, formatosi già nel periodo delle Primavere ed Autunni (circa 770-476 a.C.), è perdurato fino alla dinastia Qing (1644-1911), quando i funzionari, ormai, venivano tutti divisi in nove livelli e diciotto sottolivelli. Certo non ci sarebbe stato nulla di strano se una simile classificazione si fosse applicata soltanto ai funzionari, il problema è che essa veniva usata per definire lo status degli appartenenti a qualsiasi ceto sociale. Se eri un mercante, per esempio, non ti bastava avere i soldi per avere uno status elevato, o quantomeno adeguato: è per questo che esistevano “i mercanti dal cappello a punta rossa”.4)L’espressione letteralmente si riferisce al colore della pietra preziosa che i funzionari erano intitolati a portare sulla punta del cappello come simbolo del proprio grado, indicando nello specifico il grado dei mercanti divenuti funzionari nel periodo Qing. Quando un mercante entrava nel sistema gerarchico ufficiale, il suo status sociale non veniva più misurato a partire dalla sua ricchezza, ma determinato dal grado del titolo ufficiale che gli era stato conferito. Se nella Cina tradizionale volevi dare lustro agli antenati e vivere una vita dignitosa, non ti bastava avere i soldi, né una buona reputazione. L’unica opzione era entrare nel sistema, e ottenere un titolo di funzionario.

Il sistema degli onori: più alto il titolo più grande l’onore

Diversamente dagli occidentali, i cinesi non davano importanza solo alla fama da vivi, ma anche al giudizio ricevuto da morti, che avevano sempre invariabilmente a che fare con il titolo ufficiale. Al titolo, infatti, i cinesi hanno sempre dato grande importanza, e il titolo più importante, nella società cinese, è sempre stato quello dato da una posizione ufficiale, che diventava anche sinonimo di onore. L’onore più importante, nella società cinese, era ricevere una nomina presso la corte imperiale. Ogni dinastia aveva il proprio sistema di onori, di cui i funzionari venivano a godere in misura proporzionale al grado raggiunto. Essi, per giunta, potevano anche godere di un titolo post-mortem, il cosiddetto shihao 谥号, che costituiva una forma di onorificenza postuma. Per i grandi funzionari, in particolare, c’era un sistema di titoli postumi estremamente articolato che si chiamava shifa 谥法.
“Senza una carica da vivi non c’è un titolo da morti”, si scriveva già nelle Memorie sui Riti (Liji 礼记): questo principio, nella Cina tradizionale, era praticamente la norma.5)Classico confuciano redatto durante il primo periodo Han (206 a. C. – 9 d.C.) Solo un numero ristretto di alti funzionari molto potenti poteva ricevere un titolo postumo, che invece era negato a priori alle persone comuni, non importa quanto ricche e sapienti potessero essere. Durante le dinastie Tang (618-907), Song (960-1279) e Yuan (1279-1368), il titolo postumo veniva assegnato solo ai funzionari dal terzo grado in su, mentre nel periodo Ming (1368-1644) potevano riceverlo solo quelli a partire dal secondo grado. I Qing, invece, erano ancora più severi, dato che assegnavano un titolo postumo solamente ai funzionari di primo grado. L’imperatore, in quanto massima autorità dello stato, era colui che riceveva gli onori più alti sia in vita che dopo la morte. Ciò naturalmente non vuol dire che questi dovesse per forza essere l’uomo più virtuoso o più sapiente.

Il sistema della distribuzione delle risorse: appannaggi diversi per ranghi diversi

Al titolo era sempre direttamente collegata anche l’assegnazione delle risorse: tale il rango di un funzionario, tali gli appannaggi a cui questi aveva diritto. Rango e retribuzione, nella Cina antica, erano sempre indissolubilmente legati. In alcune dinastie lo stipendio dei funzionari si rispecchiava direttamente nei beni materiali ricevuti; durante la dinastia Han, per esempio, dato che i beni materiali più importanti nella società cinese tradizionale erano i cereali, le cariche dei funzionari ricevevano spesso denominazioni riferite a unità di peso dei cereali, come “2000 dan”, “meno di 2000 dan”, “1000 dan”, “meno di 1000 dan”, eccetera.6)Il dan è un’unità di peso corrispondente nel periodo Han a circa 30 chili. I salari da corrispondere a funzionari di gradi diversi, in quel periodo, erano già regolamentati in maniera estremamente meticolosa. La distribuzione degli appannaggi toccava poi le residenze, che dovevano avere standard molto precisi, minuziosamente codificati, atti a regolare l’ampiezza e la profondità di ogni padiglione, il numero preciso di porte, colonne e spioventi che ogni residenza poteva avere a seconda del rango di chi la abitava. Per ogni trasgressione c’erano pene severe, che andavano dalla revoca della carica alla punizione capitale.
Come mezzo di trasporto, infine, c’era la portantina, che poteva essere quella a trentadue trasportatori, quella a otto e quella a quattro: differenze, va da sé, dovute non certo al peso dei passeggeri, quanto ovviamente al rango. Oggi le cose sono cambiate, dato che a far la differenza, a quanto pare, è la cilindrata… Per chi violava queste regole era sempre prevista una punizione.

Il sistema dei privilegi gerarchici: diffusi in ogni ambito della società

Nel complesso la politica tradizionale era una politica di privilegi, caratterizzati per la loro onnipresenza, che si incarnavano fondamentalmente nel potere gerarchico della burocrazia. Oltre a godere degli appannaggi materiali, i funzionari avevano anche dei privilegi legati al titolo che si diffondevano in ogni ambito della società, fra i quali uno particolarmente significativo era il cosiddetto guanyin (官荫 letteralmente “ombra dei funzionari”), una forma di nepotismo che consentiva ai figli e ai nipoti dei funzionari di godere della protezione garantita a questi ultimi. Dinastie diverse, al riguardo, avevano regole diverse. In epoca Ming, ad esempio, se il padre era un funzionario di primo livello superiore, il figlio poteva automaticamente acquisire una carica di funzionario partendo dal quinto livello inferiore. Oggi tutti detestano i “funzionari di seconda generazione” (guan erdai 官二代), ovvero coloro che sono diventati funzionari contando sull’aiuto dei genitori a loro volta funzionari: ciò dimostra quanti progressi siano stati fatti, negli ultimi anni, dalla nostra società. Un’altra forma di privilegio riguardava le scuole per funzionari amministrate dallo stato, fra le quali alcune, organizzate direttamente dalla corte, non solo non erano aperte a tutti, ma pure erano limitate ai figli dei soli alti funzionari. Un altro privilegio, quello per così dire più “letale”, consisteva nella possibilità di ottenere il condono di una pena usando la propria carica da funzionario come scudo per neutralizzarla. Sicché, il principio secondo cui “dinanzi alla legge, il sovrano è colpevole tanto quanto il popolo”, enunciato dal riformatore Shang Yang nel IV secolo a.C., è sempre rimasta in Cina una chimera, mai davvero avveratasi nella società cinese tradizionale. Nella Cina antica, invece, esistevano nello specifico due sistemi di privilegi: il primo era quello dei cosiddetti “otto casi” (ba yi 八议), secondo il quale tutti i funzionari che appartenevano a otto categorie particolari,7)Tali categorie comprendevano i parenti dell’imperatore, le sue vecchie conoscenze, i virtuosi, i capaci, i meritevoli, i massimi funzionari, gli zelanti e gli ospiti di rilievo. nel caso in cui avessero commesso un crimine, per legge non potevano essere processati dalla magistratura ordinaria, ma dovevano bensì essere giudicati dall’imperatore, godendo per giunta del diritto a una riduzione della pena sulla base del loro status e dei loro meriti. L’altro era invece il “sistema delle esautorazioni” (guandang 官当) che prevedeva invece una riduzione graduale della pena attraverso la revoca, come forma di scambio, della propria carica ufficiale. Se vogliamo dirla tutta, alcune tracce di questo sistema risultano ancora visibili nella realtà attuale. Oggi noi stiamo costruendo uno stato di diritto, sottolineando in continuazione l’uguaglianza di tutti davanti alla legge, e in questo siamo sempre più bravi. Eppure anche da noi, in passato, ci sono state persone convinte che bastasse avere lo status di funzionario o addirittura di membro del partito per sottrarsi ad una pena.

Il sistema del valore culturale: più uno è potente, più è colto e virtuoso

Nel sistema funzionariocentrico, il rango dei funzionari non solo era la base per la distribuzione sociale dei benefici economici, politici e culturali, ma anche il metro di giudizio fondamentale per la valutazione e la narrazione dei fatti e degli eventi storici. In questo sistema, potremmo dire, chi aveva più potere diventava anche colui che era considerato il più sapiente. L’imperatore, in base a questo principio, non solo era il “signore” del popolo, ma ne era anche la guida ideologica e l’esempio morale. Prendiamo per esempio Zhu Yuanzhang, un uomo che di libri ne aveva letti pochi e che per giunta era dispotico e brutale; egli aveva, nonostante ciò, fondato la dinastia Ming diventandone il primo imperatore, e aveva così acquisito il titolo a compilare i Grandi ammonimenti imperiali facendoli studiare e recitare a tutti i sudditi in ogni luogo dell’impero.
Anche nella nostra società avvengono spesso fatti simili, come per esempio nel caso dei tanti che credono di sapere tutto solo perché hanno magari una mezza carica da funzionario. Ti sarà capitato, per esempio, di incontrare sul lavoro un dirigente che, pur valendo decisamente molto meno di te, ritiene comunque normale correggere da cima a fondo quello che hai scritto solo perché, essendo più potente, pensa anche di valere più. E questo non solo sul piano culturale, ma anche su quello morale. Essere un alto funzionario, difatti, vuol dire anche avere un alto valore morale; possedere un’alta carica, similmente, vuol dire anche possedere una più alta capacità di giudizio morale. Questi, perciò, non solo penserà di avere in mano la verità, ma pure si crederà l’incarnazione della morale, sempre in base al principio che più grande è il potere, più alto è il livello morale. Pertanto nella Cina tradizionale non erano gli uomini di cultura generalmente ad avere la responsabilità di educare, ma i funzionari: loro era il compito di ammaestrare le masse. Qualunque funzionario, anche se fosse stato moralmente pessimo, avrebbe potuto darti una lezione, se il suo grado era superiore al tuo. La cosa più interessante, in Cina, era che a scrivere la storia erano proprio i funzionari: la storia stessa, quando non era scritta dai funzionari, veniva bollata come “storia non officiale” (ye shi 野史). Solo la storia scritta dai funzionari era definita “storia attendibile” (xin shi 信使). Questa tradizione tipicamente cinese in cui a narrare e a giudicare la storia era l’autorità politica, è stata chiamata “cultura storica dei funzionari” (shi guan wenhua 史官文化).

L’ideale era il democentrismo, la norma era il funzionariocentrismo8)Si è scelto di tradurre con “democentrismo” la locuzione, speculare a quella di guanbenzhuyi (funzionariocentrismo), di minbenzhuyi (民本主义), relativa all’idea che all’interno della società la posizione fondamentale sia occupata dal popolo, che pertanto è considerato superiore per importanza rispetto al sovrano e alle élites burocratiche.

Nella società cinese tradizionale, la figura realmente più importante è sempre stata quella del monarca, mentre la gente comune non è mai stata l’attore principale nella vita politico-sociale del paese. L’assunto che il popolo dovesse prevalere sul sovrano, pur divenuto il punto di vista politico più importante, si è sempre dimostrato tutt’al più un’ideale irrealizzabile agli occhi dei suoi stessi fautori. Il “democentrismo” era né più né meno un parto del funzionariocentrismo, del quale costituiva, naturalmente, un superamento.
Va detto, tuttavia, che il “democentrismo” e la democrazia odierna sono due cose del tutto diverse. Il primo, infatti, poteva essere usato sia dall’imperatore che dai suoi sudditi, come forma di opposizione al funzionariocentrismo. Anche chi regnava, eventualmente, poteva riconoscere i principi del “democentrismo”, dato che la natura di quest’ultimo era duplice, e pertanto anche l’imperatore poteva usarlo per mettere un freno al potere dei funzionari. Un imperatore di tal fatta poteva guadagnarsi il titolo di “sovrano illuminato” (ming jun 明君). Se invece l’imperatore, in uno scontro fra funzionari e gente comune, avesse preso le parti dei funzionari, sarebbe stato chiamato “sovrano obnubilato” (hun jun 昏君). Stessa cosa per i funzionari, i quali se erano intelligenti potevano invocare il democentrismo per mettere un freno all’imperatore, ricordando a quest’ultimo il dovere di agire considerando il popolo come fondamento. Funzionari del genere venivano chiamati “sudditi illuminati” (ming chen 明臣).
Mentre mi consultavo in giro, però, alcuni storici hanno obiettato: “Se consideri il funzionariocentrismo come la base della società cinese tradizionale, dove metti allora il ‘monarchismo’?”9)Per “monarchismo” (junzhuzhuyi 君主主义) si intende qui la tendenza a considerare il monarca, ovvero l’imperatore, come la figura più importante da cui dipende tutto il sistema sociale. Ebbene, il monarchismo è la sostanza stessa del funzionariocentrismo. Il sovrano era colui che nell’intero sistema burocratico occupava la posizione più potente, colui che costituiva il rappresentante generale del sistema. Egli era il “signore degli uomini” (ren zhu 人主), il che voleva dire che non solo era il signore del popolo, ma anche dei funzionari. Il “monarchismo” era la forma più alta del funzionariocentrismo, che del monarchismo, invece, costituiva la forma quotidiana, quella che in altre parole si scorgeva più spesso nella vita quotidiana. A disporre di tutti i funzionari, d’altra parte, era sempre l’imperatore, che deteneva il potere decisionale riguardo alla distribuzione delle loro cariche, ai loro trasferimenti e alle loro promozioni. Anche un magistrato locale, a rigor di legge, doveva essere nominato dall’imperatore, questo potere non poteva essere delegato in basso, cosicché l’imperatore era colui che teneva in pugno il destino dei funzionari.
E quanto al rapporto fra funzionariocentrismo e autocrazia?
L’autocrazia è il tratto distintivo del funzionariocentrismo. In esso, il sistema burocratico rappresentato dal monarca viene a monopolizzare tutto il potere politico dello stato, il quale, tendendo fortemente ad accentrarsi, si accorpa infine nella figura del monarca. In questo sistema complessivo di potere, il monarca è il detentore della sovranità del paese, ed è per questo dotato di un potere supremo che trascende la legge e non è soggetto ad alcun limite.

La democrazia e il governo della legge sono l’unica via per superare il funzionariocentrismo

Prima dell’era di Riforma e Apertura (1978 -) si parlava di democrazia e “governo attraverso la legge” (rule by law, fazhi 法制), poi si è cominciato a parlare di “governo della legge” (rule of law, fazhi 法治): un solo carattere ha prodotto una differenza enorme. “Governare attraverso la legge” significa principalmente operare rigorosamente secondo la legge, una cosa che in Cina, tradizionalmente, sono riuscite a fare parecchie dinastie, e in particolare alcuni imperatori particolarmente capaci come per esempio Zhu Yuanzhang, esecutore rigoroso della legge Ming. Questo però non è mai stato un “governo della legge”, dato che al di sopra della legge c’era sempre un imperatore, che andava oltre alla legge stessa. Nel funzionariocentrismo, perciò, il potere politico dello stato era sconfinato e illimitato, poteva entrare in qualsiasi ambito in qualsiasi momento manovrando tanto la sfera pubblica quanto quella privata grazie al controllo delle risorse materiali come di quelle culturali e intellettuali.
Se è vero che nel funzionariocentrismo il potere esecutivo era diviso in una sfera decisionale, attuativa e supervisionale, resta il fatto che il potere legislativo, esecutivo e giudiziario erano tutti concentrati, in ultima analisi, nella figura del monarca. Nel sistema burocratico i rapporti di affiliazione decidevano anche i rapporti di dipendenza personale, che investivano non solo l’imperatore e i suoi ministri, ma anche i funzionari di ogni grado, legati tra loro da forti relazioni di interdipendenza. Tutti i livelli, dai più bassi ai più alti fino ad arrivare all’imperatore, erano tra loro interdipendenti. La sostanza del funzionariocentrismo, o meglio la sua caratteristica emblematica, era perciò l’autocrazia.
La differenza tra il funzionariocentrismo e il capitalismo consiste nel fatto che nel secondo sono tipicamente il denaro e il capitale a costituire il metro universale del valore: la regola d’oro del capitalismo, fondamentalmente, è che “chi ha il denaro può avere tutto”. Nel funzionariocentrismo, invece, sono la carica e il titolo a costituire il metro universale del valore; la regola d’oro, in questo caso, è che “chi ha il potere può avere tutto”. In un sistema capitalista se un funzionario potente vuole avere dei soldi li può anche ottenere, ma non per forza. Nel sistema funzionariocentrico un funzionario potente che voglia avere dei soldi li potrà avere sicuramente, dato che egli potrà, con ogni mezzo e attraverso ogni canale, convertire il proprio potere in ricchezza materiale.
Nonostante ciò, capitalismo e funzionariocentrismo sono omologhi nella misura in cui producono una classe di privilegiati. Nel sistema capitalista sarà lo sfruttamento economico a consentire alle classi dominanti di esercitare la loro oppressione politica sulle classi dominate; in un sistema funzionariocentrico, sarà l’oppressione politica a consentire alle classi dominanti di esercitare il loro sfruttamento economico delle classi dominate.
Protrattosi in Cina per migliaia di anni, il funzionariocentrismo è divenuto, nel tempo, parte integrante della civiltà cinese. Per questo, esso non solo possiede delle basi politiche, economiche e culturali ben radicate, ma pure possiede giocoforza dei fattori legittimanti ben intonati con il carattere nazionale. Eppure, in ultimo, tale sistema tradizionale è stato impietosamente rigettato dalla nazione cinese, diventando il bersaglio principale prima della rivoluzione della “Nuova Democrazia” guidata da Sun Yat-sen, quindi della rivoluzione socialista guidata da Mao Zedong. Così, ancora oggi, ci dobbiamo domandare: quale legittimità, quali vizi possiede attualmente il funzionariocentrismo, quale influenza esso ha ancora nella vita di oggi? Quanto a me, io ho sempre pensato che il funzionariocentrismo, in quanto espressione della civiltà politica cinese tradizionale, sia sostanzialmente differente rispetto alla civiltà politica moderna incentrata sui diritti. Il progresso da una politica incentrata sul potere dei funzionari a una politica incentrata sui diritti dei cittadini è una legge universale dell’uomo, nonché un’istanza fondamentale della civiltà politica socialista. Democrazia e governo della legge, per questo motivo, sono l’unica via possibile per abbattere il funzionariocentrismo, e per traghettare la civiltà politica tradizionale verso una civiltà politica moderna.

Immagine: Giovane guardia

Yu Keping, Che cosa ha prodotto la cultura funzionariocentrica PDF

Yu Keping è professore di sistemi politici presso l’Università di Pechino. Alcuni suoi saggi sono stati tradotti in inglese nel volume Democracy is a Good Thing: Essays on Politics, Society, and Culture in Contemporary China (Washington D.C.: Brookings Institution Press 2009).

References
1 Il saggio, pubblicato originariamente sulla rivista Shehui Kexue Bao nel settembre 2013, è reperibile sul sito Aisixiangalla pagina http://www.aisixiang.com/data/68654.html. Alla traduzione hanno partecipato, sotto la supervisione di Marco Fumian, gli studenti del corso di Lingua Cinese 2 Magistrale dell’Università Orientale di Napoli, 2018-19, fra i quali, in particolare: Chiara Ghezzi, Valeria Salato, Eleonora Guerra, Rossana Carotenuto, Elsa Pelullo, Orlando Tessitore, Lorenzo Bianchi, Raffaella Bisogni, Arianna Apicella.
2 Si è solitamente preferita in questa traduzione l’espressione “governo della legge” a quella più comune in italiano di “stato di diritto”, perché più aderente alla dizione e all’uso del corrispondente concetto cinese fazhi 法治, modellato sull’inglese rule by law.
3 Il sostantivo “funzionariocentrismo”, insieme all’attributo “funzionariocentrico” da esso derivato, è stato coniato per tradurre la locuzione cinese guan benwei 官本位, riferita alla pratica di considerare i funzionari (guan 官) come i legittimi detentori della “posizione fondamentale” (benwei 本位), anche sul piano simbolico, mella società cinese, e per tradurre il composto guanbenzhuyi 官本主义, che si riferisce alla stessa pratica intendendola come dottrina o ideologia.
4 L’espressione letteralmente si riferisce al colore della pietra preziosa che i funzionari erano intitolati a portare sulla punta del cappello come simbolo del proprio grado, indicando nello specifico il grado dei mercanti divenuti funzionari nel periodo Qing.
5 Classico confuciano redatto durante il primo periodo Han (206 a. C. – 9 d.C.)
6 Il dan è un’unità di peso corrispondente nel periodo Han a circa 30 chili.
7 Tali categorie comprendevano i parenti dell’imperatore, le sue vecchie conoscenze, i virtuosi, i capaci, i meritevoli, i massimi funzionari, gli zelanti e gli ospiti di rilievo.
8 Si è scelto di tradurre con “democentrismo” la locuzione, speculare a quella di guanbenzhuyi (funzionariocentrismo), di minbenzhuyi (民本主义), relativa all’idea che all’interno della società la posizione fondamentale sia occupata dal popolo, che pertanto è considerato superiore per importanza rispetto al sovrano e alle élites burocratiche.
9 Per “monarchismo” (junzhuzhuyi 君主主义) si intende qui la tendenza a considerare il monarca, ovvero l’imperatore, come la figura più importante da cui dipende tutto il sistema sociale.