All’inizio degli anni 2000 il mondo dei Translation Studies (d’ora in poi TS) cinesi ha visto l’emergere della nuova corrente teorica denominata Eco-traduttologia (Shengtai fanyixue 生态翻译学, d’ora in poi ET). I suoi fondamenti vengono delineati a partire dal 2001 da Hu Gengshen 胡庚申, specialista di TS e docente presso la City University of Macau e l’Università Tsinghua di Pechino. Presentata come squisitamente cinese, la teoria conosce uno sviluppo piuttosto rapido. Nel 2010 si costituisce a Macao l’Associazione Internazionale per la Ricerca Eco-traduttologica (Guoji shengtai fanyixue yanjiuhui  国际生态翻译学研究会), che pubblica la Rivista di Eco-traduttologia  (Shengtai fanyixue xuekan 生态翻译学学刊). Nello stesso anno l’Associazione organizza, sempre a Macao, il suo primo simposio internazionale, e da questo momento l’ET inizia ad attirare in misura più significativa l’attenzione di alcuni studiosi di TS occidentali.
Il presente contributo si propone di illustrare le caratteristiche fondamentali dell’ET, individuata come esempio emblematico del tentativo di creazione di una teoria indigena che fonde elementi importati e nativi, rispettivamente la teoria darwiniana e il pensiero ecologico tradizionale cinese, rielaborati in base a un procedimento memetico che applica il discorso ecologico, naturalistico ed evoluzionistico ai processi traduttivi. Saranno poi esplorate alcune possibili implicazioni ideologiche di tale teoria nel contesto cinese contemporaneo.

Sistema ecologico e sistema traduttivo

Alla base della concezione ecotraduttologica sta l’assunto che l’ecologia naturale e i processi traduttivi condividano una serie di caratteristiche costitutive. Secondo gli ecotraduttologi, infatti, in entrambi i sistemi è possibile osservare un’interazione tra i vari organismi che li costituiscono, tesa al raggiungimento di armonia ed equilibrio, e in cui vigono gli stessi meccanismi darwiniani dell’evoluzione biologica (su questo secondo punto torneremo più avanti). Partendo da questa ipotesi, Hu Gengshen propone il concetto di eco-ambiente traduttivo (fanyi shengtai huanjing 翻译生态环境) per indicare un sistema che comprende sia il contesto linguistico-culturale del testo originale sia quello del testo tradotto, che contempla tutti gli aspetti linguistici, comunicativi, culturali e sociali della traduzione, e in cui si muovono gli “organismi” rappresentati dall’autore del testo originale, dai clienti, dai lettori e, naturalmente, dal traduttore.1)Hu Gengshen 胡庚申, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao” 生态翻译学的研究焦点与理论视角 (Focus di ricerca e principi teorici dell’Eco-traduttologia), Zhongguo fanyi, 2, 2011, 7.
Già da queste prime considerazioni è evidente come, nell’ET, l’ecologia costituisca essenzialmente un espediente discorsivo di natura memetica. In altre parole, si tratta di una metafora che presenta l’attività traduttiva e il traduttore stesso come elementi di una rete di relazioni, nella quale il ricercatore può studiare la catena delle attività traduttive stesse e le interazioni di queste ultime con l’ambiente in cui hanno luogo. È importante, quindi, ricordare che in questo quadro teorico – malgrado qualche poco convincente tentativo in questo senso da parte del suo ideatore – l’ecologia non costituisce l’oggetto della riflessione e della prassi traduttiva. Quest’ultima, pertanto, non è vista come un insieme di idee e pratiche attraverso cui esaminare l’interconnessione dei fenomeni naturali (sia sul piano biologico che su quello delle società umane) e la fragilità dell’ecosistema globale nell’era dell’Antropocene, come invece avviene nell’Eco-traduzione recentemente teorizzata da Cronin.2)Michael Cronin, Eco-Translation. Translation and Ecology in the Age of the Anthropocene (Londra e New York: Routledge, 2017).
Ciononostante, il mondo naturale – questa volta fuor di metafora – viene postulato come entità primaria da cui discendono nell’ordine, secondo un sistema di sottoinsiemi, umanità, cultura, lingua e traduzione: una sequenza di correlazioni (guanlian xulian 关联序链) in cui ciascun elemento è legato all’altro, che influenza e da cui è a sua volta influenzato. Ispirandosi al mondo naturale e ai fenomeni biologici, quindi, l’ET pone l’accento su una prospettiva olistica e sui fenomeni di correlazione e interazione tra gli elementi che costituiscono l’ecosistema.3)Hu, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao”, 6.

La traduzione come selezione e adattamento

Si è visto come l’impianto filosofico dell’ET mutui dal pensiero ecologico contemporaneo l’attenzione per le relazioni tra gli organismi e l’ambiente in cui essi si muovono, trasferendolo dal campo della biologia a quello delle attività umane. Nell’ecosistema della traduzione sarebbero quindi osservabili gli stessi meccanismi che regolano la vita degli ecosistemi naturali, ovvero sviluppo, competizione, coesistenza, sopravvivenza e rigenerazione. Più precisamente, lo strumento fondamentale per l’analisi dei processi traduttivi è rappresentato, nell’ET, dai principi darwiniani di selezione (xuanze 选择) e adattamento (shiying 适应). La traduzione viene descritta da Hu Gengshen come la produzione di testi di arrivo in virtù di una selezione “naturale”: quest’attività si realizzerebbe nell’adattamento del traduttore all’eco-ambiente traduttivo e, contemporaneamente, nella selezione, operata dal traduttore stesso, del grado di tale adattamento e della forma (in termini di lingua, stile, registro, ecc.) del testo di arrivo finale. In ultima analisi, l’attività traduttiva si pone come obiettivo il trasferimento dell’ecologia linguistica, culturale e comunicativa del testo di partenza attraverso l’adattamento all’ecologia linguistica, culturale e comunicativa del testo di arrivo, così da permettere a quest’ultimo di “sopravvivere” e “prosperare” nel suo eco-ambiente traduttivo: in termini botanici, un trapianto testuale (wenben yizhi 文本移植).4)Hu Gengshen, “Translation as Adaptation and Selection”, Perspectives: Studies in Translatology, 11(4), 2003, 283-291.
All’ambito biologico, e specialmente alla sua concezione in termini evoluzionistici, è collegata una triade fondante dell’ET, quella che nelle pubblicazioni in lingua inglese raccoglie i cosiddetti eco-themes (in cinese san sheng三生): essa comprende l’ecologia (shengtai 生态) della traduzione, la vita (shengming 生命) dei testi e la sopravvivenza (shengcun 生存) del traduttore.5)Hu Gengshen 胡庚申, “Shengtai fanyixue de ‘yi’ he ‘xin’ – butong fanyi yanjiu tujing de bijiao yanjiu bing jianda xiangguan yiwen 生态翻译学的”——不同翻译研究途径的比较研究并兼答相关疑问 (Differenza e novità dell’Eco-traduttologia: uno studio comparato di vari approcci alla traduzione e risposta ai relativi dubbi), Zhongguo waiyu 11 (5), 2014, 108. La natura e la composizione dell’eco-ambiente traduttivo teorizzato da Hu sono già state delineate nella precedente sezione. Si è visto anche come la sopravvivenza dei testi nel passaggio dall’ecosistema di partenza a quello di arrivo sia posta come obiettivo ultimo della traduzione: a questo si aggiunge l’idea della possibile coesistenza, nell’eco-ambiente traduttivo, di diversi testi tradotti, ciascuno dei quali compete per affermarsi e prevalere secondo il principio spenceriano della sopravvivenza del più adatto.
È utile ora soffermarsi sul ruolo del traduttore. Criticando l’eccessiva polarità di alcune teorie dei TS tradizionali, focalizzate sul testo di partenza o su quello di arrivo, la teoria ecotraduttologica ipotizza la centralità del traduttore in seno all’eco-ambiente traduttivo.6)Hu, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao”, 8; Hu Gengshen, “Translator-Centredness”, Perspectives: Studies in Translatology, 12(2), 2004, 106-117. Come si è visto, infatti, è il traduttore a decidere di adattarsi all’ambiente, nonché a selezionare strategicamente il grado in cui operare questo adattamento e la forma del testo finale. Questa condizione, tuttavia, è ancora una volta il frutto di una selezione. A monte, infatti, è l’eco-ambiente traduttivo a individuare il traduttore del testo di partenza – che non fa parte a priori del sistema – in base al suo profilo e alla sua capacità di adattamento alle condizioni ambientali: a questo punto, una volta accettati i vincoli imposti dall’eco-ambiente traduttivo, il traduttore acquisisce una nuova identità che gli permette di prendere decisioni strategiche nella pratica traduttiva, influenzando così l’eco-ambiente in cui opera. Tutto questo, secondo Hu, è ancora una volta in linea con i principi dell’evoluzione, in virtù dei quali l’essere umano, pur essendo soggetto all’imperativo dell’adattamento come ogni altro organismo, è l’unico in grado di trasformare proattivamente la natura attraverso operazioni di selezione razionale.7)Hu, “Translation as Adaptation and Selection”, 285.
Non va dimenticato, tuttavia, che nella visione dell’ET il traduttore deve comunque sottostare alle leggi di quello che potremmo definire “darwinismo professionale”: il traduttore, infatti, traduce per guadagnarsi da vivere e per perfezionare le competenze che gli permettono di mantenersi sul mercato, un meccanismo che viene perpetuato dalle “naturali” esigenze di sopravvivenza – questa volta intesa in senso letterale – e al proseguimento della carriera. Anche questa concezione, che si vuole profondamente informata dal pensiero ecologico contemporaneo, contribuirebbe a corroborare l’approccio ecologico che ispira l’ET e si inserirebbe nella tendenza globale del “ritorno alla natura”.8)Ivi, 290.

I geni culturali cinesi

 Commentando un proprio articolo in un seminario rivolto a un pubblico internazionale, Hu Gengshen ha ribadito la natura spiccatamente cinese dell’ET e il ruolo centrale che la “saggezza ecologica orientale” ricopre nel suo impianto teorico. La decisa impronta culturalista è evidente fin dal titolo dell’articolo oggetto di discussione, in cui si fa esplicito riferimento ai “geni culturali cinesi” che animerebbero la teoria.9)Hu Gengshen, “On the Chinese Cultural ‘Genes’ in Eco-Translatology”, intervento presentato al seminario “What Is Eco-Translation?”, UCL Centre for Translation Studies (CenTraS), Londra, 11/11/2016. Nelle varie elaborazioni dell’ET, infatti, il fondamento filosofico di quest’ultima si fa discendere da un pensiero cinese tradizionale che ne rappresenterebbe una componente quasi biologica.
Tra gli elementi costitutivi del “genoma” dell’ET, Hu evoca in particolare i concetti di “unità di uomo e natura” (tian ren he yi 天人合一), “dottrina del giusto mezzo” (zhong yong zhi dao 中庸之道), “centralità della persona” (yi ren wei ben 以人为本) e “integrità del tutto” (zheng ti zong he 整体综合), a costo di significative semplificazioni.10)Alcuni studiosi, infatti, hanno rilevato la superficialità dei collegamenti al pensiero tradizionale proposti da Hu Gengshen, suggerendo una più attenta lettura dei classici. Si veda Douglas Robinson, “Hu Gengshen and the Eco-Translatology of Early Chinese Thought”, Dongfang fanyi, 1, 2013, 9-29. L’“unità di uomo e natura” andrebbe interpretata, in senso moderno, come l’interrelazione tra attività umana e mondo naturale tesa all’armonia (hexie 和谐): nel contesto dell’ET, ciò si osserva nell’unità armoniosa tra l’operato del traduttore e l’eco-ambiente traduttivo in cui si muove in termini di equilibrio tra testo originale e testo tradotto, tra traduttore, autore e cliente, nonché tra i contesti linguistici e culturali di origine e di destinazione. La “dottrina del giusto mezzo”, con il suo accento sulla medietà, sull’idea di eccesso come difetto, sull’armonia nella diversità e sull’equilibrio, si applica al processo decisionale del traduttore, che deve essere improntato all’armonizzazione strategica di diversi elementi linguistici, culturali e comunicativi con la minima perdita e la massima efficienza. Il concetto di “centralità della persona” – cruciale anche nel discorso politico cinese degli ultimi due decenni – affida tradizionalmente all’uomo il ruolo di centro del mondo naturale: nell’ET questo ruolo è affidato al traduttore, componente essenziale di un ecosistema in cui, grazie al suo intervento, il testo originale, il testo tradotto, il contesto linguistico e culturale di origine e di destinazione possono esistere in uno stato di simbiosi armoniosa. Infine, l’“integrità del tutto” considera gli esseri viventi come anelli di una catena, ciascuno dei quali è legato a tutti gli altri: l’ET riprende questa concezione ipotizzando la sequenza di correlazioni che unisce attività traduttiva, lingua, cultura, uomo e natura.11)Hu, “Shengtai fanyixue de ‘yi’ he ‘xin’”, 108. L’enfasi su questi elementi di continuità etica e culturale porta addirittura Hu a sottolineare l’importanza di sostenere, in ambito accademico, un “discorso cinese” basato su valori e modi di pensare “cinesi”, pur mettendo in guardia da ogni estremismo e senza trascurare l’apporto fornito dalla ricerca internazionale.12)Hu, “On the Chinese Cultural ‘Genes’ in Eco-Translatology”.
Infine, benché a mia conoscenza Hu non suggerisca collegamenti in questo senso, sarebbe interessante esplorare se e come questi sia stato influenzato da certe interpretazioni evoluzionistiche della filosofia classica, in base alle quali sarebbe possibile osservare alcuni punti di contatto tra pensiero tradizionale e teoria evoluzionistica, quali l’idea di un’ontologia basata su relazioni dinamiche e l’enfasi sui principi di interdipendenza, armonia ed equilibrio.13)Si veda ad esempio, già in epoca moderna, la lettura in senso evoluzionistico del Zhuangzi 庄子da parte di Hu Shi 胡适. Tsing-song Vincent Shen, “Evolutionism through Chinese Eyes: Yan Fu, Ma Junwu and Their Translations of Darwinian Evolutionism”, ASIANetwork Exchange, 22 (1), 2014, 49-60.

Dall’Eco-traduttologia all’eco-ideologia

Questa breve descrizione dei principi ispiratori dell’ET suggerisce alcune osservazioni sulle possibili implicazioni ideologiche della teoria dell’ET.
La prima riguarda la ripresa del discorso evoluzionistico in ambito accademico. In Cina, la teoria evoluzionistica moderna trova terreno fertile fin dalla sua introduzione grazie alle prime, seminali traduzioni delle opere di Huxley, Spencer e Darwin a cavallo tra XIX e XX secolo, spesso vere e proprie reinterpretazioni della teoria in senso progressista.14)Shen, “Evolutionism through Chinese Eyes”. Come avviene anche in altri contesti culturali, infatti, sono soprattutto le applicazioni sociali e antropologiche dell’evoluzionismo – decisamente meno la sua componente strettamente scientifica – ad attecchire nel mondo intellettuale cinese all’alba del XX secolo. Il discorso evoluzionistico si afferma quindi come quadro di riferimento concettuale per teorizzare l’avanzata verso la modernità, nonché per interpretare la Storia come luogo del progresso verso la perfezione e come organismo naturale ordinato e retto da leggi, in cui l’uomo riveste un ruolo cruciale. Non a caso, il darwinismo – soprattutto nelle sue forme più “solidali”, quelle espresse in The Descent of Man – influenza profondamente il marxismo cinese che si sta consolidando nello stesso periodo. Del resto, la memetica darwinista – ovvero il meccanismo di estensione dei principi darwiniani al di là dell’ambito biologico, soprattutto in seno alle scienze sociali – è un fenomeno tutt’altro che nuovo, certo non limitato al contesto cinese né tantomeno estraneo ai TS.15)Per un inquadramento generale del problema della memetica evoluzionistica nella cultura e nelle scienze sociali si vedano Dan Sperber, Explaining Cultures: A Naturalistic Approach (Oxford: Blackwell, 1996) e Dominique Guillo, La Culture, le gène et le virus : la mémétique en question (Paris: Hermann, 2009). Per uno studio della memetica in campo traduttologico si veda Fabio Regattin, Traduction et évolution culturelle (Paris: L’Harmattan, 2018).
È quindi interessante notare come, nello strutturare il proprio impianto teorico e metodologico, l’ET attui una sistematica biologizzazione dei processi traduttivi. L’applicazione della metafora biologica e naturalistica alla traduzione non costituisce un elemento originale (immagini come quella del “trapianto” sono antiche quanto la riflessione sulla traduzione), e l’ET la opera in modo talvolta superficiale, forzato e non sempre calzante. L’esplicita ripresa del discorso evoluzionistico, però, imprime ai processi oggetto di studio una forte componente deterministica, rischiando di suggerire deviazioni pericolose.L’uso di metafore concettuali ispirate al mondo biologico può delineare un orizzonte cognitivo in cui i processi descritti sono presentati come naturali e inevitabili: un procedimento che si osserva spesso nella comunicazione politica, con tutti i pericoli di un discorso del potere che cerca così di legittimare il proprio operato e favorirne l’accettazione acritica.Utilizzato in ambito traduttologico – ma, mutatis mutandis, considerazioni analoghe possono valere anche per altri ambiti accademici – questo discorso rischia di ridurre la traduzione di un testo a un processo che risponde alle esigenze del sistema in cui viene prodotto. L’attività traduttiva viene così assimilata a un’operazione che consolida un ordine naturale, in virtù di leggi altrettanto naturali, sminuendo, in ultima analisi, la soggettività e la creatività del traduttore.16)Tengo a ringraziare Sergio Torres-Martínez per avermi suggerito interessanti spunti di riflessione sulle possibili implicazioni ideologiche della teoria ecotraduttologica. In particolare, in un quadro concettuale in cui l’evoluzione è vista come chiave del progresso e dell’avanzamento verso l’equilibrio, gli effetti del processo traduttivo sono presentati come intrinsecamente positivi e quindi incontestabili. Infine, il concetto di armonia sistemica, che l’ET individua come obiettivo ultimo della traduzione, riecheggia sinistramente lo stesso concetto nell’accezione che questo possiede nel discorso politico cinese contemporaneo, ovvero il mantenimento della stabilità sociale, legato a doppio filo all’attività di censura.
Il secondo spunto di riflessione riguarda l’insistenza sulla componente indigena della teoria dell’ET e sul processo di filiazione che legherebbe geneticamente il pensiero tradizionale – in particolare la “saggezza ecologica” – alle sue moderne elaborazioni. In Cina, la spinta verso l’indigenizzazione delle discipline non è un fenomeno recente. Essa affonda le sue radici nei movimenti intellettuali scatenati dall’incontro/scontro con le potenze occidentali nella seconda metà del XIX secolo, attraversa le istanze nazionalistiche del Quattro Maggio e l’isolazionismo dell’epoca maoista, fino ai tentativi di riappropriazione e di sintesi critica tra teorie native e importate seguiti alla riapertura all’esterno nell’era delle riforme.17)Chloé Froissart, “Enjeux du débat sur les sciences sociales dans la Chine de Xi Jinping”, Perspectives chinoises, 4, 2018, 3-9. Tale tendenza ha ricevuto ulteriore impulso negli ultimi due decenni, e in modo particolare all’indomani dell’insediamento del Segretario Generale del PCC Xi Jinping 习近平 (2012). Nella sua forma contemporanea, essa si inserisce nel quadro di uno sforzo, da parte della leadership cinese, teso alla costruzione e alla promozione della specificità nazionale – la tanto ampia quanto vaga “cultura tradizionale” (chuantong wenhua 传统文化) – anche in ambito accademico e, più in generale, nella produzione della conoscenza. Un accento particolare è posto sulle discipline umanistiche e sulle scienze sociali, il tutto sotto l’egida di un marxismo sempre più sinizzato.18)È utile, a questo proposito, citare il discorso tenuto da Xi Jinping il 17/05/2016, in cui il Segretario ha ribadito la necessità di “accelerare la costruzione di filosofia e scienze sociali con caratteristiche cinesi” (jiakuai goujian Zhongguo tese zhexue shehui kexue 加快构建中国特色哲学社会科学). “Xi Jinping: zai zhexue shehui kexue gongzuo zuotanhui shang de jianghua (quanwen)” 习近平:在哲学社会科学工作座谈会上的讲话(全文)[Xi Jinping: discorso al Forum su filosofia e scienze sociali (testo integrale)]. Xinhuawang, 18/05/2016. A questo fenomeno non sfuggono gli studi sulla traduzione. Dopo l’affermazione dei TS come disciplina autonoma in ambito euroamericano nel secondo dopoguerra, infatti, i ricercatori cinesi hanno avidamente assorbito e rielaborato, soprattutto a partire dai primi anni ’80, le teorie sviluppate all’estero e le applicazioni pratiche sperimentate dai traduttologi stranieri.19)Questo non significa che gli studiosi cinesi non abbiano indipendentemente avvertito già dai primi anni ’50 (quindi più o meno nello stesso periodo in cui i TS stavano prendendo forma nel contesto euroamericano) l’esigenza di sistematizzare la riflessione traduttologica che, in Cina, affonda le sue radici in una tradizione millenaria. Tan Zaixi, “Chinese Discourse on Translation: Views and Issues”, in Ziman Han e Defeng Li (a cura di), Translation Studies in China. The State of the Art (Singapore: Springer, 2019), 9-32; Tan Zaixi, “Translation Studies as a Discipline in the Chinese Academia”, in Chris Shei e Zhao-Ming Gao (a cura di), The Routledge Handbook of Chinese Translation (Londra e New York: Routledge, 2018), 605-621. Al tempo stesso, la formulazione di una teoria della traduzione indigena – ovvero radicata nel contesto socioculturale della Cina e nel suo tradizionale discorso sulla traduzione, nonché capace di rappresentare la specificità linguistico-culturale cinese – ha costituito una preoccupazione costante tra gli studiosi della PRC.20)Il problema di cosa si intenda per “TS cinesi” è complesso e la possibilità stessa dell’articolazione locale della disciplina è oggetto di dibattito. Per una discussione si vedano Zhu Chunshen, “Translation Studies in China or Chinese-Related Translation Studies: Defining Chinese Translation Studies”, Babel, 50 (4), 2004, 332–345, e il già citato Tan, “Chinese Discourse on Translation”.
L’ET si inserisce perfettamente in questo quadro di relativizzazione epistemologica, a cui aggiunge una vocazione globale. Benché ispirata da approcci e concetti importati (soprattutto dalla Skopostheorie, dai Descriptive Translation Studies e dalla scuola sociologica dei TS), e pur non costituendo il primo tentativo in questo senso nel campo dei TS cinesi,21)È stata preceduta, tra le altre, dalla Medio-traduttologia (Yijiexue译介学) elaborata da Xie Tianzhen 谢天振 alla fine degli anni ’90 a cavallo tra TS e teoria della letteratura comparata. l’ETè stata la prima teoria “cinese” a ottenere non solo notevole risonanza nazionale, ma anche una (seppur limitata) visibilità internazionale, grazie alla pubblicazione di alcuni saggi in prestigiose riviste specialistiche in lingua inglese. Come si è visto, Hu Gengshen propone di esportare l’approccio ecotraduttologico al di fuori dei confini della sinosfera: questa promozione del “discorso cinese” trova profonde analogie con quanto si osserva recentemente in altri campi delle scienze umane – soprattutto nella critica letteraria, nella letteratura comparata e in altre correnti dei TS stessi – in cui l’accento sulla specificità linguistico-culturale cinese si accompagna a politiche accademiche, spesso sostenute dal governo, tese a rafforzare il soft power culturale nazionale. Nel caso dell’ET, però, è interessante come questo passaggio dall’indigenizzazione (bentuhua 本土化) all’internazionalizzazione (guojihua 国际化) si inserisca in quello che Hu chiama Neo-ecologismo (xin shengtaizhuyi 新生态主义), ovvero un approccio filosofico che fonde olismo ecologico occidentale, saggezza ecologica classica orientale e teoria della traduzione come selezione e adattamento.22)Tao Lichun 陶李春 e Hu Gengshen 胡庚申, “Guan Zhong Xi, shizhe cun: shengtai fanyixue de xingqi yu guojihua – Hu Gengshen jiaoshou fangtanlu” 贯中西、适者存:生态翻译学的兴起与国际化——胡庚申教授访谈录 (L’unione di Cina e Occidente e  la sopravvivenza del più adatto: ascesa e internazionalizzazione dell’Eco-traduttologia. Un’intervista con il Prof. Hu Gengshen), Zhongguo waiyu, 13 (5), 2016, 93. In questa prospettiva è possibile riscontrare importanti analogie con la retorica della civiltà ecologica (shengtai wenming 生态文明), dotata di un potere discorsivo che, per i suoi effetti locali e globali, trascende la sfera della comunicazione politica e ha recentemente ispirato un rinnovato dibattito intellettuale.23)Maurizio Marinelli, “How to Build a ‘Beautiful China’ in the Anthropocene. The Political Discourse and the Intellectual Debate on Ecological Civilization”, Journal of Chinese Political Sciences, 23 (3), 2018, 365-386.
Naturalmente, queste preliminari osservazioni sulle implicazioni ideologiche della teoria ecotraduttologica, con particolare riferimento al discorso evoluzionistico, ecologico e naturalistico, non intendono suggerire l’idea che la ricerca sull’ET risponda a una precisa agenda politica. Tuttavia, come si è cercato di dimostrare, la teoria presenta diversi punti di contatto con il progetto ideologico portato avanti dalla leadership cinese contemporanea, e può offrire ulteriori spunti di riflessione sull’evoluzione delle scienze sociali e sulle politiche di produzione della conoscenza in Cina.

Magagnin, Ecologia e ideologia PDF

Immagine: Aeonium tabuliforme

Paolo Magagnin è docente di lingua cinese, traduzione e interpretazione all’Università Ca’ Foscari di Venezia e membro del gruppo di ricerca “Laboratorio sulla Traduzione delle Lingue Orientali”. Si occupa principalmente di Translation Studies, letteratura cinese moderna e contemporanea e discorso politico cinese contemporaneo.

References
1 Hu Gengshen 胡庚申, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao” 生态翻译学的研究焦点与理论视角 (Focus di ricerca e principi teorici dell’Eco-traduttologia), Zhongguo fanyi, 2, 2011, 7.
2 Michael Cronin, Eco-Translation. Translation and Ecology in the Age of the Anthropocene (Londra e New York: Routledge, 2017).
3 Hu, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao”, 6.
4 Hu Gengshen, “Translation as Adaptation and Selection”, Perspectives: Studies in Translatology, 11(4), 2003, 283-291.
5 Hu Gengshen 胡庚申, “Shengtai fanyixue de ‘yi’ he ‘xin’ – butong fanyi yanjiu tujing de bijiao yanjiu bing jianda xiangguan yiwen 生态翻译学的”——不同翻译研究途径的比较研究并兼答相关疑问 (Differenza e novità dell’Eco-traduttologia: uno studio comparato di vari approcci alla traduzione e risposta ai relativi dubbi), Zhongguo waiyu 11 (5), 2014, 108.
6 Hu, “Shengtai fanyixue de yanjiu jiaodian yu lilun shijiao”, 8; Hu Gengshen, “Translator-Centredness”, Perspectives: Studies in Translatology, 12(2), 2004, 106-117.
7 Hu, “Translation as Adaptation and Selection”, 285.
8 Ivi, 290.
9 Hu Gengshen, “On the Chinese Cultural ‘Genes’ in Eco-Translatology”, intervento presentato al seminario “What Is Eco-Translation?”, UCL Centre for Translation Studies (CenTraS), Londra, 11/11/2016.
10 Alcuni studiosi, infatti, hanno rilevato la superficialità dei collegamenti al pensiero tradizionale proposti da Hu Gengshen, suggerendo una più attenta lettura dei classici. Si veda Douglas Robinson, “Hu Gengshen and the Eco-Translatology of Early Chinese Thought”, Dongfang fanyi, 1, 2013, 9-29.
11 Hu, “Shengtai fanyixue de ‘yi’ he ‘xin’”, 108.
12 Hu, “On the Chinese Cultural ‘Genes’ in Eco-Translatology”.
13 Si veda ad esempio, già in epoca moderna, la lettura in senso evoluzionistico del Zhuangzi 庄子da parte di Hu Shi 胡适. Tsing-song Vincent Shen, “Evolutionism through Chinese Eyes: Yan Fu, Ma Junwu and Their Translations of Darwinian Evolutionism”, ASIANetwork Exchange, 22 (1), 2014, 49-60.
14 Shen, “Evolutionism through Chinese Eyes”.
15 Per un inquadramento generale del problema della memetica evoluzionistica nella cultura e nelle scienze sociali si vedano Dan Sperber, Explaining Cultures: A Naturalistic Approach (Oxford: Blackwell, 1996) e Dominique Guillo, La Culture, le gène et le virus : la mémétique en question (Paris: Hermann, 2009). Per uno studio della memetica in campo traduttologico si veda Fabio Regattin, Traduction et évolution culturelle (Paris: L’Harmattan, 2018).
16 Tengo a ringraziare Sergio Torres-Martínez per avermi suggerito interessanti spunti di riflessione sulle possibili implicazioni ideologiche della teoria ecotraduttologica.
17 Chloé Froissart, “Enjeux du débat sur les sciences sociales dans la Chine de Xi Jinping”, Perspectives chinoises, 4, 2018, 3-9.
18 È utile, a questo proposito, citare il discorso tenuto da Xi Jinping il 17/05/2016, in cui il Segretario ha ribadito la necessità di “accelerare la costruzione di filosofia e scienze sociali con caratteristiche cinesi” (jiakuai goujian Zhongguo tese zhexue shehui kexue 加快构建中国特色哲学社会科学). “Xi Jinping: zai zhexue shehui kexue gongzuo zuotanhui shang de jianghua (quanwen)” 习近平:在哲学社会科学工作座谈会上的讲话(全文)[Xi Jinping: discorso al Forum su filosofia e scienze sociali (testo integrale)]. Xinhuawang, 18/05/2016.
19 Questo non significa che gli studiosi cinesi non abbiano indipendentemente avvertito già dai primi anni ’50 (quindi più o meno nello stesso periodo in cui i TS stavano prendendo forma nel contesto euroamericano) l’esigenza di sistematizzare la riflessione traduttologica che, in Cina, affonda le sue radici in una tradizione millenaria. Tan Zaixi, “Chinese Discourse on Translation: Views and Issues”, in Ziman Han e Defeng Li (a cura di), Translation Studies in China. The State of the Art (Singapore: Springer, 2019), 9-32; Tan Zaixi, “Translation Studies as a Discipline in the Chinese Academia”, in Chris Shei e Zhao-Ming Gao (a cura di), The Routledge Handbook of Chinese Translation (Londra e New York: Routledge, 2018), 605-621.
20 Il problema di cosa si intenda per “TS cinesi” è complesso e la possibilità stessa dell’articolazione locale della disciplina è oggetto di dibattito. Per una discussione si vedano Zhu Chunshen, “Translation Studies in China or Chinese-Related Translation Studies: Defining Chinese Translation Studies”, Babel, 50 (4), 2004, 332–345, e il già citato Tan, “Chinese Discourse on Translation”.
21 È stata preceduta, tra le altre, dalla Medio-traduttologia (Yijiexue译介学) elaborata da Xie Tianzhen 谢天振 alla fine degli anni ’90 a cavallo tra TS e teoria della letteratura comparata.
22 Tao Lichun 陶李春 e Hu Gengshen 胡庚申, “Guan Zhong Xi, shizhe cun: shengtai fanyixue de xingqi yu guojihua – Hu Gengshen jiaoshou fangtanlu” 贯中西、适者存:生态翻译学的兴起与国际化——胡庚申教授访谈录 (L’unione di Cina e Occidente e  la sopravvivenza del più adatto: ascesa e internazionalizzazione dell’Eco-traduttologia. Un’intervista con il Prof. Hu Gengshen), Zhongguo waiyu, 13 (5), 2016, 93.
23 Maurizio Marinelli, “How to Build a ‘Beautiful China’ in the Anthropocene. The Political Discourse and the Intellectual Debate on Ecological Civilization”, Journal of Chinese Political Sciences, 23 (3), 2018, 365-386.