Recentemente, l’Ufficio Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese ha diffuso il testo Pareri sulla coltivazione e la messa in pratica dei valori fondamentali del socialismo (d’ora innanzi, semplicemente, Pareri), contenente le disposizioni concrete per la “coltivazione e la messa in pratica” dei dodici valori fondamentali del socialismo esposti dal Diciottesimo Congresso Nazionale del PCC: ovvero prosperità, democrazia, civiltà, armonia, libertà, uguaglianza, giustizia, governo della legge, patriottismo, dedizione al lavoro, affidabilità e amichevolezza.1)Originariamente pubblicato a gennaio 2014 da Dongxiang. Si tratta di un’iniziativa lodevole. Alcuni principi stabiliti al suo interno – come: “considerare l’uomo come fondamento”, “rispettare la soggettività delle masse”, “intervenire a livello educativo sin dall’infanzia”, “attuare la pratica dello sviluppo economicoe la governance sociale amministrando lo Stato in conformità con la legge”, “dispiegare l’importante funzione dell’eccellenza della cultura tradizionale”, eccetera – sono tutti decisamente necessari.
Queste dodici nozioni, in realtà, sono la somma del cammino storico della società umana, l’obiettivo lungamente perseguito nella costruzione di una società ideale. Sono le idee comuni, valide per ogni nazione e ogni stato del mondo, che guidano ogni paese verso il regno della ragione, e sono dotate, perciò, di significato universale: esse sonoi valori universali. I Pareri, tuttavia, aggirano la nozione di “valori universali” e la sostituiscono con quella di “valori fondamentali del socialismo”, riflettendo un pregiudizio ideologico ottuso e angusto. In questo modo, a dispetto della ricchezza del loro significato, i “valori fondamentali” si dimostrano un ircocervo senza capo né coda, risultando effettivamente difficili da coltivare e mettere in pratica come invece si vorrebbe.
I Pareri affermano che “i valori fondamentali del socialismo sono il cuore del sistema dei valori fondamentali del socialismo”, dopodiché dividono le dodici nozioni che li costituiscono su tre livelli: “prosperità, democrazia, civiltà e armonia” sarebbero gli obiettivi valoriali dello Stato; libertà, uguaglianza, giustizia e governo della legge sarebbero gli orientamenti valoriali della società; mentre patriottismo, dedizione al lavoro, affidabilità e amichevolezza sarebbero le norme valoriali dell’individuo”. Sembra di leggere una sciarada. Senza bisogno di analisi approfondite, si capisce che queste dodici nozioni dovrebbero costituire tutte, simultaneamente, tanto gli obiettivi e gli orientamenti valoriali dello stato e della società, quanto le norme valoriali dei cittadini. La loro divisione in tre livelli e la loro ulteriore riduzione rispettivamente in obiettivi, orientamenti e norme, separano sul piano oggettivo le connessioni interne fra questi valori, dando l’impressione che le prime otto nozioni valoriali, quelle che comprendono fra l’altro libertà e democrazia, costituiscano principalmente gli obiettivi e gli orientamenti che spetta solo allo stato e alla società di conseguire, mentre per quanto riguarda i singoli cittadini basterebbe che facessero proprie le norme valoriali del patriottismo, della dedizione al lavoro, dell’affidabilità e dell’amichevolezza.
Ma il problema non si limita all’espressione linguistica. Il fatto è che l’aver apposto il termine “socialismo” a questi valori dotati di significato universale ha fatto sì che su di essi calasse un velo di ambiguità rendendoli di difficile interpretazione. Cos’è il socialismo? Qualcuno l’ha spiegato chiaramente? Nel rapporto del Diciottesimo Congresso si dice che il Comitato Centrale del Partito sotto la guida di Mao Zedong “ha istituito il sistema istituzionale fondamentale del socialismo”, avendo quindi inaugurato, sotto la guida di Deng Xiaoping, “il socialismo con caratteristiche cinesi”. È stato sulla base della rivoluzione socialista sul doppio fronte economico e politico che Mao Zedong ha istituito il sistema socialista, da un lato effettuando le “tre grandi trasformazioni” sul fronte economico (ovvero le trasformazioni in senso socialista dell’agricoltura, dell’artigianato e dell’industria capitalista), dall’altro lanciando sul fronte politico il movimento anti-destrista. Queste tre grandi trasformazioni, tuttavia, hanno avuto come caratteristica fondamentale quella di aver sottratto ai contadini, agli artigiani e ai capitalisti il diritto alla proprietà dei mezzi di produzione, mentre la campagna anti-destrista avrebbe privato gli intellettuali, e la società tutta, dei diritti alla libertà e democrazia, facendo sì che libertà e democrazia diventassero delle aree proibite nel dibattito ideologico. Può un sistema sociale edificato su una simile base essere un sistema socialista? Certo che no! La sottrazione del diritto alla proprietà dei mezzi di produzione e di quelli di libertà e democrazia dei cittadini non ha proprio niente a che fare con il socialismo, ed è invece conforme, semmai, alle istanze di base dell’autocrazia feudale. La rivoluzione socialista di stampo maoista è equivalsa, di conseguenza, alla distruzione dei giovani germogli della democrazia e alla restaurazione dell’autocrazia feudale, con il risultato che anche il sistema sociale edificato su di essa non poteva essere che un sistema autocratico feudale. Il quale, naturalmente, non era la semplice resurrezione dell’autocrazia feudale imperiale, quanto bensì la combinazione fra la millenaria tradizione autocratica feudale e l’autocrazia di stampo sovietico, che di socialismo ha soltanto il nome e che nella sostanza è una dittatura di partito.
Il socialismo con caratteristiche cinesi inaugurato da Deng Xiaoping, a sua volta, ha rappresentato l’eredità e lo sviluppo del sistema socialista edificato da Mao Zedong. La sua caratteristica fondamentale è consistita, sul piano economico, nella sostituzione dell’economia pianificata con un’economia di mercato imperfetta, e sul piano politico nella perseverante conservazione della dittatura del partito unico. Per anni, quando su periodici e articoli si parlava di socialismo, si teneva a specificare che si trattava di socialismo con “caratteristiche cinesi”. Nell’intero testo dei Pareri, tuttavia, si parla solo di valori fondamentali del socialismo, mentre di “caratteristiche cinesi” non si parla più: il mio timore, al riguardo, è che non si tratti solo di una semplificazione linguistica, ma che ci siano delle implicazioni più profonde. Se il cosiddetto socialismo si riferisce alla dittatura del partito unico edificata da Mao Zedong ed ereditata da Deng Xiaoping, la quale in realtà è il riallestimento, come ho già detto, di un’autocrazia feudale, la conseguenza che ne traiamo è che i valori fondamentali del socialismo sono, in realtà, i valori fondamentali dell’autocrazia feudale. Questi ideali dotati di significato universale, germogliati per la maggior parte nella rivoluzione democratica contro il feudalesimo e l’autocrazia e divenuti l’arma per opporsi a essi, finiscono per essere considerati, oggi, i valori fondamentali di un socialismo di facciata che di fatto è, nella sostanza, un’autocrazia. Non è forse difficile, data questa stravagante combinazione, coltivare e mettere in pratica questi ideali valorizzi?
I Pareri dicono anche che nella coltivazione e messa in pratica dei valori fondamentali bisogna prendere come guida la “teoria di Deng Xiaoping” e le “importanti dottrine” delle “tre rappresentanze” e della “visione scientifica dello sviluppo”: una cosa ancor più senza capo né coda. La teoria di Deng Xiaoping include infatti una visione della riforma economica basata sulle teorie del “gatto”, del “tastare le pietre”,2)Il riferimento è a due emblematiche massime di Deng Xiaoping, “non importa che il gatto sia bianco o sia nero, purché acchiappi i topi”, e “guadare il fiume tastando le pietre”, che attestano il pragmatismo ideologico delle sue politiche soprattutto in ambito economico. e del “superamento delle discussioni”, insieme alla visione politica della “salda adesione ai quattro principi fondamentali”. Visioni, entrambe, che con questi ideali valoriali non c’entrano proprio nulla. Le teorie del “gatto” e del “tastare le pietre” sono state le scelte disperate di Deng Xiaoping condizionate dalla volontà di non rinunciare al socialismo maoista non sapendo davvero che cosa fosse il socialismo. Se Deng Xiaoping avesse potuto rendersi conto della sostanza autocratica del socialismo di stampo maoista, avrebbe compreso anche che le riforme hanno una natura democratica, realizzando che il loro senso sta proprio nell’abolizione dell’autocrazia, ovvero nella sostituzione sul piano economico dell’economia pianificata con l’economia di mercato e su quello politico della dittatura del partito unico con la democrazia costituzionale. Con questo chiaro obiettivo in mente non sarebbe stato difficile tracciare una rotta ben definita, senza bisogno di escogitare ingegnose trovate come quelle del “gatto” o del “tastare le pietre”. Quanto alla pretesa di “superare le discussioni”, essa rivela ancor più la difficoltà di Deng Xiaoping a smarcarsi dall’ideologia maoista. Di fronte all’offensiva della sinistra maoista che bollava come “capitalistiche” le sue riforme, Deng Xiaoping non era stato in grado di fornire una risposta perentoria dando alle riforme una natura democratica, e invece aveva ambiguamente parlato di ““auto-perfezionamento del socialismo” per nasconderne l’assenza di democraticità. Può una teoria tanto ambigua guidare ideali valoriali dal significato così profondo?
Né la “salda adesione ai quattro principi fondamentali” è un’invenzione di Deng Xiaoping, dato che le parole sono farina del sacco di Mao Zedong. La teoria della Nuova Democrazia di Mao Zedong da un lato possedeva delle ricche implicazioni democratiche, dall’altro nascondeva al suo interno non poche insidie legate ai tratti autocratici della politica sovietica. Le prime avrebbero attirato la maggior parte degli intellettuali a gettarsi tra le fila del Partito Comunista accelerando la vittoria della rivoluzione democratica, le seconde sarebbero diventate lo strumento principale per disintegrare i risultati di quest’ultima e l’arma teorica per restaurare l’autocrazia. Tralasciando in questa sede le implicazioni democratiche della teoria di Mao, tra le insidie autocratiche troviamo l’idea che essendo la rivoluzione della Nuova Democrazia cinese una parte della rivoluzione mondiale socialista, essa doveva come tale essere diretta dal Partito Comunista Cinese sotto la guida del pensiero comunista, cosicché il potere politico costituitosi dopo la sua vittoria doveva istituire uno stato di dittatura congiunto delle varie classi rivoluzionarie, facendo delle imprese di stato il soggetto dell’economia nazionale. La rivoluzione socialista portata avanti da Mao Zedong e il sistema socialista da lui edificato sarebbero stati il risultato della venuta allo scoperto e della messa in pratica delle insidie autocratiche nascoste nella teoria della Nuova democrazia. La “salda adesione ai quattro principi fondamentali” di Deng Xiaoping, di conseguenza, non è che una sintesi dei principi dell’ideologia maoista. Le peculiarità pro-autocratiche e antidemocratiche espresse dai quattro principi fondamentali hanno determinato la loro impossibilità di coesistere pacificamente con ideali valoriali anti-autocratici come democrazia, libertà, uguaglianza e giustizia; l’aver messo tali principi alla guida dei “valori fondamentali” ha fatto sì, perciò, che questi ideali diventassero ancillari al consolidamento del dominio autoritario, facendogli necessariamente perdere il loro dovuto significato e valore.
Le “tre rappresentanze” sono ancor più la negazione di questi valori dalla natura democratica, e la loro proposta è fortemente venata di coloriture autocratiche. Dal momento che il compito di rappresentare “le esigenze di sviluppo delle forze produttive più avanzate”, “la direzione di sviluppo degli orientamenti culturali più avanzati” e “gli interessi fondamentali dei più ampi strati della popolazione cinese” spetterebbe, secondo tali “rappresentanze”, al Partito Comunista, allora a tutti i comuni mortali non resterebbe che accettarne da bravi il dominio, altro che democrazia e libertà! Le “tre rappresentanze” sono state messe per iscritto nello Statuto del partito e nella Costituzione, diventando già l’oggetto di scherno di tutto il mondo. Non sarà forse ancor più grande la beffa adesso che si vuole porle alla guida di questi ideali valoriali pregni di spirito democratico?
Coltivare e mettere in pratica questi “valori fondamentali” è di certo estremamente necessario. Date le loro implicazioni democratiche, basterà fare attecchire questi valori nel pensiero delle masse perché essi diventino delle spinte potenti contro il feudalesimo e l’autocrazia. E tuttavia, le svariate formulazioni contenute nei Pareri, nella loro impostazione generale, vanno nella direzione esattamente opposta. L’incapacità di produrre effetti positivi contro il feudalesimo e l’autocrazia li rende senza capo, mentre l’inconciliabilità fra questi valori dalla natura democratica e il dominio autocratico al cui servizio sono posti li rende senza coda: senza capo né coda, dunque, ma dove andremo mai a finire?
Per fare in modo che questi valori si liberino della loro incoerenza, e possano essere agevolmente coltivati e messi in pratica, è necessario prima di tutto che gli organi di potere forniscano condizioni politiche adeguate per eliminare tutti i limiti sfavorevoli alla loro coltivazione e messa in pratica, creando viceversa condizioni propizie a questo scopo. Facendo rispettare, per esempio, gli articoli della costituzione sui diritti civili, e, in particolare, le normative sulla libertà di stampa e di espressione nonché sulla libertà di associazione, si potrà aprire una strada ampia per coltivare e praticare senza difficoltà questi valori. Sono proprio la libertà di stampa e associazione che forniscono il clima e il terreno più adeguati a questo fine. Attualmente si vuole insegnare ai cittadini a coltivare e a mettere in pratica questi valori, ma nel contempo non si vuole creare condizioni favorevoli a tale scopo rimuovendo intanto le restrizioni verso la libertà di stampa e associazione. Il risultato è che è difficile aspettarsi che questi valori ricchi di implicazioni e così importanti quanto a significato possano produrre effetti davvero positivi.

Traduzione di Serena Di Fusco

Du Guang, Quei valori fondamentali senza capo né coda PDF

Immagine: Dedizione al lavoro, foto di Sharron Lovell

References
1 Originariamente pubblicato a gennaio 2014 da Dongxiang.
2 Il riferimento è a due emblematiche massime di Deng Xiaoping, “non importa che il gatto sia bianco o sia nero, purché acchiappi i topi”, e “guadare il fiume tastando le pietre”, che attestano il pragmatismo ideologico delle sue politiche soprattutto in ambito economico.