Nel maggio del 2017 la classifica dei libri di saggistica più venduti in Cina1)Cfr. https://publishingperspectives.com/2017/07/openbook-china-bestseller-lists-trajectory-june-2017/ ha visto, al primo posto, la traduzione cinese del più recente volume di un giovane storico israeliano, Yuval Noah Harari, dal titolo Homo Deus. A Short History of the Future, in cinese Weilai jianshi 未来简史.2)Yuval Noah Harari, Homo Deus. A Brief History of Tomorrow, (London: Harvill Secker, 2016); Ed. cin. Weilai jianshi. Cong zhiren dao zhishen 未来简史. 从智人到智神 (Beijing; Citic, 2017).
Il volume, che segue il precedente successo editoriale internazionale del 2014 Sapiens (anch’esso tradotto in cinese e al terzo posto della stessa classifica),3)Yuval Noah Harari, Sapiens. A Brief History of Humankind, (London: Harvill Secker, 2014); Ed. cin. Renlei Jianshi: Cong deongwu dao shangdi 人类简史: 从动物到上帝 (Beijing: Citic, 2014). “vuole mostrare dove stiamo andando” (dalla quarta di copertina) e offre una disamina sintetica dell’evoluzione umana dalle origini a oggi, segnata dalla previsione che l’attuale sviluppo scientifico e tecnologico stia inevitabilmente preludendo a una nuova rivoluzione, dopo quella cognitiva che ha portato allo sviluppo dell’Homo sapiens 70.000 anni fa, quella agricola, avvenuta 10.000 anni fa e che ha reso possibile il graduale sviluppo di comunità umane di grandi dimensioni e, infine, quella scientifica, 500 anni fa, che ha permesso all’uomo di manipolare la natura per realizzare i suoi desideri. Nella tesi di Harari, negli ultimi secoli il patto fra scienza e umanesimo, inteso come la religione moderna caratterizzata dall’avere fatto dell’uomo – della soddisfazione dei suoi bisogni, ma anche della realizzazione delle sue aspirazioni di felicità, salute e potenza – l’unica fonte di significato all’agire umano e di legittimità per l’attività sociale – sta inevitabilmente conducendo al superamento dei limiti organici dell’intelligenza e della vita umana. Questo a causa delle nuove applicazioni generate dalla biologia e dall’informatica, discipline entrambe caratterizzate dall’importanza attribuita agli algoritmi, divenuti il paradigma esplicativo dei processi naturali e logici. In breve, l’esito delle trasformazioni storiche degli ultimi secoli comporterà prima o poi una trasformazione radicale dell’Homo sapiens come fino ad ora conosciuto, cioè caratterizzato dall’associazione fra intelligenza e coscienza.
Non sono temi nuovi, e il libro di Harari è essenzialmente una elaborazione sintetica e una riflessione provocatoria basata su una lettura personale di studi presi da una vasta selezione di discipline. Criticato per la sommarietà di ragionamenti e giudizi espressi o per quello che è apparso come un eccessivo determinismo tecnologico, il lavoro ha nondimeno suscitato l’interesse sulla stampa internazionale, consolidando la fama ottenuta con il precedente lavoro e legata all’apprezzamento pubblico di opinion leaders globali – da Bill Gates a Mark Zuckerberg e a Barach Obama.4)Si veda, ad esempio, la recensione di Bill Gates, https://www.gatesnotes.com/Books/Homo-Deus
L’avallo di celebrità politiche ed imprenditoriali mondiali costituisce certamente un fattore importante della popolarità del libro di Harari in Cina. Già invitato in Cina nel 2016,5)Diverse interviste sono state fatte ad Harari in Cina per il suo primo libro, Sapiens, dove comunque l’autore già discuteva gli sviluppi futuri. Si veda ad esempio, “What makes us human”, China Daily Asia, 18/5/2016; lo storico israeliano viene in questo caso definito un “pop-science author”. Harari vi ha compiuto un nuovo tour nel 2017, dove “2.5 million copies of Sapiens and Deus were printed”.6)https://twitter.com/harari_yuval/status/882921245297303554 Ha tenuto affollate conferenze nelle principali città, eventi chiusi destinati a un pubblico scelto. A Xiamen è stato invitato a parlare al terzo Future Forum, organizzato da una dei più grandi gruppi di investimento cinese nelle nuove tecnologie, il JD Capital Group. Il successo ha portato i media a parlare del fenomeno come di una “febbre di Harari”(赫拉利热),, analoga alle diverse “febbri” che periodicamente oramai da trent’anni infiammano la cultura mediatica e popolare cinese.
Sarebbe forse riduttivo vedere questo successo come un caso isolato, dovuto a fattori contingenti come la proiezione in Cina di una fama globale. Da diversi anni, la Cina rappresenta un mercato di grande interesse per le riflessioni e le tesi dei profeti dell’innovazione tecnologica e del suo impatto radicalmente trasformativo sulla società. Se nel 2017 il libro di Harari è stato un successo, l’anno precedente l’edizione cinese di The Inevitable, di Kevin Kelly, co-fondatore della celeberrima rivista Wired, ha goduto di uguale popolarità.7)Kevin Kelly, The Inevitable. Understanding 12 Technological Forces That Will Shape our Future(New York: Viking Press, 2016); ed. cin. Biran 必然 (Beijing: Dianzi gongye chubanshe, 2015). L’edizione cinese è stata pubblicata prima di quella statunitense. A differenza di Harari, il volume di Kelly descrive in modo sostanzialmente positivo le trasformazioni tecnologiche che, nell’arco di quindici/vent’anni, sono destinate a modificare radicalmente la vita quotidiana, l’economia e la società. D’altra parte, Kevin Kelly è esponente di quel diffuso radicalismo tecnologico-progressista che vede nelle nuove tecnologie in primo luogo degli strumenti di liberazione dell’umanità dai suoi fardelli, ed è fautore di una visione ottimistica del domani.
L’interesse di una parte del pubblico cinese per queste riflessioni non è a senso unico. Qualunque analista sull’impatto trasformativo globale delle nuove tecnologie non può non guardare alla Cina quale luogo dove “il futuro” sembra dispiegarsi rapidamente. L’ottimismo tecnologico di Kelly va, ad esempio, di pari passo con l’ideologia dominante nella Cina di oggi, ancora caratterizzata dalla fiducia nella capacità della scienza e della tecnologia di garantire le magnifiche sorti progressive dell’umanità, o almeno gli obiettivi di sviluppo, ricchezza e stabilità socio-economica posti dalla dirigenza. Ma va anche sottolineata la convinzione di Kelly secondo cui le concezioni filosofiche e politiche dell’età industriale, che hanno contrapposto libertà dell’individuo e potere dello Stato, risulteranno inapplicabili in futuro, aprendo spazio per una trasformazione ad ora imprevedibile delle categorie del pensiero politico (un processo in cui la Cina non potrà non avere un ruolo importante).8)Si confronti l’intervista di David Wallace Wells a Kevin Kelly sul New York Time Magazine “Talking With Kevin Kelly About the Future of Tech and Our Species Identity Crisis”, 15/06/2018. Per quanto Kelly non faccia riferimento esplicito alla Cina, le sue riflessioni sulla necessità di ripensare completamente le categorie politiche per via delle trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie, suggerisce la necessità di visioni alternative.
Nondimeno, il caso del volume o meglio dei volumi di Harari è, in parte, differente. Harari, infatti, pone le questioni in una prospettiva temporale di lunghissima durata. La centralità che attribuisce alla Cina deriva dal suo convincimento che lo sviluppo scientifico-tecnologico innesterà la crisi inarrestabile del liberalismo individualista di matrice umanistica occidentale su ogni piano. Harari è persuaso che esso non potrà sopravvivere, nei suoi presupposti fondamentali, all’inesorabile avanzare della nuova religione dei dati e degli algoritmi che porterà alla singolarità tecnologica9)Il termine indica il punto in cui il progresso tecnologico avrà raggiunto un tale sviluppo da oltrepassare la capacità di comprensione e previsione del genere umano. A diffondere il concetto è stato Ray Kurzveil, nel suo lavoro The Singularity Is Near: When Humans Transcend Biology (New York: Viking, 2005), anch’esso tradotto in cinese con il titolo Qidian linjin 奇点临近 (Beijing; Jixie gongye chubanshe, 2011). rappresentata dall’avvento di un’intelligenza “non organica’ e dissociata dalla consapevolezza e dall’individualità umana. Lo scenario pessimista di Harari delinea un futuro dove gli esseri umani, o almeno gran parte di essi, non saranno più necessari, e la stessa nozione di individuo umano andrà perduta. A suo parere in nessun luogo al mondo, Cina inclusa, ad ora si intravvedono risposte, sul piano ideologico e religioso, a questa crisi, e le tradizioni passate – Confucianesimo incluso – sono del tutto inadeguate a offrire visioni e valori adatti al superamento dell’umano. Ma, se qualcosa di nuovo sul piano filosofico e ideologico nell’epoca del transumano potrà succedere, sarà in Cina.10)Harari, Breve storia del futuro (Milano: Bompiani, 2017),408, “Alcun pensatori e leader cinesi si trastullano con un ritorno al confucianesimo, ma si tratta di poco più che un’utile operazione di facciata. Questo vuoto ideologico rende la Cina il più promettente terreno di coltura per le nuove tecno-religioni che stanno emergendo dalla Silicon Valley”. E, nel domani immediato, la Cina potrebbe forse essere la candidata migliore a gestire in modo razionale e informato le implicazioni rischiose delle nuove tecnologie.11)Interessante anche il dialogo fra Daniel Bell e Yuval Harari al China Center del Berggruen Institute in Beijing, 2 maggio 2016. Vedi http://governance.berggruen.org/activities/91. Bell sembra fra l’altro voler enfatizzare il vantaggio comparativo della Cina nel governare i rischi tecnologici del futuro.
Curiosamente – e, se visto con malizia, forse non senza un motivo contingente – nel richiamare possibili esempi negativi sui rischi dell’uso delle nuove tecnologie basate sugli algoritmi per il controllo del comportamento umano e della società, Harari non cita mai la Cina. Eppure è proprio la disinvoltura nell’utilizzo di applicazioni “intelligenti”, quali l’uso di dati e algoritmi per la schedatura personale e il controllo sociale (come nel sistema del credito sociale) in Cina, a suscitare allarme a livello internazionale.12)Stefan Brehm e Nicholas Loubere, “China’s dystopian social credit system is a harbinger of the global age of the algorithm”, The Conversation, 15/1/2018. L’idea che ci sia un deficit etico cinese nella ricerca scientifica e nell’utilizzo politico delle tecnologie più sensibili è infatti ben radicata, per quanto, non sempre così motivata.13)Si veda, su questo aspetto, Douglas Sipp e Duanqing Pei, “Bioethics in China. No wild East”, Nature, 22/6/2016.
Secondo il Global Times, a molti lettori cinesi il libro di Harari è sembrato più fantascienza che scienza. È certo un fatto che, a giudicare dai commenti sui media ufficiali, il ritratto distopico del futuro che aspetta l’umanità offerto dallo storico israeliano ha avuto meno eco della fascinazione per il suo approccio globale e sistemico al passato e delle sue riflessioni sulla trasformazione dell’umanesimo; anche il suo monito morale a riflettere sulle implicazioni filosofiche e politico-sociali dell’egemonia degli algoritmi è stato addomesticato alle necessità del discorso ufficiale, per lusingare l’orgoglio nazionalista e dare ennesimo avallo all’idea che la Cina sia ben attrezzata a guidare l’umanità alle sue sfide future.14)Si veda ad esempio il commento al volume su Caixin 财新, “‘Weilai jianshi’. Renwen zhuyi de weilai yanhua”《未来简史》:人文主义的未来演化, che, dilungandosi sul pessimismo dell’autore e sulla crisi dell’umanesimo, tende a enfatizzare l’importanza della “saggezza cinese” di fronte a queste sfide, citando alla fine Xi Jinping.
Un esempio può essere rappresentato dal supplemento libri del quotidiano Xin Jing Bao 新京报, che nel numero del 13 maggio 2017 ha dedicato diverso spazio al lavoro di Harari, con commenti, una lunga intervista all’autore e un colloquio fra lui e Sun Yue 孙岳, docente di big history, la nuova corrente storiografica che, da alcuni anni, sta gradualmente attirando sempre più cultori proponendo un’osmosi fra discipline scientifiche e umanistiche in una prospettiva di lunghissima durata.15)Si veda, ad esempio, Sun Yue, “Chinese Tradition and Big History”, in Leonid Grinin, David Baker, Esther Quaedackers, Andrey Korotayev (a cura di), Teaching and Researching Big History, Exploring a New Scholarly Field (Volvograd: Uchitel Publishing House, 2014), 112-121
Il tenore dello speciale su Harari suggerisce una volontà di addomesticare la visione pessimistica dell’autore. Sun, ad esempio, è soprattutto interessato a capire quanto la visione di “unità fra umanità e cielo”, da lui identificata come il nucleo vitale della filosofia cinese e la base per il raggiungimento della “grande armonia”, possa costituire una risposta alle sfide del futuro. Questo a prescindere dalla convinzione di Harari che il passato possa ben poco contare con l’avvento della singolarità tecnologica. Nello stesso tono, la lunga recensione si sofferma in gran parte sul significato del successo del volume di Harari in Cina, ritenendolo soprattutto il frutto della tradizionale propensione del pubblico cinese verso il passato e del taglio divulgativo e provocatorio del libro. Anche l’intervista all’autore è stata orientata in primo luogo a discutere il ruolo della comprensione storica e dello storico nelle sfide odierne a livello mondiale, e la necessità di elaborare una nuova narrativa storica globale che conduca l’umanità verso il futuro.16)Xin Jing Bao 新京报, 13/5/2017.
Nell’intervista fattagli per l’edizione inglese online del Renmin ribao人民日报, nell’ottobre 2017, Harari è stato invitato ad esprimere la sua opinione sul ruolo che la Cina, grazie alla sua lunga storia, potrà avere nella “quarta rivoluzione” (cognitiva) ingenerata dalle nuove tecnologie e sulle specificità e condizioni che possono portare la Cina (o meglio “riportarla”, nell’espressione del giornalista) ad avere la leadership nelle sfide globali. Domande a cui, diplomaticamente, lo studioso ha risposto sottolineando l’importanza della tradizionale capacità cinese di “unire” il mondo e diverse etnie e culture e ricordando la necessità di una cooperazione globale fra potenze, in primis USA, Russia e Cina, per gestire saggiamente le sfide poste dalle nuove tecnologie.17)Intervista di Lei Cuijie e Han Xiaomeng, “Harari: China will play a key role in the next global revolution”, People’s Daily Online, 18/10/2017.
Le letture cinesi della Storia del futuro di Harari, almeno quelle sulla stampa, hanno dunque voluto espungerne le visioni pessimistiche, puntando in primo luogo a enfatizzare quanto serve a ribadire la necessità di relativizzare la storia della modernità occidentale. Anche il monito morale a pensare ai lati oscuri della tecnologia è stato messo in ombra. La critica rivolta in Cina al lavoro di Harari è stata quella di voler proporre un determinismo tecnologico poco attento alla complessità dell’evoluzione umana (una posizione negata, nondimeno, dallo stesso storico israeliano). Non è sorprendente, dunque, che le dichiarazioni dello stesso Harari riportate dai media cinesi abbiano puntato a sottolineare come il primato della coscienza umana non possa venir meno con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e che il futuro si possa e debba affrontare con creatività e ottimismo. Anche perché, come ha commentato un giornalista: “Di fatto, il futuro non si può prevedere, per quanto”, ha aggiunto, “il pessimismo sul futuro faccia vendere”.18)Xin Jing Bao, 13/5/2017.
Coincidenza vuole che, proprio mentre il volume di Harari scalava le classifiche librarie cinesi, nel luglio 2017, veniva reso pubblico da parte del Consiglio di Stato il Piano triennale per lo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale. Si tratta di un piano ambizioso, che punta a fare della Repubblica Popolare Cinese il leader globale in questo ambito per il 2030.19)“China Focus. A.I. Development Plan Shows China Vision”. Per un commento generale sulle prospettive, si veda, fra gli altri, il rapporto di McKinsey Artificial Intelligence. Implication for China. Aprile 2017, https://www.mckinsey.com/global-themes/china/artificial-intelligence-implications-for-china Una leadership che dovrà essere non solo tecnologica o economica, ma anche politico-culturale, dato che l’elaborazione di norme etiche e giuridiche che regolino lo studio e soprattutto l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale costituisce una delle sfide più impegnative sul piano internazionale. Il tradizionale approccio pragmatico cinese permette, in ogni caso, di non guardare come ostacoli insuperabili i timori – dalla perdita di posti di lavoro all’aumento delle disparità sociali – enfatizzati, per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale, dai pessimisti tecnologici.20)Un esempio del messaggio positivo sull’intelligenza artificiale è il documentario prodotto in Cina che ne illustra i vantaggi. Si veda, Beijing review, giugno 2017, http://www.bjreview.com/Lifestyle/201706/t20170619_800098539.html
Non esiste dunque in Cina una percezione problematica sull’impatto dei nuovi sviluppi scientifici e di quelli tecnologici per il futuro del genere umano e per la sua stessa identità? La questione è indubbiamente molto complessa. Al di là dei commenti critici, il successo popolare e l’interesse delle élites imprenditoriali per le tesi di Harari rivela una certa ansietà o vertigine, per quanto l’impressione è che le preoccupazioni siano inferiori all’orgoglio nazionalista di trovarsi proprio sul “fronte” del futuro. Nel discorso pubblico rimane, nondimeno, radicata la convinzione che l’umanità, quale comunità vivente dotata di morale e coscienza, sia in grado di governare la tecnologia, e che la tecnologia sia governabile, quindi tuttora confinabile al campo dello yong 用, della strumentalità: nessun determinismo o autonomia della tecnologia, dunque, che prescinda da valori, strutture sociali e, in ultima istanza, decisioni politiche. Il patto fra sapere scientifico e “religione umanistica” che, per Harari, è stata al cuore della modernità (anche cinese), non mette a rischio il genere umano. Tuttavia, sembra anche evidente che, per la Cina di oggi, l’umanesimo dell’età degli algoritmi, se mai possibile, non potrà più essere quello di matrice occidentale, ma debba invece essere un umanesimo di matrice cinese e caratterizzato da una riconfigurazione moralmente significativa del rapporto fra uomo, società e cosmo. È dunque in Cina – ispirandosi in parte a una rivisitazione del passato – che il rapporto fra sapere scientifico, tecnologia e valori potrebbe e dovrebbe essere ripensato.21)Non è un caso che su un piano prettamente intellettuale le questioni relative al rapporto fra metafisica, umanesimo e tecnologia abbiano cominciato a costituire una delle frontiere di indagine del pensiero filosofico cinese. Si veda, ad esempio, Chen Changshu e Qian Wang, “Reflecting on the Philosophy of Technology in the Form of Five Questions”, Technology in Society, 43, November 2015, 57-59, e soprattutto l’interesse suscitato dal recentissimo volume di Yuk Hui (filosofo di formazione anglossassone), The Question Concerning Technology in China. An Essay on Cosmotechnic (Falmouth: Urbanomic Media, 2016), dedicato an analizzare come il pensiero cinese abbia “pensato” la tecnologia. Non a caso nel dicembre 2017, il China Center del Berggruen Institute, think tank americano dedicato a pensare le sfide delle “grandi trasformazioni”, ha organizzato una conferenza con la Beijing University, significativamente intitolata “Humanistic Machine”.22)Per una breve presentazione dell’evento si veda http://berggruen.org/activities/127. Ospiti di eccezione, Chen Xiaoping 陈小平, il padre del primo robot umanoide cinese, Jia Jia 佳佳, del quale ha sempre sottolineato il tentativo di “unire intelligenza e emozioni” come elemento distintivo,23)Per Chen e il suo robot Jia Jia si veda http://www.xinhuanet.com/english/2017-04/26/c_136235602.htm. Gli studi di Chen sono orientati a creare un robot a uso domestico. e Zhao Tingyang 赵汀阳, il filosofo del tianxia come principio universale di governance globale.24)La bibliografia di Zhao e gli studi su Zhao sono numerosi. Il suo lavoro più noto, anche all’estero, è Tianxia xitong 天下系统 (Beijing: Renmin chubanshe, 2005). Nel suo più recente lavoro, Sizhong fencha 四种分叉 (in inglese intitolato Forking Possibilities)25)Zhao Tingyang, Sizhong fencha (Shanghai: Huadong shifan daxue chubanshe, 2017). proprio Zhao propone anche una riflessione articolata sull’Intelligenza Artificiale e sulle sue implicazioni per il destino dell’umanità. In un’intervista al giornale online Pengpai 澎湃 (The Paper),26)Salutato come una ventata di innovazione nel panorama mediatico cinese, Pengpai è nondimeno, secondo gli osservatori, l’emblema della nuova propaganda dell’era di Xi Jinping. Si veda David Bandurski, “Reading the Paper”, China Media Project, 7/7/2016. Zhao non rinnega o sminuisce i rischi connessi alla civiltà dell’algoritmo;27)“Zhuan fang Zhao Tingyang. Zhiyao bu ju fansi nengli, rengong zhineng jiu bu hui shikong”. 专访赵汀阳:只要不具反思能力,人工智能就不会失控 (Finché non sarà in grado di riflettere su stessa, l’Intelligenza Artificiale non potrà andare fuori controllo). si dichiara convinto, tuttavia, che “finché mancherà di una capacità di riflessione riguardo a se stessa come sistema complessivo, l’Intelligenza Artificiale non potrà elevarsi fino a un’esistenza superintelligente al di fuori del controllo umano”.
Il futuro, per Zhao, è dunque e ancora per un tempo imprevedibile saldamente in mano agli umani, e alla loro responsabilità e scelta di pensarsi e gestirsi come comunità globale: “rispetto all’attuale livello della natura umana, se solo pochi umani hanno in mano gli strumenti dell’Intelligenza Artificiale, le prospettive non sembrano rosee. Se i potenti che controllano l’Intelligenza Artificiale si alleano per schiacciare i deboli, allora l’esito sarà la vittoria finale dell’autocrazia (una possibilità immaginata da Harari); se i potenti che controllano l’Intelligenza Artificiale si combattono reciprocamente per l’egemonia, allora si potrà arrivare alla distruzione del genere umano (un possibile risultato della logica imperialistica); se i potenti che controllano l’Intelligenza Artificiale si uniscono per costruire un tianxia che possa beneficiare tutti, si avrà l’esito ottimale (e io lo spero). Qual è l’esito più probabile? Bisogna guardare alla sorte del genere umano”.
Una conclusione aperta, e, non sorprendentemente, un richiamo (confuciano) alla responsabilità politica e morale del potere nel guidare il genere umano verso l’età del suo superamento.
Immagine: Shenzhen Hi-tech park at night china
Leggere il futuro nella Cina di oggi. PDF
Laura De Giorgi insegna Storia della Cina all’Università Ca’ Foscari Venezia. I suoi interessi vertono sulla storia moderna e contemporanea, e in particolare sulla storia sociale e culturale, i media e la propaganda, le interazioni fra la Cina e il mondo esterno nel Ventesimo secolo, non disdegnando però qualche incursione nel Ventunesimo.
↑1 | Cfr. https://publishingperspectives.com/2017/07/openbook-china-bestseller-lists-trajectory-june-2017/ |
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↑2 | Yuval Noah Harari, Homo Deus. A Brief History of Tomorrow, (London: Harvill Secker, 2016); Ed. cin. Weilai jianshi. Cong zhiren dao zhishen 未来简史. 从智人到智神 (Beijing; Citic, 2017). |
↑3 | Yuval Noah Harari, Sapiens. A Brief History of Humankind, (London: Harvill Secker, 2014); Ed. cin. Renlei Jianshi: Cong deongwu dao shangdi 人类简史: 从动物到上帝 (Beijing: Citic, 2014). |
↑4 | Si veda, ad esempio, la recensione di Bill Gates, https://www.gatesnotes.com/Books/Homo-Deus |
↑5 | Diverse interviste sono state fatte ad Harari in Cina per il suo primo libro, Sapiens, dove comunque l’autore già discuteva gli sviluppi futuri. Si veda ad esempio, “What makes us human”, China Daily Asia, 18/5/2016; lo storico israeliano viene in questo caso definito un “pop-science author”. |
↑6 | https://twitter.com/harari_yuval/status/882921245297303554 |
↑7 | Kevin Kelly, The Inevitable. Understanding 12 Technological Forces That Will Shape our Future(New York: Viking Press, 2016); ed. cin. Biran 必然 (Beijing: Dianzi gongye chubanshe, 2015). L’edizione cinese è stata pubblicata prima di quella statunitense. |
↑8 | Si confronti l’intervista di David Wallace Wells a Kevin Kelly sul New York Time Magazine “Talking With Kevin Kelly About the Future of Tech and Our Species Identity Crisis”, 15/06/2018. Per quanto Kelly non faccia riferimento esplicito alla Cina, le sue riflessioni sulla necessità di ripensare completamente le categorie politiche per via delle trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie, suggerisce la necessità di visioni alternative. |
↑9 | Il termine indica il punto in cui il progresso tecnologico avrà raggiunto un tale sviluppo da oltrepassare la capacità di comprensione e previsione del genere umano. A diffondere il concetto è stato Ray Kurzveil, nel suo lavoro The Singularity Is Near: When Humans Transcend Biology (New York: Viking, 2005), anch’esso tradotto in cinese con il titolo Qidian linjin 奇点临近 (Beijing; Jixie gongye chubanshe, 2011). |
↑10 | Harari, Breve storia del futuro (Milano: Bompiani, 2017),408, “Alcun pensatori e leader cinesi si trastullano con un ritorno al confucianesimo, ma si tratta di poco più che un’utile operazione di facciata. Questo vuoto ideologico rende la Cina il più promettente terreno di coltura per le nuove tecno-religioni che stanno emergendo dalla Silicon Valley”. |
↑11 | Interessante anche il dialogo fra Daniel Bell e Yuval Harari al China Center del Berggruen Institute in Beijing, 2 maggio 2016. Vedi http://governance.berggruen.org/activities/91. Bell sembra fra l’altro voler enfatizzare il vantaggio comparativo della Cina nel governare i rischi tecnologici del futuro. |
↑12 | Stefan Brehm e Nicholas Loubere, “China’s dystopian social credit system is a harbinger of the global age of the algorithm”, The Conversation, 15/1/2018. |
↑13 | Si veda, su questo aspetto, Douglas Sipp e Duanqing Pei, “Bioethics in China. No wild East”, Nature, 22/6/2016. |
↑14 | Si veda ad esempio il commento al volume su Caixin 财新, “‘Weilai jianshi’. Renwen zhuyi de weilai yanhua”《未来简史》:人文主义的未来演化, che, dilungandosi sul pessimismo dell’autore e sulla crisi dell’umanesimo, tende a enfatizzare l’importanza della “saggezza cinese” di fronte a queste sfide, citando alla fine Xi Jinping. |
↑15 | Si veda, ad esempio, Sun Yue, “Chinese Tradition and Big History”, in Leonid Grinin, David Baker, Esther Quaedackers, Andrey Korotayev (a cura di), Teaching and Researching Big History, Exploring a New Scholarly Field (Volvograd: Uchitel Publishing House, 2014), 112-121 |
↑16 | Xin Jing Bao 新京报, 13/5/2017. |
↑17 | Intervista di Lei Cuijie e Han Xiaomeng, “Harari: China will play a key role in the next global revolution”, People’s Daily Online, 18/10/2017. |
↑18 | Xin Jing Bao, 13/5/2017. |
↑19 | “China Focus. A.I. Development Plan Shows China Vision”. Per un commento generale sulle prospettive, si veda, fra gli altri, il rapporto di McKinsey Artificial Intelligence. Implication for China. Aprile 2017, https://www.mckinsey.com/global-themes/china/artificial-intelligence-implications-for-china |
↑20 | Un esempio del messaggio positivo sull’intelligenza artificiale è il documentario prodotto in Cina che ne illustra i vantaggi. Si veda, Beijing review, giugno 2017, http://www.bjreview.com/Lifestyle/201706/t20170619_800098539.html |
↑21 | Non è un caso che su un piano prettamente intellettuale le questioni relative al rapporto fra metafisica, umanesimo e tecnologia abbiano cominciato a costituire una delle frontiere di indagine del pensiero filosofico cinese. Si veda, ad esempio, Chen Changshu e Qian Wang, “Reflecting on the Philosophy of Technology in the Form of Five Questions”, Technology in Society, 43, November 2015, 57-59, e soprattutto l’interesse suscitato dal recentissimo volume di Yuk Hui (filosofo di formazione anglossassone), The Question Concerning Technology in China. An Essay on Cosmotechnic (Falmouth: Urbanomic Media, 2016), dedicato an analizzare come il pensiero cinese abbia “pensato” la tecnologia. |
↑22 | Per una breve presentazione dell’evento si veda http://berggruen.org/activities/127. |
↑23 | Per Chen e il suo robot Jia Jia si veda http://www.xinhuanet.com/english/2017-04/26/c_136235602.htm. Gli studi di Chen sono orientati a creare un robot a uso domestico. |
↑24 | La bibliografia di Zhao e gli studi su Zhao sono numerosi. Il suo lavoro più noto, anche all’estero, è Tianxia xitong 天下系统 (Beijing: Renmin chubanshe, 2005). |
↑25 | Zhao Tingyang, Sizhong fencha (Shanghai: Huadong shifan daxue chubanshe, 2017). |
↑26 | Salutato come una ventata di innovazione nel panorama mediatico cinese, Pengpai è nondimeno, secondo gli osservatori, l’emblema della nuova propaganda dell’era di Xi Jinping. Si veda David Bandurski, “Reading the Paper”, China Media Project, 7/7/2016. |
↑27 | “Zhuan fang Zhao Tingyang. Zhiyao bu ju fansi nengli, rengong zhineng jiu bu hui shikong”. 专访赵汀阳:只要不具反思能力,人工智能就不会失控 (Finché non sarà in grado di riflettere su stessa, l’Intelligenza Artificiale non potrà andare fuori controllo). |