Immaginate di trovarvi di fronte a un dipinto paesaggistico tradizionale cinese, shanshui hua 山水画, eseguito secondo lo stile tipico della Dinastia Song (960–1279) destinato a diventare un autentico modello per i canoni artistici a venire. Seguendo le curve di un’insenatura fluviale, si sale fino ai pendii delle montagne, punteggiate di alberi, le cui vette si stagliano alte nel cielo, immerse in una nebbia suggestiva. Gli elementi sono composti con equilibrio, grazie a un sapiente uso di pennellate e tratti di inchiostro, che fanno emergere la bellezza della natura e la sua vitalità interiore. Un senso di tranquillità vi invade, quasi foste in una dimensione onirica. Il dipinto vi porta a riflettere su quanto la natura sia grandiosa e vi invita a entrare in armonia con essa, in linea con il Taoismo e il Buddismo, che fanno della contemplazione dei paesaggi un modo privilegiato per raggiungere l’elevazione spirituale.1)Miranda Shaw, “Buddhist and Taoist Influences on Chinese Landscape Painting”, Journal of the History of Ideas, 49, 2, 1988, 183-206; Sophia Suk-mun Law, “Being in Traditional Chinese Landscape Painting”, Journal of Intercultural Studies, 32, 4, 2011, 369-382.
A guardare meglio però, vi accorgete che la natura sublime appena descritta è contaminata dall’inaspettata presenza di cantieri, gru e veicoli che affollano la parte inferiore del dipinto. Guardando ancora più da vicino, realizzate che questi e altri elementi propri del disastroso impatto umano sull’ambiente tipico dell’Era Antropocenica, in realtà, compongono il paesaggio stesso: la nebbia è smog, le montagne sono casermoni, gli alberi sono tralicci. L’immobilità della scena rappresentata vi inghiotte senza possibilità di scampo, portandovi a un senso di claustrofobia e di angoscia. La sensazione, ora, è quella di trovarsi in un incubo. O, a voler essere più precisi, in un “green nightmare”, popolato dalle narrative distopiche proprie della pubblicità sociale per la tutela ambientale, caratterizzate dal loro dar vita a:

“uno spaventoso mondo di crisi, perdita, paura, pericolo e orrore […] per turbare, sconvolgere e disgustare allo scopo di preservare una natura capace di combattere gli avanzamenti tecnologici e consumistici”.2)Paul Rutherford, Endless Propaganda: The Advertising of Public Goods (Toronto: Toronto University Press, 2000), 209.

La descrizione dell’immaginario paesaggio appena illustrato, infatti, si basa sui layout delle pubblicità sociali della campagna per la tutela ambientale Shanshui pian 山水篇 (Il paesaggio), diffusa in Cina nel 2008. L’anno seguente, questa ha ottenuto numerosi premi assegnati dai più prestigiosi concorsi internazionali di creatività pubblicitaria, tra cui spiccano Adfest3)Adfest è iniziato nel 1998 e si tiene con cadenza annuale nella città di Pattaya, in Thailandia. Nell’edizione del 2009 Shanshui pian ha ricevuto cinque Gold Lotus, cinque Silver Lotus, due Bronze Lotus e due Lotus Roots. https://adage.com/china/article/china-news/conservation-ads-turn-art-into-warning-about-pollution/135497 e Cannes Lions International Festival of Creativity.4)Dal 1954 Cannes Lions è l’evento di maggior rilievo al mondo in ambito di creatività pubblicitaria. A Cannes Lions 2009 Shanshui pian è stata premiata con un Silver Lion (campagna outdoor) e un Bronze Lion (campagna print). https://it.adforum.com/award-organization/6650183/showcase/2009/">https://it.adforum.com/award-organization/6650183/showcase/2009/
Questi riconoscimenti sorprendono ancora di più se si pensa al risultato deludente riportato dalla Cina al “suo” primo Cannes Lions nel 1996 e agli sforzi successivi per affermarsi nel mondo come paese del “Created in China”.5)Giovanna Puppin, “Advertising and China: How Does a Love/Hate Relationship Work?”, in Alison Hulme (a cura di), The Changing Landscape of China’s Consumerism (Oxford: Chandos/Elsevier, 2014), 177-195. Alla luce di ciò, è facile capire come Shanshui pian sia diventata una campagna dalla valenza iconica.

Pubblicità e natura: usi, abusi, soprusi

In Occidente la natura si è ben presto rivelata strategica per un utilizzo in ambito pubblicitario, nei suoi diversi generi.
Dall’inizio del ventesimo secolo, la pubblicità commerciale ha cominciato a utilizzare le immagini della natura e dell’ambiente naturale per fini promozionali. Queste rappresentazioni sembrano oscillare tra una visione progressista, che vede la natura come una risorsa da dominare e sfruttare per lo sviluppo economico e tecnologico, e una retrospettiva, di matrice romantica e nostalgica, in cui la natura personifica valori di semplicità, genuinità e purezza, che merita di essere rispettata e protetta.6)Anders Hansen, Environment, Media and Communication (London: Routledge, 2010), 134-158.
Significativo è il caso del green advertising, sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni ’80 e tornato attuale a seguito dei problemi legati al riscaldamento globale. Rientrano in questa categoria le pubblicità che promuovono uno stile di vita eco-sostenibile e quelle che mettono in risalto la relazione tra il prodotto e l’ambiente (ad esempio attraverso gli aggettivi “ecologico”, “riciclabile”, “biodegradabile”). Qui si trovano anche le pubblicità che sfruttano la natura e le sue immagini come sfondo (backdrop) per influenzare le nostre abitudini di consumo e comportamenti di acquisto:

“[q]uando le pubblicità si appropriano dei simboli della natura, il prodotto non è solo una saponetta, ma diventa una doccia sotto una cascata; non è solo un deodorante per l’ambiente, ma un campo di fiori selvatici; non è solo un paio di lenzuola che si asciugano più rapidamente, ma una brezza di montagna.”7)Judith Hendry, Communication and the Natural World (State College, PA: Strata Publishing, 2010), 187.

Una terza tipologia è quella delle pubblicità atte a costruire e promuovere un’immagine di azienda incentrata sulla responsabilità ambientale e che spesso si tramutano in greenwashing.8)Ibid., 183-198. Questa strategia si propone di creare una facciata di ecosostenibilità per aziende e prodotti in realtà ben lontani dall’essere eco-friendly; è il caso di multinazionali che sono state al centro di scandali per incidenti ambientali o pratiche inquinanti e che hanno suscitato sospetti e reazioni critiche in gruppi ambientalisti e di consumatori.9)Robert Goldman e Stephen Papson, Sign Wars: The Cluttered Landscape of Advertising (New York: The Guildford Press, 1996), 187-215.

Un discorso a parte merita la pubblicità sociale per la tutela ambientale. Questa infatti utilizza il vasto repertorio di immagini legate alla natura per fini di pubblica utilità, come la lotta all’inquinamento, la salvaguardia delle acque e la protezione del suolo, il risparmio energetico e, più in generale, la promozione di comportamenti ritenuti ecologicamente corretti.10)Paolo Peverini e Monica Spalletta, Unconventional. Valori, testi, pratiche della pubblicità sociale (Roma: Meltemi, 2009). Gli sponsor sono, normalmente, il governo, i ministeri, le organizzazioni non-governative (ONG) e i gruppi ambientalisti. Invece di enfatizzare la convivenza armoniosa tra uomo e natura, queste pubblicità tendono a ritrarre, attraverso il ricorso a immagini apocalittiche e fear appeals, una natura maltrattata, vittima dell’uomo e del suo sfrenato consumismo, se non addirittura brutalmente distrutta.11)Giovanna Gadotti e Roberto Bernocchi, La pubblicità sociale. Maneggiare con cura (Roma: Carocci, 2010).

Pubblicità sociale per la tutela ambientale in Cina

In Cina, il primo esempio di pubblicità sociale (gongyi guanggao 公益广告) è costituito dallo spot Jieyue yongshui 节约用水 (“Usiamo l’acqua con parsimonia”), trasmesso nel 1986 e sponsorizzato congiuntamente dalla Televisione di Guiyang e dall’Ufficio locale per il risparmio dell’acqua.12)Giovanna Puppin, “La pubblicità sociale in Cina: un quadro generale”, Mondo Cinese, 123, 2005, 33-40.  Si tratta anche del primo esempio di pubblicità sociale per la tutela ambientale (huanbao gongyi guanggao 环保公益广告).
Quest’ultima viene definita come l’insieme di messaggi per il bene comune che affrontano una o più tra le seguenti tematiche: protezione delle specie animali e vegetali, conservazione delle risorse, salvaguardia dell’acqua e del suolo, tutela dell’ambiente urbano e via dicendo.13)Zhang Mingxin 张明新, Gongyi guanggao de aomi 公益广告的奥秘 (I segreti della pubblicità sociale)(Guangzhou: Guangdong daxue chubanshe, 2004). Gli obiettivi sono, ad esempio, promuovere la coscienza pubblica in merito alla protezione ambientale, incoraggiare comportamenti ecologisti nella popolazione, ottenere il supporto dall’intera società a salvaguardia dell’ecosistema e contribuire allo sviluppo sostenibile.14)Gao Fangfang  高芳芳, Huanjing chuanbo: meijie, gongzhong yu shehui 环境传播:媒介、公众与社会 (Comunicazione ambientale: media, pubblico e società) (Hangzhou: Zhejiang daxue chubanshe, 2016). Tra i possibili sponsor troviamo il governo cinese o uno dei suoi ministeri (ad esempio il Ministry of Ecology and Environment, MEE), le ONG ambientaliste – sia internazionali (quali World Wide Fund for Nature, o WWF, e Greenpeace) sia domestiche (come Friends of Nature, Ziran zhi you 自然之友, e Global Village of Beijing, Beijing diqiucun 北京地球村)15)Guobin Yang, “Environmental NGOs and Institutional Dynamics in China”, The China Quarterly, 181, 2005, 46-66; Marco Volpe, “International ENGOs in China: a Significant Presence and a Fast-Changing Reality”, Sinologia Hispanica. China Studies Review 5, 2, 2017, 113-148. – ma anche media e aziende private.16)La partecipazione di aziende private rimane una caratteristica tipica della pubblicità sociale cinese, ma non senza sollevare polemiche. Si veda Giovanna Puppin, “Il ‘Caso di zia Gong Li’: la pubblicità sociale cinese in bilico tra finalità opposte”, Asiatica Venetiana, 10/11, 2009, 137-154.
Da sempre la pubblicità sociale cinese viene utilizzata anche come uno strumento alternativo alla propaganda per portare avanti priorità politiche ed ideologiche.17)Hong Cheng e Kara Chan, “Public Service Advertising in China: A Semiotic Analysis”, in Hong Cheng e Kara Chan (a cura di), Advertising and Chinese Society: Impact and Issues (Gylling: Copenhagen Business School Press, 2009), 203–221; Daniela Stockmann, “Greasing the Reels: Advertising as a Means of Campaigning on Chinese Television”, The China Quarterly, 208, 2011, 851-869. Ed è proprio la questione ambientale a ricoprire una posizione cruciale nell’attuale agenda politica della leadership cinese.
La Cina, resasi conto di essere vista sulla scena internazionale “come un impietoso inquinatore e un leader emergente”18)Joy Y. Zhang e Michael Barr, Green Politics in China: Environmental Governance and State-Society Relations (London: Pluto Press, 2013), 5. ha iniziato a darsi molto da fare in ambito di tutela ambientale, cominciando da “casa” propria. Dal 2007, anno in cui l’ex Presidente Hu Jintao ha menzionato ufficialmente la “costruzione di una civiltà ecologica” (shengtai wenming jianshe 生态文明建设) durante il 17mo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, questa è rimasta al centro dell’agenda politica. Anche l’attuale Presidente Xi Jinping infatti l’ha definita un’importante componente dello sviluppo nazionale, come si evince dallo slogan pragmatico da lui lanciato nel corso del 19mo Congresso del 2017: “Acque chiare e monti verdi valgono quanto monti d’oro e d’argento” (lüshui qingshan jiu shi jinshan yinshan 绿水青山就是金山银山).
Non stupisce, quindi, che la pubblicità sociale sia apparsa come uno strumento ideale per la costruzione della tanto agognata “civiltà ecologica”.19)Pan Yang 潘阳, “Gongyi guanggao yu shengtai wenming jianshe” 公益广告与生态文明建设 (Pubblicità sociale e costruzione della civilità ecologica), in Pei’ai Chen (a cura di), Zhongguo yuansu yu guanggao yingxiao 中国元素与广告营销 (Elementi cinesi e marketing pubblicitario) (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 2009), 316-322. Nonostante questo, essa non è solo prerogativa del governo, anzi.

Dietro le quinte di un successo pubblicitario

La campagna Shanshui pian è stata sponsorizzata dalla China Environmental Protection Foundation (CEPF, Zhongguo huanjing baohu jijinhui 中国环境保护基金会) ovvero “la prima ONG cinese ad occuparsi di protezione ambientale nel paese”.20)La CEPF è stata fondata a Pechino nel 1993 da Qu Geping, che era stato il primo direttore della National Environmental Protection Agency (NEPA) dal 1987 al 1993.
L’agenzia pubblicitaria è la J. Walter Thompson (JWT) Shanghai, una delle più importanti agenzie transnazionali, che opera in Cina dal 1990. Proprio grazie al successo riportato con Shanshui pian, è stata la prima a conquistarsi il titolo di “Agenzia dell’anno” nel corso di Adfest 2009.21)Dopo l’entrata della Cina nel WTO nel dicembre 2001, le agenzie pubblicitarie transnazionali hanno optato per mantenere una forte componente di talenti locali per sfruttarne al meglio le specifiche conoscenze e competenze culturali. Si veda Jing Wang, Brand New China (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2008).
Shanshui pian è apparsa in forma di cartelloni nella metropolitana di Shanghai; inoltre, le è stata anche riservata un’intera parete di schermi al plasma nella stazione più affollata – People’s Square. Questo è stato possibile grazie al progetto no-profit Creative Gallery 2008 per il quale JCDecaux, leader mondiale nella pubblicità outdoor, ha donato spazio pubblicitario pari a 10 milioni di yuan, garantendo a questa e ad altre campagne sociali una visibilità senza precedenti. Successivamente è stato realizzato anche uno spot, che però non sarà oggetto di analisi in questa sede.
Un altro fattore di successo è stato determinato dalla straordinaria collaborazione con Yang Yongliang 杨泳梁, l’artista cinese diventato famoso per le sue fotografie digitali che giustappongono le forme e le composizioni tipiche della paesaggistica tradizionale cinese con le strutture architettoniche e le ambientazioni urbane apocalittiche, dando vita a uno stile unico e inconfondibile. I visual dei tre soggetti che compongono la campagna pubblicitaria sono infatti citazioni visive, parziali o totali, di alcune opere della serie Phantom Landscape (Shenshi shanshui 蜃市山水), iniziata nel 2006. Qui l’artista utilizza il suo
archivio di fotografie scattate nella metropoli di Shanghai – dov’è nato – da cui poi seleziona elementi collegati alla sfrenata urbanizzazione, per comporli digitalmente come se fossero pennellate di un dipinto paesaggistico. Queste opere, realizzate rigorosamente in bianco e nero, richiamano solo in apparenza i paesaggi in auge durante la Dinastia Song: in realtà sono paesaggi artificiali, alienanti manifestazioni di distruzione ambientale. I componimenti poetici e calligrafici, tanto cari alla paesaggistica tradizionale cinese, vengono qui sostituiti con testi che, in maniera un po’ irriverente, riportano indirizzi di siti web o nomi delle fermate degli autobus urbani. I sigilli, che tradizionalmente identificavano artisti e collezionisti, vengono qui conservati nel loro convenzionale colore rosso, ma per rievocare i motivi dei chiusini che coprono i pozzetti di acquedotti, fognature, linee elettriche e telefoniche.22)Meiqin Wang, Urbanization and Contemporary Chinese Art (London: Routledge, 2016), 119-160.
In sintesi, le opere di Yang Yongliang denunciano come l’uomo stia depredando la natura; in virtù di questo, sono state riconosciute come socialmente impegnate e gli hanno permesso di posizionarsi tra i finalisti di Prix Pictet 2015, il premio globale per la fotografia e la sostenibilità.
L’esecuzione della campagna print/outdoor, che costituisce il caso studio di questo articolo, ha dunque visto Yang Yongliang lavorare fianco a fianco con l’art director Lillie Zhong per la scelta dei visual e il loro successivo adattamento, sotto la guida di Yang Yeo e SheungYan Lo. L’ideazione delle headline e dei bodycopy è stata affidata a Jacqueline Ye e a Rafael Freire, che così ne ha parlato nel corso di un’intervista:

“[c]onfesso che, all’inizio, ero preoccupato che il pubblico cinese si potesse offendere per l’utilizzo della pittura tradizionale come veicolo di un messaggio così forte. Ma sembra che lo abbia apprezzato e che abbia capito il motivo per cui lo abbiamo fatto”.23)http://agency.asia/issue-04/126-interviews/237-jwt-beijing.html

Variazioni (pubblicitarie) sul tema natura

Il caso studio è costituito dai tre annunci pubblicitari che compongono la campagna Shanshui pian, ciascuno dei quali affronta una tematica ambientale diversa, di cui illustreremo sommariamente le principali caratteristiche linguistiche e visive.

Immagine 1

“I monti non sono monti, le acque non sono acque”

L’headline di questo primo annuncio è posta in alto a destra e recita: Shan fei shan shui fei shui 山非山水非水 (“I monti non sono monti, le acque non sono acque”).
Si tratta di un riferimento culturale di notevole risonanza, in quanto rinvia testualmente al Buddismo Chan, in particolare alla figura di Qingyuan Xingsi 青原行思, monaco vissuto durante la Dinastia Tang (618-907). In uno dei suoi passi più famosi egli spiega così le tre fasi per la comprensione del Dharma:

“[p]rima di aver studiato per trent’anni la meditazione Chan, vedevo i monti come monti e le acque come acque. Una volta raggiunta una conoscenza più profonda, vidi che i monti non erano monti e le acque non erano acque. Ma ora che ho colto la vera sostanza del conoscere, sono in pace. Perché vedo ancora i monti come monti e le acque come acque”.24)Qingyuan, citato in Alan Watts, The Way of Zen (1957; ristampa, New York: Vintage Books, 1999), 126.

Un simile riferimento intertestuale risulta particolarmente appropriato, visto il carattere effimero di questo paesaggio che appare naturale, ma in cui di fatto la natura non c’è. Siamo infatti di fronte a un paesaggio che, in primo piano, alterna tratti di suolo deteriorato, occupati da gru, cantieri e ciminiere resi con dovizia di particolari, a zone lattee, diafane, dai confini sfumati e sbiaditi, che suscitano un senso di desolazione. Vi dominano opposizioni binarie giocate sulla contrapposizione pieno/vuoto, scuro/chiaro e finito/infinito. In secondo piano svettano imponenti palazzoni, costruiti in maniera disordinata e soffocante uno sopra l’altro, come a denunciare la corsa incontrollata all’edificazione a scapito del suolo.
Il bodycopy che segue introduce il problema ambientale che la campagna pubblicitaria vuole andare a contrastare:

“Miliardi di tonnellate di emissioni e acque reflue industriali continuano a venir rilasciate in cielo e in mare. Una volta perduta, la natura non tornerà mai più. Fermiamo l’inquinamento industriale, facciamo tesoro della natura”.

Il messaggio è chiaro: l’inquinamento industriale ha prodotto una tale quantità di rifiuti e di danni che, continuando così, comporterà conseguenze catastrofiche e irreversibili.
È importante notare come headline e bodycopy siano scritti da destra a sinistra e dall’alto al basso. In pubblicità questa scelta nell’orientamento del testo ha una connotazione “classicheggiante”, che richiama l’eredità culturale della Cina antica, sebbene i caratteri siano qui resi in stile tipografico e non calligrafico.25)Giovanna Puppin, “The Master Said, The Master Sold? Uses and Misuses of the Confucius Icon in Chinese Commercial Advertising”, in Stefania Travagnin (a cura di), Religion and the Media in China: Insights and Case Studies from the Mainland, Taiwan and Hong Kong (London: Routledge, 2016), 211.
Un altro punto che merita attenzione sono i sigilli rossi, che in questa campagna pubblicitaria vengono utilizzati per veicolare i simboli di pericolo adottati dalla segnaletica di sicurezza internazionale. Tre sono ben distinguibili: il pericolo legato ai materiali tossici e quello per le sostanze radioattive, posizionati subito dopo il bodycopy, e quello del rischio biologico, in alto a sinistra.
Il logo dello sponsor, seguito dal nome in inglese e in cinese, è situato in basso a sinistra ed evidenziato in bianco, in modo da risaltare sullo sfondo di colore scuro.

Immagine 2

“Le montagne si deteriorano, le acque si esauriscono”

L’headline di questa pubblicità, riportata in alto a sinistra, è: Shan qiong shui jin 山穷水尽 (“Le montagne si deteriorano, le acque si esauriscono”). Anche qui ci troviamo di fronte a un caso di intertestualità, in cui la pubblicità si appropria di una forma culturale “altra”; nello specifico, di un’espressione idiomatica di quattro caratteri (chengyu 成语), che significa “arrivare al limite”, “essere al limite delle forze”.
Non a caso il visual mette in evidenza la finitezza della natura, che sta letteralmente soccombendo davanti alla forza distruttrice dell’uomo: la rappresentazione centrale della montagna che si piega su sè stessa sotto il peso di una foresta di tralicci ne è la dimostrazione lampante.
Il bodycopy introduce e spiega le conseguenze della devastazione ambientale enunciata dall’headline:

“Le risorse della terra continuano a venir consumate. Tra cinquant’anni la temperatura sarà aumentata di quattro gradi. Con lo scioglimento dei ghiacciai si innalzerà la superficie dei mari. Se l’uomo continuerà a distruggere la terra, anche la terra distruggerà l’uomo. Proteggiamo l’ambiente, prendiamoci cura della natura”.

Anche qui il messaggio verbale non lascia spazio a fraintendimenti: in toni apocalittici, presenta un’imminente fine collegata al riscaldamento globale. Il rapporto uomo-natura ha ormai perduto il suo carattere armonioso per assumere l’aspetto maligno di un reciproco danno. In relazione complementare con il testo, la parte destra del visual ritrae due cascate che sembrano in procinto di stringere in un abbraccio letale gli spettrali casermoni, che appaiono quasi indifesi di fronte a tanta irruenza.
Dietro la sommità di una montagna di palazzoni, posta a sinistra, si scorge l’edificio iconico per antonomasia della città di Shanghai – la Oriental Pearl Tower – che assegna al paesaggio una specifica identità geografica.
Il bodycopy si chiude con un grafico che raffigura il preoccupante aumento della temperatura globale, contribuendo così a rendere il contenuto del messaggio pubblicitario scientificamente valido e, al contempo, capace di impressionare ulteriormente i destinatari.

Immagine 3

“Restituiteci i monti e le acque”

In alto a destra l’headline di quest’annuncio recita: Huan wo shan shui 还我山水 (“Restituiteci i monti e le acque”). L’espressione “i monti e le acque”, la cui resa traduttologica in italiano potrebbe anche essere “il paesaggio”, viene utilizzata in senso metonimico per riferirsi in generale alla natura, un bene che sta andando perduto a causa dell’inesorabile avanzata dell’uomo e dei suoi ritmi di vita e consumo insostenibili.
Come infatti spiega il bodycopy:

“Lo scorrere del traffico ha ormai sostituito quello dei ruscelli. Il consumo mondiale annuale di carburante è di quattro miliardi di tonnellate, le emissioni di gas di scarico superano i sei milioni di tonnellate. Attiviamoci per proteggere la natura, utilizziamo i mezzi pubblici per ridurre l’inquinamento”.

Questa pubblicità è senza dubbio caratterizzata da un tono nostalgico: in particolare, l’uso dell’imperativo nell’headline suona come un ultimo grido disperato per invocare il ritorno a quella natura incontaminata che è andata persa, lasciando spazio a un traffico incontrollabile.
Il visual rappresenta code chilometriche di veicoli mentre affluiscono verso un complesso di inquietanti casermoni grigi che si espandono vertiginosamente verso l’alto, ingoiando tutto ciò che sta loro intorno. In basso a destra si intravvede un deposito di vecchie automobili che sottolinea quanto breve sia il loro ciclo di vita dal momento dell’acquisto, di cui sono protagoniste come oggetti di desiderio irrinunciabili, a quello della rottamazione, che le riduce a rifiuti inutili, ingombranti e dannosi per l’ambiente.
Tra i vari sigilli rossi, quello in alto a sinistra è chiaramente distinguibile come il segnale di pericolo che impone l’utilizzo della maschera per la protezione delle vie respiratorie.
Quest’ultimo annuncio è quello che, forse più degli altri, rende meglio l’idea di tossicità; questa minaccia invisibile, a cui purtroppo nessuno sfugge, è infatti centrale in questa campagna pubblicitaria.

Natura sublime, natura tossica

Restiamo dunque sul tema della tossicità. In chiave teorica, la definizione di “toxic sublime” proposta da Jennifer Peeples nel suo studio sulla fotografia ambientalista di Edward Burtynsky si rivela qui particolarmente utile:

“[i]l sublime tossico produce dissonanza attraverso la manifestazione simultanea di bellezza e bruttezza, grandezza delle opere e limitatezza degli esseri umani; l’espressione di ciò che è noto della produzione e dell’ignoto del suo effetto. Il sublime tossico si interroga sul ruolo dell’individuo all’interno del paesaggio tossico e, al contempo, suscita sentimenti di sicurezza e rischio, potere e impotenza”.26)Jennifer Peeples, “Toxic Sublime: Imagining Contaminated Landscapes”, Environmental Communication: A Journal of Nature and Culture 5/4, 2011, 373-392.

Anche se non sembra, nella campagna Shanshui pian la natura sublime è presente: essa viene evocata nei visual attraverso le citazioni visive con le opere di Yang Yongliang, che utilizzano forme e composizioni che simulano quelle tipiche dei dipinti paesaggistici tradizionali cinesi. Ma anche nei testi pubblicitari per mezzo di richiami nostalgici a un passato mitico e a una natura pura e incontaminata. In un primo momento essa attrae, ma presto ci fa cadere in una trappola di significati terrificanti collegati alla sua reale tossicità.
Come abbiamo illustrato, le opere di Yang Yongliang propongono “a contemporary Chinese tale”,27)Meiqin Zhang, Urbanization and Contemporary Chinese Art, 145. in cui la visione della natura come casa dell’anima è stata sostituita da quella in cui la natura viene conquistata e trasformata per l’egoismo dell’uomo. La contemplazione dei suoi paesaggi porta alla constatazione che nell’Era Antropocenica quel mondo idillico in cui l’uomo poteva trovare pace e armonia nel contatto con la natura non esiste più.
Ma se quella dell’artista si limita a essere una disillusa critica di una condizione senza ritorno, il messaggio della campagna Shanshui pian appare più propositivo e capace di indicare una via d’uscita. Innanzitutto occorre prendere consapevolezza e coscienza della drammaticità della situazione attuale, che vede la natura compromessa da problemi ambientali sempre più gravi, da un inquinamento insostenibile e da una condizione di tossicità onnipresente. Successivamente occorre passare all’azione, così come auspicato dagli slogan che concludono ognuno dei tre annunci pubblicitari presi in considerazione in questa sede.
La dimensione artistica delle opere di Yang Yongliang tende a fare della tossicità una rappresentazione terrificante ma, per certi versi, seducente. Il pericolo è proprio quello di lasciarsi incantare da questi paesaggi artificiali, che suscitano disagio e stupore, in cui il “sublime tossico” regna sovrano e di divenirne complici.
Il messaggio della campagna Shanshui pian appare dunque cruciale in quanto, essendo animato da un preciso intento didattico che viene reso esplicito attraverso l’utilizzo di testi persuasivi su misura, fa della tossicità un nemico insidioso da combattere e davanti al quale l’uomo non deve fuggire. Nonostante in questi visual l’uomo non si veda – e questa è certo una significativa differenza rispetto alla paesaggistica tradizionale cinese – le sue tracce sono ovunque, perché è lui l’artefice di questa distruzione, la forza che uccide la natura com’era conosciuta una volta.
È quindi nel “sublime tossico”, con la sua paradossale capacità di rendere visivamente piacevole una natura contaminata, che va trovato l’elemento decisivo di successo di questa campagna pubblicitaria e dei suoi paesaggi che, una volta guardati, difficilmente si dimenticano.

Puppin, Natura sublime natura tossica PDF

Immagine: foto di Jonathan Dresner, Phantom Landscapes 2

Giovanna Puppin è Lecturer in International Advertising and Promotional Cultures (China) e Programme Director del Master in Media and Advertising presso la School of Media, Communication and Sociology, Università di Leicester. Qui insegna corsi di media e comunicazione, cultura promozionale e pubblicità cinesi. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla pubblicità sociale a quella commerciale, dal branding al soft power, argomenti che ha trattato in varie pubblicazioni, prestando particolare attenzione alle strategie linguistiche e (audio)visive utilizzate.

References
1 Miranda Shaw, “Buddhist and Taoist Influences on Chinese Landscape Painting”, Journal of the History of Ideas, 49, 2, 1988, 183-206; Sophia Suk-mun Law, “Being in Traditional Chinese Landscape Painting”, Journal of Intercultural Studies, 32, 4, 2011, 369-382.
2 Paul Rutherford, Endless Propaganda: The Advertising of Public Goods (Toronto: Toronto University Press, 2000), 209.
3 Adfest è iniziato nel 1998 e si tiene con cadenza annuale nella città di Pattaya, in Thailandia. Nell’edizione del 2009 Shanshui pian ha ricevuto cinque Gold Lotus, cinque Silver Lotus, due Bronze Lotus e due Lotus Roots. https://adage.com/china/article/china-news/conservation-ads-turn-art-into-warning-about-pollution/135497
4 Dal 1954 Cannes Lions è l’evento di maggior rilievo al mondo in ambito di creatività pubblicitaria. A Cannes Lions 2009 Shanshui pian è stata premiata con un Silver Lion (campagna outdoor) e un Bronze Lion (campagna print). https://it.adforum.com/award-organization/6650183/showcase/2009/">https://it.adforum.com/award-organization/6650183/showcase/2009/
5 Giovanna Puppin, “Advertising and China: How Does a Love/Hate Relationship Work?”, in Alison Hulme (a cura di), The Changing Landscape of China’s Consumerism (Oxford: Chandos/Elsevier, 2014), 177-195.
6 Anders Hansen, Environment, Media and Communication (London: Routledge, 2010), 134-158.
7 Judith Hendry, Communication and the Natural World (State College, PA: Strata Publishing, 2010), 187.
8 Ibid., 183-198.
9 Robert Goldman e Stephen Papson, Sign Wars: The Cluttered Landscape of Advertising (New York: The Guildford Press, 1996), 187-215.
10 Paolo Peverini e Monica Spalletta, Unconventional. Valori, testi, pratiche della pubblicità sociale (Roma: Meltemi, 2009).
11 Giovanna Gadotti e Roberto Bernocchi, La pubblicità sociale. Maneggiare con cura (Roma: Carocci, 2010).
12 Giovanna Puppin, “La pubblicità sociale in Cina: un quadro generale”, Mondo Cinese, 123, 2005, 33-40.
13 Zhang Mingxin 张明新, Gongyi guanggao de aomi 公益广告的奥秘 (I segreti della pubblicità sociale)(Guangzhou: Guangdong daxue chubanshe, 2004).
14 Gao Fangfang  高芳芳, Huanjing chuanbo: meijie, gongzhong yu shehui 环境传播:媒介、公众与社会 (Comunicazione ambientale: media, pubblico e società) (Hangzhou: Zhejiang daxue chubanshe, 2016).
15 Guobin Yang, “Environmental NGOs and Institutional Dynamics in China”, The China Quarterly, 181, 2005, 46-66; Marco Volpe, “International ENGOs in China: a Significant Presence and a Fast-Changing Reality”, Sinologia Hispanica. China Studies Review 5, 2, 2017, 113-148.
16 La partecipazione di aziende private rimane una caratteristica tipica della pubblicità sociale cinese, ma non senza sollevare polemiche. Si veda Giovanna Puppin, “Il ‘Caso di zia Gong Li’: la pubblicità sociale cinese in bilico tra finalità opposte”, Asiatica Venetiana, 10/11, 2009, 137-154.
17 Hong Cheng e Kara Chan, “Public Service Advertising in China: A Semiotic Analysis”, in Hong Cheng e Kara Chan (a cura di), Advertising and Chinese Society: Impact and Issues (Gylling: Copenhagen Business School Press, 2009), 203–221; Daniela Stockmann, “Greasing the Reels: Advertising as a Means of Campaigning on Chinese Television”, The China Quarterly, 208, 2011, 851-869.
18 Joy Y. Zhang e Michael Barr, Green Politics in China: Environmental Governance and State-Society Relations (London: Pluto Press, 2013), 5.
19 Pan Yang 潘阳, “Gongyi guanggao yu shengtai wenming jianshe” 公益广告与生态文明建设 (Pubblicità sociale e costruzione della civilità ecologica), in Pei’ai Chen (a cura di), Zhongguo yuansu yu guanggao yingxiao 中国元素与广告营销 (Elementi cinesi e marketing pubblicitario) (Xiamen: Xiamen daxue chubanshe, 2009), 316-322.
20 La CEPF è stata fondata a Pechino nel 1993 da Qu Geping, che era stato il primo direttore della National Environmental Protection Agency (NEPA) dal 1987 al 1993.
21 Dopo l’entrata della Cina nel WTO nel dicembre 2001, le agenzie pubblicitarie transnazionali hanno optato per mantenere una forte componente di talenti locali per sfruttarne al meglio le specifiche conoscenze e competenze culturali. Si veda Jing Wang, Brand New China (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2008).
22 Meiqin Wang, Urbanization and Contemporary Chinese Art (London: Routledge, 2016), 119-160.
23 http://agency.asia/issue-04/126-interviews/237-jwt-beijing.html
24 Qingyuan, citato in Alan Watts, The Way of Zen (1957; ristampa, New York: Vintage Books, 1999), 126.
25 Giovanna Puppin, “The Master Said, The Master Sold? Uses and Misuses of the Confucius Icon in Chinese Commercial Advertising”, in Stefania Travagnin (a cura di), Religion and the Media in China: Insights and Case Studies from the Mainland, Taiwan and Hong Kong (London: Routledge, 2016), 211.
26 Jennifer Peeples, “Toxic Sublime: Imagining Contaminated Landscapes”, Environmental Communication: A Journal of Nature and Culture 5/4, 2011, 373-392.
27 Meiqin Zhang, Urbanization and Contemporary Chinese Art, 145.