“Il versante della cultura cinese che è privato, disdicevole, magico, spontaneo e poetico […] tese ad aggregarsi attorno al nome di Laozi”.1)Angus C. Graham, La Ricerca del Tao. Il dibattito filosofico nella Cina Classica (Vicenza: Neri Pozza 1999), 233. Così Angus C. Graham descriveva l’aspetto “folle” della Cina, contrapposto e complementare al pensiero dominante di un confucianesimo che è invece “pubblico, rispettabile, convenzionale e pratico”.2)Ibid. È a questa “pazzia del saggio”, cifra di libertà e anticonformismo, di spontaneità e indipendenza, carattere positivo e vitale della cultura tradizionale della Cina, che ho subito pensato quando abbiamo deciso di dedicare il secondo numero monografico della rivista alla follia. Presto, tuttavia, mi sono accorta che ciascuno di noi aveva inteso il tema in modo diverso, chi andando immediatamente con la memoria a Lu Xun e al suo “Diario di un pazzo”, dove la pazzia è allegoria di critica sociale; chi evocando eventi storici di follia collettiva o episodi di folle efferatezza da parte dei governanti della Cina di ieri e di oggi; chi ancora chiamando in causa la malattia mentale e la sua gestione nel mondo sinico moderno.
Convinti che queste diverse forme di follia rappresentino aspetti rilevanti utili ad arricchire la nostra comprensione della Cina di oggi, abbiamo chiesto agli autori coinvolti di declinare il tema come meglio si addiceva al loro specifico ambito di interesse. Ne è emerso un acquerello in cui trovano spazio la storia recente e i modelli e gli schemi del passato, il cinema e le arti dei letterati, la letteratura narrativa e la religione, fino al delicato tema della psichiatria e della relativa legislazione sulle malattie mentali.
Di una prospettiva tradizionale ci parla Amina Crisma, distinguendo tra due idee antitetiche della follia: se da un lato essa è una “forma di veggenza, di folgorante intuizione, di penetrante limpidezza di visione, di lucidità straordinaria dello sguardo che mette a nudo – squarciando i veli di convenzioni e mistificazioni, di abitudini mentali inerti, di schemi supinamente accettati – l’intima natura della realtà”, dall’altro, dall’epoca degli ultimi sovrani Shang sino alla società cannibalistica descritta da Lu Xun, la pazzia si manifesta in Cina anche come “cuore di tenebra”, efferata crudeltà e disumana ferocia.
La figura del pazzo eccentrico determinato a sfidare le convenzioni sociali è bene rappresentata dall’artista del corsivo folle, di cui ci parla Nicola Piccioli, maestro calligrafo fiorentino a cui ci siamo rivolti per dare voce anche a conoscitori e amanti della cultura cinese esterni all’ambiente accademico. In un contributo corredato da una selezione di calligrafie e da cui traspare l’amore appassionato per la propria arte, Piccioli ci illustra la storia di questo stile, significativamente legato al daoismo e al buddhismo Chan, e ci racconta in che modo la follia è stata esteticamente interpretata negli ambienti letterari e artistici cinesi, dai grandi campioni del passato fino al caso emblematico del corsivo folle di Mao.
Con un denso saggio sulla pazzia nel linguaggio letterario della Cina moderna, Nicoletta Pesaro ci conduce attraverso tutto il novecento, non senza ricollegarsi alla narrativa cinese del passato, dove “l’agire e il parlare folle” erano già intesi come forme di dissenso e disadattamento sociale. Nella narrativa del ventesimo secolo, anche in seguito alla fascinazione per la psicanalisi e l’introspezione, il tema si diversifica e arricchisce. Dopo Lu Xun, si sviluppa un filone narrativo specifico, in cui vanno a braccetto sperimentazione linguistica e rappresentazione della psicosi, e che riprenderà con rinnovato vigore dopo la lunga interruzione maoista, bandito dalla letteratura proprio nel momento in cui forme di pazzia entravano nella vita reale dei cinesi.
Degli aspetti oscuri della pazzia tratta anche Corrado Neri, in un brillante contributo sulla rappresentazione – sporadica perché considerata tema ‘sensibile’ – della pazzia nel cinema cinese contemporaneo. Tre sono le tipologie di follia individuate dall’autore: quella clinica, ravvisabile nel genere del film-documentario, la follia come allegoria politica e la follia dei protagonisti del cinema fantastico o dell’orrore, in cui essa diviene stratagemma per eludere la censura che vieta altrimenti di mettere in scena fantasmi e fenomeni paranormali. Il saggio si conclude con uno scorcio sulla follia poetica e creativa di alcune produzioni indipendenti, che “riescono a fare brillare schegge di follia creativa in un equilibrio delicato tra la forma e il contenuto”.
Il topos della pazzia come disumana crudeltà è affrontato da Sofia Graziani, che tratta in modo critico “la tendenza a vedere la Rivoluzione Culturale come una degenerazione psicopatologica, come una psicosi di massa”. Gli studi più recenti sul ‘decennio di caos’ tendono a considerarlo come un fenomeno complesso, dove il sentimento di vendetta e le lotte tra fazioni avverse così come la specificità di alcuni contesti locali hanno avuto un ruolo determinante, e in cui “la violenza e la distruzione furono spesso scelte razionali, espressione di tensioni sostanzialmente riconducibili a fattori di ordine politico, sociale e istituzionale […] in un quadro ideologico che aveva spostato i limiti di ciò che era considerato accettabile”.
Con Chiara Ghidini per la prima volta Sinosfere traghetta sull’altra sponda dello Stretto. Nell’introdurre il tema della psichiatria sull’isola di Taiwan, l’autrice ne chiarisce le peculiarità, derivanti dall’incontro fra la cultura cinese Han con quella dei gruppi aborigeni austronesiani e con l’influenza europea, giapponese e statunitense sull’isola. Il caso del Long fa tang di Gaoxiong, tempio-asilo fondato alla fine degli anni settanta del secolo scorso da un monaco buddhista e che per più di trent’anni ha ospitato centinaia di pazienti psichiatrici, permette di osservare l’intreccio tra malattia mentale e devozione religiosa, tra rimedi popolari e standard psichiatrici internazionali, tra regolamentazione istituzionale e condizioni sociali locali.
In conclusione pubblichiamo un estratto della tesi di dottorato di Tobia Maschio, riadattato da Laura De Giorgi, incentrata su “Psichiatria, antipsichiatria, pratiche e discorso sulla salute mentale nella Cina contemporanea”. Il contributo include la traduzione degli articoli più significativi della Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla salute mentale (26 ottobre 2012, entrata in vigore nel maggio 2013) e offre un’interessante riflessione sulla stigmatizzazione del malato di mente, riconducibile a pregiudizi diffusi nella società cinese premoderna e che, secondo l’analisi dell’autore, sono stati perpetuati e rilanciati in tempi recenti.
A fare da sfondo, una selezione di fotografie di Wu Hao, fotografo cinese che ha saputo cimentarsi con il tema della depressione e della mania. Attraverso la storia di Du Jin, l’artista si interroga su “cosa succede quando l’io si sfarina, quando tutti i fili si spezzano, così che l’oggi non è più ciò che era ieri, gli specchi restituiscono ad occhi smarriti immagini sconosciute e nelle proprie scarpe risuonano i passi di un estraneo”.
Questo numero di Sinosfere è arricchito anche dalla pubblicazione in lingua italiana del racconto “Shanshang de xiaowu” (La capanna sulla montagna, 1985) di Can Xue. La traduttrice, Francesca Daviddi, è la vincitrice del primo concorso di traduzione letteraria lanciato da Sinosfere, a cui hanno partecipato studenti di letteratura cinese dell’Università Ca’ Foscari. Il testo di Can Xue ci offre, nelle parole di Nicoletta Pesaro, “una lettura pienamente postmoderna della follia, che scaturisce da ciò che più vi è di famigliare e quotidiano”.
Nel loro insieme questi contributi illuminano con i loro particolari fasci di luce zone del mondo cinese altrimenti avvolte da ombre di varia densità. Le forme di follia indagate rappresentano altrettante infrazioni della norma – naturale, politica, etica o sociale che sia – e sono pertanto foriere di disordine, potenzialmente pericolose o, più semplicemente, percepite come scomode e moleste: è in questa a-normalità, in questa alterità, che risiede il fil rouge che percorre i diversi saggi qui raccolti.
Speriamo che questo numero di Sinosfere possa destare la vostra curiosità e interesse. Se vorrete avere informazioni o lasciare dei commenti, vi rimandiamo alla nostra pagina Facebook: saremo felici di leggere i vostri commenti. Buona lettura!

Bianchi, Infrazioni della norma PDF

Immagine: Tecniche (particolare), di Cai Guoqiang

Ester Bianchi insegna religioni e filosofia della Cina e società e cultura cinese all’Università degli studi di Perugia. La sua ricerca verte sulle religioni cinesi, che indaga con le modalità della ricerca filologica e storico-religiosa. Nei suoi studi analizza in particolare aspetti del Buddhismo cinese e sino-tibetano, adottando di preferenza una prospettiva diacronica che metta in dialogo il presente (Cina continentale e Taiwan) con il proprio passato (Cina imperiale e Repubblica di Cina).

References
1 Angus C. Graham, La Ricerca del Tao. Il dibattito filosofico nella Cina Classica (Vicenza: Neri Pozza 1999), 233.
2 Ibid.